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[edit] 10. La santificazione
Noi crediamo che al Suo popolo il Signore Iddio abbia ripetutamente fatto appello affinché fosse “santo”, cioè distinto e moralmente separato dagli usi e costumi di questo mondo non conformi alla volontà di Dio: “Siate santi, perché io, l'Eterno, il vostro DIO, sono santo” (58). La santificazione è risultato dell’opera di Dio nella vita del credente e suo impegno di fondo.
Noi crediamo che Dio ci fornisca, indicandocelo nelle Scritture (59), tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno per condurre una vita a Lui gradita (60). Egli ci salva dalle conseguenze del nostro peccato ma, con uguale certezza, ci dà le risorse necessarie per la nostra personale santificazione progressiva separazione da tutto ciò che è peccato) (61). La santificazione riguarda sia sulla nostra condizione esistenziale come credenti rigenerati, che la nostra vita pratica. La nostra condizione esistenziale acquisita per i meriti di Cristo che ci sono stati applicati, fa si che noi ci si trovi, di fatto, in stato di giustificazione e quindi di liberazione dalle conseguenze eterne del peccato. Questa santificazione è completa e non comporta ulteriore crescita.
La santificazione pratica, però, (progressiva), risultato dell’opera dello Spirito Santo nella rigenerazione (62) per mezzo della Parola di Dio, ci fornisce il necessario nutrimento spirituale per crescere e maturare in Cristo (63). Sebbene la santificazione ci sia assicurata dalla Parola e dallo Spirito, essa rimane imperfetta durante questa vita. Vi sono, infatti, in noi elementi residui di corruzione che toccano ogni parte della nostra natura decaduta. Essi fanno si che la nostra vita sia una continua lotta fra carne e spirito (64).
Maturare nell’ubbidienza, però, è possibile quando il credente si nutre regolarmente con la Parola di Dio (65), si sottomette alla guida dello Spirito Santo e vive in comunione con altri credenti per il servizio e per vigilare fraternamente l’uno sull’altro (66).
[edit] Note
- (58) Le. 11:44; 19:2; 20:7; 1 Pi. 1:15,16.
- (59) “Santificali nella tua verità, la tua parola è verità” (Gv. 17:17).
- (60) “Poiché la sua divina potenza ci ha donato tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà, per mezzo della conoscenza di colui che ci ha chiamati mediante la sua gloria e virtù” (2 Pi. 2:3).
- (61) “Ora grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Co. 1:30).
- (62) Un “cristiano” è il risultato di un atto creativo che la Scrittura chiama rigenerazione - una nuova nascita. Al fine di essere salvati, i peccatori devono “nascere di nuovo” (Gv. 3:3-5; Ef. 2:1-5; 1 Gv. 5:1), la nuova creazione in Gesù Cristo (2 Co. 5:17; Cl. 2:13; Gv. 3:8). Essa avviene l’istante in cui una persona crede in Gesù Cristo e Lo riceve come Salvatore e Signore (At. 16:30,31). Non si tratta cioè di un processo (Gv. 5:24). Nella nuova nascita colui che è morto nei falli e nei peccati viene reso partecipe della natura divina e riceve vita eterna, sovrano dono di Dio (Ro. 3:23; 6:23).
- (63) “Io parlo in termini umani per la debolezza della vostra carne. Perché, come un tempo prestaste le vostre membra per essere serve dell'impurità e dell'iniquità per commettere l'iniquità, così ora prestate le vostre membra per essere serve della giustizia, per la santificazione... Ora invece, essendo stati liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi avete per vostro frutto la santificazione e per fine la vita eterna” (Ro. 6:19,22).
- (64) Questo non significa che i credenti non pecchino mai. Il credente, come nuova creatura, continua a lottare contro la carne, la quale continua a far guerra contro lo spirito e causa una vita di conflitti, imperfetto nella loro esecuzione in rapporto a questo nuovo carattere (Ro. 7:7-25). I credenti che peccano, però, non formano alcun gruppo distintivo identificabile come “cristiani carnali” in contrapposizione ai “cristiani non-carnali”. Senza dubbio, tutti i cristiani commettono atti carnali. La condotta peccaminosa trova la sua radice nella carne (1 Co. 3:3; 1 Pi. 2:11; 2 Pi. 2:18), e di questi individui si può dire siano colpevoli di carnalità o di agire secondo la carne. In corrispondenza a questo, tutti i credenti sono discepoli in virtù del loro rapporto con Gesù Cristo. Quindi, un “discepolo” non è un riferimento casuale ad un credente che “non è più carnale”, basato sulla sua decisione di non essere più carnale, ma “discepolo” è semplicemente sinonimo di “credente”. Atti 11:27 riporta quando fu usato per la prima volta il termine “cristiano” applicato ai seguaci (discepoli) di Cristo.
- (65) “...come bambini appena nati, desiderate ardentemente il puro latte della parola, affinché per suo mezzo cresciate” (1 Pi. 2:2).
- (66) Implicata per esempio in: “Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano” (Mt. 18:17).