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Tornarono in vita
- "Poi vidi dei troni. A quelli che vi si misero seduti fu dato di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano ricevuto il suo marchio sulla loro fronte e sulla loro mano. Essi tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni" (Apocalisse 20:4).
Un'errata interpretazione dell'Apocalisse basata sul non comprenderne il simbolismo e struttura letteraria, ha portato e ancora porta molti oggi alle più strampalate fantasie su un presunto e letterale "millennio" che seguirebbe al ritorno di Cristo dove, sempre letteralmente, Egli regnerebbe in una Gerusalemme terrena insieme ai martiri risorti. Nelle versioni italiane della Bibbia, poi, ciò che erroneamente viene tradotto "tornarono in vita" porta del tutto fuori strada. Di fatto bisognerebbe tradurre "vennero alla vita" perché qui si intende non la loro risurrezione fisica, ma l'ingresso della loro anima nella vita accanto a Cristo. Certo, il termine greco originale si potrebbe anche tradurre "ritornarono in vita" (come in Matteo 9:19,; Romani 14:9; 2 Corinzi 13:4; Apocalisse 2:8). Non è questo però il caso in questo nostro testo.
Giovanni sta parlando di "un certo tipo di risurrezione" e la cosa è chiara dalla seconda frase del versetto 5: "Questa è la prima risurrezione", parole che ovviamente si riferiscono a coloro che vivono e regnano con Cristo del versetto 4. Questa "prima risurrezione", però, è forse fisica? E' un risorgere del corpo dalla morte? No, dato che la risurrezione del corpo dalla morte è menzionata più tardi nel capitolo, nei versetti 11-13, come qualcosa di distinto da ciò di cui si parla qui. I pre-millenaristi comprendono ciò che è descritto nei versetti 11-13 come la risurrezione degli increduli che, essi dicono, avverrebbe dopo il millennio, dato che la risurrezione dei credenti avrebbe avuto luogo prima del millennio. La separazione della risurrezione degli increduli da quella dei credenti nello spazio di mille anni, però, deve essere messa radicalmente in questione, particolarmente alla luce delle parole di Gesù in Giovanni 5:28-29: "Non vi meravigliate di questo; perché l'ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio". Oltre tutto, la pretesa che la risurrezione descritta in Apocalisse 20:11-13 sia solo quella degli increduli, non può essere provata. Sebbene sia detto che se il nome di qualcuno non si trova nel libro della vita sarà gettato nello stagno di fuoco (versetto 15), queste parole non provano che nessuno di quelli che erano fatti risorgere, non avevano il loro nome scritto nel libro della vita. Ne concludiamo, quindi, che ciò che viene descritto al termine del capitolo 20 è la risurrezione generale, e che ciò che è descritto nell'ultima frase del 20:4 dev'essere qualcosa di diverso da una risurrezione corporea o fisica.
Che cosa si intende, quindi, con le parole: "tornarono in vita", meglio tradotte con "vennero alla vita" e regnarono con Cristo per mille anni? La chiave per comprenderlo è già stata data nel versetto 4a: "Poi vidi dei troni. A quelli che vi si misero seduti fu dato di giudicare". Il resto del versetto rende chiaro che coloro che erano seduti sui troni erano le anime di coloro che erano morti - credenti che erano rimasti fedeli a Cristo e, specificatamente, martiri che avevano suggellato la loro fede con la loro vita. Questo è il gruppo che Giovanni vede: "viventi e regnanti con Cristo". Sebbene questi credenti siano morti, Giovanni li vede in vita, non in senso fisico, ma nel senso che essi godono in cielo la vita in comunione con Cristo. Questa è una vita di grande felicità - si vede, ad esempio, le parole di Paolo sulla condizione dei credenti fra la morte e la risurrezione in Filippesi 1:23 e 2 Corinzi 5:8 [1]. E' la vita di cui godono questi credenti defunti e seduti ora su dei troni, che condividono il regno di Cristo su tutte le cose, condividendone persino l'attività del giudizio.
Noi quindi comprendiamo il verbo ezesan (vissero, vennero alla vita) nel versetto 4 come a descrivere il fatto che le anime dei credenti che erano morti ora vivono con Cristo e condividono il Suo regnare durante lo stato intermedio fra la morte e la risurrezione. Il periodo di mille anni in cui queste anime vivono e regnano con Cristo è l'intera era dell'Evangelo, dalla prima venuta di Cristo alla Sua Seconda Venuta. In altre parole, il millennio è ora, ed il regno di Cristo con i credenti durante questo millennio non è un regno terreno, ma un regno celeste.
A questa interpretazione si obietta che il verbo zao (forma presente di ezesan) non è mai usata nel Nuovo Testamento per descrivere anime che continuano a vivere dopo la morte del corpo. Esiste però almeno un altro caso, nel Nuovo Testamento, nel 20mo capitolo di Luca. Per i Sadducei, che negavano la risurrezione del corpo, Gesù cita le parole che Dio aveva detto a Mosè al roveto ardente: "Che poi i morti risuscitino, lo dichiarò anche Mosè nel passo del pruno, quando chiama il Signore, Dio di Abraamo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Ora, egli non è Dio di morti, ma di vivi; perché per lui tutti vivono" (vers. 37-38, citando Esodo 3:6). Gesù comprova la dottrina della risurrezione del corpo con il Pentateuco, che i Sadducei accettavano come autorevole.
Ai fini che ci proponiamo, qui, però, è significativo che secondo Giuseppe Flavio, i Sadducei negavano non solo la risurrezione del corpo, ma anche la continuazione dell'esistenza dell'anima dopo la morte: "I Sadducei credono che l'anima muoia con il corpo..." (Antichità, 18:1-4). Notate ora che nella risposta, Gesù non corregga solo i Sadducei quando essi negano la risurrezione del corpo, ma anche la loro idea che alla morte pure l'anima morisse. Le parole di Gesù: "Egli non è il Dio dei morti ma dei vivi" implica che i patriarchi in qualche modo vivano ancora oggi, dopo la loro morte, ma prima della risurrezione. Questo punto è reso esplicito dall'ultima frase del versetto 38, "...poiché per lui tutti vivono" (pantes gar auto zosin). Il tempo della parola resa con "vivono" (zosin, forma di zao) non è futuro (il che potrebbe suggerire che questi morti vivranno solo al tempo della loro risurrezione), ma nel presente, dicendoci che Abraamo, Isacco e Giacobbe sono in qualche modo ora in vita. Benché per noi essi sembrino morti, per Dio sono vivi. Il commento di Calvino alle parole: "...poiché per lui tutti vivono", appoggia questa interpretazione: "Questo modo di esprimersi è usato nella Scrittura in vari sensi; qui però esso significa che i credenti, dopo essere morti in questo mondo, conducono una vita celeste con Dio ... Dio è fedele e li preserva vivi alla Sua presenza, al di là dell'umana comprensione" (Armonia dei Vangeli, III,53). Ecco che allora abbiamo qui un caso, al di fuori dell'Apocalisse dell'uso della parola greca zao in Apocalisse, dove essa significa risurrezione corporale. In 4:9-10; 7:2; 10:6, e 15:7, per esempio zao viene usato per descrivere il fatto che Dio vive per sempre; e in 3:1 la parola viene usata per descrivere ciò che potremmo chiamare vita spirituale.
Vi è però un parallelo nel libro dell'Apocalisse al pensiero contenuto in 20:4 così come interpretato più sopra. Al capitolo 6:9-11 troviamo: "Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che gli avevano resa. Essi gridarono a gran voce: «Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?». E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po' di tempo, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro". Notate il sorprendente parallelo con: "le anime di quelli che erano stati decapitati" (in 20:4) con "le anime di quelli che erano stati uccisi" (in 6:9). Entrambe le visioni riguardano i martiri deceduti. Le anime dei martiri deceduti descritti in 6:9-11 sono apparentemente consapevoli ed in grado di vedersi rivolta la parola: ad essi vengono date vesti bianche e viene loro detto che si riposassero. Le vesti bianche ed il riposo suggeriscono che essi stiano godendo una sorta di beatitudine provvisoria che anticipa la risurrezione finale. Questo è molto simile alla situazione delle anime descritte nel capitolo 20, di cui è detto che vivono e regnano con Cristo mentre aspettano la risurrezione dei corpi. Sebbene il verbo "vissero" (exesan) non sia usato in 6:9-11, la situazione descritta in quei versetti è certamente parallela alla situazione descritta in 20:4. L'unica differenza è che alle anime dei martiri deceduti nel capitolo 6 vien detto di riposarsi, mentre delle anime dei martiri deceduti nel capitolo 20 è detto che vivono e regnano con Cristo. In entrambi i capitoli, però, delle anime dei credenti deceduti è detto che sono viventi fra la morte e la risurrezione. Ne concludiamo quindi che vi sia un precedente nell'interpretazione di 20:4 in Apocalisse com'è stato fatto più sopra [2].
Possiamo apprezzare il significato di questa visione quando ci rammentiamo che nel tempo di Giovanni la chiesa era duramente oppressa e frequentemente perseguitata. Sarebbe stato di grande conforto per i cristiani dei giorni di Giovanni sapere che sebbene molti dei loro compagni erano morti, alcuni persino uccisi come martiri, questi fratelli e sorelle morte nella fede di fatto vivessero in cielo per quanto riguarda la loro anima, e regnavano con Cristo.
In questi versetti non c'è alcuna indicazione che Giovanni stia descrivendo un regno millenario terreno. la scena, come abbiamo visto, è collocata in Cielo. non si dice nulla dei versetti 4-6 della terra, sulla Palestina come centro del regno, o sui Giudei. Nulla qui è detto dei credenti che sono ancora sulla terra durante questo presunto regno millenario - la visione tratta esclusivamente dei credenti che sono morti. questo regno millenario non è qualcosa a cui si debba guardare nel futuro: è in azione in questo stesso nostro tempo, e così sarà fintanto che Cristo ritorni. Da questo può essere un'atta descrizione della concezione che abbiamo qui difeso, il termine millenarismo realizzato - il millennio qui in questione non è terreno, ma celeste.
Note
- [1] "Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio" (Filippesi 1:23); "ma siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore" (2 Corinzi 5:8).
- [2] Altri brani in Apocalisse che insegnano come i credenti dopo la loro morte godranno di un'esistenza benedetta sono i seguenti: 3:21, citato precedentemente; 2:10 ("Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita"), e 14:13: "Scrivi: beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore".
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