Il Patto di Grazia

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Il Patto di Grazia


Archibald Alexander Hodge (1823-1886)


Tutte le questioni concernenti il soggetto generale della Redenzione ricadono sotto i seguenti capi:

I. Il Piano di Redenzione, che include il Patto di Grazia e l’Elezione eterna, considerata prima nel capitolo 11. II. La Persona e l’Opera di Cristo nella Realizzazione della Redenzione. III. L’Applicazione e la Consumazione della Redenzione ad opera dello Spirito Santo, insieme ai Mezzi della Grazia divinamente ordinati a quello scopo.


Il Patto di Grazia


È evidente:

I. Che poiché Dio è un’intelligenza infinita, eterna ed immutabile, Egli deve aver formato, fin dal principio, un Piano completo e immutabile di tutte le suo opere nel tempo, incluse la Creazione, la Provvidenza, e la Redenzione.

II. Un Piano formato e concepito per essere eseguito nelle sue diverse e reciproche parti distribuite da Tre Persone, Colui che invia e Colui che è inviato, come Principale e Mediatore, e come Esecutore e Colui che applica, deve necessariamente possedere tutti gli attributi essenziali di un Patto eterno tra quelle Persone.

III. Poiché Dio in tutti i dipartimenti del suo governo morale tratta l’uomo come un agente morale intelligente, volontario, e responsabile, ne segue che l’esecuzione dell’eterno Piano di Redenzione deve essere, nel suo carattere generale, etico e non magico, deve procedere dalla rivelazione della verità e dalle influenze delle motivazioni, e deve essere appropriato volontariamente dai soggetti come una grazia offerta, e obbedito come un dovere comandato sotto la pena della riprovazione. Di conseguenza l’applicazione deve possedere tutti gli attributi essenziali di un Patto nel tempo tra Dio e il suo popolo.

1. Qual è l’uso della parola Beriyth nelle Scritture Ebraiche? Questa parola ricorre più di duecento-ottanta volte nell’Antico Testamento, e nella nostra traduzione nella gran parte dei casi è resa con la parola “Patto,” in alcuni casi con la parola “Pace” (Gs. 9:15), ed altre volte con le parole “Alleati” (Gen. 14:13; Abd. 7). È usata per esprimere: Un’ordinanza naturale. “Il patto di Dio intorno al giorno, e il patto intorno alla notte.” Ger. 33:20. Un patto di un uomo con un altro. Gionatan e Davide, 1 Sam. 18:3 e il cap. 20; Davide e Abner, 2 Sam. 3:13. Il patto di Dio con Noè, Gen. 6:18, 19, come con la sua famiglia; e con il genere umano in lui, Gen. 9:9. L’Arco era il “segno di questo patto,” Gen. 9:13. Il “Patto di Grazia” con Abrahamo, Gen. 17:2, che Paolo chiama il “vangelo” in Gal. 3:8. La circoncisione era il “segno di questo patto,” Gen. 17:11; cfr. At. 7:8. Lo stesso patto formato in modo generale con Abrahamo, Isacco e Giacobbe, Eso. 2:24, etc. Lo stesso patto, con modifiche speciali e temporanee nella forma, costituente il Patto Ecclesiastico Nazionale di Dio con il popolo d’Israele. La legge di questo Patto nel suo lato legale fu scritta da Mosè prima in un libro (“il libro del patto,” Eso. 24:7), e poi sopra le tavole di pietra (“le parole del patto, i dieci comandamenti,” Eso. 3:27, 28), che furono successivamente riposte in una cassa dorata, “l’arca del patto” (Num. 10:33). Il patto con Aaronne di un sacerdozio eterno, Num. 25:12, 13. Il patto con Davide, Ger. 32:21, 22; Sal. 89:3, 4.

2. Qual è nel Nuovo Testamento l’uso del termine diatheke? Questa parola ricorre trentatré volte nel Nuovo Testamento, ed è quasi uniformemente tradotta con patto quando si riferisce ai rapporti di Dio con la sua antica chiesa, e testamento quando si riferisce ai suoi rapporti con la sua chiesa nella dispensazione del vangelo. Il suo significato fondamentale è quello di disposizione, sistemazione; nei classici generalmente quella forma specifica di sistemazione o disposizione è chiamata un testamento, anche se ha propriamente questo senso solo in un passo del Nuovo Testamento, ovvero Ebr. 9:16, 17. Sebbene non sia mai usata per descrivere l’eterno Patto di Grazia che il Padre fece con il Figlio come secondo Adamo, in nome del suo popolo, tuttavia essa indica sempre l’antica dispensazione o la nuova, cioè il modo d’amministrazione di quel patto immutato, o un qualche patto speciale che Cristo ha formato con il suo popolo nella maniera d’amministrazione del Patto di Grazia, ad esempio i patti con Abrahamo e con Davide. Così era la disposizione fatta da Dio con la chiesa antica attraverso Mosè, l’Antico contrapposto nel Nuovo Testamento al Nuovo diatheke (Gal. 4:24), era realmente un patto, sia civile che religioso, formato tra Geova e gli Israeliti, e tuttavia simile nel suo elemento legale, “fu aggiunto per le trasgressioni, finché fosse venuta la progenie, alla quale era stata fatta la promessa” (Gal. 3:19), mentre nel suo elemento simbolico e tipico che insegnava Cristo era, in una visione più elevata, una dispensazione, o modo d’amministrazione del Patto di Grazia. Così pure la presente dispensazione del vangelo introdotta da Cristo assume la forma di un patto tra lui e il suo popolo, includendo molte promesse di grazia, vincolato a condizioni, e tuttavia nel suo aspetto più elevato è quella forma di amministrazione dell’immutabile Patto di Grazia che è chiamata la “nuova e migliore dispensazione, in contrapposizione alla prima e antica, relativamente imperfetta, dispensazione” del medesimo patto. 2 Cor. 3:14; Ebr. 8:6, 8, 9, 10; 9:15; Gal. 4:24. La dispensazione attuale del Patto di Grazia da parte del nostro Salvatore, sotto un aspetto, evidentemente ha una stretta analogia con una volontà o disposizione testamentaria, poiché dispensa benedizioni che potrebbero essere pienamente godute solo dopo, e per mezzo, della sua morte. Di conseguenza Paolo usa la parola diatheke in un singolo passaggio, per indicare la presente dispensazione del Patto di Grazia nel suo aspetto di partecipazione, Ebr. 9:16, 17. Tuttavia poiché le varie dispensazioni di quel patto eterno sono altrove nella Scrittura rappresentate sempre sotto la forma di speciali patti amministrativi, e non sotto la forma di testamenti, ci si può lamentare che i nostri traduttori abbiano così frequentemente reso il termine diatheke con la parola specifica testamento, invece della parola patto, o della parola più generica dispensazione. 1 Cor. 3:6, 14; Gal. 3:15; Ebr. 7:22; 12:24, 13:20.

3. Quali sono le tre concezioni riguardanti le parti nel patto di grazia sostenute dai Calvinisti? Queste differenze non riguardano minimamente la verità di alcuna dottrina insegnata nelle Scritture, ma concernono solo la forma in cui quella verità può essere più o meno chiaramente presentata.

I. La prima concezione considera il Patto di Grazia come stabilito da Dio con i peccatori eletti. Dio promette di salvare i peccatori come tali a condizione della fede, ed essi, una volta convertiti, promettono fede e obbedienza. In questa concezione, Cristo non è una delle parti del patto, ma il suo Mediatore in nome dei suoi eletti, e loro garante: ovvero, egli garantisce che tutte le condizioni loro richieste saranno realizzate da essi attraverso la sua grazia. II. La seconda concezione suppone due patti, il primo, chiamato Patto di Redenzione, formato nell’eternità tra il Padre e il Figlio come parti. Il Figlio promette di obbedire e di soffrire, e il Padre promette di dargli un popolo e di concedere a loro, in lui, tutte le benedizioni spirituali e la vita eterna. Il secondo, chiamato Patto di Grazia, formato da Dio con gli eletti come parti, con Cristo come Mediatore e Garante in nome del suo popolo. III. Poiché vi sono due Adamo presentati nella Scrittura, l’uno rappresentante l’intera razza in un’economia di natura, e l’altro rappresentante l’intero corpo degli eletti in un’economia di grazia, sembra più semplice considerare come fondamento dei rapporti di Dio con il genere umano, di qualunque classe, solo i due grandi Patti contrapposti, d’Opere e di Grazia. Il primo stabilito da Dio alla creazione del mondo con Adamo, come capo federale e rappresentante di tutta la sua posterità. Delle promesse, condizione, punizione, e pubblicazione di quel Patto ho parlato in una sezione precedente, nel Cap. 17. Il secondo, il Patto di Grazia, formato nei consigli dell’eternità tra il Padre e il Figlio come parti contraenti, nel quale il Figlio come Secondo Adamo, rappresentante di tutto il suo popolo come loro mediatore e garante, prendendo il loro posto e assumendosi tutti i loro obblighi, sotto l’inadempiuto Patto d’Opere, si impegna ad applicare loro tutti i benefici assicurati da questo eterno Patto di Grazia, e ad assicurare il compimento da parte loro di tutti quei doveri in cui sono coinvolti. Quindi, sotto un aspetto questo Patto può essere visto come contratto con il capo per la salvezza di tutti i membri, e sotto un altro come contratto con i membri nel loro capo e garante. Perché ciò che è una grazia da Dio è un dovere da parte nostra, come pregava sant’Agostino, “Da quod jubes, et jubes quod vis;” e quindi ne risulta questa concezione complessa del Patto.

Considerato sotto l’uno o l’altro di questi due grandi Patti, d’opere o di grazia, ogni uomo nel mondo si trova sotto lo sguardo di Dio. Bisogna ricordare, tuttavia, che nelle diverse dispensazioni, o modi d’amministrazione dell’eterno Patto di Grazia, Cristo ha contratto vari patti speciali con il suo popolo, come provvigioni amministrative per realizzare gli impegni, e per applicare ad essi i benefici del suo patto con il Padre. Così fu il patto di Geova (la Seconda Persona, vedi sopra, Cap. 9, Dom. 14) con Noè, il secondo capo naturale della famiglia umana, Gen. 9:11, 15. Tale fu il patto con Abrahamo, il credente tipico, che recava il segno e suggello visibile della circoncisione, e fondava in tal modo la chiesa visibile come un aggregato di famiglie. Questo patto continua ad essere lo statuto della chiesa visibile fino ai giorni nostri. I sacramenti del battesimo e della cena del Signore ora connessi ad esso, che significano e sigillano i benefici del Patto di Grazia, ovvero, la vita eterna, la fede, il ravvedimento, l’obbedienza, etc., da parte di Dio come materia di promessa; da parte nostra, come materia di dovere, cioè nella misura in cui essi devono essere realizzati da noi stessi (Cfr. Gen 17:9, 13 con Gal. 3:15, 17). Il patto nazionale con i Giudei, che allora costituivano la chiesa visibile, Eso. 34:27. Il patto con Davide, il tipo di Cristo come Re Mediatore, 2 Sam. 7:15, 16; 2 Cro. 7:18. L’offerta universale del vangelo durante la presente dispensazione, inoltre, è presentata nella forma di un patto. La salvezza è offerta a tutti a condizione della fede, ma la fede è il dono di Dio assicurato e promesso agli eletti, e quando è data, è esercitata da loro. Ogni credente, quando è condotto alla conoscenza della verità, entra in un patto con il suo Signore, che egli rinnova in tutti gli atti di fede e di preghiera. Ma questi diversi patti speciali sono provvigioni per l’amministrazione dell’eterno Patto di Grazia, e sono concepiti unicamente per trasmetterne i benefici assicurati a coloro a cui appartengono. Per l’esposizione dei nostri canoni su questo argomento, confrontate la Confessione di Fede, cap. 7, sez. 3, con il Catechismo Maggiore, domande 30 e 36.

4. Dimostra dalle Scritture che un “Patto di Grazia” fu effettivamente formato nell’eternità tra le Persone Divine, in cui il “Figlio” rappresentava gli eletti. I. Come mostrato all’inizio di questo capitolo, un tale Patto è virtualmente compreso nell’esistenza di un piano eterno di salvezza formato mutuamente dalle Tre Persone e da loro eseguito. II. Che Cristo rappresenti gli eletti in quel Patto è necessariamente compreso nella dottrina della sovrana elezione personale alla grazia e alla salvezza. Cristo dice delle sue pecore, “erano tuoi, e tu me li hai dati,” e “io ho guardati coloro che tu mi hai dati” etc. Gv. 17:6, 12. III. Le Scritture dichiarano l’esistenza della promessa e delle condizioni di un tale Patto, e le presentano in connessione. Isa. 53:10, 11. IV. Le Scritture affermano esplicitamente l’esistenza di un tale Patto. Isa. 13:6; Sal. 89:3. V. Cristo fa costantemente riferimento ad una precedente commissione ricevuta da suo Padre. Gv. 10:18; Lu. 22:29. VI. Cristo rivendica una ricompensa che era stata vincolata al compimento di quella commissione. Gv. 17:4. VII. Cristo afferma costantemente che il suo popolo e la sua gloria futura gli sono dati da suo Padre come una ricompensa. Gv. 17:6, 9, 24; Fil. 2:6, 11.

5. Chi furono le parti di questo Patto di Grazia; quali furono le sue promesse o condizioni da parte del Padre; e quali le sue condizioni da parte del Figlio? I. La parti contraenti furono il Padre rappresentante l’intera Deità nella sua indivisibile sovranità; e, dall’altra parte, Dio il Figlio, come Mediatore, rappresentante di tutto il suo popolo eletto, e come amministratore del Patto, loro garante per l’esecuzione di tutti quei doveri che erano implicati da parte loro. II. Le condizioni da parte del Padre erano, (1) tutte le preparazioni necessarie, Ebr. 10:5; Isa. 13:12; (2) sostegno nella sua opera, Lu. 22:43; (3) una gloriosa ricompensa, prima nell’esaltazione della sua persona teantropica “che è sopra ogni nome,” Fil. 2:9, e il dominio universale assegatogli come Mediatore. Gv. 5:22; Sal. 110:1; e nel consegnare nella sua mano l’amministrazione dei doni della rigenerazione, giustificazione, santificazione, perseveranza, e gloria. Tt. 1:2; Ger. 31:33; 32:40; Isa. 35:10; 53:10, 11; Dicks, “Theol. Lect.,” Vol. 1, pagg. 506-509. III. Le condizioni da parte del Figlio erano, (1) Che egli dovesse incarnarsi, nascere da una donna, sottostare alla Legge, Gal. 4:4, 5. (2) Che egli dovesse assumersi e adempiere pienamente, in nome dei suoi eletti, tutte le condizioni violate e le pene incorse nel patto d’opere, Mat. 5:17, 18, che egli doveva realizzare, primo, rendendo una perfetta obbedienza ai precetti della legge, Sal. 40:8; Isa. 9:4, 5; 8:29; Mat. 19:17; e, secondo, soffrendo la pena completa incorsa a causa dei peccati del suo popolo, Isa. 53; 2 Cor. 5:21; Gal. 3:13; Efe. 5:2.

6. In che senso si dice che Cristo è il mediatore del Patto di Grazia? Cristo è il mediatore dell’eterno Patto di Grazia perché, I. Egli l’ha contratto come unico mediatore tra Dio e l’uomo. II. Come mediatore, egli ne adempie tutte le condizioni in nome del suo popolo. III. Come mediatore egli lo amministra e ne dispensa tutte le benedizioni. IV. In tutto questo, Cristo non era un semplice internuntius, come è chiamato Mosè (Gal. 3:19), ma era mediatore (1) plenipotenziario (Mat. 26:18), e (2) come sommo sacerdote realizzava la riconciliazione mediante il sacrificio (Rom. 3:25). V. La frase mesithen diathekhen, mediatore del patto, è applicata a Cristo tre volte nel Nuovo Testamento (Ebr. 8:6; 9:15; 12:24); me poiché in ogni caso il termine per patto è qualificato dall’aggettivo “nuovo” o “migliore”, evidentemente esso è qui utilizzato per indicare non il Patto di Grazia propriamente, ma quella nuova dispensazione di quel patto eterno che Cristo in persona ha introdotto in contrapposizione alla meno perfetta amministrazione che fu strumentalmente introdotta da Mosè. Nell’amministrazione generale del Patto di Grazia, Cristo ha agito come un mediatore sacerdotale dalla fondazione del mondo (Apo. 13.8). D’altra parte, la prima o “vecchia dispensazione,” o modo speciale di amministrare quel Patto visibilmente tra gli uomini, fu strumentalmente, e nella sua forma visibile, “promulgata dagli angeli per mano di un mediatore,” ovvero Mosè (Gal. 3.19). È precisamente in questa relazione contraddistinta che Mosè tenne nella rivelazione esteriore di quelle istituzioni simboliche e tipologiche, attraverso le quali il Patto di Grazia era allora amministrato, che viene dichiarata la superiore eccellenza della “nuova” e “migliore” dispensazione, che consiste in questo, che ora Cristo, il “Figlio in casa sua” si rivela visibilmente come il vero mediatore nell’amministrazione spirituale e personale del suo patto. Dunque, colui che dal principio era “l’unico mediatore tra Dio e l’uomo” (1 Tim. 2:5) ora è rivelato in modo eminente, come mediatore e garante di quel patto eterno sotto la sua “nuova” e “migliore” dispensazione, poiché ora egli è reso visibile nella pienezza delle sue grazie spirituali, come loro immediato amministratore; mentre sotto la “prima” e “vecchia” dispensazione egli era nascosto (Cfr. il Commentario su Ebrei di Sampson). VI. Come Mediatore Cristo si impegna anche a dare al Suo popolo la fede e il ravvedimento e ogni grazia, e garantisce per loro che essi, da parte loro, eserciteranno la fede e il ravvedimento e osserveranno ogni dovere.

7. In che senso si dice che Cristo è il Garante del Patto di Grazia? Nell’unico caso in cui il termine garante è applicato a Cristo nel Nuovo Testamento (Ebrei 7:22), “garante di un testamento migliore,” la parola tradotta con testamento evidentemente è intesa ad indicare la nuova dispensazione del Patto di Grazia, in contrapposizione al vecchio. Paolo sta contrapponendo il sacerdozio di Cristo con quello Levitico. Egli è un sacerdote o garante secondo un ordine più elevato, sotto una rivelazione più chiara ed un’amministrazione della grazia più reale e diretta, di quanto lo fossero i sacerdoti tipologici discendenti di Aaronne. Cristo è il nostro garante insieme come sacerdote e come re. Come sacerdote perché, come tale, egli assume e assolve tutti gli obblighi sotto il trasgredito patto d’opere. Come re (i due in lui sono inseparabili, egli è sempre un sacerdote reale), perché, come tale, amministra le benedizioni del patto per il suo popolo, e a questo scopo egli entra in patti con loro, offre loro la grazia a condizione della fede e dell’obbedienza, e poi, come loro garante, dà loro le grazie della fede e dell’obbedienza, affinché essi possano compiere la loro parte.

8. Quale metodo generale ha caratterizzato l’amministrazione di Cristo del suo patto sotto tutte le dispensazioni? I benefici del patto acquistati sono posti nella mano di Dio, per essere conferiti al suo popolo come doni gratuiti e sovrani. Da Cristo a noi sono tutti doni, ma da noi a Cristo molti di questi sono doveri. Così, nell’amministrazione del Patto di Grazia, molte di queste benedizioni acquistate, che devono realizzarsi nei nostri atti, per esempio la fede, etc., egli le esige da noi come doveri, e promette altri benefici come una ricompensa condizionata dalla nostra obbedienza. Quindi, per così dire, egli ricompensa la grazia con la grazia, e condiziona la grazia alla grazia. Promettendo la fede ai suoi eletti, poi operando la fede in loro, e poi ricompensandoli per la sua realizzazione con la pace della coscienza, la gioia nello Spirito Santo, la vita eterna, etc.

9. Qual è la concezione Arminiana del Patto di Grazia? Essi sostengono, primo, riguardo alle parti nel Patto di Grazia, che Dio lo offre a tutti gli uomini, e che Egli lo contrae effettivamente con tutti i credenti. Secondo, riguardo alle promesse, che queste includono tutti i benefici temporali ed eterni della redenzione di Cristo. Terzo, riguardo alle condizioni, che Dio ora accetta per grazia la fede e l’obbedienza evangelica come rettitudine, al posto della perfetta obbedienza legale che egli esigeva dall’uomo sotto il Patto d’Opere, con l’opera meritoria di Cristo che lo rende conforme ai principi della giustizia divina. Essi considerano tutti gli uomini come resi capaci dalla grazia sufficiente di adempiere tali condizioni, se lo vogliono.

10. In che senso la fede può essere chiamata la condizione della salvezza? La fede è la condizione sine qua non della salvezza, nel senso che nessun uomo adulto può essere salvato se non crede, ed ogni uomo che crede sarà salvato. Essa è, tuttavia, un dono di Dio e la prima parte o grado della salvezza. Vista dal lato di Dio essa è il principio e l’indice della Sua opera salvifica in noi. Vista dal nostro lato essa è un nostro dovere, e deve essere un nostro atto. Quindi, essa è, come nostro atto, lo strumento della nostra unione con Cristo, e quindi il necessario antecedente, sebbene mai la causa meritoria, della conseguente salvezza per grazia. La fede come condizione è il corso della fede viva, che necessariamente produce la “confessione” e l’obbedienza.

11. Quali sono le promesse che Cristo, come amministratore del patto di grazia, fa a tutti quelli che credono? La promessa ad Abrahamo di essere un “Dio per lui e la sua progenie dopo di lui” (Genesi 17:7) include tutte le altre. Tutte le cose simili, fisiche e morali, nella provvidenza e nella grazia, per il tempo e per l’eternità, devono operare insieme per il nostro bene. “Ogni cosa è vostra. E voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio.” 1 Cor. 3:22, 23. Questo patto del vangelo spesso è chiamato il “Patto di Grazia” distinto dal “Patto di Redenzione.” Vedi sopra, D. 3.II. “Chi avrà creduto, e sarà stato battezzato, sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato.” Mc. 16:16.

12. Dimostra che Cristo era il mediatore degli uomini prima così come dopo il suo avvento nella carne. I. Come mediatore egli è sia sacerdote che sacrificio, e come tale viene affermato che egli è “l’Agnello che è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo,” e una “propiziazione per i peccati che sono stati” Ap. 13:8; Rom. 3:25; Ebr. 9:15. II. Egli fu promesso ad Adamo, Gen. 3:15. III. Nel terzo capitolo di Galati, Paolo dimostra che la promessa fatta ad Abrahamo (Gen. 17:7; 22:18) è lo stesso vangelo che l’apostolo stesso ha predicato. Così Abrahamo divenne il padre di coloro che credono. IV. Atti 10:43, “A lui rendono testimonianza tutti i profeti: che chiunque crede in lui, riceve remission de' peccati per lo nome suo.” Cfr. il cap. 53 di Isaia, e il cap. 42:6. V. Le istituzioni cerimoniali di Mosè erano simboliche e tipologiche dell’opera di Cristo: come simboli esse significavano il merito e la grazia di Cristo per il fedele dell’antichità per la sua salvezza presente, mentre come tipi esse profetizzavano la sostanza che sarebbe venuta. Ebr. 10:1.10; Col. 2:17. VI. Cristo era il Geova della vecchia dispensazione. Cfr. sopra. Cap. 9, Domanda 14.

13. Dimostra che la fede era la condizione della salvezza prima dell’avvento di Cristo, nello stesso senso in cui lo è adesso. I. Questo è affermato nell’Antico Testamento, in Habacuc 2:4; Salmo 2:12. II. Gli autori del Nuovo Testamento illustrano la loro dottrina della giustificazione per fede mediante esempi di credenti dell’Antico Testamento. Vedi Romani 4 e Ebrei 11.

14. Mostra che Cristo, come amministratore del Patto di Grazia, diede ai membri della Chiesa dell’Antico Testamento precisamente le medesime promesse che egli dà a noi. I. Le promesse date all’antico popolo di Cristo includono chiaramente tutte le benedizioni spirituali ed eterne, come ad esempio, la promessa data ad Abrahamo in Gen. 17:7, come esposto da Cristo in Mat. 22:32, e la promessa data ad Abrahamo in Gen. 22:18, come esposto da Paolo in Gal. 3:16; vedi anche Isa. 43:25; Eze. 36:27; Dan. 12:2, 3. II. Questo è evidente anche dalle attese e dalle preghiere del popolo di Dio. Sal. 51 e Sal. 16; Gb. 19:24-27; Sal. 73:24-26.

15. In che modo era amministrato il Patto di Grazia da Adamo ad Abrahamo? I. Mediante la promessa in Gen. 3:15. II. Per mezzo dei sacrifici tipologici istituiti nella famiglia di Adamo. III. Per mezzo delle rivelazioni immediate e delle apparizioni del Geova, o divino mediatore del suo popolo. Così “il Signore” è rappresentato nei primi undici capitoli di Genesi mentre “parla” agli uomini. Che queste promesse e sacrifici fossero allora compresi nel loro vero intento spirituale è dimostrato da Paolo, in Ebr. 11:4-7. E che questa amministrazione del patto di grazia raggiunse molti dei popoli della terra, durante questa era, è dimostrato dalla storia di Giobbe in Arabia, o di Abrahamo in Mesopotamia, o di Melchisedec in Canaan.

16. In che modo era amministrato da Abrahamo a Mosè? I. La promessa data durante il periodo precedente (Genesi 3:15), è ora rinnovata nella forma di un patto più definito, che rivela che il Salvatore sarebbe venuto dalla linea della progenie di Abrahamo attraverso Isacco, ed è rivelata più pienamente la partecipazione del mondo intero nella sua salvezza. Gen. 17:7; 22:18. Questo era il vangelo che fu predicato in passato, Gal. 3:8. II. I sacrifici continuarono come in passato. III. La chiesa, o compagnia dei credenti, che esisteva dal principio nei suoi membri individuali, era adesso formata in un corpo generale come un insieme di famiglie, con l’istituzione della circoncisione, come simbolo visibile dei benefici del patto di grazia, e come segno dell’appartenenza alla chiesa.

17. Qual era la vera natura del patto stabilito da Dio con gli Israeliti attraverso Mosè? Esso può essere considerato sotto tre aspetti: I. Come un patto nazionale e politico, con il quale, in un senso politico, essi divennero il suo popolo, sotto un governo teocratico, e in questo senso peculiare egli divenne il loro Dio. La chiesa e lo stato erano identici. Sotto un solo aspetto l’intero sistema si riferiva a questa relazione. II. Sotto un aspetto, esso fu un patto legale, perché la legge morale, la cui obbedienza era la condizione del patto d’opere, fu esposta in modo prominente, e la conformità a questa legge fu resa la condizione del favore di Dio e di tutte le benedizioni nazionali. Anche il sistema cerimoniale nel suo significato puramente letterale, e distinto dal suo aspetto simbolico, fu la regola delle opere, perché era maledetto chi non confermava tutte le parole della legge per compierle, Deu. 27:26. III. Ma, nel significato simbolico e tipologico di tutte le istituzioni Mosaiche, queste furono una rivelazione delle provvigioni del Patto di Grazia più chiara e piena di quanto fossero mai state prima. Questo Paolo dimostra abbondantemente in tutta l’Epistola agli Ebrei.

18. Quali sono le differenze caratteristiche tra la dispensazione del Patto di Grazia sotto la legge di Mosè e dopo l’avvento di Cristo? Queste differenze, ovviamente, si riferiscono solo al modo d’amministrazione, e non alla sostanza della verità rivelata, né della grazia amministrata. I. La verità era allora significata mediante simboli, che erano allo stesso tempo anche tipi della vera espiazione per i peccati che sarebbe stata compiuta in seguito. Ora la verità è rivelata nella chiara storia del vangelo. II. Quella rivelazione era meno completa così come meno chiara. III. Era gravata così tanto dalle cerimonie da essere relativamente una dispensazione carnale. La dispensazione attuale è spirituale. IV. Era ristretta ad un solo popolo. La dispensazione attuale, sgravata da tutte le organizzazione nazionali, include la terra intera. V. Il metodo precedente dell’amministrazione era evidentemente preparatorio di quello attuale, che è finale.

_ Tratto dal Capitolo 22 di A. A. Hodge, Lineamenti di Teologia.

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