Sola Scrittura: La Regola di Fede e Pratica

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Sola Scrittura: La Regola di Fede e Pratica


Archibald Alexander Hodge (1823-1886)



Le Scritture dell’Antico e Nuovo Testamento, Essendo State Date per Ispirazione di Dio, Sono la Pienamente Sufficiente e Unica Regola di Fede e di Pratica, e Giudice delle Controversie.

1. Che cosa si intende dicendo che le Scritture sono la sola infallibile regola di fede e pratica?


Tutto ciò che Dio insegna o comanda ha autorità sovrana. Tutto ciò che ci trasmette una conoscenza infallibile dei suoi insegnamenti e comandamenti è una regola infallibile. Le Scritture dell’Antico e Nuovo Testamento sono i soli organi attraverso i quali, durante la presente dispensazione, Dio ci trasmette una conoscenza della sua volontà riguardo a ciò che dobbiamo credere su sé stesso, e quali doveri egli esige da noi.

2. Che cosa dichiara la Chiesa Romana come infallibile regola di fede e pratica?


La teoria Romana è che la completa regola di fede e di pratica consista della Scrittura e della tradizione, o l’insegnamento orale di Cristo e dei suoi apostoli, trasmesso mediante la Chiesa. Essi sostengono che la tradizione sia necessaria, primo, per insegnare verità aggiuntive non contenute nelle Scritture; e, secondo, per interpretare la Scrittura, essendo la Chiesa stata istituita divinamente come la depositaria e giudice sia della Scrittura che della tradizione. (“Decreti del Concilio di Trento,” Sessione IV, e “Dens Theo.,” Tom. 2, N. 80 e 81).

3. Con quali argomenti essi cercano di stabilire l’autorità della tradizione? Con quale criterio essi distinguono le tradizioni vere da quelle false, e su che base essi fondano l’autorità delle tradizioni che ricevono?


I. I loro argomenti a favore della tradizione sono: (1.) Che la Scrittura lo autorizza, 2 Tes. 2:15; 3:6. (2.) Che gli antichi padri affermavano la sua autorità e fondavano ampiamente la loro fede su essa. (3.) L’insegnamento orale di Cristo e dei suoi apostoli, quando è chiaramente distinto, è intrinsecamente di pari autorità dei loro scritti. Le Scritture stesse ci sono consegnate per l’evidenza della tradizione, e il fiume non può elevarsi oltre la propria sorgente. (4.) La necessità della questione. (a.) La Scrittura è oscura, necessita della tradizione come sua interprete. (b.) La Scrittura è incompleta come regola di fede e di pratica; poiché vi sono molte dottrine e istituzioni, universalmente riconosciute, che sono fondate unicamente sulla tradizione come un supplemento alla Scrittura. (5.) L’analogia. Ogni stato riconosce una legge comune e statuto sia scritto che non scritto.

II. Il criterio con il quale essi distinguono tra le vere e le false tradizioni è il consenso Cattolico. I ritualisti Anglicani limitano l’applicazione della regola ai primi tre o quattro secoli. I Cattolici Romani lo riconoscono come un consenso autorevole che è costituzionalmente espresso dai vescovi in un concilio generale, o dal Papa ex-cathedra, in qualunque epoca della chiesa.

III. Essi difendono le tradizioni che considerano vere. (1.) Sulla base della testimonianza storica, rintracciandole fino agli apostoli come loro origine. (2.) L’autorità della Chiesa espressa dal consenso Cattolico.

4. Con quali argomenti si può dimostrare la non validità di tutte le tradizioni ecclesiastiche come parte della nostra regola di fede e pratica?


I. Le Scritture non ascrivono autorità, come invece viene affermato, alla tradizione orale. La tradizione, come intesa da Paolo nel passo citato (2 Tes. 2:15 e 3:6), significa tutte le sue istruzioni, orali e scritte, comunicate proprio a quelle persone, non consegnate. D’altra parte, Cristo rimproverò questa dottrina dei Cattolici Romani nei loro predecessori, i Farisei, Mat. 15:3, 6; Mc. 7:7.

II. È improbabile a priori che Dio voglia supplire alla Scrittura con la tradizione come parte della nostra regola di fede. (1.) Perché la Scrittura, come sarà mostrato in seguito (domande 7-14), è certa, definita, completa e perspicua. (2.) Perché la tradizione, per sua stessa natura, è indeterminata, e soggetta a divenire adulterata con ogni forma di errore. Inoltre, come sarà mostrato in seguito (domanda 20), l’autorità della Scrittura non poggia in ultima istanza sulla tradizione.

III. Tutto il fondamento su cui i Cattolici Romani poggiano l’autorità delle loro tradizioni (come la storia e l’autorità della chiesa) non è valido. (1.) La storia li contraddice completamente. Per oltre trecento anni dopo gli apostoli essi hanno ben poche, e contraddittorie, prove di alcuna delle loro tradizioni.

Essi sono quindi costretti all’assurda supposizione che ciò che fu insegnato nel quarto secolo fu anche insegnato nel terzo, e quindi anche nel primo. (2.) La chiesa non è infallibile, come sarà mostrato in seguito (domanda 18).

IV. La loro pratica non è coerente con i loro stessi principi. Essi non ricevono molte delle più antiche e meglio testimoniate tradizioni. Molte delle loro pretese tradizioni sono invenzioni recenti sconosciute agli antichi.

V. Molte delle loro tradizioni, come quelle relative al sacerdozio, al sacrificio della messa, ecc. sono chiaramente in diretto contrasto con la Scrittura. Eppure la chiesa infallibile afferma l’infallibilità della Scrittura. Una casa divisa contro sé stessa non può sostenersi.

5. Che cosa è necessario per costituire una sola e infallibile regola di fede?


L’ispirazione plenaria, la completezza, la perspicuità o chiarezza, e l’accessibilità.

6. Quali argomenti le Scritture stesse offrono in favore della dottrina che esse sono l’unica regola infallibile di fede?


I. Le Scritture parlano sempre nel nome di Dio, e comandano fede e obbedienza.

II. Cristo e i suoi apostoli si riferiscono sempre alle Scritture scritte, allora esistenti, come l’autorità, e a nessun’altra regola di fede di sorta. Lu. 16:29; 10:26; Gv. 5:39; Rom. 4:3; 2 Tim. 3:15.

III. I Bereani sono lodati perché affidavano tutte le questioni, anche l’insegnamento apostolico, a questa prova. Atti 17:11; vedi anche Isa. 8:16.

IV. Cristo rimprovera i Farisei per aver aggiunto e aver per corrotto le Scritture. Mat. 15:7-9; Mc. 7:5-8; vedi anche Apo. 22:18, 19, e Deu. 4:2; 12:32; Gs. 1:7.

7. In che senso è affermata la completezza della Scrittura come regola di fede?


Non si intende che le Scritture contengano ogni rivelazione che Dio ha fatto agli uomini, ma che il loro contenuto è la sola rivelazione sovrannaturale che Dio fa ora agli uomini, e che questa rivelazione è abbondantemente sufficiente per guidare l’uomo in tutte le questioni di fede, di pratica, e di modi di culto, ed esclude la necessità e il diritto ad alcuna invenzione umana.

8. In che modo questa completezza può essere provata dall’intento della Scrittura?


Le Scritture professano di guidarci a Dio. Tutto ciò che è necessario a quello scopo esse devono insegnarcelo. Se una qualsiasi regola supplementare, come tradizione, è necessaria a quello scopo, esse devono farvi riferimento.

“L’incompletezza qui sarebbe falsità.” Ma mentre uno scrittore sacro fa costantemente riferimento agli scritti di un altro, nessuno di essi ci suggerisce mai la necessità o l’esistenza di una qualunque altra regola. Gv. 20:31; 2 Tim. 3:15-17.

9. Con quali altri argomenti questo principio può essere dimostrato?


Come le Scritture professano di essere una regola completa per il proprio scopo, così esse sono sempre state giudicate nella pratica da coloro che sono il vero popolo spirituale di Dio in ogni epoca. Esse insegnano un sistema di dottrina completo e armonioso. Forniscono tutti i principi necessari per governare la vita privata dei Cristiani, in ogni relazione, per il culto pubblico di Dio, e per l’amministrazione degli affari del suo regno; e respingono tutte le pretese tradizioni e le innovazioni sacerdotali.

10. In che senso i Protestanti affermano la chiarezza della Scrittura, mentre i Cattolici Romani la negano?


I Protestanti non affermano che le dottrine rivelate nelle Scritture siano allo stesso livello della capacità umana di comprensione. Molte di esse sono dichiaratamente oltre ogni comprensione. Nè essi affermano che ogni parte della Scrittura possa essere esposta con certezza e chiarezza, essendo molte delle profezie perfettamente oscure finché non sono illustrate dall’evento. Ma essi affermano che tutti gli essenziali articoli di fede e le regole di pratica sono chiaramente rivelati nella Scrittura, o possano esserne dedotti con certezza. Questo il meno istruito fra i Cristiani può apprenderlo all’istante; mentre, d’altra parte, è vero che con l’avanzamento della conoscenza storica e critica, e per mezzo delle controversie, la chiesa Cristiana sta progredendo costantemente nell’accurata interpretazione della Scrittura e nella comprensione dell’integrità del suo sistema in essa insegnato.

I Protestanti affermano, e i Cattolici Romani negano, che al privato e incolto Cristiano possa in modo sicuro essere consentito di interpretare autonomamente la Scrittura.

11. In che modo la chiarezza della Scrittura può essere dimostrata dal fatto che essa è una legge e un messaggio?


Abbiamo visto (nella domanda 8) che la Scrittura o è completa o è falsa, per il suo stesso intento professato. Ora dimostriamo la sua chiarezza con lo stesso principio. Essa afferma di essere (1) una legge a cui obbedire; (2) la rivelazione di una verità che deve essere creduta, per essere ricevuta da noi in entrambi gli aspetti dietro la pena della morte eterna. Supporre che essa non sia chiara, in relazione al suo intento di comandare e insegnare, significa accusare Dio di trattarci in modo insieme ipocrita e crudele.

12. In quali passi è affermata la loro chiarezza?


Sal. 19:7,8; 119:105,130; 2 Cor. 3:14; 2 Pie. 1:18,19; Ab. 2:2; 2 Tim. 3:15,17.

13. Con quali altri argomenti può essere sancito questo punto?


I. Le Scritture sono indirizzate senza mediazione, o a tutti gli uomini indiscriminatamente, oppure a tutto il corpo dei credenti come tali. Deu. 6:4-9; Lu. 1:3; Rom. 1:7; 1 Cor. 1:2; 2 Cor. 1:1; 4:2; Gal. 1:2; Efe. 1:1; Fil. 1:1; Col. 1:2; Gm. 1:1; 1 Pie. 1:1; 2 Pie. 1:1; 1 Gv. 2:12,14; Gd. 1:1; Apo. 1:3,4; 2:7. Le uniche eccezioni sono le epistole a Timoteo e a Tito.

II. A tutti i Cristiani indiscriminatamente viene comandato di investigare le Scritture. 2 Tim. 3:15, 17; At. 17:11; Gv. 5:39.

III. L’esperienza universale. Abbiamo le stesse prove del potere illuminante della Scrittura di quelle che abbiamo della stessa proprietà del sole. L’argomento contrario è un insulto alla comprensione dell’intero mondo di lettori della Bibbia. IV. L’essenziale unità nella fede e nella pratica, nonostante tutte le differenze circostanziali, di tutte le comunità Cristiane di ogni epoca e nazione che traggono la loro religione direttamente dalle chiare Scritture.

14. Qual era la terza qualità richiesta per costituire le Scritture come sufficiente regola di fede e pratica?


L’accessibilità. È evidente da sé questa è la caratteristica preminente delle Scritture, in contrasto con la tradizione, che è custodita da una corporazione di sacerdoti, e con qualunque altra supposta regola. L’opera della chiesa in questa materia è semplicemente di dare ogni corso alla parola di Dio.

15. Che cosa si intende dicendo che le Scritture sono giudice così come regola nelle questioni di fede?


“Una regola è un modello di giudizio; un giudice è colui che espone e applica quella regola alla decisione di casi particolari.” La dottrina Protestante è:

I. Che le Scritture sono l’unica infallibile regola di fede e pratica.

II. (1) Negativamente: che non esiste un collegio di uomini che sono qualificati, o autorizzati, ad interpretare le Scritture, o ad applicare i loro principi alla decisione di particolari questioni, in un senso vincolante per la fede dei loro fratelli Cristiani. (2) Positivamente. Che la Scrittura è la sola voce infallibile nella chiesa, e deve essere interpretata, nella sua propria luce, e con l’aiuto di grazia dello Spirito Santo, il quale è promesso ad ogni Cristiano (1 Gv. 2:20-27), da ogni individuo autonomamente; con l’assistenza, sebbene non per l’autorità, dei suoi fratelli Cristiani. I credi e le confessioni, per quanto riguarda la forma, vincolano solo coloro che volontariamente li professano, e per quanto riguarda la sostanza, vincolano solo nella misura in cui affermano veramente ciò che la Bibbia insegna, e perché la Bibbia insegna tali cose.

16. Qual è la dottrina Romana riguardante l’autorità della chiesa come interprete infallibile della regola di fede e giudice autorevole di tutte le controversie?


La dottrina Romana è che la chiesa è assolutamente infallibile in tutte le questioni della fede e pratica Cristiane, e la depositaria e interprete istituita divinamente della regola di fede. Il suo ufficio non è di trasmettere nuove rivelazioni da Dio all’uomo, ma la sua ispirazione la rende infallibile nel propagare e interpretare la rivelazione originale comunicata attraverso gli apostoli.

La chiesa, quindi, determina autorevolmente: primo, Che cos’è la Scrittura. Secondo, Qual è la tradizione autentica. Terzo, Qual è il vero senso di Scrittura e ‘tradizione’, e qual è la vera applicazione di quella perfetta regola ad ogni particolare questione di fede o pratica.

Di questa autorità è investito il papa, quando agisce nelle sue funzioni ufficiali, e collettivamente nei vescovi, quando sono riuniti in un concilio generale o quando danno generale consenso ad un decreto di un papa o concilio. “Decreti del Concilio di Trento”, Sessione 4; “Deus Theo.”, N. 80, 81, 84, 93, 94, 95, 96. “Bellarmino”, Lib. 3, de eccles., cap. 14, e Lib. 2, de council., cap. 2.

17. Con quali argomenti essi cercano di stabilire questa autorità?


I. Le promesse di Cristo, fatte, come sostengono, agli apostoli e al loro ufficiale successore, assicurando la loro infallibilità e conseguente autorità. Mat. 16:18; 18:18-20; Lu. 24:47-49; Gv. 16:13; 20:23.

II. Nella commissione data alla chiesa come maestra del mondo. Mat. 28:19, 20; Lu. 10:16, ecc.

III. La chiesa viene dichiarata “il pilastro e il fondamento della verità”, e si afferma che “i cancelli dell’inferno non prevarranno contro essa.”

IV. Alla chiesa è affidato il potere di legare e sciogliere, e chi non ascolta la chiesa dovrà essere trattato da pagano. Mat. 16:19; 18:15-18.

V. Alla chiesa viene comandato di discriminare tra la verità e l’errore, e deve conseguentemente essere qualificata ed autorizzata a farlo. 2 Tes. 3:6; Rom. 16:17; 2 Gv. 10.

VI. Come conseguenza necessaria del caso, gli uomini necessitano e desiderano un sempre vivo, visibile e contemporaneo Interprete e Giudice infallibile.

VII. Dall’analogia universale ogni comunità tra gli uomini ha un giudice vivente così come una legge scritta, e l’una non avrebbe alcun valore senza l’altro.

VIII. Questo potere è necessario per assicurare unità e universalità, che tutti riconoscono come attributi essenziali della vera chiesa.

18. Con quali argomenti queste affermazioni della chiesa Romana possono essere dimostrati come completamente privi di fondamento?


I. Una pretesa che investe uomini mortali di un potere di tale importanza può essere stabilita solo dalle prove più chiare e certe, e l’incapacità di produrle tramuta la pretesa in un inganno al tempo stesso ai danni di Dio e del genere umano.

II. La sua prova fallisce, perché nessuna delle promesse di Cristo di preservare la sua chiesa dall’estinzione e dall’errore arriva a garantire l’infallibilità. Il massimo che fu promesso è che il vero popolo di Dio non perirà mai interamente sulla terra, o che non sarà mai abbandonato all’apostasia dai principi essenziali della fede.

III. La sua prova fallisce, perché queste promesse di Cristo furono indirizzate non ai ministri della chiesa come tali, ma al corpo dei veri credenti. Confrontate Giovanni 20:23 con Luca 24:33,47,48,49, e 1 Giovanni 2:20,27.

IV. La sua prova fallisce, perché la chiesa alla quale le preziose promesse delle Scritture sono assicurate non è una comunità esteriore, visibile, la cui autorità è affidata alle mani di una linea perpetua di apostoli. Infatti: (1) la parola chiesa ekklhesia è un termine collettivo, che include quelli chiamati efficacemente klhetoi, o rigenerati. Rom. 1:7; 8:28; 1 Cor. 1:2; Gd. 1; Apo. 17:14; anche Rom. 9:24; 1 Cor. 7:18-24; Gal. 1:15; 2 Tim. 1:9; Ebr. 9:15; 1 Pie. 2:9; 5:10; Efe. 1:18; 2 Pie. 1:10. (2) Gli attributi ascritti alla chiesa dimostrano che essa consiste unicamente del vero popolo spirituale di Dio come tale. Efe. 5:27; 1 Pie. 2:5; Gv. 10:27; Col. 1:18,24. (3) Le epistole sono indirizzate alla chiesa, e le loro dediche mostrano che quella frase è equivalente a “i chiamati”, “i santi”, “tutti i veri adoratori di Dio”; testimoniano le dediche di 1 e 2 Corinzi, Efesini, Colossesi, 1 e 2 Pietro e Giuda. Gli stessi attributi sono ascritti ai membri della vera chiesa come tali in tutto il corpo delle Epistole. 1 Cor. 1:30; 3:16; 6:11,19; Efe. 2:3-8, e 19-22; 1 Tes. 5:4,5; 2 Tes. 2:13; Col. 1:21; 2:10; 1 Pie. 2:9.

V. Gli apostoli ispirati non hanno avuto successori. (1) Nel Nuovo Testamento non esiste alcuna prova che essi ne abbiano avuti. (2) Sebbene fu disposta la regolare perpetuazione degli uffici di presbitero e diacono (1 Tim. 3:1-13), non vi sono indicazioni per la perpetuazione dell’apostolato. (3) Vi è assoluto silenzio riguardo all’ininterrotta esistenza di apostoli nella chiesa negli scritti dei primi secoli. Sia il nome che la sostanza cessarono. (4) Nessuno che abbia sostenuto di essere uno dei loro successori ha mai posseduto i “segni di un apostolo”. 2 Cor. 12:12; 1 Cor. 9:1; Gal. 1:1,12; Atti 1:21,22

VI. Questa affermazione, quando poggia sull’autorità del papa, è completamente non scritturale, perché il Papa è sconosciuto nella Scrittura. Quando poggia sull’autorità dell’intero corpo dei vescovi, espressa nel loro generale consenso, non è scritturale per le ragioni sopra mostrate, ed è, inoltre, impraticabile, perché il loro universale giudizio non è mai stato e non può mai essere raccolto e pronunciato in modo imparziale.

VII. Non può esservi infallibilità dove non c’è coerenza con sé stessi. Ma nella realtà la chiesa Papale non è stata coerente con sé stessa nei suoi insegnamenti. (1) Essa ha insegnato dottrine differenti in differenti sezioni ed epoche. (2) Essa afferma l’infallibilità delle sacre Scritture, e al tempo stesso insegna un sistema palesemente e radicalmente incongruente con il loro ovvio significato; ne sono testimonianza le dottrine del sacerdozio, la messa, la penitenza, delle opere e del culto di Maria. Quindi la Chiesa di Roma nasconde le Scritture alle persone.

VIII. Se il sistema Romano fosse vero, allora la genuina religione dovrebbe fiorire nella sua comunione, e tutto il resto del mondo dovrebbe essere un deserto morale. I fatti sono notoriamente opposti. Se, quindi, noi ammettiamo che il sistema Romano sia vero, noi sovvertiamo una delle principali prove del Cristianesimo stesso, ovvero la luce intrinsecamente evidente e il potere pratico della vera religione, e la testimonianza dello Spirito Santo.

19. Con quali argomenti diretti si può stabilire la dottrina che le Scritture sono il giudice ultimo delle controversie?


Che tutti i Cristiani debbano studiare da sé le Scritture, e che in tutte le questioni riguardanti la volontà rivelata di Dio ci si debba appellare alle sole Scritture, è dimostrato dai seguenti fatti:

I. La Scrittura è chiara, vedi sopra, domande 11-13.

II. La Scrittura è indirizzata a tutti i Cristiani come tali, vedi sopra, domanda 13.

III. A tutti i Cristiani è comandato di investigare le Scritture, e mediante esse di giudicare tutte le dottrine e tutti coloro che si dichiarano maestri. Gv. 5:39; Atti 17:11; Gal. 1:8; 2 Cor. 4:2; 1 Tes. 5:21; 1 Gv. 4:1,2.

IV. La promessa dello Spirito Santo, l’autore e interprete della Scrittura, è rivolta a tutti i Cristiani come tali. Confrontate Giovanni 20:23 con Luca 24:47-49; 1 Gv. 2:20,27; Rom. 8:9; 1 Cor. 3:16, 17.

V. La religione è essenzialmente una questione personale. Ogni Cristiano deve conoscere la verità e credervi esplicitamente per sé stesso; sulla base diretta della sua evidenza morale e spirituale, e non sulla semplice base della cieca autorità. Altrimenti la fede non potrebbe essere un atto morale, nè potrebbe “purificare il cuore”. La fede trae il suo potere santificante dalla verità che essa comprende in modo immediato per sua propria evidenza empirica. Gv. 17:17,19; Gm. 1:18; 1 Pie. 1:22.

20. Qual è l’obiezione che i Cattolici Romani muovono a questa dottrina, sulla base che la chiesa è la nostra sola autorità per credere che le Scritture sono la Parola di Dio?


La loro obiezione è che, poiché noi riceviamo le Scritture come la Parola di Dio solo per la testimonianza autorevole della chiesa, la nostra fede nelle Scritture è solo un’altra forma della nostra fede nella chiesa, e l’autorità della chiesa, che è il fondamento di quella della Scrittura, deve ovviamente essere tenuta nella massima considerazione.

Questo è assurdo, per due ragioni:

I. Il fatto presupposto è falso. L’evidenza per la quale noi riceviamo la Scrittura come la Parola di Dio non è l’autorità della chiesa, ma: (1) Dio parlò per mezzo degli apostoli e dei profeti, come è evidente (a) dalla natura della loro dottrina, (b) dai loro miracoli, (c) dalle loro profezie, (d) dalla nostra personale esperienza e constatazione del potere della verità. (2) Questi stessi scritti che noi possediamo furono scritti dagli apostoli, ecc. com’è evidente (a) dall’evidenza interna, (b) dalla testimonianza storica resa da tutti i competenti testimoni contemporanei nella chiesa e fuori di essa.

II. Anche se il fatto fosse accettato come vero, ossia, che noi sappiamo che le Scritture sono da Dio per l’autorità della sola testimonianza della chiesa, la conclusione che loro cercano di dedurne sarebbe assurda. Il testimone che dimostra l’identità o il progenitore di un principe non acquisisce per questo il diritto a governare il regno, o anche ad interpretare la volontà del principe.

21. In che modo si deve rispondere all’argomento della necessità di un giudice visibile, tratto dalla diversità di sette e dottrine tra i Protestanti?


I. Noi non sosteniamo che il giudizio privato dei Protestanti sia infallibile, ma solo che quando è esercitato con uno spirito umile e credente, esso conduca sempre ad un’accettabile conoscenza delle verità essenziali.

II. Il termine Protestante è semplicemente negativo, e molti presumono che significhi infedeli che protestano contro le Scritture così come contro Roma. Ma i Protestanti Biblici, malgrado tutte le differenze circostanziali, sono, ad un livello magnifico, uniti sui principi essenziali di fede e pratica. Ne testimoniano i loro inni e la letteratura devozionale.

III. La diversità che effettivamente esiste sorge dall’incapacità di applicare fedelmente i principi Protestanti per i quali noi contendiamo. Gli uomini non traggono in modo semplice e senza pregiudizi il loro credo dalla Bibbia.

IV. La chiesa Cattolica, nel suo ultimo e più autorevole pronunciamento attraverso il Concilio di Trento, ha dimostrato di essere un giudice molto confuso. Le sue decisioni dottrinali necessitano di un interprete infallibile infinitamente di più delle Scritture.

22. Come si può dimostrare che la teoria Romana, così come quella Protestante, necessariamente getta sopra le persone l’obbligo del giudizio privato?


Esiste un Dio? Egli si è rivelato? Ha stabilito una chiesa? Quella chiesa è una maestra infallibile? Il giudizio privato è una guida cieca? Quale di tutte le pretese chiese è quella vera? Ognuna di queste questioni evidentemente deve essere decisa le privato giudizio da chi le pone, prima che possa, razionalmente o irrazionalmente, abbandonare il proprio giudizio privato alle direttive della chiesa auto-proclamata. Quindi, necessariamente i Cattolici Romani si appellano alle Scritture per dimostrare che le Scritture non possono essere comprese, e rivolgono argomenti al privato giudizio degli uomini per dimostrare che il giudizio privato è incompetente; così, è infondato basare un argomento sopra ciò che è l’oggetto dell’argomento da provare.

23. In che modo si può dimostrare che le persone sono ben più competenti nel trovare ciò che la Bibbia insegna piuttosto che nel decidere, sulla base dei segni caratteristici su cui insistono i Cattolici Romani, quale sia la vera chiesa?


I Cattolici Romani, di necessità, descrivono certi segni caratteristici dai quali la vera chiesa possa essere distinta da tutte quelle contraffatte. Questi sono (1) L’unità (mediante la sottomissione ad un capo visibile, il Papa); (2) La santità; (3) La cattolicità; (4) L’apostolicità (che implica un’ininterrotta successione dagli apostoli ai vescovi ordinati canonicamente) “Cat. del Concilio di Trento”, Parte 1, Cap. 10. Ora, la comprensione e l’intelligente applicazione di questi segni caratteristici implicano una grande quantità di apprendimento e di capacità intelligente da parte di chi sta investigando. Egli potrebbe altrettanto facilmente dimostrare di discendere da Noè per una serie ininterrotta di legittimi matrimoni, quanto giudicare il diritto di Roma all’ultimo segno caratteristico. Eppure non può razionalmente abbandonare il diritto a studiare autonomamente la Bibbia finché quel punto non è chiarito.

Sicuramente le Scritture, con la loro potenza spirituale che si dimostra da sé, impongono requisiti meno estenuanti per le risorse del privato giudizio.


Tratto da A. A. Hodge, Lineamenti di Teologia, 1860

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