Articoli24/Culto e Messa
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C’è differenza fra la messa ed il culto evangelico?
Diverse persone male o poco informate ritengono che non vi sia differenza sostanziale fra la messa del cattolicesimo romano ed il culto evangelico, che sia, cioè, solo una questione di forma. Alcuni persino chiamano “messa” la riunione domenicale dei credenti evangelici. Nulla di più sbagliato: vi è una differenza di fondo fra le due celebrazioni che spinge coerentemente molti cristiani evangelici a rifiutarsi di partecipare alla messa – anche se vi fossero invitati – perché, in coscienza, per le concezioni che essa sottende, la considerano un vero e proprio insulto al santo e prezioso nome di Cristo. Se questo atteggiamento può parere eccessivo agli spiriti più concilianti, un esame approfondito di queste concezioni rivelerà ben presto quanto esse siano aberranti rispetto al genuino messaggio delle Sacre Scritture ed alla pratica dei primi cristiani. Ne forniamo qui alcune indicazioni riassuntive.
La “messa” viene definita dal cattolicesimo romano “il supremo ed unico sacrificio eucaristico della chiesa cristiana cattolica”[1]. Il termine deriva dalla formula con cui nei primi secoli del cristianesimo il diacono congedava i fedeli al termine del rito: “Ite, missa est”, intendendo significare: “E’ permesso di andare”, “vi potete congedare”.
Nella liturgia cattolica la messa è composta da due parti. La prima è detta: “liturgia della parola” (lettura delle Sacre Scritture) inframmezzata da suppliche e preghiere, la seconda, “vero e proprio sacrificio”[2], è composta sostanzialmente dall’offertorio, dalla consacrazione del pane e del vino, e dalla comunione. Anticamente questo invito ad allontanarsi era pronunciato dopo la liturgia della parola e prima della celebrazione dell’eucaristia, intendendo così congedare coloro che non erano in condizioni legali e morali per poter partecipare a questa, essendo così riservata solo ai cristiani “comunicanti”. Il termine “messa”, così inteso, stava perciò a significare: “Sta per iniziare la messa”, il momento culminante della celebrazione.
Il “sacrificio della messa” è una delle dottrine più peculiari del sistema cattolico-romano, definita “fonte ed apice di tutta la vita cristiana”[3] e ha ben poco a che fare con il culto evangelico riformato. Mentre quest’ultimo si incentra sulla lettura e sulla predicazione della Parola di Dio, la parte più importante della messa è la “ripetizione del sacrificio di Cristo”. Esso non è semplicemente un “memoriale” del sacrificio di Cristo sulla croce, ma la sua “attualizzazione” che renderebbe “presente ed attuale, hic et nunc, il sacrificio unico di Cristo nei suoi elementi costitutivi: la stessa vittima, il medesimo offerente, e la stessa azione sacrificale, sebbene diversa nel modo incruento di offrire”[4], inoltre essa “ne applica il frutto”[5] in modo unico ed insostituibile. In essa il pane ed il vino, “diventano misteriosamente il corpo ed il sangue di Cristo”[6] e in essa: “Cristo dona lo stesso corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue”[7]… Questo sacrificio sarebbe offerto non solo per i vivi, ma “anche per i fedeli defunti … affinché possano entrare nella luce e nella pace di Cristo”[8]. La messa sarebbe valida, inoltre, solo quando viene celebrata dal vescovo, o da chi è stato da lui autorizzato[9], mentre non avrebbe alcuna validità quella celebrata “dalle comunità ecclesiali nate dalla Riforma … perché non hanno conservata la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico … per la mancanza del sacramento dell’Ordine”[10].
Tali concezioni non sono assolutamente condivisibili dalla fede evangelica, la quale, di fatto, considera la messa e la teoria che ad essa sottende, del tutto aberrante, empia e blasfema. Si può quindi dire a ragion veduta che ogni qual volta si celebra una messa Cristo venga insultato e disonorato e di tutto questo i fedeli evangelici non vogliono esserne complici partecipandovi in qualsiasi modo. L’opera di Cristo è stata compiuta una volta per sempre ed è efficace in modo immediato per tutti i luoghi ed i tempi a chi, udendo l’annuncio dell’Evangelo, ad essa faccia appello tramite la fede, senz’alcun bisogno di celebrazioni sacramentali né di mediazioni sacerdotali umane, “Infatti con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati” (Eb. 10:14). La celebrazione evangelica della Cena del Signore conferma simbolicamente e suggella questa realtà.
Con le parole della Confessione di Fede Riformata di Ginevra del 1536, affermiamo: “Ora, poiché la messa del papa è stata un’ordinanza maledetta e diabolica intesa a sovvertire il mistero di questa santa Cena, noi dichiariamo che essa ci è in abominio, come un’idolatria condannata da Dio, sia in quanto è considerata un sacrificio per la redenzione delle anime, sia perché in essa il pane è considerato ed adorato come Dio, oltre alle altre bestemmie e superstizioni esecrabili che vi sono contenute, ed all’abuso della Parola di Dio che vi viene presa invano, senza alcun frutto ed edificazione”[11].
La Confessione di Fede Riformata Posteriore del 1566 afferma inoltre: “la messa, così come oggi è in uso in tutta la chiesa romana, è stata abolita nelle nostre chiese per diverse e giustissime ragioni … Il fatto sta che abbiamo trovato non essere una buona cosa che si sia trasformata un’azione santa e salutare in un vano spettacolo; così pure che essa sia stata resa meritoria e che la si celebri per denaro o che si dica che il prete vi fa il corpo stesso del Signore e che lo offra realmente e di fatto per la remissione dei peccati dei vivi e dei morti, addirittura in onore e celebrazione o memoria dei santi che sono in cielo”[12].
Past. Paolo Castellina
Note
- [1] Enciclopedia Motta, Milano : Motta Editore, 1968, vol. 9, p. 5076.
- [2] Ibid. op. cit.
- [3] Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium, 11.
- [4] Nuovo Dizionario di Teologia, a cura di G. Barbaglio e S. Dianich, Cinisello Balsano (MI): Edizioni Paoline, 1988(5°), voce “Eucaristia”, p. 459.
- [5] Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano : Editrice Vaticana, n. 1366.
- [6]Catechismo C. C. , n. 1333.
- [7] Catechismo C. C. n. 1365.
- [8] Catechismo C. C. n. 1371.
- [9] Catechismo C. C. n. 1369.
- [10] Catechismo C. C. n. 1400.
- [11] Confessione di Ginevra (1536), in Confessioni di Fede delle Chiese Cristiane, a cura DI Romeo Fabbri, Bologna: Edizioni Devoniane, 1996, p. 659.
- [12] Seconda confessione elvetica (1566), op. cit.. p. 847.