Fede e Giustificazione

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Fede e Giustificazione


Theodore Beza (1519-1605)


Il seguente articolo di Theodore Beza è tratto dal capitolo quarto (sezioni 1-13) del suo libro La Fede Cristiana. Questo libro ebbe un enorme successo durante la Riforma Protestante, e apparve nel 1558 con il titolo originale di Confession De Foi Du Chretien.



Noi crediamo nello Spirito Santo; Egli è la Potenza essenziale del Padre e del Figlio (Ge. 1:2). Egli risiede in Loro ed è co-eterno e consustanziale con Loro; Egli procede da Loro (Gv. 14:16, 26; 16:7-15). Egli è un unico Dio con Loro (Ro. 8:9-11; At. 5:3-4; I Co. 12:4-8; 3:16) ed è sempre una Persona distinta dall'Uno e dall'Altro (Mt. 28:19).

Questo è quanto la Chiesa ha ben stabilito, secondo la Parola di Dio, contro Macedonio e altri eretici simili. La Sua infinita forza e potenza sono dimostrate nella creazione e nella preservazione di tutte le creature, fin dall'inizio del mondo (Ge. 1:2; Sl. 104:29, 30).

Ma, in questo trattato, ci occuperemo in modo particolare degli effetti che Egli produce nei figli di Dio; di come, insieme alla fede, Egli conferisca loro le grazie di Dio per renderli sensibili alla loro efficacia e potenza (Ro. 8:12-17; I Co. 2:11, 12; I Gv. 4:13); in breve, di come Egli li conduca sempre di più al fine e all'obiettivo a cui essi sono stati predestinati prima della fondazione del mondo (Ef. 1:3-4).

Macedonio, (IV sec.) negava la Divinità dello Spirito Santo. La sua eresia fu condannata al Concilio di Costantinopoli nel 381.


Lo Spirito Santo ci rende partecipi di Gesù Cristo per mezzo della Sola Fede


Lo Spirito Santo è quindi il Solo attraverso il quale il Padre pone e mantiene i Suoi Eletti in possesso di Gesù Cristo, Suo Figlio; e, in seguito, di tutte le grazie che sono necessarie alla loro salvezza.

Ma è necessario, in primo luogo, che lo Spirito Santo ci renda adatti e pronti a ricevere Gesù Cristo. Questo è ciò che Egli fa nel creare in noi, per la Sua pura benevolenza e misericordia Divina, quello che noi chiamiamo 'fede' (Ef. 1:17; Fl. 1:29; II Ts. 3:2), il solo strumento attraverso cui noi riceviamo Gesù Cristo quando ci viene offerto, il solo mezzo per riceverLo (Gv. 3:1-13, 33-36).

I mezzi che lo Spirito Santo usa per creare e preservare in noi la fede

Per creare in noi lo strumento della fede, e anche per sostenerla e rafforzarla sempre di più, lo Spirito Santo usa due mezzi ordinari (senza tuttavia comunicare loro la Sua potenza, ma operando attraverso di essi): la predicazione della Parola di Dio, e i Suoi Sacramenti (Mt. 29:19-20; At. 6:4; Ro. 10:17; Gm. 1:18; I Pi. 1:23-25).

Più avanti ritorneremo su questo; prima di tutto dovremo definire cosa sia questa preziosa fede, e quali siano i suoi effetti e poteri.

Di Come la fede sia necessaria, e cosa è la fede


A questo punto siamo così nemici della nostra salvezza, a causa della nostra corruzione naturale (Ro. 8:7; I Co. 2:14), che se Dio si fosse accontentato semplicemente di dirci che possiamo trovare la nostra salvezza in Gesù Cristo, noi ce ne prenderemmo gioco; questo ha sempre fatto il mondo e farà fino alla fine (I Co. 1:23-25; Gv. 10:20; At. 2:13; Lu. 23:35). Ancora di più, se Egli non aggiungesse altro quando ci dice che il mezzo con cui noi sperimentiamo l'efficacia di questo rimedio contro la morte eterna è di credere in Gesù Cristo, questo non ci sarebbe di alcun profitto (Gv. 3:5-6). Perché, in tutto questo, noi siamo più che muti (Sl. 51:15; Is. 6:5; Gr. 1:6), sordi (Sl. 40:6; Gv. 8:47; Mt. 13:13), e ciechi per la corruzione della nostra natura (Gv. 1:5; 3:3; 9:41). Per noi non sarebbe più possibile perfino desiderare di credere di quanto lo sia per un uomo morto il volare (Gv. 12:38, 39; 6:44).

È necessario quindi che con tutto questo, il buon Padre, il quale ci scelse per la Sua gloria, venga a moltiplicare la Sua misericordia verso i Suoi nemici. Nel dichiarare a noi che Egli ha dato il Suo unico Figlio affinché chiunque Lo riceva per fede non perisca (Gv. 3:16), Egli crea in noi anche questo strumento della fede che Egli richiede da noi.

Ora, la fede di cui parliamo non consiste solo in credere che Dio sia Dio, e che tutto il contenuto della Sua Parola sia vero: - perché anche i diavoli hanno questa fede, e questo ci fa solo tremare (Gm. 2:19) -- Ma noi chiamiamo 'fede' un certa conoscenza che, per la Sua sola grazia e benevolenza, lo Spirito Santo incide sempre di più nel cuore degli eletti di Dio (I Co. 2:6-8). Per questa conoscenza, ognuno di loro, essendo rassicurato della sua elezione nel suo cuore, fa propria e applica a sé la promessa della sua salvezza in Gesù Cristo.

La fede, io dico, non crede solo che Gesù Cristo è morto e risorto per i peccatori, ma viene anche ad accogliere Gesù Cristo (Ro. 8:16, 39; Eb. 10:22, 23; I Gv. 4:13; 5:19; etc.) Chiunque creda veramente confida in Lui solo ed è rassicurato della sua salvezza al punto di non dubitarne più (Ef. 3:12). Questo è il motivo per cui s. Bernardo ha detto, in conformità a tutta la Scrittura, quanto segue, "Se tu credi che i tuoi peccati non possono essere cancellati se non da Colui contro il quale tu hai peccato, fai bene. Ma aggiungi ancora un punto: che tu credi che i tuoi peccati ti sono stati perdonati da Lui. Questa è la testimonianza che lo Spirito Santo porta al tuo cuore, dicendo, 'I tuoi peccati ti sono perdonati'."

L'oggetto e la potenza della vera fede


Poiché Gesù Cristo è l'oggetto della fede, e davvero Gesù Cristo come ci viene presentato nella Parola di Dio, seguono due punti che dovremmo notare.

Da un lato, dove non c'è la Parola di Dio ma solo la parola dell'uomo, chiunque sia, non c'è fede, ma solo un sogno o un'opinione che non potrà fallire di ingannarci (Ro. 10:2-4; Mc. 16:15, 16; Ro. 1:28; Ga. 1:8-9).

Dall'altro lato, la fede abbraccia e si appropria di Gesù Cristo e di tutto ciò che è in Lui, poiché Egli ci è stato dato a condizione di credere in Lui (Gv. 17:20, 21; Ro. 8:9). Ne segue una delle due cose: o che tutto ciò che è necessario alla nostra salvezza non è in Gesù Cristo, oppure che se vi è davvero tutto, colui che ha la fede in Gesù Cristo ha tutto. Ora, dire che non tutto ciò che è necessario alla salvezza si trova in Gesù Cristo è un'empietà davvero orribile, perché questo Lo renderebbe un Salvatore in parte (Mt. 1:21). Rimane quindi l'altra parte: nell'avere Gesù Cristo, per fede, noi abbiamo in Lui tutto ciò che è richiesto per la nostra salvezza (Ro. 5:1).

Questo è ciò che dice l'Apostolo, "Non c'è condanna per quelli che sono in Gesù Cristo." (Ro. 8:1).


Come deve essere compresa quella parola che diciamo insieme a s. Paolo, "Siamo giustificati per sola fede"


Ecco la spiegazione della nostra giustificazione per sola fede: la fede è lo strumento che riceve Gesù Cristo e, in seguito, che riceve la Sua rettitudine, come dire, tutta la perfezione. Quindi, quando insieme a s. Paolo (Ro. 1:17; 3:21-27; 4:3; 5:1; 9:30-33; 11:6; Ga. 2:16-21; 3:9, 10, 18; Fl. 3:9; II Ti. 1:9; Tt. 3:5; Eb. 11:7) diciamo che siamo giustificati per sola fede, o liberamente, o per fede senza le opere (perché tutti questi sono modi di esprimere lo stesso concetto), noi non diciamo che la fede è una virtù che ci rende giusti, da noi stessi, davanti a Dio. Perché questo metterebbe la fede al posto di Gesù Cristo il quale è, da solo, la nostra perfetta e intera rettitudine.

Ma noi parliamo così insieme all'Apostolo, e diciamo che per la sola fede siamo giustificati, nella misura in cui essa abbraccia Colui che ci giustifica, Gesù Cristo, al quale essa ci unisce e congiunge. Noi quindi siamo resi partecipi di Lui e dei benefici che Egli possiede. Questi, essendoci imputati e donati, sono più che sufficienti a farci dichiarare assolti e giusti davanti a Dio.


Essere sicuri della propria salvezza per fede in Gesù Cristo non è affatto arroganza o presunzione


È stabilito che essere sicuri della propria salvezza, attraverso la fede, non è né presunzione né arroganza, ma al contrario, è il solo mezzo per spogliarci di ogni orgoglio, per dare tutta la gloria a Dio (Ro. 8:16, 38; Ef. 3:12; Eb. 10:22, 23; I Gv. 4:13; 5:19; Ro. 3:27; 4:20; I Co. 4:4; 9:26, 27). Perché la sola fede ci insegna ad uscire da noi stessi, e ci obbliga a riconoscere onestamente che in noi stessi non c'è nulla se non la causa di una completa condanna. Così, tutto ciò che è in Gesù Cristo, come dire, tutta la rettitudine e la perfezione (in Lui non c'era alcun peccato e inoltre Egli adempì a tutta la rettitudine della Legge), è posto sul nostro conto e donato come se fosse il nostro, a condizione che noi abbracciamo Lui per fede.

Questo è il motivo per cui s. Bernardo disse, "La testimonianza della nostra coscienza è la nostra gloria: non la testimonianza che la mente ingannata, ingannando il suo proprietario, dà da se stessa al vanaglorioso Fariseo (Lu. 18:11, 12); questa testimonianza non è veritiera. Ma la testimonianza che lo Spirito Santo fornisce al nostro spirito è veritiera."


La fede trova in Gesù Cristo tutto ciò che è necessario alla salvezza


Questo argomento richiede d'essere trattato nel dettaglio, così che uno possa sapere se, attraverso a fede, noi possiamo ricevere un rimedio sufficiente ad assicurarci pienamente della vita eterna; secondo quanto è scritto, "Il giusto vivrà per fede". (Ha. 2:4; Ro. 1:16, 17; Ga. 3:11). Noi diciamo quindi che qualunque cosa impedisca all'uomo la comunione con Dio, che è perfettamente giusto e buono, si trova in tre punti. Ma, davanti ad ognuno di essi, troviamo il rimedio, non in noi stessi, ma in Gesù Cristo e in tutto ciò che Lui ha, a condizione che siamo uniti e congiunti a Lui nella comunione di tutti i benefici (Gv. 17:9-11, 20-26).

Questo è il motivo per cui la Chiesa, come dire, l'assemblea dei credenti, è chiamata la Sposa di Gesù Cristo, suo Marito (Ro. 7:2-6; 8:35; II Co. 11:2; Ef. 5:31, 32); è per mostrare più chiaramente la grandezza dell'unione e della comunione che esiste tra Gesù Cristo e coloro i quali, per mezzo della fede, hanno affidato se stessi a lui. Perché, in virtù di questa unione e questo matrimonio spirituale attraverso la fede, Egli prende tutte le nostre miserie su di sé, e noi riceviamo da Lui tutti i Suoi tesori, per la Sua pura benevolenza e misericordia. Questo è quanto vedremo di seguito.

Il rimedio che la fede trova solo in Gesù Cristo contro il primo assalto della prima tentazione: "La moltitudine dei nostri peccati": La sicurezza che possiamo avere su questo punto riguardo ai santi o a noi stessi


Quindi vediamo ora come, in Gesù Cristo solo, troviamo dei rimedi sicuri contro tutte le tentazioni di Satana e tutte le angosce della nostra coscienza.

In primo luogo, Satana e la nostra coscienza, per dimostrare che siamo veramente indegni di essere salvati e molto degni di morire, ci hanno messo davanti la natura di Dio, perfettamente giusto, il Quale è il grande Nemico e Vendicatore di ogni iniquità. Ora, è vero, noi siamo coperti da infiniti peccati. Ne segue quindi che non c'è niente di più per noi da fare che aspettare il salario del peccato, cioè la morte eterna (Ro. 6:23).

Cosa potranno portare come scusa gli uomini contro questa conclusione di Satana e della loro coscienza? Certamente, nulla che possa giovare loro, a meno che non sia cosa dico. Perché se essi ricorrono alla misericordia di Dio, dimenticando la Sua giustizia, allora stanno ingannando se stessi. Una cosa è certa, la misericordia di Dio è tale che è necessario, comunque, che anche la Sua giustizia sia totalmente riconosciuta: cosa che abbiamo già dichiarato.

Se desideriamo, poi, per coprire i nostri peccati, di appellarci ai meriti dei santi:

1. Facciamo loro una grande torto; perché Davide stesso scrive, "Non entrare in giudizio col tuo servo." (Sl. 143:2), e, in un altro passaggio, confessa che le sue opere non possono ascendere a Dio (Sl. 16:2). E cosa dice s. Paolo di Abrahamo, questa santa persona e padre dei credenti? "Se Abrahamo", dice, "fosse giustificato dalle sue opere, avrebbe motivo di gloriarsi, invece davanti a Dio non ha nulla di che gloriarsi. Infatti, che dice la Scrittura? «Or Abrahamo credette a Dio e ciò gli fu imputato a giustizia»" (Ro. 4:2-3) E cosa dice s. Paolo riguardo a se stesso? "Non sono infatti consapevole di colpa alcuna; non per questo sono però giustificato" (I Co. 4:4). Come possiamo quindi appellarci ai meriti dei santi per soddisfare i nostri peccati, poiché essi stessi possono ricorrere solo alla misericordia di Dio solo, procurata da Gesù Cristo (Fl. 3:8)?

2. Inoltre, se i santi stessi hanno meritato il paradiso con la loro vita santa (il ché non può essere, visto che loro stessi testimoniano il contrario), non avrebbero già ricevuto il salario dei loro meriti? Con quale pretesa, quindi, possiamo appellarci a loro davanti a Dio ancora una volta?

3. Poiché, dire che loro ebbero così tanto merito che ne rimane un po' da parte per noi, è fare una bugia di ciò che loro ci hanno lasciato scritto. Inoltre, non è come se dicessimo che loro non hanno nulla a che vedere con la morte di Gesù Cristo, visto che hanno in loro stessi più che abbastanza da aver bisogno di Lui?

4. E poi, se loro hanno meriti in eccesso, in che modo sappiamo che essi sono nostri? È perché lo pensiamo, o perché li abbiamo comprati? Ma s. Pietro rimprovera Simone il mago per questo falso e dannato commercio: "Ma Pietro gli disse: «Vada il tuo denaro in perdizione con te," dice, "perché tu hai pensato di poter acquistare il dono di Dio col denaro." (At. 8:20).

Questo è come, nel credere che noi onoriamo i santi, in realtà li disonoriamo quanto più possibile. Ora, se le opere dei santi non hanno nulla da meritare in questa sfera, cosa troveremo in noi stessi, o in un qualunque altro uomo vivente, che sia sufficiente a fortificarci contro questo assalto di Satana? Ma, per tagliare tutte queste false immaginazioni, consideriamo i seguenti punti.

Primo, non penseremmo di un uomo che abbia perso il senno se si persuadesse di essere libero da un creditore dietro il pretesto che lui immagina di aver pagato, o che qualcun altro abbia pagato per lui? Questo è come ci comportiamo sempre verso Dio quando non siamo contenti con la sola soddisfazione di Gesù Cristo. Perché, che fondamento ha tutto il resto tranne la fantasia degli uomini, come se Dio dovesse trovare buono tutto ciò che sembra buono a noi. Ma, al contrario, ascoltiamo cosa Gesù Cristo dice: "E invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono comandamenti di uomini" (Mt. 15:9). E, in un altro passo, "Quando venite a presentarvi davanti a me, chi ha richiesto questo da voi?" (Is. 1:12)

In secondo luogo, quando diciamo che ci affidiamo alla sola misericordia di Dio, ma immaginiamo che noi stessi abbiamo pagato per essa, completamente o in parte, non è prendersi gioco della Sua misericordia (Ro. 4:4)?

Terzo, non accontentarsi con il solo merito di Gesù Cristo, ma desiderare di aggiungerne altri, non è come se uno dicesse che Cristo non è Gesù, cioè il nostro Salvatore, ma solo in parte (Ga. 2:21)?

Quarto, non è questo come privare Dio della Sua perfetta rettitudine (Ro. 3:26) e di conseguenza della Sua divinità (nella misura in cui questo è possibile per noi!) osando opporre alla Sua ira le opere degli uomini, conto i quali così tanto si potrebbe dire, indipendentemente da quanto sono buoni (Lu. 17:10)? Davide ha detto, "E non entrare in giudizio col tuo servo." (Sl. 143:2).

Impariamo quindi a rispondere in un maniera differente al suddetto argomento di Satana. Tu dici, Satana, che Dio è perfettamente giusto e il Vendicatore di ogni iniquità. - Lo confesso; ma aggiungo un'altra proprietà della Sua rettitudine che hai tralasciato: poiché Egli è giusto, è soddisfatto nell'essere pagato una volta sola. Tu dici poi che io ho infiniti peccati che meritano la morte eterna. - Lo confesso; ma aggiungo quello che tu hai maliziosamente omesso: i peccati che sono in me sono stati molto ampiamente pagati e puniti in Gesù Cristo che ha portato il giudizio di Dio al posto mio (Ro. 3:25; I Pi. 2:24). Questo è il motivo per cui giungo ad una conclusione molto diversa dalla tua. Poiché Dio è giusto (Ro. 3:26) e non richiede due volte un pagamento, poiché Gesù Cristo, Dio e uomo (II Co. 5:19) ha soddisfatto con un'obbedienza infinita (Ro. 5:19; Fl. 2:8) la maestà infinita di Dio (Ro. 8:33), ne segue che i miei peccati non possono più portarmi alla rovina (Cl. 2:14); essi sono stati già cancellati e lavati per mio conto dal sangue di Gesù Cristo il quale è diventato maledizione per me (Ga. 3:13), e il quale giusto è morto per gli ingiusti (I Pi. 2:24).

Immediatamente dopo, è certo che Satana saprà bene come portare le nostre afflizioni davanti ai nostri occhi, e specialmente la morte (Ro. 5:12). Sosterrà che queste sono così tante testimonianze che dimostrano che Dio non ha perdonato i nostri peccati.

Ma, per le nostre afflizioni, noi dobbiamo rispondere, primo: nonostante tutte le afflizioni e la morte siano entrate nel mondo a causa del peccato, Dio non ha sempre riguardi per i nostri peccati quando ci affligge. Noi stabiliamo questo dall'intera storia di Giobbe e altrove (Gv. 9:3; I Pi. 2:19; 3:14; Gm. 1:2). Ma Egli ha diversi altri fini in vista che tendono alla Sua gloria e al nostro beneficio, come spiegheremo più avanti.

Dall'altro lato, quando Dio affligge i Suoi per i loro peccati, anche se giunge a far patire loro le pene della morte (Gb. 13:15), Egli non è provocato ad ira contro di essi come un Giudice, ma come un Padre che castiga i Suoi figli per impedire che essi muoiano (II Co. 6:9; Eb. 12:6; II Sa. 7:14), o per dare un esempio ad altri (II Sa. 12:13, 14).

Il rimedio che la sola fede trova solo in Gesù Cristo contro il secondo assalto della prima tentazione: "Noi siamo privi della rettitudine che Dio giustamente richiede da noi"


Qui c'è il secondo assalto che Satana può ordire contro di noi per conto del nostro disonore: non è sufficiente che non abbiamo peccati, o che abbiamo dato soddisfazione per i peccati. Ma serve di più; che l'uomo osservi tutta la Legge, cioè, che egli ami Dio perfettamente e il proprio prossimo come se stesso (De. 17:26; Ga. 3:10-12; Mt. 22:37-40). Porta quindi questa rettitudine, Satana dirà alla nostra povera coscienza, o sappi bene che non puoi sfuggire all'ira e alla maledizione di Dio.

Ora, contro questo attacco, a cosa potranno giovarci tutti gli uomini tranne Cristo solo? Perché è una richiesta di obbedienza perfetta che non si trova mai in nessuno tranne in Gesù Cristo solo. Impariamo quindi ad appropriarci qui ancora una volta, per fede, di un altro tesoro di Gesù Cristo: la Sua rettitudine. Sappiamo che è stato Lui ad adempiere a tutta la rettitudine (Mt. 3:15; Fl. 2:8; Is. 53:11). Egli ha reso un'obbedienza perfetta e amore a Dio Padre, e ha amato perfettamente i Suoi nemici (Ro. 5:6-10) fino a rendersi maledizione al posto loro, come dice s. Paolo (Ga. 3:13); come dire, fino a portare, per essi, il giudizio dell'ira di Dio (Cl. 1:22; II Co. 5:21). In questo modo, essendo rivestiti con la sua perfetta rettitudine che ci viene data attraverso la fede, come se fosse esattamente la nostra (Ef. 1:7-8), noi possiamo essere graditi a Dio (Gv. 1:12; Ro. 8:17), come fratelli e co-eredi di Gesù Cristo.

Su questo punto, Satana deve necessariamente chiudere la bocca, ammesso che noi abbiamo la fede per ricevere Gesù Cristo e tutti i benefici che Lui possiede per comunicarli a coloro che credono in Lui (Ro. 8:33).

Il terzo assalto della stessa tentazione: "La corruzione naturale, o peccato originale, che è nella nostra persona, fa che Dio ci odi ancora"


Rimane a Satana ancora un assalto con questa tentazione sul nostro non essere indegni, come segue: anche se avete soddisfatto la pena dei vostri peccati, nella Persona di Gesù Cristo, e siete anche, per mezzo della fede, coperti dalla Sua rettitudine, siete nondimeno corrotti nella vostra natura; in essa si trova ancora la radice di tutti i peccati (Ro. 7:17, 18). Come osate, quindi, comparire davanti alla maestà di Dio il quale è il Nemico di ogni corruzione (Sl. 5:5), e vede le profondità del cuore (Sl. 44:21; Gr. 17:10)?

Ora, in questa sfera, troviamo nuovamente un pronto rimedio in Gesù Cristo solo. Noi dobbiamo affidarci a Lui. Vero, siamo ancora racchiusi in questo corpo mortale (Ro. 7:24), così che non pratichiamo il bene che desideriamo, sentiamo ancora il peccato che abita in noi (Ro. 7:21-23), e la carne che combatte contro lo Spirito (Ga. 5:17): Questo è il motivo per cui, riguardo a noi stessi, siamo ancora corrotti nel corpo e nell'anima (I Co. 4:4; Fl. 3:9). Ma nella misura in cui abbiamo fede, siamo uniti (I Co. 6:17), incorporati (Ef. 4:16; Cl. 2:19), radicati (Cl. 2:7), innestati in Gesù Cristo (Ro. 6:5). In Lui, dal primo momento del Suo concepimento nel seno della vergine Maria (Mt. 1:20; Lu. 1:35), la nostra natura è stata più pienamente restaurata e santificata (Eb. 2:10, 11), di quanto lo sia mai stata quando fu creata pura in Adamo; visto che Adamo fu creato solo ad immagine di Dio (Ge. 1:27; I Co. 15:47), mentre Cristo è vero Dio, che ha preso su se stesso la nostra carne, concepito dalla potenza dello Spirito Santo.

Questa santificazione della natura umana in Gesù Cristo viene considerata come la nostra, per mezzo della fede. Così, il rimanente della corruzione naturale che, anche dopo la rigenerazione, ancora abita in noi, non può esserci messa in conto (Ro. 8:1-3). La nostra iniquità è coperta e soppressa dalla santità di Gesù Cristo, che è di gran lunga più potente di santificaci davanti a Dio di quanto la nostra naturale corruzione possa contaminarci.

Rimedio contro la seconda tentazione: "Abbiamo fede o no?"


In una seconda tentazione Satana risponderà poi che Gesù Cristo non morì per tutti i peccatori, visto che non tutti saranno salvati. Facciamo quindi ricorso alla nostra fede, e rispondiamogli che in verità, solo i credenti riceveranno i frutti di questa sofferenza e soddisfazione di Gesù Cristo. Ma invece di disturbarci, questo ci fornisce sicurezza; perché sappiamo di avere fede (Ro. 8:15; I Co. 2:12-16; I Co. 4:13). Come abbiamo detto in precedenza, non è abbastanza avere una fede generica e confusa che Gesù Cristo venne per portare via i peccati del mondo. Ma è necessario che ognuno applichi a se stesso e si appropri di Gesù Cristo per mezzo della fede, così che ognuno possa affermare in se stesso: Io sono in Gesù Cristo per mezzo della fede, questo è il motivo per cui non posso perire, e sono sicuro della mia salvezza (Ro. 8:1, 38, 39; I Co. 2:16; I Gv. 5:19, 20).

Così, per confermare che abbiamo respinto Satana nei tre precedenti assalti della prima tentazione, e per resistere a questo secondo, è necessario sapere se abbiamo la fede o no. Il mezzo è di tornare dagli effetti alla causa che li produce. Ora, gli effetti che Gesù Cristo produce in noi, quando Lo riceviamo per fede, sono due. In primo luogo, c'è la testimonianza che lo Spirito Santo fornisce al nostro spirito che noi siamo figli di Dio, e ci consente di gridare con sicurezza, "Abba, Padre" (Ro. 8:16; Ga. 4:6). In secondo luogo, dobbiamo capire che quando applichiamo Gesù Cristo a noi stessi per fede, questo non qualche sciocca o vana fantasia o immaginazione, ma veramente e realmente, anche se spiritualmente (Ro. 6:14; I Gv. 1:6; 2:5; 3:7). Nello stesso modo in cui l'anima produce i suoi effetti quando è naturalmente unita al corpo, così, quando per fede Gesù Cristo abita in noi in una maniera spirituale, la Sua potenza vi produce e rivela le Sue grazie. Queste sono descritte nella Scrittura con le parole 'rigenerazione' e 'santificazione', e ci rendono nuove creature rispetto alle qualità che possiamo avere (Gv. 3:3; Ef. 4-21:24).

Questa rigenerazione, come dire, un nuovo inizio e una nuova creazione, è divisa in tre parti. Nello stesso modo in cui la corruzione naturale, che tiene prigioniera la nostra persona, sia anima che corpo, produce in noi peccato e morte (Ro. 7:13), così la potenza di Gesù Cristo, sgorgando ed entrando in noi con efficacia, come per venire a prendere possesso di noi, produce in noi tre effetti: mettere a morte il peccato, cioè, la corruzione naturale che la Scrittura chiama "l'uomo vecchio", la sua sepoltura, e, infine, la resurrezione dell'uomo nuovo. S. Paolo, in particolare, descrive queste cose per esteso (Ro. 6, e quasi ovunque; cf. I Pi. 4:1-2).

Il mettere a morte la corruzione, o peccato, è un effetto di Gesù Cristo in noi. Poco a poco, Egli distrugge la dannata corruzione della nostra natura, così che essa diventa meno capace di produrre i suoi effetti in noi: i moti, le licenze e le altre azioni contrarie alla volontà di Dio.

La sepoltura del vecchio uomo è sempre un effetto dello stesso Gesù Cristo (Ro. 6:4; Cl. 2:12; 3:3-4). Con la Sua potenza, il vecchio uomo, che ha ricevuto il suo colpo mortale, non smette di annichilirsi poco a poco. In breve, nello stesso modo in cui la sepoltura del nostro corpo è successiva alla morte, così la sepoltura dell'uomo vecchio è successiva e conseguenza del suo essere messo a morte. A questo scopo le afflizioni, con cui il Signore ci visita ogni giorno, servono grandemente (II Co. 4:16); Egli viene con prove spirituali e fisiche che noi dobbiamo diligentemente utilizzare per mettere sempre più a morte la ribellione della carne, che lotta contro lo Spirito (I Co. 9:27; Ga. 5:17): Alla fine, per i credenti, la prima morte è il completamento di questo mettere a morte e seppellire il peccato, perché mette fine alla guerra della carne contro lo Spirito (Fl. 3:20, 21).

Le resurrezione dell'uomo nuovo, quest'uomo le cui qualità e facoltà sono davvero rinnovate, è il terzo effetto dello stesso Gesù Cristo che vive in noi. Avendo messo a morte nella natura ciò che essa aveva di corrotto, Egli poi ci dà un nuovo potere e ci ricostruisce. Così, la nostra comprensione e il nostro giudizio, illuminati dalla pura grazia dello Spirito Santo (Ef. 1:8), e governati dal nuovo potere che deriviamo da Gesù Cristo (Ro. 8:14), inizia a capire e approvare quello che, precedentemente, era follia per essi (I Co. 2:14) e abominio (Ro. 8:7). E poi, in secondo luogo, la volontà è rettificata per odiare il peccato e abbracciare la rettitudine (Ro. 6:6). Infine, tutte le facoltà dell'uomo iniziano ad ignorare quanto Dio ha proibito, e a seguire quanto Lui ha comandato (Ro. 7:22; Fl. 2:13).

Questi sono quindi i due effetti che Gesù Cristo produce in noi. Se li sperimentiamo, la conclusione è infallibile: noi abbiamo fede, e di conseguenza, come abbiamo detto, abbiamo Gesù Cristo che vive in noi in eterno.


È quindi evidente che ogni credente deve osservare sopra tutto di mantenere, con una supplica continua, la su menzionata testimonianza che lo Spirito di Dio fornisce ai Suoi; deve anche sviluppare, attraverso il continuo esercizio delle buone opere alle quali la sua vocazione lo chiama, il dono della rigenerazione che ha ricevuto (Ro. 12:9-16). In questo senso si dice che chi è nato da Dio non pecca (I Gv. 5:18), come dire, non è dipendente dal peccato, ma vi resiste sempre di più, così che ha più rassicurazioni circa la propria elezione e chiamata (II Pi. 1:10). Poiché per conoscere questa rigenerazione, è necessario venire ai suoi frutti, Così, come ho detto, l'uomo, liberato dalla schiavitù del peccato, cioè dalla sua corruzione naturale, inizia, grazie al potere di Gesù Cristo che abita in Lui, a produrre i buoni frutti, che noi chiamiamo "le buone opere". Questo è il motivo per cui diciamo, e a ragione, che la fede della quale parliamo non può esistere senza le buone opere come il sole senza la luce o il fuoco senza il calore (I Gv. 2:9, 10; Gm. 2:14-17).

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