Catmagwest073

From Diwygiad

D/R 72 - indice - D/R 74


73. D. In che modo la fede giustifica un peccatore agli occhi di Dio?

R. La fede giustifica un peccatore agli occhi di Dio, non a causa delle altre grazie che sempre la accompagnano, o dalle buone opere che ne sono i frutti, né come se la grazia della fede, o qualsiasi altro suo atto, fossero a lui imputate per la sua giustificazione; ma solo come uno strumento mediante il quale egli riceve ed applica Cristo e la Sua giustizia.

Contents

Riferimenti biblici

  • La Scrittura mette la fede in contrasto con "la legge" e con "le opere": non veniamo quindi giustificati da quelle grazie che accompagnano la fede, o dalle buone opere che sono i frutti della fede. "...nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede" (Galati 3:11); "...poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge" (Romani 3:28).
  • Credere in Cristo in vista della giustificazione è messo in contrasto con l'operare in vista della giustificazione; quindi la fede non è un'opera del credente, ma piuttosto un ricevere l'opera di Cristo. La fede stessa, quindi, non è imputata al credente come base della sua giustificazione. "...mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede è messa in conto come giustizia" (Romani 4:5) confrontato con "...infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati" (Romani 10:10),
  • Nella giustificazione la fede è semplicemente e soltanto uno strumento attraverso il quale il credente stabilisce contatto con la giustizia di Cristo per la salvezza. "...a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome" (Giovanni 1:12); "...e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede" (Filippesi 3:9); "...sappiamo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato" (Galati 2:15).

Commento

Un proverbio cinese afferma: "Quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito", significando che chi osserva il dito invece della luna che quel dito indica è qualcuno che è incapace di vedere le cose davvero importanti. Nell'ambito della fede cristiana, "la luna" è il Cristo e la Sua opera salvifica, mentre "il dito" è tutto ciò che lo indica, lo proclama. In questa categoria vanno la predicazione ed i sacramenti, i quali hanno un carattere unicamente strumentale (di per sé stessi hanno un valore relativo), ma anche la nostra fede. In che senso? Nel senso che, per quanto importante ed essenziale, non è la nostra fede che ci salva, che ci giustifica davanti a Dio, ma l'opera compiuta dal Cristo. La cosa è meno ovvia di quanto potrebbe sembrare.

La Scrittura dichiara espressamente che siamo giustificati per fede:

“Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Romani 5:1); “...sappiamo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato” (Galati 2:16); “Così la legge è stata nostro precettore per portarci a Cristo, affinché fossimo giustificati per mezzo della fede” (Galati 3:24); "l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge" (Romani 3:28), come pure: “...mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede è messa in conto come giustizia" (Romani 4:5).

In che senso, però, la fede “giustifica” un peccatore o “gli è messa in conto come giustizia”? Vuol dire forse che la fede abbia in sé stessa un ruolo meritorio ai fini della salvezza? È la fede la base sulla quale una persona viene giustificata agli occhi di Dio? La risposta a questa domanda del catechismo è negativa: non è la fede la base, la causa, della nostra giustificazione. Qual’è allora la base e causa della nostra giustificazione? E poi: qual’è esattamente il ruolo della fede nella giustificazione di un peccatore?

Tre negazioni

Questa risposta esprime prima di tutto delle negazioni: (1) La fede non giustifica “a causa delle altre grazie che sempre la accompagnano”; (2) La fede non giustifica causa delle buone opere che essa genera; (3) La fede non giustifica di per sé stessa; (4) la fede non giustifica a causa di qualsiasi altro nostro atto che ci potesse essere accreditato, ad esempio, il ravvedimento.

La fede non giustifica a causa delle grazie che accompagnano la fede

La fede autentica è sempre accompagnata da "altre grazie” o benefici immeritati che con essa ci vengono accordate. La Scrittura pure le definisce “opere della fede” o “il frutto dello Spirito” in quanto procedono dallo stesso Spirito. Esse sono: l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mansuetudine, l’auto-controllo (Galati 5:22-23). Paolo pure le identifica come “le fatiche dell’amore” e “la costanza della speranza nel Signore Gesù Cristo” (1 Tessalonicesi 1:3). L’apostolo Pietro pure indica queste grazie come necessariamente “da aggiungere” alla fede, vale a dire, la virtù, la conoscenza, l’auto-controllo, la pazienza, la pietà, l’affetto fraterno, l’amore (2 Pietro 1:5-7). Se queste “opere della fede” non si accompagnano ad essa, la Scrittura considera la fede come “morta” (Giacomo 2:17). La fede autentica, inoltre, è tale da “purificare il cuore” (Atti 15:9) da ciò che procede dal cuore umano naturale e lo contamina, vale a dire: “pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, maldicenze” (Matteo 15:18). La fede “opera per mezzo dell’amore” (Galati 5:6), cioè stimola quegli atti d’amore verso Dio che costituiscono il sommario della legge di Dio. Essa è pure la fede che “vince il mondo” (1 Giovanni 5:4), vale a dire quella che mette i cristiani in grado di fare o soffrire grandi cose per amore di Cristo. La nostra giustificazione, però, non procede da tutto questo, per quanto esso sia necessario. Queste “opere” sono conseguenza e frutto della fede, non la causa della nostra giustificazione. Esse sono “grazie” conseguenti.

La fede non giustifica a causa delle opere che produce

La fede autentica, come abbiamo già osservato, produce necessariamente opere buone a gloria di Dio. Il Signore, infatti, chiama efficacemente i Suoi eletti, rigenerandoli, giustificandoli e salvandoli, proprio in vista di quelle opere buone che Egli ha predisposto affinché essi specificatamente compiano: “...infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10). È Dio, così, che prima salva e giustifica e poi opera attraverso i Suoi quello che Egli si è proposto. Sua è l’opera di giustificazione, Sua è la fede che Egli impartisce, Sue sono le opere che Egli produce attraverso di essa. Queste opere, quindi, realizzate nella e con la persona del credente nel suo tempo e nel suo spazio, non sono la base e la causa della giustificazione, ma la conseguenza.

La fede non giustifica di per sé stessa

La grazia della fede, alla quale si oppone la giustificazione per le opere della Legge, non può essere la base della nostra giustificazione, perché essa, per sua stessa natura, è, prima di tutto, una grazia che umilia l’anima da qualunque nostra pretesa e ci fa rivolgere ad un Altro. Essa include la rinuncia a qualsiasi merito, a qualsiasi cosa provenga da noi stessi, a qualsiasi opera auto-generata. Essa non può essere altro che un’opera di Dio in noi, perché, pieni come siamo di noi stessi, nessuno di noi sarebbe disposto a rinunciare a qualunque nostro merito. Le pretese del nostro naturale orgoglio ostacolano sempre ed impediscono questo tipo di fede. La fede giustificante vuol dire confidare, per la nostra giustificazione, solo in Cristo. Essa distoglie, di fatto, la nostra attenzione da noi stessi e da qualsiasi cosa possa eclissare la gloria di Cristo in cui solo risiede il fondamento della nostra giustificazione.

Quando ci viene detto che siamo giustificati per fede e non per le opere della legge, il significato è che siamo giustificati in tal modo da mettere, per così dire, la corona sul capo di Cristo, non sul nostro capo, riconoscendolo come l’unica fonte da cui deriva questo privilegio. Esprimere questa fede in Cristo è frutto della grazia di Dio che, rigenerandoci spiritualmente, ci permette di farlo. È opera di Dio. Dato che la fede non è opera nostra, non è cosa che noi produciamo spontaneamente in risposta all’Evangelo, non può essere essa una nostra opera meritoria. La fede è l'atto per il quale crediamo e confidiamo in Cristo come nostro Salvatore e che Dio suscita in noi. Nella Bibbia, infatti, la fede non è mai considerata "un'opera", al contrario, essa è ben distinta dalle opere meritorie in Efesini 2:8-9: "Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti". Se la fede dovesse essere considerata opera meritoria, il credente potrebbe vantarsi di esservi giunto da solo. La salvezza per fede è espressamente dichiarata: "...non in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti". La fede, quindi, non è considerabile come "opera", non è meritoria e non può essere in alcun modo vista la base della nostra salvezza. Al contrario, la fede è una buona opera di Dio operata nell'essere umano. "Essi dunque gli dissero: «Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»" (Giovanni 6:28-29).

Martin Lutero scrive nella sua introduzione alla Bibbia tedesca: "La fede non è quello che alcuni pensano ... Essi dicono; 'la fede non è abbastanza. Devi fare buone opere, devi essere pio per essere salvato". Essi pensano che quando odi l'Evangelo tu debba iniziare a lavorare, creando con le tue proprie forze un cuore riconoscente che dica 'Io credo'. Questo è ciò che essi credono che sia la fede. Dato, però che questa è un'idea umana, un sogno, il cuore non impara mai nulla da esso, non fa nulla e la riforma non viene da questa 'fede'. Al contrario, la fede è opera di Dio in noi che ci cambia e ci fa rinascere da Dio (Giovanni 1:13). Essa uccide il vecchio Adamo e ci rende gente completamente diversa. Essa cambia il nostro cuore, il nostro spirito, i nostri pensieri ed ogni nostra facoltà. Porta con essa lo Spirito Santo. Questa fede è vivente, creativa, attiva e potente. La fede non può fare a meno di fare costantemente opere buone. Non si ferma a chiedere se dobbiamo fare opere buone, ma prima ancora che chiunque creda, le ha fatte e continua a farle incessantemente. Chiunque non faccia buone opere è un incredulo. Inciampa in giro e cerca la fede e le buone opere anche se non sa che cosa siano la fede e le buone opere. Eppure egli pettegola e chiacchiera sulla fede e sulle buone opere con molte parole. Fede è confidare coraggiosamemte nella grazia di Dio, così certo del favore di Dio che essa rischerebbe mille volte la morte per essa. Una tale fiducia e conoscenza della grazia di Dio ti rende felice, cobtento e ardito nel tuo rapporto con Dio e con tutte le creature. Lo Spirito Santo lo fa accadere per mezzi della fede. A causa di essa tu, liberamente, volentieri e con gioia, fai del bene a tutti, servi chiunque, soffri ogni tipo di cose, ami e lodi il Dio che ti ha manifestato una tale grazia. È impossibile separare la fede dalle opere così com’è impossibile separare nel fuoco la luce ed il calore. Vigila quindu contro le tue false idee e guardati dagli inutili pettegolezzi, pensando di essere abbadtanza intelligente da definire fede ed opere ... chiedi a Dio di operare in te la fede, altrimenti rimarrai per sempre senza fede, non importa quel che tu viglia, dica o faccia” (Martin Luther, 1483-1546, DR. MARTIN LUTHER’S VERMISCHTE DEUTSCHE SCHRIFTEN. Johann K. Irmischer, ed. Vol. 63 Erlangen: Heyder and Zimmer, 1854), pp.124-125).

La fede non giustifica a causa del ravvedimento

La nostra giustificazione implica il perdono dei nostri peccati, ma essa non può nemmeno essere fondata sul nostro ravvedimento. E’ certo scritto: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati” (Atti 3:19). Vi è sicuramente una connessione inseparabile fra la nostra attesa di perdono dei nostri peccati e il ravvedimento, ma l’Evangelo della salvezza non consiste nel perdono dei nostri peccati sulla base del nostro pentimento. L’Evangelo è l’annuncio che i nostri peccati sono perdonati sulla base dell’opera espiatrice compiuta da Cristo.

Il ravvedimento è il riconoscimento e profondo dispiacere per avere infranto a nostro danno la legge di Dio ed aver offeso la Sua gloriosa maestà, ma esso non basta e non ci guadagna di per sé stesso il perdono dei peccati. Deve aver la gloria che gli spetta non solo la misericordia ma anche la giustizia di Dio, la quale non può semplicemente essere disattesa. Per la nostra giustificazione dobbiamo fare appello all’opera compiuta da Cristo. Il perdono dei nostri peccati implica il nostro pentimento e ravvedimento, ma non ne è la base.

Come la salvezza è totalmente frutto della grazia di Dio, la fede giustificante, suo strumento, è totalmente "grazia". La fede giustificante non è la base (o la ragione ultima) della nostra giustificazione, ma solo il suo strumento. Base e ragione della salvezza degli eletti è la grazia loro concessa attraverso l'opera in loro favore di Gesù Cristo comunicata loro, appunto, attraverso la fede che Dio provvede a generare in loro.

Una fede così "ridotta" al rango di strumento non può essere additata, così come si sostiene in alcuni circoli, come "la causa" dell'elezione da parte di Dio perché è Dio stesso che la genera come componente del processo di salvezza degli eletti. Siamo salvati sulla base della sola grazia. Non c'è altra base se non la sola grazia, l'opera redentrice di Cristo stesso sul Calvario. Non è la fede che ci salva, ma è Gesù Cristo che ci salva, per mezzo della fede. La giustificazione è mediante la fede (Romani 3:28).

L'unico fondamento della nostra giustificazione

La fede non è quindi la base della giustificazione. La fede è il mezzo (o strumento), non la base. Secondo le Scritture, siamo giustificati per fede o attraverso la fede, ma non sulla base o grazie alla fede. L'unica base della nostra giustificazione è l'opera redentrice del nostro Salvatore Gesù Cristo. Siamo salvati per grazia, attraverso la fede, sulla base della giustizia di Cristo. La fonte della nostra salvezza è la grazia, il mezzo della nostra salvezza è la fede, e la base della nostra salvezza è l'opera compiuta da Cristo.

Alla sbarra del tribunale di Dio, il peccatore, per essere giustificato con successo, potrà solo appellarsi alla giustizia di Cristo e a null’altro. La fede è quella grazia che gli consente di fare quell’appello. In questo senso è detto che siamo giustificati per fede. Dio non perdonerà i nostri peccati perché meritorio sia quell’appello fiducioso in sé stesso, per le circostanze che ci hanno portato a farlo o per i benefici accessori che l’hanno accompagnato, ma perché meritoria ed efficace è l’opera compiuta da Cristo in nostro favore.

Il valore è posto non sull’atto di invocare la grazia, sull’atteggiamento fiducioso che l’ha ispirato e lo accompagna, o perché abbiamo rinunciato ad accampare i nostri presunti meriti o ad altri presunti salvatori, ma in forza dei meriti di Cristo. Israele in Egitto non era stato salvato dalla mano dell’angelo distruttore perché aveva prestato ascolto e creduto alla Parola di Dio al riguardo detta attraverso di Mosè ed effettivamente aveva segnato gli stipiti delle case con il sangue dell’agnello immolato, ma in forza dell’efficacia di ciò che il sacrificio di quell’agnello significava. Tutto ciò che l’aveva portato a farlo era necessario ma solo strumentale. Così e della fede e del ravvedimento: sono atti necessari ma solo strumentali. Allo stesso modo non siamo salvati dal Battesimo, ma da ciò che esso graficamente rappresenta e che ci porta al ravvedimento ed alla fede: esso è solo un segnale indicatore che ci permette di andare nella giusta direzione, un segnale affidabile, ma pur sempre un segnale.

Approfondimento

L'evangelicalismo

Non è insolito udire gli evangelicali moderni affermare che Dio salva le persone sulla base della loro fede, intesa come il passo che noi facciamo verso Dio in forza del nostro "libero arbitrio". Ad esempio, si dice: "La fede non è un salto nell’ignoto, ma un passo verso Dio. E’ dare la nostra mano a Colui che ci ha teso la sua per accoglierci presso di sé con amore" (Vedi qui). E' la classica teoria che immagina come il peccatore abbia la capacità di protendersi verso il Salvatore ...e Lui farebbe il resto.

In tutti gli esempi di conversione di cui ci parlano le Scritture, però, il peccatore non fa mai lui il primo passo, ma è Dio in Cristo che si accosta a lui per salvarlo quando non gli passa neanche per la testa di andare a Lui. "Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo" (1 Giovanni 4:19). "Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. ... Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Romani 5:6,8). "Fare il primo passo", in realtà, è ancora una forma di giustizia, subdola e sottile,per opere. Efesini 2:6 dice: "Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo" (Efesini 2:8-10). Siamo salvati sulla base della sola grazia. Non c'è altra base se non la sola grazia, l'opera redentrice di Cristo stesso sul Calvario. Non è la fede che ci salva, ma è Gesù Cristo che ci salva, per mezzo della fede. La giustificazione è mediante la fede (Romani 3:28).

La fede come sostituto delle opere meritorie

Un errore che spesso viene fatto al riguardo del ruolo della fede nella nostra salvezza concepisce la salvezza per fede in termini solo più bassi di quelli originalmente annunciati nel Patto d'opere. Secondo questa falsa dottrina, dato che i peccatori non hanno una giustizia adeguata, Dio concederebbe, nella Sua grazia di accogliere la fede al posto di una giustizia (inadeguata). Questa dottrina si basa su un'interpretazione errata di Romani 4:3: "...che dice la Scrittura? «Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia»", citazione paolina di Genesi 15:6 "Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia". Questa falsa dottrina interpreta questo testo nel seguente modo: "Abraamo non aveva una giustizia perfetta, vale a dire quella che Dio esigeva originalmente, ma egli aveva fede, e così Dio, per la Sua grazia, accetta di accogliere quella fede come sostituto della giustizia richiesta". Quest'interpretazione, però, contraddirebbe l'intero insegnamento di Romani e di Galati, per non parlare di altre parti della Bibbia al riguardo della base della nostra giustificazione. Per esempio, in Romani 5:12-21 vi è un elaborato parallelo fra Adamo e Cristo che spiega come Cristo adempia il Patto d'opere e che la giustizia di Cristo è la base della nostra giustificazione. Il contesto di Romani 4 mostra come l'interpretazione di Romani 4:3 citata prima sia sbagliata, perché al vers 2, 4, 5 si afferma chiaramente come Abraamo non fosse stato giustificato per opere. Nel caso di Abraamo, quindi, la fede non avrebbe potuto essere equiparata a "un'opera" o come rimpiazzo della giustizia. Confrontando questo con altre parti dell'epistola, è evidente come il vero significato di Romani 4:3 sia il seguente: "Abraamo credette a Dio, e attraverso questa fede nelle promesse di Dio, la perfetta giustizia di Cristo gli fu imputata proprio come se fosse la sua personale giustizia". Dio giammai accetta qualcosa di meno che una giustizia perfetta ma, nella Sua grazia, Egli accoglie la giustizia di Cristo al posto della nostra e come se fosse nostra.

Che la fede sia "solo come uno strumento" significa che tutta la giustizia implicata nella nostra salvezza, come pure ogni potere implicato nella nostra salvezza, è interamente da Dio. La fede è semplicemente un anello di congiunzione, un canale, una via, attraverso il quale si riceve la grazia di Dio.

Le contraddizioni e le incongruenze del Cattolicesimo romano

Nella dottrina del Cattolicesimo romano vi è una sostanziale contraddizione in termini, un'incoerenza logica. Se da una parte, infatti, esso parla della fede come "un atto reso possibile dalla grazia di Dio, in quanto nella fede Dio dona all'uomo la salvezza" (vedasi qui), dall'altro si afferma che essa sarebbe "un atto libero: la fede è una risposta genuinamente umana all'offerta di dialogo fatta da Dio nella rivelazione", ("Con la fede « l'uomo si abbandona tutto a Dio liberamente"). In particolare, essa concepisce la fede come "una virtù teologale": "Per la fede noi crediamo in Dio e crediamo tutto ciò che egli ci ha rivelato e che la Chiesa ci propone da credere" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1842).

Un'ulteriore errore del Cattolicesimo è quello di legare il dono della fede e delle altre "virtù" alla ricezione dei propri "sacramenti". Infatti, sebbene Dio sia considerato il datore della fede (intesa come virtù teologale) alla domanda "Quand'è che Dio ci infonde nell'anima le virtù teologali?" il Cattolicesimo risponde: "Dio per sua bontà ci infonde nell'anima le virtù teologali quando ci adorna della sua grazia santificante, e perciò quando abbiamo ricevuto il Battesimo siamo stati arricchiti di queste virtù, e con esse, dei doni dello Spirito Santo"(vedasi qui). Il Cattolicesimo non solo cade in innumerevoli contraddizioni, ma con il suo sacramentalismo sovverte del tutto la fede cristiana come annunciata nel Nuovo Testamento.

La fede come supporto psicologico umano

L'errore del Liberalismo al riguardo della fede è che il Liberalismo o Modernismo tende a considerare la fede come qualcosa di valore di per sé stesso, qualcosa come "una fiducia in noi stessi", qualcosa per "tener su il morale" che impedisce lo scoraggiamento, piuttosto che la fede come anello di collegamento con la giustizia di Cristo. Il liberalismo guarda alla fede dal punto di vista psicologico e la considera come utile e di valore per lo stato mentale che produce in una persona, piuttosto che considerarla dal punto di vista teologico (e scritturale) che ha per oggetto l'opera redentrice di Cristo. Secondo il Liberalismo, è l'atto o l'atteggiamento del credere, più che ciò in cui si crede, che è la cosa importante. La fede sarebbe quindi un valore a sé stante "L'energia della fede interseca trasversalmente tutte le differenze della religione, della morale, delle condotta e dell'esperienze della vita, della penetrazione spirituale e della posizione sociale. La fede è per tutti altrettanto facile e altrettanto difficile" (K. Barth, "Commento alla lettera ai Romani, 1962). Va da sé che l'idea liberale di fede è del tutto distruttiva non solo della dottrina della giustificazione per grazia, ma dell'intero insegnamento della Bibbia sulla fede e sulla salvezza. In altre parole, l'idea "liberale" di fede è distruttiva del Cristianesimo stesso.

Un "corso biblico" online "di carattere ecumenico" giunge addirittura a dire: "Molti si lamentano di non avere abbastanza fede, aspettano tale dono fede da Dio, come dono dal cielo. Ma Dio ha già donato ad ogni uomo sufficiente fede per vivere la vita cristiana. A questo punto sta a noi avere fiducia in lui. Quindi le persone che dicono: 'io non mi fido di Dio' hanno provato a muoversi sul ghiaccio? La fede non arriva da sola e in blocco, ma sta a noi aumentarla in un continuo rapporto di scambio d'amore con Dio: se non c'è questo rapporto dinamico non avremo mai fede" (vedasi qui). Si giunge così qui al pelagianesimo puro.

Alla concezione liberale di fede va associata pure la concezione del tutto eversiva della fede cristiana che giunge a negare l'importanza della fede presupponendo l'universalismo della salvezza. La "teologa" "cattolica" Adriana Zarri afferma: "La fede è soprattutto un atteggiamento di ascolto, di disponibilità. Perché se è vero che ci si salva per la fede, e se è vero che gli uomini onesti si salvano, allora si vede che questi uomini onesti anche se non hanno la fede, anche se non credono come crediamo noi, la fede ce l’hanno, i cosiddetti non credenti. I non credenti onesti oggi sappiamo tutti che si salvano, a parte il fatto che si salvano tutti perché io nell’inferno non ci credo, quindi si salvano tutti. Si tratta di vedere l’ampiezza dell’anticamera che dovranno fare. E certo anche tanti cosiddetti credenti dovranno fare una lunga anticamera. E magari tanti cosiddetti non credenti la faranno più breve" (Vedi qui).

.

.

.

.

.

Personal tools