Erme-18

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::Questa affermazione è stata forse la più difficile da verbalizzare. La prima parte dell'Affermazione edifica sull'[[erme-07|Articolo VII]] che dichiara come la Scrittura abbia un solo significato, e semplicemente aggiunge che ogni qual volta la Bibbia commenta un altro brano della Scrittura, lo fa sempre correttamente. La Bibbia, cioè, non interpreta mai sé stessa erroneamente. Essa comprende sempre correttamente il significato del brano che commenta (vedasi [[erma-17|Articolo XVII]]. Per esempio, affermare che Paolo equivochi l'insegnamento di Mosè, equivale a dire che Paolo si sbagli. Questo lo si respinge con forza affermando l'inerranza di tutta la Bibbia. Il problema nella seconda affermazione è se Dio ha inteso dire di più di quello che un determinato autore umano della Bibbia intendesse dire. Messa in questo modo, gli studiosi evangelici sono divisi su questo punto, anche se c'è unità sulla questione dell'unicità del significato. Alcuni credono che il singolo significato possa essere più vasto di quello che intendeva l'autore umano, dato che Dio aveva in vista molto di più che il profeta che l'aveva scritto. La formulazione qui è un tentativo di far riferimento all'adempimento di una profezia (della quale Dio era consapevole quando l'aveva ispirata) come parte di quel singolo significato che Dio ed il profeta condividevano. Inoltre, Dio, e non necessariamente i profeti, era pienamente consapevole di tutte le implicazioni che si sarebbero manifestate nell'adempimento di quel singolo significato. E' importante preservare l'unicità del significato senza negare che Dio avesse in mente molto di più di quello che intendeva il profeta. Bisogna allora fare una distinzione fra quello di cui Dio era consapevole al riguardo di quell'affermazione (che, a causa della Sua prescienza ed onniscienza era molto maggiore) e ciò che Lui ed il profeta di fatto avevano espresso in quel brano. La Negazione chiarifica questo punto notando come gli autori biblici non fossero pienamente consapevoli delle implicazioni delle loro affermazioni.
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::Questa affermazione è stata forse la più difficile da verbalizzare. La prima parte dell'Affermazione edifica sull'[[erme-07|Articolo VII]] che dichiara come la Scrittura abbia un solo significato, e semplicemente aggiunge che ogni qual volta la Bibbia commenta un altro brano della Scrittura, lo fa sempre correttamente. La Bibbia, cioè, non interpreta mai sé stessa erroneamente. Essa comprende sempre correttamente il significato del brano che commenta (vedasi [[erme-17|Articolo XVII]]. Per esempio, affermare che Paolo equivochi l'insegnamento di Mosè, equivale a dire che Paolo si sbagli. Questo lo si respinge con forza affermando l'inerranza di tutta la Bibbia. Il problema nella seconda affermazione è se Dio ha inteso dire di più di quello che un determinato autore umano della Bibbia intendesse dire. Messa in questo modo, gli studiosi evangelici sono divisi su questo punto, anche se c'è unità sulla questione dell'unicità del significato. Alcuni credono che il singolo significato possa essere più vasto di quello che intendeva l'autore umano, dato che Dio aveva in vista molto di più che il profeta che l'aveva scritto. La formulazione qui è un tentativo di far riferimento all'adempimento di una profezia (della quale Dio era consapevole quando l'aveva ispirata) come parte di quel singolo significato che Dio ed il profeta condividevano. Inoltre, Dio, e non necessariamente i profeti, era pienamente consapevole di tutte le implicazioni che si sarebbero manifestate nell'adempimento di quel singolo significato. E' importante preservare l'unicità del significato senza negare che Dio avesse in mente molto di più di quello che intendeva il profeta. Bisogna allora fare una distinzione fra quello di cui Dio era consapevole al riguardo di quell'affermazione (che, a causa della Sua prescienza ed onniscienza era molto maggiore) e ciò che Lui ed il profeta di fatto avevano espresso in quel brano. La Negazione chiarifica questo punto notando come gli autori biblici non fossero pienamente consapevoli delle implicazioni delle loro affermazioni.
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Current revision as of 23:20, 4 December 2012

Indice - Articolo XVII - Articolo XIX


[edit] Articolo XVIII

Affermiamo che l’interpretazione che la Bibbia dà di se stessa è sempre conforme al senso unico del testo ispirato, che essa non si allontana da questo senso ma piuttosto lo precisa. L’unico senso delle parole profetiche include la comprensione che lo stesso profeta ne ha, ma non è limitato ad esso. Coinvolge necessariamente l’intenzione di Dio messa in evidenza dal loro compimento.

Respingiamo l’idea secondo la quale gli autori della Scrittura comprendevano sempre le implicazioni delle loro proprie parole.


Questa affermazione è stata forse la più difficile da verbalizzare. La prima parte dell'Affermazione edifica sull'Articolo VII che dichiara come la Scrittura abbia un solo significato, e semplicemente aggiunge che ogni qual volta la Bibbia commenta un altro brano della Scrittura, lo fa sempre correttamente. La Bibbia, cioè, non interpreta mai sé stessa erroneamente. Essa comprende sempre correttamente il significato del brano che commenta (vedasi Articolo XVII. Per esempio, affermare che Paolo equivochi l'insegnamento di Mosè, equivale a dire che Paolo si sbagli. Questo lo si respinge con forza affermando l'inerranza di tutta la Bibbia. Il problema nella seconda affermazione è se Dio ha inteso dire di più di quello che un determinato autore umano della Bibbia intendesse dire. Messa in questo modo, gli studiosi evangelici sono divisi su questo punto, anche se c'è unità sulla questione dell'unicità del significato. Alcuni credono che il singolo significato possa essere più vasto di quello che intendeva l'autore umano, dato che Dio aveva in vista molto di più che il profeta che l'aveva scritto. La formulazione qui è un tentativo di far riferimento all'adempimento di una profezia (della quale Dio era consapevole quando l'aveva ispirata) come parte di quel singolo significato che Dio ed il profeta condividevano. Inoltre, Dio, e non necessariamente i profeti, era pienamente consapevole di tutte le implicazioni che si sarebbero manifestate nell'adempimento di quel singolo significato. E' importante preservare l'unicità del significato senza negare che Dio avesse in mente molto di più di quello che intendeva il profeta. Bisogna allora fare una distinzione fra quello di cui Dio era consapevole al riguardo di quell'affermazione (che, a causa della Sua prescienza ed onniscienza era molto maggiore) e ciò che Lui ed il profeta di fatto avevano espresso in quel brano. La Negazione chiarifica questo punto notando come gli autori biblici non fossero pienamente consapevoli delle implicazioni delle loro affermazioni.

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