Il Patto di Grazia II
From Diwygiad
THERAPEUTICA S A C R A;
Nella quale si dimostrano brevemente I metodi per curare i malanni della Coscienza, riguardanti la RIGENERAZIONE Scritto in principio in Latino DA D A V I D D I C K S O N, Professore di TEOLOGIA nel College di Edinburgo, E successivamente Tradotto da egli stesso.
Mat. 9.12 Coloro che stanno bene non hanno bisogno di medico, ma i malati.
EDINBURGO, Stampato da Evan Tyler, Tipografo di Sua Eccellentissima Maestà il Re, 1664.
Capitolo VI. Del Patto di Grazia.
IL terzo e ultimo patto riguardante l’eterna salvezza dell’uomo, è il patto di Grazia stabilito tra Dio e l’uomo, attraverso Cristo il Mediatore.
La grazia, considerata a volte in modo semplice e assoluto, è opposta al merito, e in questo senso, ogni buona cosa, che per il beneplacito di Dio è ordinata, o promessa, o effettivamente conferita alle creature, presupposte innocenti, viene chiamata Grazia; perché è impossibile che una semplice creatura possa propriamente meritare alcuna cosa buona da parte di Dio, perché la creatura non ha né può avere ciò che non ha ricevuto, Rom. 11.35, O chi gli ha dato il primiero, e gliene sarà fatta retribuzione?
A volte la Grazia è intesa come ogni dono o bene conferito da Dio a chi non lo merita; in questo senso, i doni, comuni agli eletti e ai reprobi, sono chiamati col nome di Grazia, Rom. 1.5; Efe. 4.7.
A volte Grazia è intesa in opposizione al merito delle opere secondo il patto, o la concordata ricompensa dovuta per debito, come in Rom. 4.4, Ora, a colui che opera, il premio non è messo in conto per grazia, ma per debito. In questo senso, ciò che è dato per opere, non è dato per grazia, Rom. 11.16, e in questo senso noi intendiamo la Grazia come opposta al patto d’opere. Infatti, la condizione del patto d’opere è la perfetta obbedienza alla legge; la condizione del patto di grazia è l’accoglimento di Cristo mediante la fede per la rettitudine e la vita, offerte nel Vangelo, senza le opere della legge. Questo patto può quindi essere descritto in questo modo: il Patto di Grazia è un contratto tra Dio e gli uomini, procurato da Cristo a questi termini, che chiunque nella consapevolezza della propria peccaminosità riceva Cristo Gesù offerto nel Vangelo, per la rettitudine e la vita, riceverà Lui e tutti i benefici da Lui acquistati, secondo il Patto di Redenzione; e che Dio sarà il suo Dio, ed il Dio dei suoi figli. Il Patto di Grazia è fondato sul Patto di Redenzione, stipulato tra Dio e Cristo, in cui fu concordato che tutti gli eletti dati a Cristo saranno riconciliati a tempo debito con Dio, e che a questo scopo, questa grazia debba essere predicata per far realizzare la riconciliazione; e quindi Cristo è chiamato il Mediatore di un nuovo patto, Ebr. 12.22.
Della partecipazione dei bambini a questo Patto.
Domanda. Che parte hanno i bambini in questo patto?
Risposta. La stessa che essi hanno avuto la sua prima promulgazione esplicita e formale con Abrahamo, al quale Dio promise di essere il suo Dio, ed il Dio dei suoi figli, i cui figli sono tutti coloro che sono in Cristo, Gal. 3.27-29.
Infatti, fra i redenti, che Dio, avendoli chiamati con la predicazione del Vangelo, induce e porta efficacemente ad accogliere solennemente l’offerta di amicizia con Dio e con i Suoi santi i Cristo, e a consacrare sé stessi e i loro figli al servizio di Dio, alcuni invecchiano. Vi sono altri redenti che muoiono nella loro infanzia, prima di giungere all’uso della ragione, alla cui salvezza Dio fa riferimento esplicito facendo questo patto con i loro genitori, che Egli non lascerà che essi siano esclusi dalla benedizione quando chiama a sé i loro genitori, ma nell’offerta comune di grazia e di riconciliazione per Cristo, Egli fa la promessa congiuntamente ai genitori e ai figli; infatti, in una sola frase, e come se fosse con un solo fiato, Egli dice, Io sarò l’Iddio tuo e della tua progenie dopo te, Gen. 17.7, di cui l’Apostolo fa buon uso in Atti 2.39, dichiarando che la promessa era per i Giudei e i loro figli, e ai Gentili chiamati e i loro figli. E su questa base Paolo e Sila a tempo debito offrirono consolazione al Carceriere, che tremava timoroso su come avrebbe dovuto salvarsi, Atti 16.31, dicendo Credi nel Signor Gesù Cristo, e sarai salvato tu, e la casa tua.
Riguardo alla maniera in cui il Signore agisce con le anime degli infanti nel convertirli, la Scrittura non ne parla, perché questo è fra i segreti di Dio che non ci compete investigare, Deu. 29.29. Dovrebbe essere sufficiente per noi che Dio, entrando in un patto con i genitori, promette di essere il Dio dei loro figli. E secondo questo patto il Signore si lamenta dell’uccisione e dell’offerta dei bambini agli idoli, chiamandoli Suoi figli e figlie, Eze. 16.20, e su questa base, nel secondo comandamento, il Signore promette di mostrare misericordia alla millesima generazione dei genitori credenti; e in 1 Cor. 7.14, l’Apostolo chiama figli santi i figli di uno dei genitori credenti, a motivo della loro consacrazione a Dio attraverso il genitore credente membro del patto, e in riferimento al diritto e al coinvolgimento di Dio in essi come figli della Sua famiglia secondo il patto.
E Cristo nostro Signore su questo fondamento chiama i figli dei genitori membri del patto, abitanti del cielo: di tali è il regno de’ cieli, Mat. 19.13,14, e poiché gli infanti sono dedicati a Cristo, per essere istruiti e governati da Lui nella Sua via e ordine, essi sono chiamati discepoli in Atti 15.10, come dimostrano quelli che disputano per la circoncisione dei bambini Cristiani così come dei loro genitori, secondo la legge di Mosé; e nell’istituzione del battesimo, nostro Signore dà il privilegio del patto ad ogni nazione, non meno che ai Giudei, che per mezzo del patto intere nazioni possano essere radunate e consegnate come discepoli della Sua dottrina, Mat. 28.19, ammaestrate tutti i popoli; battezzandoli, etc. affinché i figli insieme ai genitori possano essere partecipi mediante il battesimo del sigillo del patto per la rettitudine della fede, non meno di quanto lo fossero i figli degli Israeliti mediante la circoncisione.
Dei mezzi per realizzare questo Patto.
DI questi mezzi abbiamo parlato nel quarto articolo del patto di Redenzione, e non è necessario insistere ulteriormente nell’elencarli.
Il primo mezzo per attrarre gli uomini in questo patto benedetto, e per conservarli in esso, è la rivelazione esterna della volontà di Dio, per insegnare agli uomini quanto grande sia il loro peccato e la loro miseria, e come essi possano essere riconciliati e consegnati dalla grazia di nostro Signore Gesù Cristo, e come possano testimoniare la loro gratitudine, una volta riconciliati, per una tale misericordia. Questi fondamenti di conoscenza salvifica sono pienamente e fedelmente espressi nella sacra Scrittura, e consegnati ai Suoi servi nel ministero, i quali, predicando il Vangelo, informano e persuadono gli uomini a ravvedersi e ad accogliere la grazia di Cristo, e a portare il Suo dolce giogo d’obbedienza.
Il secondo mezzo è, dopo l’applicazione della parola di Dio a coloro che ascoltano per convincerli del peccato in essi, e della rettitudine di Cristo, del giudizio futuro, ovvero, dell’assoluzione del credente e della condanna di chi non crede, Di ricevere nel vincolo di questo patto di grazia tutti coloro che dimostrano di consacrare seriamente se stessi e i propri figli alla fede e all’obbedienza della dottrina di nostro Signore Gesù Cristo, senza determinare se al presente essi siano rigenerati o meno.
Il terzo mezzo è il solenne sigillo di questo patto, per la rettitudine della fede e della salvezza attraverso Cristo, battezzando sia i genitori che accettano il patto, che i loro figli; e con le esortazioni, le promesse, le minacce divine, e tutti gli altri argomenti, che possono convincerli sempre più del loro bisogno di Cristo e del dovere di seguirlo, per stabilire e rafforzare nel loro cuore il proposito di assicurarsi al Signore. Questi [argomenti] sono il comandamento del Signore di credere in Cristo e di amarci l’un l’altro, 1 Gv. 3.23, e la Sua minaccia, se essi non credono, Gv. 3.18 e 1 Gv. 5.10,11.
Il quarto mezzo, è il radunare di questi che hanno accolto il patto nella legittima e possibile comunione della Chiesa con altri Suoi discepoli, e stabilirli nelle loro diverse congregazioni, affinché possano essere edificati sotto i loro Ministri, ordinati da Cristo nel Suo Testamento nella loro santa fede, e nell’obbedienza di tutte le Sue ordinanze. E per aprire maggiormente la via di Dio, il condurre la Chiesa visibile di Cristo in questo patto con Se stesso, consideriamo:
1. Sebbene di quelli che sono giunti all’uso della ragione, con i quali Dio stabilisce formalmente e solennemente questo patto di grazia e riconciliazione, molti sono chiamati solo esternamente, e pochi in confronto sono eletti, Mat. 20.21, tuttavia, non è la volontà di Dio di separare in altro modo che con la dottrina gli eletti dal resto di quelli che sono chiamati esternamente, o di rendere il nome degli eletti noto al mondo. Infatti, la chiesa non li conosce, ma solo Dio conosce quelli che sono Suoi, 2 Tim. 2.19. E quindi Egli ha ordinato i mezzi comuni agli eletti e ai reprobi, per indurre entrambi ad accogliere esteriormente il Suo patto, e a continuarvi esteriormente, e conferisce doni sia ad un genere che all’altro, ed opera in entrambi in un modo o nell’altro secondo la Sua volontà. Ma riguardo alla chiamata interiore ed efficace, o alle grazie speciali che accompagnano la salvezza, e le opere speciali della Spirito Santo, Egli le riserva agli eletti e redenti soltanto, ai quali al momento appropriato Egli si rivela e li sigilla al Suo servizio.
2. Con questo modo saggio e santo di rapportarsi a chi ascolta il Vangelo, con cui il Signore realizza il patto di Redenzione, e porta a compimento i Suoi decreti, tanto che nessuno avrà giusto motivo d’inciampo, non sorprende che molti siano avvolti nella rete del Vangelo, e siano indotti ad entrare in questo patto santo e benedetto, fra i quali vi possono essere gli eletti, non ancora convertiti, cui segue per ordine di Dio un solenne patto di tutti coloro che acconsentono alla condizione del patto, e professano la loro fede in Cristo. Tutti questi (con i loro figli) Cristo li conduce dal mondo Pagano al Suo regno visibile e all’amicizia della Sua Chiesa militante e accorda loro il diritto dei privilegi comuni di Cittadinanza, nell’ordine stabilito nella Sua parola, affinché osservando ogni possibile e legittima comunione con la Cattolica e visibile Chiesa di Cristo, essi possano essere edificati nelle loro congregazioni particolari, e governati con altri dalla disciplina Ecclesiastica.
3. Insieme a questi mezzi esterni, che servono ad attuare questo patto e si realizzano in esso, avvengono anche le operazioni comuni di Dio, comuni a tutti i chiamati, sia eletti che reprobi, e sono conferiti i doni comuni a tutti, come l’illuminazione, la persuasione morale, la fede storica, dogmatica e temporanea, un cambiamento morale degli affetti, e un qualche genere di correzione esterna della loro condotta esteriore,–mentre la grazia salvifica è il dono speciale di Dio ai Suoi.
4. Di questa maniera di entrare in un patto e di condurre nella comunità della Chiesa tutti i chiamati che acconsentono in un modo morale alla condizione del patto, rigenerati e irrigenerati, noi abbiamo un esempio nel patto del Signore con tutta Israele: in Eso. 19, il patto è offerto a tutti gli Israeliti, senza eccezione; tutti sono invitati ad entrare nel patto senza eccezione, e sono utilizzati argomenti, motivazioni, e persuasioni dalla loro esperienza della benevolenza del Signore e dei doni ricevuti in passato; sono fatte loro le più ampie promesse di benefici spirituali, da conferirsi condizionalmente su di loro sia in questa vita, che nella vita futura, versi 4, 5, 6; il popolo accoglie la condizione del patto, versi 7, 8; il popolo è santificato, e preparato a ricevere i santi comandamenti e la volontà di Dio, nel resto del capitolo; poi, nel capitolo 20 e nel resto del libro, sono esposti i doveri dei membri del patto, che riguardano il riconoscimento del peccato e della morte meritata; e riguardano anche la giustificazione e la santificazione ricevute da parte di Cristo, e la loro dimostrazione di gratitudine per tutti i giorni della loro vita.
Lo stesso patto, dopo quarant’anni circa, viene ripetuto e rinnovato da Mosé, poco prima della sua morte nella terra di Moab, Deu. 29, in cui il Signore comanda a Mosé di rinnovare il patto con tutto il popolo, verso 1; tutto il popolo d’Israele viene radunato, rigenerati e irrigenerati, verso 2; sono esposti brevemente tutti gli argomenti e le motivazioni per entrare nuovamente nel patto, verso 3; la maggior parte del popolo che avrebbe dovuto unirsi a Dio viene apertamente dichiarata da Mosé irrigenerata, verso 4.
Dopo di ciò, sono utilizzati nuovamente degli argomenti per indurli, per tutto il tempo futuro, a confidare nel Signore e ad obbedirgli, verso 9; il patto è stabilito con i capi delle tribù, e con gli anziani del popolo, i loro governanti e con tutti gli uomini d’Israele, con i loro bambini, le loro donne e gli stranieri che erano in mezzo al loro campo, versi 10 e 11; il patto è reso solenne con il giuramento di tutti di osservarne le condizioni, versi 12 e 13; il patto viene esteso con il giuramento per la discendenza, versi 14 e 15; e non viene fatta alcuna eccezione, o esclusione di alcuno che abbia acconsentito al patto, sia gli Israeliti irrigenerati che gli stranieri, ma tutti sono ammessi entro questo patto.
Lo stesso modo di entrare nel patto fu seguito da Giovanni Battista, ammettendo al suo battesimo, sigillo di questo patto, tutti quelli che venivano da Gerusalemme e da tutta la Giudea, e dai confini del Giordano, senza eccezione, chiunque confessasse i propri peccati, o di essere peccatore, e professasse di aver ricevuto l’offerta di grazia, fatta nel Nome di Cristo Gesù, il vero agnello di Dio che porta via i peccati del mondo, Mat. 3.5,6. E tanto era lontano Giovanni dall’aspettare prove della grazia salvifica e della rigenerazione prima di ammettere quelli che venivano al battesimo nel sodalizio del patto esterno di grazia e riconciliazione, che al contrario, egli fece una professione pubblica che il vento con cui la pula è separata dal frumento, e l’ipocrita distinto dal Cristiano sincero, non era in mano sua, o in quella di chiunque altro, ma nelle mani di Cristo Gesù soltanto. E dunque, cosa che è degna d’essere notata, dopo che egli ebbe pubblicamente testimoniato il suo sospetto di ipocrisia e di disposizione velenosa nei Farisei e nei Sadducei che venivano al suo battesimo, offrì di ricevere il patto di grazia e il suo sigillo, verso 7, immediatamente, senza investigare sulla loro rigenerazione e sulla sincerità del loro cuore, li battezzò insieme agli altri, verso 11, e lasciò che essi fossero esaminati successivamente da Cristo stesso, se fossero retti di cuore o meno.
La medesima maniera di radunare fuori dal mondo i membri delle Chiese Cristiane visibili, seguirono gli Apostoli stessi di Cristo nella Sua compagnia, essendo Cristo presente fisicamente, osservando e approvando che loro battezzassero le moltitudini, che dopo aver udito i sermoni di Cristo, offrirono di ricevere il battesimo, e si recarono giù all’acqua Aenon, dove gli Apostoli di Cristo fecero e battezzarono più discepoli di Giovanni, Gv. 4.1, ovvero, essi accolsero le moltitudini nel santo patto, e li sigillarono con il battesimo, non intraprendendo alcun esame più severo di quello che fece Giovanni, ma accogliendo tutti quelli che desideravano il beneficio del patto e il suo sigillo, sebbene essi non avessero alcuna prova certa della loro rigenerazione, essendo soddisfatti che Cristo non proibì loro di battezzarli quando li vide andare verso l’acqua per essere battezzati dopo aver udito il Suo sermone. Ora, non c’è dubbio che Egli conoscesse i loro cuori, di tutti loro, e che molti di essi poco dopo avrebbero abbandonato Lui e la congregazione dei suoi discepoli, com’è evidente in Gv. 6.6, 66, 70.
Questo modo di ricevere nel patto esterno tutti questi che accolgono l’offerta e la condizione del patto, senza investigare la loro elezione o riprovazione, la loro rigenerazione o irrigenerazione in quel momento (che può essere chiamato un patto esteriore e nella lettera), nel profondo e saggio consiglio di Dio, è ordinato per radunare e costituire la chiesa visibile; infatti, con questo mezzo, primo, Dio così esegue e perfeziona il decreto d’elezione affinché nel frattempo nessuno di quelli ascoltano il Vangelo sia impedito dal ricevere la grazia di Cristo in esso offerto. Egli non esclude nessun uomo dall’accogliere il patto, ma al contrario, apre la porta a tutti quelli che sono chiamati, per entrare (per così dire) nel cortile esterno della sua casa, affinché esso possano attirarne altri presso di Lui; e così non espone in modo particolare la riprovazione di alcun uomo.
Secondariamente, con questo mezzo Egli nasconde l’elezione degli eletti dagli altri, e da loro stessi, finché essi non si pentono dei loro peccati e si volgono a Cristo, producendo alcune prove della loro elezione nella loro obbedienza e nel principio di santificazione.
Terzo, il Signore fa uso di questo patto esteriore e comune con tutti quelli che ricevono l’offerta, come un mezzo per indurre quelli che sono confederati nella lettera ad essere confederati nello spirito; infatti, la fede che Egli richiede come condizione del patto, Egli la opera negli eletti, se non prima, o con il patto esterno, indubbiamente dopo, a tempo debito, e facendo uso dei mezzi ordinari, il cui uso è concesso a tutti i confederati esterni. Così, come l’illuminazione comune è uno strumento per quella illuminazione speciale, spirituale e salvifica; come la fede storica e dogmatica è uno strumento per la fede salvifica; e come la chiamata esterna è uno strumento per la chiamata efficace, così il patto esterno nella lettera è uno strumento ben adatto e appropriato per rendere un uomo un membro del patto nello spirito.
Quarto, questo patto esterno, in cui Dio promette di essere il Dio del credente e il Dio dei suoi figli, è uno strumento non solo per generare e rinvigorire la fede nei genitori nel patto, per la loro salvezza, ma anche uno strumento per confortarli riguardo alla salvezza dei loro figli che muoiono nell’infanzia, sia prima che dopo il loro battesimo; e un mezzo per dare loro una buona speranza della beata risurrezione di quei bambini, in virtù della promessa, perché nel fare il patto, il Signore promette di essere il Dio del credente, e il Dio dei suoi figli, e non esige la condizione della fede reale dai loro bambini che muoiono.
Da queste premesse deriva, primo, che alcuni sono condotti esternamente e condizionatamente nel patto, sulla base del loro impegno nella rettitudine di fede, e il loro battesimo è un sigillo del loro impegno, e anche se non sono ancora rigenerati, tuttavia devono essere considerati membri della Chiesa, e Cristiani esternamente, Cristiani per la chiamata, e nella lettera, la cui lode è dagli uomini, come erano nella Chiesa esternamente e nella lettera, prima della venuta di Cristo, pure quei Giudei la cui lode era dagli uomini, apprezzati effettivamente per quello; ma quelli che non avessero dimostrato di accogliere e seguire la rettitudine per fede, non sarebbero stati Giudei per Dio, e per loro la circoncisione sarebbe stata solo nella lettera, e solo il sigillo dell’impegno, e non delle buone cose stabilite nel Patto, Rom. 2.28, 29.
Secondo, ne deriva che vi sono alcuni membri del patto esternamente e anche internamente, nella carne e anche nello spirito, la cui lode non è solo dagli uomini, ma anche da Dio, ovvero, quelli che non solo si sono impegnati ad osservare la condizione di vivere nella fede e di seguire la rettitudine di fede, ma realizzano veramente il loro impegno. Per questi il loro battesimo non è solo esteriore e nella carne, ma anche interiore, approvato anche da Dio. Quanti erano nell’antica Chiesa visibile, interiormente Giudei, che realizzavano il loro impegno a vivere secondo la fede, Giudei nello spirito e non soltanto nella lettera, la cui lode è da Dio, e non solo dagli uomini, Rom. 2.28, 29.
Terzo, ne segue che alcuni sono nel patto in modo assoluto, o senza condizione richiesta per la loro parte, i quali Dio prende in modo assoluto nella sua mano. Tali sono i bambini eletti che muoiono nell’infanzia, per i quali, affinché possano essere liberati dal peccato originale e dall’ira meritata, Cristo ha impegnato e deposto la sua vita, e ha promesso nel patto di essere il loro Dio; i quali dunque prima che muoiano, egli li vivifica immediatamente, e li santifica, e li trasla nel cielo dopo la morte; di questi (dice Cristo) è il Regno dei Cieli, Mc. 10.14.
In che modo la dispensazione esterna del vecchio Patto differisce da quella attuale sotto il Vangelo.
SEBBENE il Patto di Grazia nella sostanza sia unico e uguale, dalla sua prima predicazione in Paradiso fino alla fine del mondo, perché Cristo il Salvatore del suo popolo, è unico e uguale, ieri, oggi e per sempre, e perché la fede degli eletti è di un solo tipo, ed era e sarà tale fino alla fine del mondo; tuttavia, la manifestazione esterna e la dispensazione del patto differisce tra come fu proposta prima dell’incarnazione di Cristo e dopo. Infatti, in Paradiso il patto fu esposto per mezzo della promessa (secondo gli articoli del patto di Redenzione) che Cristo avrebbe assunto il seme della donna, avrebbe sofferto nella carne della sua natura umana, e con la sua potenza avrebbe distrutto le opere del maligno, in favore del suo popolo eletto, che avrebbe militato contro il diavolo sotto il suo stendardo.
2. E affinché nessuno immagini che il patto di grazia, fondato su questa promessa, fu stabilito con tutta la discendenza di Adamo, come il patto d’opere fu stabilito con Adamo e tutta la sua posterità, il Signore, nel pronunciare la promessa, non indirizzò le Sue parole ad Adamo ed Eva, ma al diavolo, sotto forma di minaccia, maledicendo lui e la sua progenie, proprio tutti i reprobi, davanti ad Adamo ed Eva, affinché i nostri progenitori ascoltando la maledizione del serpente e del suo seme, e la promessa dell’incarnazione di Cristo, affidandosi per fede a Colui che prometteva, potessero essere giustificati e salvati come persone individuali, nello stesso modo in cui gli altri credenti dopo di loro sarebbero stati giustificati e salvati. Il Signore rinsaldò e aumentò questa loro fede in Cristo mediante la Sua dottrina insegnata a loro, e mediante la prescrizione dei sacrifici tipologici da offrirsi in fede a Dio per la remissione dei peccati; e il Signore ammise i loro figli nella partecipazione esterna a questo patto, senza fare differenze esterne tra l’uno e l’altro, come vediamo in Caino e Abele: di questi due, uno, ovvero Caino, era un membro del patto solo esternamente nella carne e nella lettera, perché era completamente privo di fede salvifica; l’altro, Abele, era un membro del patto sia esternamente che interiormente, non solo nella lettera ma anche nello spirito, dotato di una fede viva, giustificante e salvifica nel Cristo che si sarebbe incarnato, e sarebbe morto per il suo popolo, come testimonia l’Apostolo considerandolo fra i credenti giustificati per fede, Ebr. 11.4.
3. Dopo il diluvio, Dio non fece il patto con ogni uomo, né con alcuna famiglia per mezzo di un contratto esplicito e formale, eccetto con Abrahamo e la sua famiglia soltanto, dal quale il Messia, Dio Mediatore, sarebbe venuto secondo la carne; e con lui il Signore confermò il patto, aggiungendovi il Sacramento della circoncisione come il suggello della rettitudine e della giustificazione per fede.
4. Nel deserto al monte Sinai, affinché fosse evidente la necessità della giustificazione per fede nel Cristo a venire, il Signore ribadì la legge delle opere; e a quelli che riconoscevano i loro peccati, Egli mostrò Cristo loro liberatore, dietro il velo dei sacrifici e dei tipi levitici, e lo stesso è adesso il patto in cui Cristo e i suoi ministri, sollevando il velo delle cerimonie, invitarono apertamente quelli che ascoltavano a riconoscere i propri peccati e a non confidare più nelle proprie capacità e meriti per andare nelle braccia di Cristo il Salvatore, affinché per mezzo di lui essi potessero ottenere la giustificazione e la vita eterna. Vediamo qui effettivamente una diversa maniera di dispensazione e una gestione esteriore del patto con gli uomini, ma il patto era ancora lo stesso, rivestito ed esposto in una maniera diversa, e non differisce in nessun altro modo tra allora e adesso più di quanto lo stesso uomo differisca da sé stesso abbigliandosi in un modo nella sua fanciullezza, e in un altro nella sua età adulta.
5. Se quindi si confrontassero i membri del patto fra loro stessi rispetto alle diverse dispensazioni, i membri nello spirito dopo l’incarnazione di Cristo sono in una condizione migliore dei credenti precedenti alla venuta di Cristo; infatti, i credenti prima di Cristo incarnato, sotto la pedagogia della legge, giacevano sotto una servitù e una schiavitù riguardo all’uomo esteriore, perché allora i figli ed eredi non giunti all’età adulta non differivano in nulla dai servi, Gal. 4.1, e riguardo all’uomo interiore, essi vedevano il mistero della salvezza, in modo salvifico, ma oscuro, perché vedevano il mistero della salvezza futura per Cristo attraverso il velo; ma dopo la venuta di Cristo, il Signore si rapportò in modo più liberale con i credenti, perché grazie alla libertà dalle cerimonie Levitiche, rimuovendo il velo, essi potessero guardare in pieno volto la gloria del Signore, come in uno specchio, ed essere trasformati nella stessa immagine, di gloria in gloria, proprio come dallo Spirito del Signore, 2 Cor. 3.18.
6. Ma per quanto concerne i membri del patto solo nella lettera e esteriormente, essi sono in una condizione peggiore dopo la venuta di Cristo, rispetto ai membri letterali del patto prima della sua incarnazione; perché gli irrigenerati sotto il Vangelo sono in pericolo di un giudizio più pesante rispetto a quanto lo fossero agli incirconcisi nel cuore prima che venisse Cristo, dal momento che è un peccato maggiore ignorare e disprezzare Cristo che parla dal Cielo, nella sua più chiara manifestazione nel Vangelo, di quanto lo fosse prima che Cristo venisse a deplorare la più oscura dottrina di Mosè, Ebr. 2.3, e 10.20.
Riguardo alla condizione del Patto.
NEL ricevere o ammettere nel patto le persone che sono giunte all’uso della ragione, si devono osservare queste tre cose, distinte l’una dall’altra: primo, la condizione della persona che desidera essere in un patto con Dio, per la riconciliazione e la grazia attraverso Cristo; 2. La condizione alla quale egli entra nel patto; 3. La condizione richiestagli per dimostrare la sua partecipazione sincera al patto.
La prima condizione richiesta all’uomo che desidera entrare nel patto di riconciliazione, è il riconoscimento dei propri peccati; infatti, se un uomo non confessa di essere un peccatore, e di essere incapace di aiutare sé stesso, Cristo lo respinge, e non ha nulla a che fare con lui, perché Cristo ha detto, Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori al ravvedimento, Mat. 9.13.
Per quanto riguarda la successiva, la condizione del patto alla quale l’uomo è accolto, e con cui l’uomo diventa un membro confederato, è il consenso a ricevere la grazia offerta, Cristo con i suoi benefici, come è manifestato nel Vangelo; o, la condizione del patto è la fede, ricevere Cristo per la rettitudine e la vita eterna.
Per quanto riguarda la terza, la condizione richiesta all’uomo entrato nel patto, per dimostrare la verità e la sincerità della fede professata dal membro del patto, è il prendere su di sé il giogo di Cristo, che egli ha posto sopra il suo popolo confederato. Questa condizione è la sottomissione del membro del patto al governo di Cristo, e l’obbedienza ai suoi comandamenti. Tutte queste tre sono espresse da Cristo in Mat. 11.28, 29.
Primo, coloro che sono affaticati e oppressi sono quelli che Cristo chiama nel patto e alla partecipazione della sua grazia.
Secondo, egli espone la condizione del patto, ovvero, che essi credano in Cristo, o vengano a Lui, affinché in lui possano trovare il pieno riposo dal peccato e dalla miseria, e in lui la piena rettitudine e felicità.
Terzo, egli richiede a coloro che lo accolgono per fede, e hanno accettato la condizione del patto, che essi diano dimostrazione della loro fede in lui, prendendo su di sé il suo giogo; Prendete su di voi il mio giogo, dice.
Un membro del patto nella lettera, esteriormente, professerà di avere tutte queste tre condizioni, e di volerle seguire; ma i veri membri del patto nello spirito le hanno veramente, perché la vera fede in Cristo, o l’accoglimento di Cristo offerto nell’Evangelo per la giustificazione e la salvezza, che è la condizione del patto, presuppone la condizione dell’uomo che è chiamato ad accogliere Cristo, e reca con sé la condizione richiesta all’uomo che sta nel patto. Infatti, colui che riceve Cristo per la rettitudine e la vita eterna, necessariamente deve riconoscersi come un uomo ingiusto e perduto, che viene a Cristo per essere giustificato, santificato, e salvato da lui, in modo da perseverare in questa condotta fino alla vita eterna.
Dei Termini nei quali questo Patto è Offerto e Sollecitato nella Scrittura.
I termini del patto sono proposti in diverse maniere nella Scrittura, Eso. 19.5, il Signore lo propone così, se obbedirete alla mia voce, e osserverete il mio patto, allora voi sarete per me un popolo particolare, etc.
In queste parole, la condizione richiesta a coloro che sono già entrati nel patto è preminente: infatti, questo popolo era nel patto dal tempo del patto di Abrahamo, ed era ammesso ai Sacramenti prima della loro uscita dall’Egitto, e quindi in questo momento non si dà molto rilievo alle condizioni precedenti al loro ingresso nel patto, e alle richieste per concludere l’accordo. Il popolo accetta questa condizione, e risponde a Dio mediante Mosè, verso 8, tutto ciò che il Signore ha detto noi lo faremo.
Un’altra forma ed espressione è usata in Atti 16.31, in cui Paolo e Sila dicono al Carceriere, ansiosi d’essere salvato, Credi nel Signore, e tu sarai salvato; tu e tutta la tua casa. Il Carceriere accetta la condizione, ed è battezzato lui e tutta la sua casa, verso 33.
La condizione della sua persona che con senso di colpa riconosce la propria condizione di perdizione è descritta al verso 27; viene quindi proposta la condizione del patto, nel passo successivo, è accettata, e su quella base gli viene amministrato il battesimo.
Salmo 27.8. La stessa condizione viene proposta con altre parole: il Signore desidera la fede, ricercando la comunione con Dio come condizione, Ricercate la mia faccia; il Salmista accetta la condizione e risponde, Io cerco la tua faccia, o Signore.
Isa. 45.22. Cristo richiede la fede a quelli che lui chiama, e a quella condizione promette la salvezza, Riguardate a me, voi tutti i termini della terra, e siate salvati; la risposta del credente è riportata al veso 24, Veramente nel Signore è ogni giustizia e forza.
Similmente, la maniera di fare questo patto è esposta da Cristo, nell’offrire sé stesso come un Salvatore da una parte, e nel ricevere Cristo da parte del credente, Gv. 1:11, 12, Egli è venuto in casa sua, ed i suoi non l'hanno ricevuto. Ma, a tutti coloro che l'hanno ricevuto, i quali credono nel suo nome, egli ha data questa ragione, d'esser fatti figliuoli di Dio;
E in 2 Cor. 5.19, 20, sopra questa sola condizione del consenso alla riconciliazione offerta, egli riassume brevemente e chiaramente la formazione del patto, Noi adunque facciam l’ambasciata per Cristo, come se Iddio esortasse per noi; e vi esortiamo per Cristo: Siate riconciliati a Dio. Non rimane altro per concludere il patto, che chi ascolta risponda onestamente in questo modo, ben gradisco l’offerta e la condizione, acconsento ad essere riconciliato. Ora, chi acconsente ad essere riconciliato, (1.) Riconosce la propria naturale inimicizia; (2.) Accetta Cristo come Mediatore, Redentore, Riconciliatore, offertogli da Dio, la cui pienezza è in Cristo; E (3.) Obbliga sé stesso a mantenere questa amicizia per il resto della sua vita.
Infine, questo patto è a volte presentato per essere ricevuto e seguito sotto forma di un precetto, 1 Gv. 3.23, E questo è il suo comandamento: che crediamo al nome del suo Figliuol Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri, siccome egli ne ha dato il comandamento. In queste parole, la condizione, o stato della persona che è chiamata a credere e ad entrare nel patto, viene presupposta, perché significa che deve riconoscere, non solo di essere un peccatore miserabile, e incapace di liberare sé stesso, ma anche di essere naturalmente avverso alla via in cui si cerca la rettitudine per fede in Cristo, e ha bisogno che la potenza sovrana di Dio lo attragga a Cristo. Secondo, viene proposta la condizione per stabilire il patto, che è di credere in Gesù Cristo. In terzo luogo, la condizione richiesta a chi è entrato nel patto credendo in Cristo, è che ci amiamo l’un l’altro come Egli ci ha comandato.
Questa condizione del patto di grazia, offerta e comandata, alcuni l’accettano per la grazia di Dio, e si impegnano ad osservarla, e la osservano sinceramente, sebbene con debolezza; altri, confidando nelle proprie forze, si impegnano nell’obbedienza della fede, e professano con la loro bocca di essere peccatori e di credere in Cristo, e di volersi sottomettere al suo Governo, accostandosi a lui con le loro labbra, mentre il loro cuore è lontano da lui; e la fede di tali uomini non modifica la loro vecchia disposizione e modo di vivere, ma consente loro di servire il loro ventre, o mammona, o vanagloria, e altri idoli simili. Tuttavia poiché la Chiesa non giudica i segreti del cuore, devono essere ricevuti nella comunione della Chiesa tutti quelli che confessano di essere peccatori, professano di accettare l’offerta della grazia di Cristo, e promettono sottomissione alle sue ordinanze.
Obiezione. Ma come può la Chiesa accogliere nella comunione della Chiesa uomini che sono privi di una fede viva?
Risposta. La Chiesa non è giudice del cuore, o dei suoi segreti, perché non può vedere la fede stessa, ma deve guardare la professione di fede e i suoi frutti nel loro ordine e tempo; la Chiesa è testimone del loro impegno, ma non giudica la loro sincerità.
2. Il patto di grazia non esclude i peccatori più vili, se essi riconoscono la loro peccaminosità e acconsentono solennemente alle condizioni del patto: perché secondo questo patto al membro non viene conferito nulla per merito, ma per grazia soltanto, che la Chiesa sa che Dio può dare, e a volte dà a membri inizialmente ipocriti, rendendoli sinceri a tempo debito, e ciò per mezzo delle ordinanze usate dalla Chiesa visibile.
3. Una cosa è essere Cristiani confederati nella lettera, esternamente, alla vista degli uomini; un’altra è essere un membro del patto nello spirito, internamente rispetto al cuore e all’uomo interiore, Rom. 2.28, e sebbene il patto esterno non produca la rettitudine e la vita se un uomo non è anche membro del patto internamente nel suo cuore, nella consapevolezza del peccato e dell’imperfezione, traendo beneficio da Cristo quotidianamente; tuttavia è certo che la partecipazione esteriore al patto è uno strumento ordinario e benedetto per molti, per generare e rinvigorire la fede, e per incoraggiarne i frutti.
4. Può e dovrebbe esserci sufficiente, che Dio, nel comporre da principio una Chiesa nazionale, ammise, e comandò a Mosè di ammettere nel patto tutti gli Israeliti, dei quali soltanto pochi erano convertiti, o riconciliati a Dio nel proprio spirito; e questo non fu nascosto a Mosè, o a quelli veramente pii nel campo d’Israele, come ci è mostrato chiaramente in Deu. 28.29, dove Dio porta la testimonianza contro il popolo che il loro cuore non seguiva la loro professione e il loro impegno; e Mosé rivelò questa verità a tutto il popolo in assemblea, mentre rinnovava il patto con loro nonostante fossero irrigenerati, Deu. 29.
Obiezione. Ma alcuni ancora insistono a dirci che la Chiesa visibile è una società di Santi o persone rigenerate, e che coloro che vivono nella Chiesa visibile devono essere visibilmente Santi, la cui vita quantomeno non deve contraddire la loro professione, e tali che secondo il giudizio di carità noi dobbiamo stimare rigenerati.
Risposta. La Chiesa visibile di Cristo è la compagnia di coloro che sono chiamati a lui fuori dal mondo; la compagnia di coloro che sono consacrati a Dio, e si sono impegnati mediante un solenne patto a seguire la via della santità; essi sono santi secondo la chiamata, sebbene molti di essi possano essere trovati corrotti nella loro condotta; così Dio stesso ci insegna a giudicare, nel Salmo 50.5, E dirà: Adunatemi i miei santi, e chi sono questi? Quelli che hanno fatto con me patto con sacrificio. Ora, di questi molti non adoravano Dio nello spirito, ma ponevano tutta la loro religione nelle cerimonie, e presero a pacificare Dio, e ad espiare i loro peccati, per mezzo dei loro sacrifici esteriori, com’è evidente nei versi 7, 8; altri di questi chiamati santi, consacrati a Dio, e uniti a Lui in un patto visibile, erano molto malvagi, e non modificarono affatto la loro condotta quando divennero membri del patto con Dio; questi quindi erano esclusi dai benefici del patto, a meno che non si fossero ravveduti, perché odiavano la vera santità, e ignoravano i comandamenti, verso 16, erano ladri e adulteri, diffamatori e calunniatori dei loro fratelli, versi 18, 19, e tuttavia, per tutto questo, il Signore non li escluse dalla Chiesa visibile, ma li riprovò in una maniera paterna, affinché si ravvedessero e non perissero.
2. La questione non è se tutti nella Chiesa visibile debbano essere santi sia nell’aperta conversazione che nel cuore, e che saranno certamente dannati e si perderanno quelli che non sono tali; ma la questione è qui, riguardo al dovere dei Governanti della Chiesa, e dei pii in essa, se debbano escludere dalla comunione della Chiesa tutti quelli che non sono rigenerati, almeno stimati tali nel giudizio di carità. O, se debbano essere considerati membri della Chiesa, e mantenuti dentro la Chiesa, quelli che sono in patto con Dio, e sigillati con il suo sigillo, affinché essi possano essere rigenerati mediante la dottrina e la disciplina della Chiesa (nella misura in cui sia possibile con questi mezzi), ed essendo rigenerati, essere aiutati sulla via della santità.
3. Si deve notare una differenza tra i precetti riguardanti la santificazione personale di ogni singolo uomo, e i precetti dati per il governo degli altri e la conservazione di una comunione santa con quelli chiamati santi, rinnovati o non rinnovati, nella Chiesa visibile, nella misura in cui la parola di Dio dà luce e ordine. Infatti, è comandato a me e a te di perseguire la pace e la santità, senza le quali nessuno vedrà il volto di Dio; ma non è comandato a me e a te di mantenere la comunione di Chiesa nelle ordinanze di Dio solo con i rigenerati. Non è comandato ai Governanti della Chiesa di esaminare ogni persona riguardo alla rigenerazione; né è loro vietato di ammettere nella società della Chiesa quelli che loro giudicano non rigenerati, ma è loro comandato di condurre nella Chiesa tutti quelli che si impegnano ad essere discepoli di Cristo, con i loro figli, e mediante gli strumenti ordinati da Dio, nella dottrina e nella disciplina della Chiesa, di promuovere la loro santificazione e salvezza, perché questo significa la commissione di Cristo ai Pastori della Chiesa in Mat. 29.19, 20.
4. La giusta misura con cui definire le dimensioni e l’estensione della Chiesa visibile non è la rigenerazione, ma la partecipazione e il segno del Patto mediante il battesimo. Infatti, la Chiesa è il regno visibile di Cristo, i cui sudditi sono tutti coloro che sono solennemente impegnati a sottomettersi alla sua dottrina e al suo governo. Dunque la Chiesa visibile non deve essere definita la compagnia dei rigenerati, ma la compagnia dei confederati con Dio, e chiamati alla santità, fra i quali, Cristo ci dice, ci sono pochi eletti, e quindi pochi rigenerati; e quindi la Chiesa di Cristo è paragonata ad un’aia, dove sono raccolti sia il grano che la pula, sia quelli che hanno fede che quelli che professano la fede, dai quali Cristo raduna i suoi Eletti e redenti.
Obiezione. Ma quantomeno, nel radunare una Chiesa fuori dal mondo, si deve avere cura che il consenso del membro del patto sia serio; e come può il consenso essere serio quando il cuore non è sincero, quando la persona non è rigenerata? Il consenso al patto di un tale uomo, poiché è privo della fede salvifica, è inventato, contraffatto, ipocrita, e un tale consenso può ostacolare la rigenerazione dell’uomo, e non fare altro che provocare l’ira di Dio contro l’uomo e anche contro coloro che l’hanno accolto o ammesso.
Risposta. Serio a volte è contrapposto al divertimento o al gioco, e quindi una materia può essere seria se è condotta in modo onesto, e non è apertamente istrionica. E a volte, serio è contrapposto all’intenzione di frode o inganno, così si può chiamare serio ciò che è fatto senza lo scopo di ingannare o illudere l’altra parte. Ma quando chi acconsente ad impegnarsi nel patto parla secondo il suo pensiero, sebbene sia possibile che il suo cuore lo stia ingannando, il suo consenso alla condizione del patto può essere giustamente chiamato serio, perché egli intende comportarsi con onestà, come in una questione gravosa. E tale fu il consenso del popolo d’Israele al patto stabilito con Dio in Esodo 19.
Similmente, contraffatto e ipocrita è a volte usato in contrapposizione a ciò che è reale, vero e spirituale. E così ogni consenso al patto di Grazia che non procede dallo spirito di Rigenerazione non è altro che falsa fede, che non è fede salvifica; tuttavia, può essere serio e moralmente onesto, come quello di Israele in Eso. 14.20, e quindi è sufficiente per stabilire un patto, e per vincolare l’uomo ad un obbligo verso quei doveri che conducono alla salvezza.
Ancora, falso, contraffatto e ipocrita è chiamato ciò che un uomo dissimula di proposito, mostrandosi per ciò che sa di non essere, essendo conscio della propria malvagità; e un tale consenso dissimulato, concediamo, provoca Dio contro una tale persona; ma la Chiesa non è giudice di questo, finché non viene a conoscenza della sua volgare ipocrisia.
Noi sosteniamo dunque, che può esservi, e generalmente avviene, un consenso morale al patto di Grazia senza la fede salvifica, che può essere chiamato un consenso serio, e veramente onesto, rispetto alla corrispondenza tra la mente e le labbra del membro del patto, come si trova nei normali contratti civili, tra due uomini, e deve essere riconosciuto come un patto ecclesiale esterno con Dio, e con gli altri membri della Chiesa; e quindi il consenso, rispetto alla definizione del patto, non è simulato, né nel suo genere dispiace a Dio, sebbene non sia sufficiente o accettabile a Dio per la salvezza della persona. Infatti, Dio stesso testimonia questo (Deu. 5.) parlando degli Israeliti (che ignoravano l’inganno del proprio cuore, e la loro incapacità di compiere quanto avevano promesso), quando dice (versi 28, 29), Essi hanno ben parlato in tutto ciò che hanno detto. Quindi, per legare un uomo in questo vincolo del patto, questa onestà morale è sufficiente, sebbene non lo sia per la salvezza, ma un mezzo ordinato da Dio per pervenirvi.
Ora, che vi sia una tal cosa che noi chiamiamo integrità morale o onestà, che differisce dalla vera onestà spirituale del Cristiano, o sincerità, è evidente da quei passi della Scrittura che parlano di questa integrità di cuore in quelle persone che non sono rinnovate, perché non avevano in mente cose diverse da quelle che sostenevano. Così Abimelec si scusò davanti a Dio quando portò via Sara, la moglie di Abrahamo, da lui, pensando che Sara fosse sua sorella e non sua moglie, Gen. 20.6, Anch'io so che tu hai fatto questo con integrità del tuo cuore. E il Signore riconosce che questo è vero al verso 17. Così pure dei capitani che vennero con le loro compagnie da Davide in Ziklag, viene detto che avevano un cuore perfetto, perché erano moralmente onesti, e risoluti, come professavano, a costituire Davide Re, e per aiutarlo nella guerra e non tradirlo, 1 Cron. 12.33, 38.
Delle diverse maniere in cui gli uomini formulano il Patto di Grazia.
Come abbiamo detto, vi era un patto d’opere propriamente detto, istituito da Dio, e un altro genere di falso patto d’opere, concepito dall’uomo; così è pure nella materia del patto di Grazia: ve ne è uno propriamente detto, e un altro genere, falso e contraffatto, concepito dall’uomo. Quello concepito da Dio è il patto che Dio fa con la Chiesa, per dare la rettitudine e la vita mediante la fede in Gesù Cristo; quello che chiamiamo un patto contraffatto è il patto che gli uomini concepiscono da sé su altre condizioni rispetto alla fede. Tale era il patto contraffatto dei falsi apostoli, che corrompevano il patto del Vangelo fra i Galati, di cui l’Apostolo Paolo si lamenta in Gal. 1.6, 7, disputando con loro che avevano abbandonato Dio, che li aveva chiamati alla grazia di Dio, ed erano stati consegnati ad un altro vangelo, vale a dire ad un altro patto di grazia, diverso da quello vero che è unico e non molteplice, modificato in un’altra forma da quei sovvertitori della Chiesa; infatti, il vero patto era stato pervertito e corrotto da questi che continuavano ad unire insieme la Giustificazione per le opere e la Giustificazione per grazia mediante la fede in Cristo. Questi due generi di patto sono inconciliabili, e si annullano reciprocamente; così il Fariseo in Lu. 18.11, 12 corrompeva e pervertiva sia il patto d’opere che il patto di grazia: egli corrompeva e pervertiva il patto d’opere, perché presentava a Dio alcune buone opere come se fossero perfetta obbedienza alla legge, e pervertiva il patto di grazia, perché sebbene riconoscesse la grazia di Dio, e gli rendesse grazie per avergli dato la capacità e il potere di compiere buone opere, e per aver infuso in lui abitudini di pietà e giustizia, tuttavia si gloriava, e ringraziava e lodava sé stesso per aver fatto buon uso di quelle abitudini virtuose, Dio, ti ringrazio (dice lui) perché io non sono come gli altri uomini, etc.
2. Come questo è l’errore di molti, dei quali alcuni presentano l’atto di fede prodotto dal potere del naturale libero arbitrio come la condizione del patto, contrariamente alla dottrina del Vangelo che presenta la fede infusa, dono di Dio, nella rinuncia alla propria rettitudine e ai propri meriti, e nell’affidarsi a Cristo, come la condizione; infatti, la frase dell’Apostolo rimane salda e inamovibile, Rom. 11.16, Se è per grazia, non è più per opere, etc.
Altri rendono la condizione del patto che Cristo dovesse pagare per i peccati mortali con la propria sofferenza temporanea, e così eliminare la punizione eterna, ma pretendono che il peccatore stesso paghi per i peccati veniali con sofferenze temporanee, in parte in questa vita e in parte nel purgatorio.
Altri sognano di formare il patto di grazia in questo modo, se un uomo compie tutto il bene di cui è capace, e ha la volontà di servire Dio meglio di prima, essi immaginano che Dio debba accettare la volontà delle opere perfette come un pagamento valido.
Tutte queste condizioni contraffatte, e altre invenzioni simili di concetti appaganti, non sono altro che adulterazioni sia del patto d’opere che del patto di grazia stabiliti da Dio, con le quali gli uomini ingannano sé stessi a propria perdizione.
Ora, che tali pervertimenti del patto d’opere e di grazia, siano comuni e frequenti fra gli uomini, può essere provato dall’esperienza, perché, prima della venuta di Cristo, questa era la condotta degli Israeliti carnali, Rom. 10.3 e Rom. 9.30, Poichè, ignorando la giustizia di Dio, e cercando di stabilir la lor propria giustizia, non si sono sottoposti alla giustizia di Dio. E in Galati viene detto, nel cap. 5.4, Cristo non ha più alcuna virtù in voi che volete essere giustificati dalla Legge; voi siete scaduti dalla grazia; ovvero, voi che ricercate la rettitudine o la giustificazione mediante le opere, avete rinunciato ad essere posseduti da Cristo nella misura in cui in voi si trova la grazia; e l’esperienza mostra ogni giorno la stessa disposizione in molti Cristiani dichiarati.
Domanda. Questi corruttori del patto di grazia non sono quindi sciolti dall’obbligo del loro battesimo in cui essi morirono per ricercare la rettitudine per la sola fede?
Risposta. No, perché così facendo essi dimostrano di essere corruttori e falsificatori del loro patto, a loro propria perdizione, se non si ravvedono. Tuttavia davanti a Dio rimangono vincolati al loro patto suggellato nel battesimo: Infatti, il patto di Dio con l’uomo non può essere dissolto per il tradimento degli uomini, e senza il consenso di Dio, non solo perché il patto di Dio con gli uomini, rispetto alla sua perpetua giustizia, ha in sé un obbligo perpetuo, ma anche perché il dominio sovrano di Dio ha la forza della legge ad obbligare quanti Dio ha preso fra il suo popolo, affinché essendo suoi soggetti confederati essi rimangano ancora suoi soggetti. Infatti, come la circoncisione era un sigillo della rettitudine per fede nel patto, così il battesimo è il sigillo della stessa rettitudine per fede nel patto, sia che i membri rimangano fedeli al loro patto che non, come vediamo negli Israeliti, i quali sebbene si fossero corrotti con l’idolatria in Egitto, e sebbene nel deserto si fossero dimostrati ribelli, e nella terra promessa furono spesso trovati colpevoli della rottura del patto, tuttavia nella Scrittura essi sono chiamati ancora il popolo di Dio, e la cura di Dio per loro, e il suo diritto su di loro, rimasero saldi, come pure rimase saldo il loro diritto ai privilegi esteriori di cittadini del regno di Dio, fino al tempo in cui, per il loro aperto e ostinato rifiuto di Cristo, i figli del regno furono rigettati e recisi dal vero albero d’olivo. Così pure rimane saldo l’obbligo dei battezzati che deformano il vero patto di grazia in un altro di loro invenzione, e li vincola a realizzare la condizione del vero patto, e rimangono saldi i loro diritti ai privilegi esterni dei membri confederati, secondo il loro stato ecclesiale (sebbene non riguardo alla loro attuale condizione ecclesiastica) cittadini e membri della Chiesa, e soggetti alla giurisdizione ecclesiastica e alla disciplina di Cristo; perché quando sono giudicati, e sono sotto disciplina, viene detto in 1 Cor. 5.12 che loro sono dentro la Chiesa, e non fuori di essa, Perciocchè che ho io da far di giudicar que' di fuori? non giudicate voi que' di dentro? E questi che furono consegnati a Satana, rispetto alla loro condizione presente, nondimeno rimasero nel loro stato esteriore i domestici di Dio, sotto la disciplina della casa di Dio, e furono indotti dalla disciplina esercitata su di loro, ad imparare ad abbandonare la loro condotta peccaminosa, e specialmente questi falli per cui furono censurati e corretti mediante la loro scomunica, 1 Tim. 1.20. Imeneo e Alessandro, furono consegnati a Satana, affinché imparassero a non bestemmiare; vale a dire, affinché umiliati e condotti al ravvedimento essi potessero tornare a riconoscere la verità e a parlare in modo riverente delle cose sacre, e quindi il loro diritto di essere considerati fratelli e membri della Chiesa (sebbene sotto disciplina, restrizione, e disprezzo finché non si fossero pentiti) non fu abolito del tutto, anche sotto scomunica; né dovevano essere loro negati del tutto quei doveri privati di carità dovuti ai fratelli in quella terribile condizione, anche quando erano stati privati dell’onore di essere considerati fratelli irreprensibili, perché l’Apostolo voleva che fossero considerati come fratelli sotto censura, ancorché scomunicati, e non considerati come nemici, 2 Tes. 3.14, 15, E se alcuno non ubbidisce alla nostra parola, significata per questa epistola, notate un tale (ovvero, applicandogli la disciplina della scomunica), e non vi mescolate con lui, acciocchè si vergogni. Ma pur nol tenete per nemico, anzi ammonitelo come fratello. Questo deve essere osservato con cura affinché la costituzione della Chiesa visibile di tali membri, e l’uso della scomunica, possano essere ben compresi, per evitare che gli scomunicati, oppressi dalla durezza della disciplina, possano vedersi esclusi completamente dalla comunione della Chiesa e quindi disperino di ritornare al pieno possesso dei privilegi, ma perché possano sapere che il diritto di cittadinanza della città di Dio era riservato a loro, e deve essere ristabilito per mezzo del possesso dopo il loro ravvedimento, e che essi non sono stati recisi dalla carità Cristiana dei fratelli, se non durante la loro sentenza, affinché possano al più presto tornare al ravvedimento e al possesso del loro onore ecclesiale.
Obiezione. Ma qui sorge il dubbio maggiore e l’obiezione, in che modo, e con quale ragione Dio esige la condizione della fede, che gli uomini non possono realizzare se non viene loro conferita da Dio, come testimonia l’Apostolo in Ef. 2.8, Voi siete salvati per grazia mediante la fede, e questo non è da voi, è il dono di Dio?
Risposta. L’equità del dovere richiesto non dipende dalla capacità presente o dalla forza degli uomini ai quali è richiesta la condizione, ma poggia su questa base, che la capacità fu data ad Adamo, e alla sua discendenza in lui. Infatti, tutto il servizio prescritto, e quindi il dovere di credere in Cristo, è fondato sull’obbligo naturale dell’uomo di obbedire alla legge morale, perché, in virtù del primo comando, Adamo fu vincolato, e noi in lui, non solo a credere alla parola di Dio già rivelatagli, ma anche a credere ad ogni parola di Dio che sarebbe stata rivelata, e fu vincolato a rendere a Dio la gloria di tutti i suoi attributi, non solo di quelli che si erano già manifestati nelle sue opere, ma anche degli attributi che non si erano ancora mostrati all’opera. Infatti, come non si può negare che l’uomo aveva il dovere di rendere gloria a Dio per la sua giustizia vendicatrice sulla base della minaccia di infliggere la punizione della morte in caso di peccato da parte dell’uomo, anche se non ne poteva vedere l’esecuzione prima della caduta; così pure è evidente che egli aveva il dovere di rendere a Dio la gloria della sua bontà e misericordia, sebbene non vi fosse ancora alcun soggetto a cui mostrare misericordia; e questo in parte perché era suo dovere rendere gloria a Dio di tutte le sue perfezioni, di cui la misericordia è una; e in parte, sulla base dell’esperienza che egli aveva della bontà di Dio manifestata nella sua creazione e del patto, stabilito da Dio con lui riguardo alla vita eterna su termini così facili ed equi; sulla stessa base, anche dopo la caduta, Adamo era obbligato a non disperarsi, a non fuggire, e a non nascondersi da Dio, dal quale era impossibile fuggire.
Non può dunque essere negato che l’uomo, per la legge di natura, è obbligato a dare ascolto a Dio quando parla, e obbligato a confidare in Dio quando Egli si offre come amico e padre, e quando lo invita a ricercare il suo volto, egli è obbligato ad obbedire, a ricercare il suo volto, e ad aspirare ad una comunione sempre più intima con Lui. È vero che Adamo, nella sua integrità, non poteva formalmente e effettivamente credere in Dio come Redentore, in parte perché questo mistero non era stato ancora rivelato, e in parte perché egli, non avendo ancora peccato, non aveva bisogno di un Redentore o della remissione dei peccati. Tuttavia, il potere e la capacità di credere in Dio, secondo quanto Dio rendeva noto della sua volontà, e la volontà di seguire Dio e di confidare nella sua bontà e benevolenza, furono dati all’uomo nella sua creazione: infatti questa perfezione era parte dell’immagine di Dio in cui l’uomo fu creato, proprio come l’attitudine a mostrare misericordia ai miserabili (sebbene simili soggetti non esistessero finché l’uomo continuava nel suo stato d’innocenza) era parte di quella santità originale in lui. Se questa grazia non rimanesse salda, i peccatori, dopo aver peccato una volta, si renderebbero liberi di continuare a peccare per sempre, esentandosi da tutti i doveri della legge morale con questo pretesto, che essi sono incapaci di rendervi obbedienza, la qual cosa è irragionevole.
Secondo, Perché chi ascolta il Vangelo si giudica capace di realizzare la condizione del patto di grazia offerto, di credere in Cristo, e di stimare buono, oppure no, quanto gli viene predicato, se ne vede la ragione; non è quindi equo obbligarvi tutti gli uomini, che si giudicano capaci di compiere quanto richiesto, allo scopo che, dopo l’esperienza e le prove prese su di sé, essi riconoscano la loro incapacità naturale di credere in Cristo e ricerchino il dono della fede da parte di Dio, oppure siano privati di ogni scusa se non compiono quanto immaginano e sostengono di essere capaci di fare?
Terzo, è equo volere la fede da coloro che sono capaci di promettere moralmente l’obbedienza della fede, e sono capaci di usare i mezzi esteriori che conducono alla vera fede; perché il Signore Stesso seguì questa via nel fare il suo patto con gli Israeliti in Eso. 19, dove il Signore propone la condizione del patto e promette di essere il loro Dio, se essi ascoltano la Sua voce, versi 5, 6; il popolo accettò la condizione e si impegnò a realizzarla, versi 7, 8, e su questi termini il patto fu stabilito con loro moralmente, in una maniera esterna, e questo li vincolò saldamente all’obbligo.
Quarto, mediante la predicazione del patto di grazia, Dio nel momento a Lui più gradito conferisce ordinariamente la grazia, e grazia su grazia, ai redenti; e nell’esigere la condizione, il Signore dà la grazia di accettare la condizione e di realizzarla. Questa condotta è molto appropriata alla sovranità e supremazia di Dio, adatta alla Sua sapienza e alla Sua giustizia, e adatta alla libertà della Sua grazia: infatti, è appropriato all’assoluta supremazia di Dio e alla libertà, e alla libertà della Sua santissima volontà, di inviare il Vangelo solo a chi vuole; è appropriato alla Sua sapienza, ovunque Egli faccia giungere il Vangelo, di offrire la grazia indifferentemente a tutti quelli che ascoltano, sia eletti che reprobi, affinché tutti possano essere provati riguardo al modo in cui accolgono l’offerta, se con piacere o no; è appropriato alla Sua giustizia di ritrarre la grazia da quelli che ne rifiutano l’offerta; ed è appropriato alla Sua sapienza, misericordia, grazia, verità, e giustizia, sia di esigere dagli eletti, per i quali Cristo fece soddisfazione, la realizzazione della condizione del patto, e al tempo stesso, mediante l’offerta di grazia, di fare in modo che credano salvificamente, usando il comandamento di credere in Cristo come un mezzo conveniente per generare la fede. Da questo deriva che la fede salvifica è data solo agli eletti, e questa fede, quindi, è chiamata la fede degli eletti, Tito 1.1. Per questo gli eletti sono chiamati eredi delle promesse, Gal. 3.29, e figli della promessa, Ebr. 6.17, in parte perché essi sono i figli promessi che sarebbero stati condotti a Cristo, Isa. 53.10, e in parte perché mediante le promesse essi sono rigenerati a nuova vita, e credendo in Cristo essi ottengono la rettitudine e la vita eterna: infatti, 1 Pie. 1.23, essi sono chiamati rigenerati, non da un seme corruttibile, ma dal seme incorruttibile della parola di Dio.
Domanda. Se si chiedesse, visto che la fede è così necessaria, qual è l’oggetto della fede?
Risposta. Rispondiamo, la verità di Dio rivelata nella Scrittura, o Dio che parla nella Scrittura e promette la vita eterna alle condizioni esposte in queste promesse: di queste promesse, alcune riguardano il patto d’opere, come in Gal. 3.12, fa’ questo e vivrai, e Mat. 19.17, Se tu vuoi entrar nella vita, osserva i comandamenti; e diverse altre promesse particolari di benedizioni, sia spirituali che temporali, annesse alla promulgazione della Legge. Queste promesse servono ad incoraggiarli a compiere bene il loro impegno se ne sono capaci, come pensano di essere, e ad umiliarli quando scoprono per esperienza che né le minacce né le promesse possono metterli in grado di osservare quella legge. Oltre alle promesse annesse al patto d’opere, vi sono altre promesse che riguardano il patto di riconciliazione, e hanno lo scopo di fare in modo che gli uomini accettino il patto di grazia e continuino in esso, come quelle che sono esposte nel Vangelo per dare al credente tutta le sicura grazie di Davide e i benefici acquistati da Cristo. E di questo genere, alcune sono più generali, altre più speciali, alcune riguardano questa vita, altre la vita futura: infatti, la vera devozione che comprende la fede e i suoi frutti, ha le promesse sia di questa vita che di quella a venire; di tutte queste promesse, il fondamento e la fonte è il Patto di Redenzione (di cui abbiamo parlato nel cap. 4), nel quale Cristo promise al Padre di compiere la Sua volontà, e il Padre promise a Cristo come Mediatore capo della Chiesa, in favore dei redenti, che avrebbe visto la sua progenie e sarebbe stato soddisfatto, e il beneplacito del Signore avrebbe prosperato nella sua mano. Da questo patto di Redenzione dipendono tutte le promesse fatte alla Chiesa, sia che siano promesse assolute, promesse condizionali o promesse qualificate, che sono come quelle condizionali. Chiamiamo promesse assolute, per esempio, quelle che promettono in modo assoluto di rimuovere il cuore di pietra e la conversione degli Eletti, e la loro perseveranza e salvezza, Ger. 31.31, 32 e segg., e Ger. 32, verso 40. Tali sono le promesse di radunare, edificare, propagare, e perpetuare la Chiesa Cristiana fino alla fine del mondo, come in Mat. 16.18, Sopra questa pietra io edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non la potranno vincere. Questo genere di promesse servono ad indurre gli uomini a venire a Cristo e ad accoglierlo, e dopo che gli uomini sono andati a Cristo, nel quale tutte le promesse sono Si e Amen, il credente può trovare applicazione e buon uso di tutte le preziose promesse di rettitudine e di vita eterna esposte nel Vangelo. Le promesse condizionali sono quelle che offrono Cristo e la riconciliazione a chi ascolta il Vangelo, a questa condizione, che nella consapevolezza del peccato e del timore dell’ira, essi vadano a Cristo come loro unico e sufficiente rimedio al peccato e alla miseria. Le promesse qualificate, come quelle condizionali, sono quelle che hanno in esse alcune qualifiche della persona che è già credente, e sembrano rendere quella qualifica o descrizione del credente la condizione della benedizione in esse promessa. Queste promesse, se ben considerate, presuppongono che la persona qualificata a cui è fatta la promessa sia credente e anche evidentemente dotata della qualità menzionata; come per esempio in Mat. 5, Beati i misericordiosi, i pacifici, i mansueti, coloro che hanno fatto cordoglio, coloro che soffrono la persecuzione a causa del Vangelo, o di Cristo, e simili. Queste virtù, se la persona non è un credente in Cristo, non significano nulla in lui, né danno diritto a queste benedizioni del Vangelo, ed essendo appellativi dei credenti, esse danno alle persone che ne sono dotate l’incoraggiamento a continuare e a crescere in quella grazia come in tutte le altre, affinché possano in tal modo dimostrare sempre di più di essere veri credenti. Tali sono anche le promesse che sono fatte ai fedeli servitori di Dio, che gioiscono in lui, Lo amano e Lo temono. In queste, si promette al credente grazia su grazia derivata dalla pienezza di Cristo. Alcune promesse intendono che le persone adatte entrino nel patto, e le invitano a venire a Cristo, come Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, Mat. 11.28, e O VOI tutti che siete assetati, venite alle acque, Isa. 55.1.
E oltre a queste promesse che contengono la condizione del patto, fatte a coloro che accettano la condizione, e credono già, come è Quelli che credono in me non periscano, ma abbiano vita eterna; queste sono anche promesse condizionali, che servono a fare in modo che gli uomini che professano la fede in Cristo siano sinceri e saldi nel patto in cui, anche solo esternamente, sono solennemente entrati, come in Gv. 15.7, 10, Se voi dimorate in me, e le mie parole dimorano in voi, voi domanderete ciò che vorrete, e vi sarà fatto… Se voi osservate i miei comandamenti, voi dimorerete nel mio amore. E Gv. 12.26, Se alcun mi serve, seguitimi; ed ove io sarò, ivi ancora sarà il mio servitore; e se alcuno mi serve, il Padre l’onorerà; e Gv. 14.21, Chi mi ama sarà amato dal Padre mio; ed io ancora l’amerò, e me gli manifesterò.
Obiezione. Visto che è certo che la condizione del patto di grazia non è la realizzazione di una o più opere, ma la fede che accoglie Cristo offerto, senza riguardo alle nostre opere come parte alcuna della condizione; e visto che la condizione del patto non consiste nell’avere o nell’esercitare tali virtù, ma, da parte dell’uomo che ha abbandonato ogni fiducia nelle sue opere, nell’accogliere Cristo mediante la fede per la rettitudine e la vita eterna; come è possibile che tali promesse condizionali siano fatte a coloro che sono dotati, ed esercitano, tali virtù?
Risposta. Sebbene l’impegno di compiere buone opere, o l’esercizio di tali e tali virtù prescritte da Cristo, non possano condizionare il patto (perché nessun uomo può concludere un patto con Cristo se prima non trova queste virtù in sé stesso, e dà prova della loro costante applicazione), tuttavia tali promesse condizionali sono usate dopo che l’uomo ha concluso il patto con Cristo per fede, come condizioni richieste in un vero credente per dimostrare la sincerità della propria fede. E questo perché molti affermano la propria fede in Cristo, e tuttavia trasformano la grazia di Dio in lascivia, non si dedicano affatto alla nuova obbedienza alla legge di Dio, e non si curano in alcun modo di produrre frutti appropriati al ravvedimento professato, ma sono indulgenti nelle proprie concupiscenze viziose e carnali, e in effetti rinunciano ad ogni sforzo di praticare le buone opere invece di rinunciare alla fiducia carnale nelle buone opere. Per questo motivo Dio pone l’impegno di esercitare le virtù Cristiane sopra tutti i credenti professati come una condizione che distingua un credente sincero da un ipocrita, affinché nessun uomo possa compiacersi di essere esternamente nel patto di Grazia mentre, probabilmente, la sua fede è una fede morta, che non opera per amore. Contro questo genere di falsi credenti disputa Giacomo (cap. 2). Tali promesse condizionali sono indirizzate a quelli che sono già esternamente nel patto, e servono a questi diversi scopi:
Primo, che coloro che fanno professione di fede in Cristo e si impegnano nei doveri richiesti in tali promesse condizionali, possano riconoscere di aver ottenuto dal Signore grazia per grazia, la grazia di credere e la grazia di produrre i frutti della fede.
Secondo, che coloro che hanno un cuore onesto possano essere incoraggiati a dedicarsi a questi doveri, e possano sperare di essere equipaggiati a tale scopo dalla ricca sorgente della grazia di Cristo, Gv. 1.16.
Terzo, esse servono a fare in modo che coloro che credono in Cristo, quando avvertono in sé la mancanza di una di quei doveri comandati, o l’amara radice di un qualche vizio, possano umiliarsi in quella consapevolezza, e volgersi con più convinzione a Cristo Redentore, affinché possano essere rivestiti della sua rettitudine, e ricevere da lui la potenza dello Spirito Santo per produrre i buoni frutti, come egli ha promesso in Gv. 15.5, Chi dimora in me, ed io in lui, esso porta molto frutto.
Quarto, servono a fare in modo che i credenti in Cristo si sottomettano all’ordine delle operazioni dello Spirito Santo, il quale dà grazia per grazia, ed opera una grazia prima di un’altra nel suo ordine, come implicano le suddette promesse.
Quinto, servono ad indurre i credenti in Cristo all’amore e all’esercizio di quelle virtù, nella speranza della ricompensa promessa.
Sesto, servono ad indurre i credenti ad unire una virtù all’altra, per certificare a sé stessi la propria chiamata ed elezione per la loro crescita in esse, 2 Pie. 1.3, 4, 12.
Infine, servono a fare in modo che coloro che sono privi di quelle qualifiche, e non si curano di averle, manifestino a sé stessi e agli altri di essere ciechi, di non poter vedere lontano, e di aver dimenticato che nel battesimo essi furono, ecclesiasticamente, purificati dai loro vecchi peccati, 2 Pie. 1.9.
Obiezione. Come possono questa offerta di grazia a tutti coloro che ascoltano il Vangelo, e la solenne stipulazione di un patto con tutti coloro che professano di accettare l’offerta, conciliarsi con la dottrina dell’elezione di alcuni e della riprovazione di altri, o con la dottrina della redenzione di Cristo dei soli eletti e non di ogni singolo uomo?
Risposta. L’elezione di alcuni e la riprovazione dei altri fu dichiarata in passato nel fatto che Dio offrì la grazia e fece un patto con una sola nazione, e con nessun altra, Sal. 147.19,20, Egli annunzia le sue parole a Giacobbe; I suoi statuti e le sue leggi ad Israele. Egli non ha fatto così a tutte le genti; Ed esse non conoscono le sue leggi.
2. L’offerta di grazia a tutti coloro che ascoltano il Vangelo, e la stipulazione del patto con tutti coloro che professano di accettare l'offerta, ben si concilia con l’elezione di alcuni soltanto, tanto adesso quanto in passato quando Dio fece un patto esterno e condizionale con tutto Israele, dei quali la gran parte non erano eletti alla vita, e dei quali viene detto, sebbene fossero per numero come la sabbia del mare, Il rimanente si convertirà, Isa. 10.21. Infatti, in questo modo d’operare, Dio non era frustrato nei suoi propositi e nel frutto del suo patto con la moltitudine mista degli Israeliti, perché gli Eletti per fede hanno ottenuto la rettitudine e la vita, ma il resto sono stati induriti, Rom. 11.7.
3. Questa comune offerta di grazia a tutti coloro che ascoltano il Vangelo e la stipulazione di un patto morale con tutti coloro che professano di accettare l’offerta, può conciliarsi con la dottrina della redenzione di Cristo dei soli Eletti, tanto adesso quanto in passato, quando Cristo fece l’offerta di grazia a quelli che non erano delle sue pecore, Gv. 10.26, e quando accolse nel patto esteriore molti fra i suoi discepoli, i quali successivamente lo abbandonarono, Gv. 6.66, ma tuttavia egli salvò, e salva, tutte le sue pecore Elette che il padre gli ha consegnato, Gv. 10.65.
E sebbene questa dottrina sembri aspra alle orecchie di molti, quando sentono di qualcuno che è reprobo o non eletto, o quando sentono che Cristo non depose la sua vita per ogni singolo uomo, ma solo per gli Eletti, e gli uomini orgogliosi non possano sottomettersi alla verità; tuttavia è evidente che questa dottrina è vera, perché Cristo il Redentore ci insegna, in Mat. 22.14, che molti sono chiamati e pochi gli eletti. E l’Apostolo ci insegna la stessa cosa, perché (Rom. 9.15) cita Mosè per dimostrare il punto, Io avrò mercè di chi avrò mercè, e farò misericordia a chi farò misericordia; e, verso 18, Egli fa misericordia a chi egli vuole, e indura chi egli vuole. E l’Evangelista (Gv. 12.37-40) ci insegna che vi è un numero di persone alle quali Dio ha decretato di non dare la grazia di credere in Cristo, nonostante essi ascoltino la predicazione su di lui, da Isaia 6.9,10, ma solo agli Eletti, verso 13. E, nel capitolo 53.1, insegna che pochi crederanno in Cristo, anzi, nessuno tranne gli Eletti, ai quali sarà stato rivelato il braccio del Signore. E nostro Signore Gesù insegna la stessa cosa in Gv. 6.37,44, che tutto gli Eletti verranno a lui, e verranno a lui solo quelli che il Padre avrà potentemente attratto a lui.
Obiezione. Ma esiste un’altra maniera artefatta di proporre questo patto, esposta da diversi uomini dotti che hanno fatto molti discepoli e seguaci della loro opinione, a motivo dell’apparente ragionevolezza della loro dottrina: in essa insegnano che Gesù Cristo non morì solo per ogni sorta di uomini, ma anche per ogni singolo uomo, sia per quelli che si perdono che per quelli che sono salvati; e sebbene egli non abbia acquistato la rettitudine e la vita eterna in modo determinato per ogni uomo, tuttavia con questa redenzione universale egli ha acquistato il potere del libero arbitrio di ogni uomo di credere in Cristo e di perseverare nella sua obbedienza, senza alcuna operazione speciale dello Spirito Santo in uno più che in un altro. E questo potere del libero arbitrio dell’uomo, con cui essi dicono che ogni figlio di Adamo nasca, essi lo chiamano con il nome di grazia universale, sebbene in effetti non sia altro che una natura non rinnovata universale, comune ad ogni uomo.
Risposta. Noi rispondiamo che, per quanto istruiti possano sembrare questi insegnanti di tale dottrina, tuttavia in questa dottrina essi non sono istruiti da Dio: Davanti a quella istruzione e sapienza degli uomini, Cristo rende gloria (Mat. 11.25) dicendo, Io ti rendo grazie, o Padre, Signor del cielo e della terra, che tu hai nascoste queste cose a' savi e intendenti, e le hai rivelate a' piccoli fanciulli. Sì certo, o Padre, perciocchè così ti è piaciuto. Dunque, di quella dottrina noi diciamo che è falsa, e contraria alla Scrittura, e per quanto possa sembrare plausibile ai peccatori orgogliosi, in realtà è un’offesa per Cristo, e un ostacolo al ravvedimento e alla conversione degli uomini a Dio.
1. La loro dottrina è contraria alla Scrittura, perché contraria al Patto di Redenzione nel quale il Padre ed il Figlio-Mediatore si accordarono sulle persone da redimere, ossia, i soli eletti, dati al Figlio per essere redenti; e si accordarono sul prezzo della loro Redenzione, ossia, l’obbedienza di Cristo, fino alla morte sulla croce; e si accordarono sulle grazie e sui doni da conferire agli eletti, ossia, tutte le grazie salvifiche, come la fede, il ravvedimento, la perseveranza, e tutto ciò che appartiene alla rettitudine e alla vita eterna; e si accordarono sui mezzi e sul modo per radunare i redenti, da tutte le lingue e razze e nazioni, con cura e successo, come è dimostrato dalla Scrittura nel capitolo 4, e sarà ulteriormente confermato nel capitolo successivo.
2. La loro dottrina insulta Cristo, perché accusa Cristo di follia nel fare il suo patto in modo tale che né la giustizia di Dio, né la sapienza comune dell’uomo, consentono di deporre il prezzo del suo sangue e tuttavia di non essere sicuro di chi sarebbe stato salvato con il suo sangue, di pagare tanto per Giuda quanto per Pietro, di redimere ogni singolo uomo, e tuttavia di porre l’amministrazione dei benefici della Redenzione, e il frutto della sua morte, non nella sua mano, ma nella mano del libero arbitrio degli uomini, per farne qualcosa oppure nulla a loro piacimento; di acquistare la possibilità per gli uomini di salvare sé stessi effettivamente, senza la grazia speciale dello Spirito Santo, e di privarsi della gloria dell’effettiva conversione dei peccatori, tanto è lontano dall’accusa degli uomini che rimangono nel peccato e nell’infedeltà. Infatti, essi dicono che egli abbia acquistato il potere del libero arbitrio di ogni singolo uomo, senza eccezione, di credere o di rimanere nell’infedeltà a loro piacimento; se ne faranno l’uso sbagliato, essi ne porteranno la colpa; se ne faranno l’uso giusto, essi ne avranno la lode. Essi lo rendono tale da deporre la sua vita per ogni singolo uomo e di acquistare per tutti senza eccezione la capacità di credere in lui, e tuttavia di non proporsi mai di offrire il Vangelo alla millesima parte dell’umanità. Queste e molte altre macchie essi gettano con la loro dottrina sulla sapienza, sulla potenza e sulla grazia di nostro Signore Gesù, il quale è infinitamente sapiente e santo in ogni sua opera.
3. Questa dottrina è un grave impedimento al ravvedimento e alla conversione degli uomini a Dio, e alla pratica di tutti i santi doveri, perché chiunque crede a questa loro dottrina, non può abbandonare né rinnegare il proprio ingegno, valore, e capacità, per poter venire umilmente da Cristo e seguirlo, ma deve rimanere saldo in questa concezione di sé che questa dottrina gli insegna: davvero, un tale uomo non può dire a Dio, in umile e accorata preghiera, Apri gli occhi miei, ed io riguarderò le meraviglie della tua Legge, e insegnami i tuoi statuti; egli non può onestamente dire con Davide, Inclina il mio cuore alle tue testimonianze, e non a cupidigia; perché, nella sua concezione, egli ha in sé questo potere del libero arbitrio, come dono comune ad ogni uomo, e non può sinceramente ringraziare Dio (se gli sembra di fare qualcosa di buono) per avergli concesso sia di volere che di fare secondo il suo beneplacito, perché questo è in mano sua, come lo persuade questa ingannevole dottrina.
Obiezione. Ma vi sono alcuni che sostengono che il decreto di Redenzione, e il patto tra Dio e Cristo (che in sostanza è tutt’uno con il decreto), siano assoluti, riguardanti la potente ed invincibile conversione, la perseveranza, e la salvezza degli eletti; ma riguardanti il resto del mondo, essi ci parlano di un decreto condizionale di salvare chiunque crederà in Cristo Gesù, il che lo rende differente da quanto è stato detto in precedenza.
Risposta. Vi è effettivamente un’offerta da fare a tutti coloro che ascoltano il Vangelo, ai quali Dio nella sua provvidenza invia i suoi messaggeri, che hanno il compito di fare l’offerta di pace e riconciliazione attraverso Cristo a condizione del suo sincero accoglimento, anche a coloro che il Signore sa che respingeranno del tutto l’offerta; contro questi, i suoi messaggeri inviati devono scuotere la polvere dai loro piedi, a testimonianza contro di essi, Mat. 10.13-15, cosa che fedelmente fu fatta da Paolo e Barnaba in Atti 13.46,51, e da nostro Signore il quale offrì sé stesso ai Giudei, suo popolo per patto, i quali non lo ricevettero, Gv. 1.11,12, e questo deve essere fatto secondo gli articoli del Patto di Redenzione riguardanti il saggio modo e metodo usato da Cristo per separare i suoi eletti dal resto del mondo. Ma questo non comporta, o implica in alcun modo, una Redenzione universale condizionale o alcun decreto condizionale di Dio, perché vi è una notevole differenza tra un decreto condizionale di Dio, e un decreto per realizzare il proposito di Dio offrendo la pace agli uomini ad una condizione. Un decreto condizionale presuppone che Dio non abbia determinato cosa fare di coloro ai quali farà l’offerta di pace ad una condizione, ma che abbia sospeso le risoluzione della propria volontà finché l’offerta non sia stata fatta, e l’uomo abbia rifiutato o accettato la condizione propostagli; questo genere di decreto non può esistere in Dio, al quale sono note tutte le sue opere e tutte le opere degli uomini fin dal principio, Atti 15.18, e opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà, Efe. 1.11. Ma un decreto di offrire la pace a condizione della fede in Cristo, è un mezzo saggio sia per nascondere che per eseguire il suo decreto segreto, e di mettere alla prova le persone alle quali fa l’offerta; affinché, dopo aver reso evidente la naturale inimicizia e la resistenza, presente in tutti gli uomini, a venire a Cristo finché non sono attratti da Dio, Egli possa avere misericordia di chi vuole, e porre ciò che è stato rifiutato nelle mani di altri, alla gloria della Sua giustizia e della Sua grazia, secondo quanto Egli ha determinato in Sé stesso. Una maniera determina l’uomo secondo la volontà di Dio; l’altra determina Dio secondo la volontà dell’uomo. Inoltre, un tale decreto condizionale riguardante il resto dell’umanità, oltre agli eletti, contraddice la Scrittura, e la dispensazione di Dio verso la maggior parte dell’umanità: infatti, non fu il proposito di Dio di fare un’offerta di grazia, a condizione della fede in Cristo, ad ogni singolo uomo, Salmo 147.19,20, Egli annunzia le sue parole a Giacobbe; I suoi statuti e le sue leggi ad Israele. Egli non ha fatto così a tutte le genti; Ed esse non conoscono le sue leggi. Anche Mosè suggerisce questa stessa cosa in Deu. 4.7,8, e per la sua dispensazione, l’esperienza in ogni epoca mostra che la grazia del Vangelo non è offerta a tutti senza eccezione, e quindi non si può dire che abbiano rifiutato la condizione coloro che non hanno mai ricevuto l’offerta di grazia su condizione; nostro Signore ci fornisce la base per ragionare in questa maniera, in Gv. 15.22, Se io non fossi venuto, e non avessi lor parlato, non avrebbero alcun peccato (ossia, la colpa di aver respinto l’offerta fatta nel Vangelo); ma ora non hanno scusa alcuna del lor peccato. In questo, egli ci fornisce anche la ragione per cui l’offerta è fatta a coloro i quali egli sapeva che l’avrebbero rifiutata, ovvero, affinché potessero essere resi inescusabili, e privati del mantello o pretesto di questa giustificazione, che se avessero ricevuto l’offerta, avrebbero creduto e si sarebbero ravveduti; perché questo è l’orgoglio della discendenza di Adamo, che presumono di poter credere ed obbedire a Dio, se Lui si compiacesse di rivelare loro la propria volontà. E questo è appropriato al Patto di Redenzione: che, poiché non fu istituito per la salvezza di ogni singolo uomo, non fu il proposito di Dio di rivelare il Suo Vangelo e di offrire la Sua grazia ad ogni singolo uomo, ma di chiamare efficacemente gli eletti da ogni sorta di uomini, inviando il Vangelo dove essi vivono, o conducendoli nel luogo dove il Vangelo è predicato, affinché i predestinati possano essere intenzionalmente chiamati in modo efficace, e giustificati, santificati e salvati, Rom. 8.28-30; e poiché gli eletti e predestinati dovevano vivere nella società civile insieme al resto del mondo, fu concordato e decretato che l’offerta del Vangelo dovesse essere fatta a tutti indifferentemente, ovunque Dio inviasse i propri messaggeri, perché Dio aveva determinato di realizzare la salvezza degli eletti così sapientemente e saggiamente, che nessuno di coloro che ascoltano il Vangelo possa essere ostacolato, o impedito, dall’accogliere l’offerta fatta indifferentemente a tutti gli ascoltatori, senza far sapere ad alcuno della sua elezione finché questi non abbia accolto Cristo offerto a lui e agli altri peccatori che si condannano da sé, o senza dichiarare reprobo alcun uomo in particolare di quelli a cui viene fatta l’offerta di grazia.
Obiezione. Ma a meno che noi non ammettiamo una redenzione universale e la grazia universale (come la chiamano) del potere del libero arbitrio per ogni singolo uomo, come potremo essere soddisfatti della dispensazione di Dio verso coloro che vivono senza la Chiesa, stranieri e alieni dalla comunione d’Israele?
Risposta. Per quanto riguarda gli eletti fra di loro, essi saranno condotti ad ascoltare il Vangelo dove è predicato, oppure il Vangelo sarà mandato da loro dove vivono; quanto agli altri, il Signore si relaziona a loro secondo i termini del Patto d’Opere, nel quale, nonostante essi abbiano perso in Adamo la capacità di osservarlo, tuttavia non sono sciolti dai suoi obblighi e dalla pena per la sua violazione, anche se non hanno rinunciato all’orgogliosa idea della loro capacità di seguire la virtù e di astenersi dai vizi a loro piacimento. L’Apostolo ci mostra in Rom. 2.12-15 il corso seguito da Dio riguardo ad essi, Imperocchè tutti coloro che avranno peccato, senza la legge, periranno senza la legge; e tutti coloro che avranno peccato, avendo la legge, saranno giudicati per la legge. (Perciocchè, non gli uditori della legge son giusti presso a Dio, ma coloro che mettono ad effetto la legge saranno giustificati. Perciocchè, poichè i Gentili, che non hanno la legge, fanno di natura le cose della legge, essi, non avendo legge, son legge a sè stessi.
Obiezione. Ma se si ammette la dottrina della redenzione a vita dei soli eletti, e il potere del libero arbitrio di credere e di obbedire al Vangelo non viene dato ad ogni uomo, come si può dire, specialmente riguardo a questi che ricevono l’offerta del Vangelo senza alcuna operazione speciale dello Spirito Santo, che Dio si comporti giustamente, onestamente, ed equamente verso i peccatori miserabili, quando esorta ed esige che tutti quelli che ascoltano il Vangelo vengano a Cristo, e perseverino nell’obbedienza della fede, quando Egli sa che nessuno di loro ha la capacità di credere o di obbedire, e che a molti di loro Egli non ha alcuna intenzione di conferire mai la grazia di ravvedersi e credere per poter essere salvati?
Risposta. Primo, che cosa possono dire i patroni del libero arbitrio dell’uomo contro la giustizia e la bontà di Dio quando ascoltano il suo lamento contro Israele, nel Salmo 81.8,9,10 e seguenti, Ascolta, popol mio, ed io ti farò le mie protestazioni; O Israele, attendessi tu pure a me! Non siavi fra te alcun dio strano, E non adorare alcun dio forestiere. Io sono il Signore Iddio tuo, che ti ho tratto fuor del paese di Egitto; Allarga pur la tua bocca, ed io l'empierò. Ma il mio popolo non ha atteso alla mia voce; Ed Israele non mi ha acconsentito. Onde io li ho abbandonati alla durezza del cuor loro; Acciocchè camminino secondo i lor consigli. Che cosa possono dire contro la giustizia e l’equità di Dio, quando Egli, avendo messo in luce, mediante la Sua lunga e continuata predicazione della Sua parola, l’ostinata inimicizia della moltitudine dei reprobi contro di Lui, apre il Suo decreto contro tutta quella razza nel triste messaggio consegnato ad Isaia, cap. 6.9,10, Va', e di' a questo popolo: Ascoltate pure, ma non intendiate; e riguardate pure, ma non conosciate. Ingrassa il cuore di questo popolo, ed aggravagli le orecchie, e turagli gli occhi; acciocchè non vegga co' suoi occhi, e non oda colle sue orecchie, e non intenda col suo cuore; e ch'egli non si converta, e che Iddio non lo guarisca; e verso 13, Ma pure ancora vi resterà in essa una decima parte; ma quella di nuovo sarà consumata. Come i roveri, e le quercie, che sono tagliati hanno ancora il tronco, così il seme santo sarà il tronco di essa. E questa profezia viene usata quando la moltitudine dei miscredenti voleva oscurare la gloria di Cristo, in Gv. 12.37-42, quando ascoltarono l’offerta di grazia predicata da Cristo stesso, e videro le sue molteplici meraviglie, e tuttavia non credettero, né potevano credere, perché Dio li aveva rigettati, come Giovanni dimostra dalla profezia di Isaia.
Secondo, Non è forse un comportamento equo, quando il Signore afferma che la sua parola sarà predicata, e le sue meraviglie manifestate (per il bene degli eletti, sebbene essi non siano che la decima parte) ad una moltitudine maledetta e riprovata, che ascolterà e vedrà la sua benedizione, e nella sua dispensazione, realizza effettivamente quanto afferma? E non è una risposta ragionevole del contadino e Giardiniere, quando suo figlio gli chiede perché scuota l’intero fascio e irrighi tutto il Giardino, visto che il fascio è per la maggior parte composto di paglia e pula, e il giardino è pieno di erbacce, di dire al bambino che egli scuote il fascio per poter separare il grano dalla paglia e dalla pula, e che irriga il terreno dove crescono insieme gli ortaggi e le erbacce per poterli far crescere entrambi e successivamente sradicare le erbacce, e coltivare gli ortaggi per l’uso del padrone? Così è una risposta ragionevole a tali cavilli contro la predicazione del Vangelo ad una moltitudine mista di eletti e reprobi, dire che il Vangelo è predicato ad entrambi per la conversione degli eletti, e per portare alla luce l’odio dei reprobi contro Dio e l’offerta della Sua grazia.
Terzo, noi affermiamo che il Signore conosce la malvagità degli uomini, la loro incapacità di obbedire ai suoi comandamenti e la loro naturale inimicizia contro di Lui; ma sa anche che per natura tutti gli uomini sono orgogliosi e gonfi della presunzione della propria sapienza, rettitudine e capacità, tanto da non riconoscere il propria peccato e da non essere sensibili alla propria miseria e al pericolo di perdizione, ma conservano un’alta stima ed opinione di sé stessi, e soprattutto in questo, che sostengono di amare Dio sopra ogni cosa e di essere capaci di fare qualunque cosa sia comandata, almeno in misura tale da poter ragionevolmente soddisfare Dio, come si vede nell’esempio degli Israeliti che si impegnano in Eso. 19; di conseguenza, Dio, nella Sua sapienza, prima di convertire un uomo abbatte questa falsa presunzione mettendo alla prova la sua capacità mediante la predicazione della legge, affinché, come il Signore conosce ciò che è nell’uomo, così l’uomo possa conoscerlo per esperienza propria o di altri uomini; e questo è mostrato ancora più chiaramente con la predicazione del Vangelo, in cui sebbene Dio rivolga la preziosa offerta di vita e di salvezza a chiunque ascolti il Vangelo, se vorrà riconoscere il suo peccato e andare a Cristo, tuttavia nessun uomo da solo vorrà credere o ricevere l’offerta, ma continuerà nei suoi propositi e nella sua condotta, finché Dio per la sua grazia non lo convertirà. Questa infermità è comune agli eletti quanto ai reprobi, ma quando viene manifestata la naturale perversione di entrambi, Dio viene e distingue gli uni dagli altri, per la sua pura grazia, attirando potentemente gli eletti a Cristo, e nel suo retto giudizio lasciando continuare gli altri nella loro perdizione. E nostro Signore espone la questione in Gv. 8.47, Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; perciò, voi non l'ascoltate, perché non siete da Dio.
Quarto, il Signore afferma chiaramente che nella dispensazione della sua parola e delle sue opere di provvidenza, egli intende mettere alla prova gli uomini, e mostrare i loro cuori a loro stessi e agli altri; e quale comportamento più equo di questo può esservi? Infatti, in Eso. 16.4 Egli dice loro che farà piovere su di loro la manna, per metterli alla prova per vedere se camminano o no nella sua legge; e in Eso. 20.20, Egli dice loro che darà loro la sua legge e la predicazione della sua parola, per metterli alla prova, affinché essi lo temano; e in Deu. 8.2, che la dispensazione della sua provvidenza verso di loro, per tutti i quarant’anni nel deserto, era servita ad umiliarli, e per mostrare loro cosa vi fosse nel loro cuore, se volessero o meno osservare i suoi comandamenti; e in Deu. 13.1-3, che avrebbe permesso che falsi profeti sorgessero fra di loro per metterli alla prova, e vedere se avessero amato il Signore loro Dio con tutto il cuore. E con questo stesso intento siamo avvertiti che Cristo non sarebbe stato solo una pietra provata, ma anche una pietra d’inciampo, posta per la rovina di alcuni e per innalzare altri, Isa. 28.16,17 e 8.14, confrontati con Luca 2.34,35, perché in questa maniera di dispensazione, il Signore rende evidente che sia gli eletti quanto i reprobi sono per natura inclusi nel peccato e nell’infedeltà, e che nessun uomo può venire a Cristo se il Padre non lo attira, affinché Egli possa avere misericordia di chi avrà misericordia. E questo modo di mettere alla prova gli uomini con un’offerta comune di grazia a tutti, è parte di quella sapienza con cui Cristo, con le sue promesse condizionali e le sue esortazioni, e con la predicazione del Vangelo a tutti quelli che ascoltano, fa in modo che tutti questi che sono chiamati esternamente siano senza scusa, e pesca gli eletti nel mare del peccato e della miseria, fuori dalla compagnia di quelli che periscono; di questa sapienza parla Isaia, nel cap. 52.13, ECCO, il mio Servitore prospererà, egli sarà grandemente innalzato, esaltato, e reso eccelso.
Per questa ragione la sapienza di Dio nel convertire gli eletti, senza fornire causa di inciampo ad alcuno degli altri, deve essere ammirata e lodata, invece che contestata, come ci viene insegnato in Rom. 11.33-36, O PROFONDITÀ di ricchezze, e di sapienza, e di conoscimento di Dio! quanto è impossibile di rinvenire i suoi giudicii, e d'investigar le sue vie!
Obiezione. Ma per tutto questo, la sapienza carnale degli uomini orgogliosi è tale che non è sottomessa a Dio, né può esserlo, ma rimane in ostile inimicizia contro di Lui, e non è quieta, ma quando sente che in Rom. 9.18 viene detto che Dio avrà misericordia di chi avrà misericordia, e indurirà chi vuole, dirà, come al verso 19, Perchè si cruccia egli ancora? perché, chi può resistere alla sua volontà? Questa dottrina, dicono, impedisce del tutto il ravvedimento dell’uomo.
Risposta. Noi rispondiamo con l’Apostolo, verso 20, Anzi, o uomo, chi sei tu, che replichi a Dio? Forse compari come procuratore in favore dei reprobi e di Satana il nemico di Dio, che tu debba contestare e disputare con Dio riguardo i suoi giusti decreti? Se confessi questo, lasciamo che tu e tutti i miscredenti orgogliosi e presuntuosi come te siate valutati dal vostro Giudice. Ma se tu parli solo per te, allora ti mostreremo che la Sua dottrina non ti impedirà il ravvedimento. Se allora dirai, Io non disputerò contro Dio, ma desidero sinceramente essere rassicurato su me stesso, perché credo che molti sono reprobi e pochi eletti, e il mio timore è che io sia trovato del genere peggiore, e non so come liberarmi dei miei dubbi e timori. Come risposta, ci comporteremo con te in modo amichevole, e, come prima cosa, ti ricorderemo che Dio aveva consegnato a tutti gli uomini una proibizione, di non interessarsi del segreto consiglio di Dio, Deu. 29.29, Le cose occulte sono per lo Signore Iddio nostro; ma le rivelate sono per noi, e per li nostri figliuoli, in perpetuo. Quindi, non ascoltare queste idee, ma osserva il tuo dovere. Successivamente noi chiederemo, primo, sei tu convinto del tuo peccato e di ciò che ti spetta? Se tu dici, Io sono un peccatore, e non posso rispondere neppure per la millesima parte dei miei peccati passati, per i quali Dio giustamente può, e temo che lo faccia veramente, respingermi, noi ti rispondiamo, è per un buon fine che tu sei così convinto del peccato, tanto da giudicare te stesso degno di morte e di completa esclusione dalla sua misericordia; allo stesso tempo sii confortato perché tu non sei nel novero di coloro che confidano nella propria rettitudine, né nel novero di coloro che si affidano alla propria forza o al potere del proprio libero arbitrio.
Noi chiediamo nuovamente, la tua vita passata di dispiace? E vorresti che i tuoi peccati fossero perdonati, e che tu fossi riconciliato con Dio? Cristo, offrendo sé stesso nel Vangelo, appaga la tua anima quando senti nella sua parola che non esige nulla da te, se non che tu accolga la sua offerta e ti consacri a lui, affinché in tal modo tu possa avere in lui la rettitudine, la santificazione e la salvezza? Se rispondi che colui che investiga i cuori sa che il tuo cuore desidera essere riconciliato a Dio in Cristo, per vivere innanzi a Lui come un figlio riconciliatosi, allora vi è una buona speranza di salvezza per uno come te.
Terzo, noi diciamo che, visto che tu hai ascoltato la legge che ti convince del tuo peccato, e hai creduto fin qui alla parola di Dio, perché non dovresti anche credergli quando nel Vangelo ascolti la sua offerta e chiamata a tutti i peccatori condannatisi da sé, di venire a Cristo, e affidare la loro debole anima a lui? Chi ti ha escluso dall’accogliere la misericordia offerta in Gesù Cristo? Guarda dunque che cosa dice la sua parola a tutti i peccatori che cercano rifugio in Cristo, il quale è la speranza posta innanzi ai peccatori, e non lasciarla, qualunque sia il tuo timore; perché chi è affamato e assetato della rettitudine di Cristo, sarà appagato.