Discesa agli inferi

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La discesa agli inferi di Cristo

La discesa agli inferi di Cristo (in latino Descensus Christi ad Inferos) è una dottrina cristiana a cui fa riferimento il Credo apostolico ed il Credo atanasiamo (o Quicunque Vult). Essa afferma come Cristo, dopo la sua morte, sia "disceso nel mondo dei morti". Com'è da intendere questa espressione? Semplicemente il fatto che Cristo sia davvero morto, abbia cioè fatto esperienza della morte, sia stato sotto il potere della morte, abbia fatto l'esperienza di chi muore, oppure che nel periodo di tempo fra la sua morte e la sua risurrezione, egli si sia recato con il suo spirito in un particolare regno dell'oltretomba chiamato "Ades" oppure a nche "inferno"? Se quest'ultimo è il caso, si sono chiesti i teologi, che cosa vi sarebbe andato a fare?

La mancanza di un riferimento biblico preciso alla discesa di Cristo "agli inferi" (o "Ades") ha dato origine a controversie e ad interpretazioni divergenti.

La "discesa agli inferi" è pure come viene contrassegnata una particolare immagine dell'iconografia cristisna conosciuta in greco come Anastasis (termine greco per "risurrezione") considerata una creazione della cultura bizantina che appare per la prima volta in occidente nella prima parte dell'VIII secolo.

Riferimenti biblici

A sostegno dell'idea che Cristo, dopo la sua morte, sarebbe disceso nel regno dell'oltretomba, si citano diversi testi biblici che includono:

  • Matteo 12:40: "Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti".
  • Il vangelo di Matteo racconta che immediatamente dopo la morte di Cristo. "...la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono, 52 le tombe s'aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri, dopo la risurrezione di lui, entrarono nella città santa e apparvero a molti" (Matteo 27:51-53).
  • Giovanni 5:25: "In verità, in verità vi dico: l'ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio; e quelli che l'avranno udita, vivranno".
  • Atti 2:27: "perché tu non lascerai l'anima mia nell'Ades, e non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione".
  • 1 Pietro 3:19-20: "E in esso andò anche a predicare agli spiriti trattenuti in carcere, che una volta furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè, mentre si preparava l'arca, nella quale poche anime, cioè otto, furono salvate attraverso l'acqua".
  • 1 Pietro 4:6. "Infatti per questo è stato annunciato il vangelo anche a coloro che sono morti; affinché, seppur essendo stati giudicati nella carne secondo gli uomini, potessero vivere nello Spirito secondo Dio".
  • Ebrei 2:14-15: "Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure vi ha similmente partecipato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita".
  • Efesini 4:8-10. "Per questo è detto: «Salito in alto, egli ha portato con sé dei prigionieri e ha fatto dei doni agli uomini». Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra? Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al di sopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa". E' una citazione del Salmo 68:18: "Tu sei salito in alto, portando prigionieri, hai ricevuto doni dagli uomini, anche dai ribelli, per far qui la tua dimora, o SIGNORE, Dio".
  • Filippesi 2:10: "...affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra".
  • Zaccaria 9:11 "Per te, Israele, a motivo del sangue del tuo patto, io libererò i tuoi prigionieri dalla fossa senz'acqua".
  • Isaia 24:21-22 "In quel giorno il SIGNORE punirà nei luoghi eccelsi l'esercito di lassù, e giù sulla terra i re della terra; saranno riuniti assieme, come si fa dei prigionieri nel carcere sotterraneo; saranno rinchiusi nella prigione e dopo molti giorni saranno puniti".

Scritti cristiani antichi

La discesa di Cristo agli inferi è insegnata dai teologi del primo secolo: Melitone di Sardi (m. 180 circa), "Omelia sulla Passione"; Tertulliano ("Trattato sull'anima", 55), Ippolito ("Trattato su Cristo e sull'anticristo"); Origene (Contro Celso, 2:43) e, più tardi Ambrogio (m. nel 397).

Secondo il Vangelo apocrifo di Nicodemo, la discesa di Cristo agli inferi era stata prefigurata dalla risurrezione di Lazzaro dai morti prima della Sua crocifissione. Negli Atti di Pilato (di solito incorporati nel Vangelo di Nicodemo durante il Medioevo (III secolo a. D.)i capitoli 17 e 27 sono chiamati "La discesa di Cristo agli inferi". Contengono un drammatico dialogo fra Hades ed il principe Satana, e l'ingresso del Re di gloria, immaginato nel Tartaro.

Le speculazioni sulla discesa di Cristo nell'oltretomba sembrano piuttosto ricalcare e "cristianizzare" le mitologie molto diffuse nel mondo antico al riguardo di viaggi nell'oltretomba di vari personaggi più o meno divini ed il loro vittorioso ritorno da esso. Di fatto, le concezioni elleniste sull'eroica discesa nel mondo dei morti e il vittorioso ritorno da essi, seguono tradizioni più antiche delle religioni misteriche popolari al tempo di Cristo. L'epopea di Gilgamesh pure include tali scene, ed essa appare pure nell'Odissea (XI). Scrivendo poco tempo prima la nascita di Gesù, Virgilio lo include nell'Eneide. Il poco che conosciamo dei Misteri Eleusini e del Mitraismo suggeriscono come un rituale di morte e risurrezione dell'iniziato era parte importante della loro liturgia. Questo trova paralleli nel culto di Osiride.

L'antica "Omelia sulla discesa del Signore" potrebbe riflettere queste tradizioni riferendosi al battesimo come simbolico della morte e della rinascita (Colossesi 2:9-15). A loro volta le tradizioni del Mitraismo potrebbero essere tratte da queste antiche credenze cristiane.

Interpretazione di questa dottrina

Il Cattolicesimo romano

Il Catechismo della Chiesa Cattolica riassume dal paragrafo 631 al 637 la dottrina cattolica sulla discesa di Gesù agli inferi:

"Gesù «era disceso nelle regioni inferiori della terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese» (Efesini 4:10). Il Simbolo degli Apostoli professa in uno stesso articolo di fede la discesa di Cristo agli inferi e la sua risurrezione dai morti il terzo giorno, perché nella sua pasqua egli dall'abisso della morte ha fatto scaturire la vita (...) Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù «è risuscitato dai morti» (1 Corinzi 15:20) presuppongono che, preliminarmente alla risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti. È il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri. La Scrittura chiama inferi Shéol, il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel «seno di Abramo». «Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno». Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l'inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto. «La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti... » (1 Pietro 4,6). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. È la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della redenzione. Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte affinché i «morti» udissero «la voce del Figlio di Dio» (Giovannni 5:25) e, ascoltandola, vivessero. Gesù, l'Autore della vita», ha ridotto «all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo», liberando « così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Ebrei 2:14-15). Ormai Cristo risuscitato ha «potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Apocalisse 1:18) e «nel nome di Gesù ogni ginocchio» si piega « nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Filippesi 2:10)".

Il tutto è così sintetizzato:

Con l'espressione « Gesù discese agli inferi » il Simbolo professa che Gesù è morto realmente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto la morte e il diavolo « che della morte ha il potere » (Ebrei 2:14). Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina, è disceso alla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che l'avevano preceduto.

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L'Ortodossia orientale

La tradizione teologica orientale sulla dottrina della "discesa agli inferi" si basa sugli insegnamenti di Clemente di Alessandria, Gregorio di Nissa, Macario d'Egitto, Cirillo di Alessandria, Massimo il Confessore, e Giovanni damasceno

Il Catechismo ortodosso di san Nikolaj Velimirovic prende per scontato che Cristo, dopo la Sua morte sia disceso in un luogo chiamato "inferno". Definisce l'inferno come: Il regno delle tenebre, in cui Satana ha il potere della morte. Il Cristo “poté calpestare con la morte colui che ha il potere della morte, cioè il diavolo” (Ebrei 2:14). Il Cristo, in quel luogo, avrebbe "costretto Satana a tremare ed a fuggire di fronte al suo volto" ottenendone per risultato che: "Miriadi di anime, che lì soffrivano, gioirono per la discesa del Cristo". Specificando, poi, che cosa abbia fatto il Cristo per quelle anime, il catechismo ortodosso risponde: "Predicò loro il suo Vangelo, la Buona Novella, e confermò la sua vittoria su Satana e sulla morte. E poiché molti lo accolsero furono salvati".

L'ortodossia orientale prende per scontato che la discesa di Cristo nell'Ades sia sempre stata una dottrina comunemente accettata ed indiscussa. Essa segna la vittoria di Cristo sul diavolo, l'inferno e la morte, come pure che questo avvenimento abbia un significato univeraale (benché l'estensione dei benefici di quest'opera di Cristo sia da molti intesa non per tutti, ma solo per una particolare categoria di morti). Quest'opera, inoltre è considerata il compimento della "economia" di Cristo il Salvatore come il coronamento e l'esito dell'impresa che Egli ha adempiuto nella redenzione. Infine, i temi della discesa nell'Ades cominciarono ad essere considerati nella sua dimensione mistica, come il prototipo della risurrezione dell'anima umana.

Mella Chiesa ortodossa orientale, la discesa di Cristo agli inferi è celebrata ogni anno nella festa del "Grande e Santo Sabato", durante la liturgia divina serale di S. Basilio. In quel culto i paramenti sacri sono di solito viola o neri. Prima della lettura del Vangelo, però, i colori liturgici sono cambiati nel colore bianco, il diacono procede con l'incensamento ed il sacerdote sparge foglie d'alloro nella chiesa, simboleggiando la caduta delle porte dell'inferno. Tutto questo è fatto per simboleggiare la discesa di Cristo agli inferi come anticipazione dell'imminente risurrezione di Cristo.

L'iconografia ortodossa canonica rappresenta spesso la discesa del Cristo nell'Ades. Essa non rappresenta semplicemente l'uscita di Cristo dalla tomba, ma vuole dipingere la realtà spirituale di ciò che hanno realizzato la Sua morte e risurrezione. L'icona mostra di solito Gesù, vestito di bianco ed oro per simboleggiare la Sua maestà divina, di fronte alle porte di bronzo dell'inferno (chiamate pure "Porte della Morte") che sono state infrante e sono cadute formando una croce. Questo illustra l'idea che con la Sua morte in croce Gesù ha calpestato la morte. Egli sostiene Adamo ed Eva e li trascina fuori dall'Ades. Tradizionalmente Egli li prende non dalle mani ma dai polsi, per illustrare che l'umanità non ha agito attivamente per tirarsi fuori dal suo peccato ancestrale, ma che questo è avvenuto soltanto grazie all'energia di Dio. Gesù è circondato da varie figure di giusti dell'Antico Testanento (Abraamo, Davide ecc.). Il fondo dell'icona dipinge l'Ades come un baratro tenebroso e spesso attorno sono disegnati catene e lucchetti spezzati. Frequentemente una o due figure sono rappresentate nell'oscurità, incatenate e generalmente identificate come personificazioni della Morte e/o del Diavolo.

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La tradizione luterana

L'epitome della formula di Concordia afferma:

A proposito di questo articolo alcuni teologi hanno sottoscritto la Confessione di Augusta hanno discusso fra di loro sul quando e sul modo in cui il nostro Signore Gesù Cristo, come afferma la nostra pura fede cristiana, è disceso agli inferi, se questo sia avvenuto prima o dopo la Sua morte, se sia avvenuto solo con l'anima o solo con la divinità o con il corpo e l'anima, spiritualmente o fisicamente; così pure se questo articolo debba essere riferito alla passione oppure alla gloriosa vittoria ed al trionfo di Cristo.

Ma poiché questo articolo, come il precedente, non può essere compreso dai sensi o dalla ragione, ma deve essere colto unicamente mediante la fede, concordiamo sul fatto che esso non si presta alla discussione, ma deve essere creduto e insegnato nel modo più semplice possibile. E' così che il dottor Lutero, in un sermone pronunciato a Torgau nell'anno 1533, ha spiegato molto cristianamente questo articolo, ha rimosso tutte le domande oziose e inutili e ha esortato a conservare la fede cristiana nella sua purezza e semplicità.

Ci basta sapere che il Cristo è disceso agli inferi, che ha distrutto l'inferno per tutti i credenti, che li ha liberati dal potere della morte e del diavolo e che li ha salvati dalla dannazione eterna e dalle fauci dell'inferno. Ma quanto a sapere come tutto questo sia avvenuto, è un problema che dobbiamo lasciare per l'altro mondo, quando ci sarà rivelato non solo questo punto, ma anche molti altri misteri che quaggiù noi possiamo credere con la nostra pura fede, ma non possiamo comprendere con la nostra cieca ragione" (Formula di Concordia, Epitome e Solida Declaratio, 1577, articolo IX).

La tradizione calvinista

Così come nelle altre tradizioni cristiane, la dottrina della discesa di Cristo agli inferi, affermata dal Credo apostolico, ha suscitato e continua a suscitare discussioni. In linea di massima, però, i teologi riformati tendono a respingere quelle che considerano le fantasiose speculazioni della patristica su Cristo che sarebbe entrato ed avrebbe operato, dopo la Sua morte, nell'oltretomba. Essi mettono in evidenza come non solo queste speculazioni non trovino sufficiente base nelle Scritture, ma di fatto contraddicano dottrine fondamentali del Nuovo Testamento in diversi punti. La Riforma calvinista, quindi, le spazza via come disutili e pericolose. Essa considera il "discese agli inferi" semplicemente come la dichiarazione che Gesù Cristo sia veramente morto ed abbia partecipato pienamente alla sorte dei trapassati. Questo articolo, dunque, fa parte dell'umiliazione o abbassamento del Cristo. L'annuncio della Risurrezione rimane perciò pienamente sufficiente per affermare la vittoria del Cristo sulla morte, sul peccato e su Satana.

Cristo garantisce la salvezza per grazia mediante la fede in Lui dei credenti dell'Antico Testamento allorché essa era loro amministrata mediante le ordinanze di quella dispensazione. Non vi sono nell'aldilà né "sale di attesa" né la Scrittura prevede "seconde opportunità" di salvezza nell'aldilà o dispensazioni speciali dell'opera di Cristo.

Giovanni Calvino respingendo le interpretazioni che dicono che Cristo sarebbe sceso presso le anime dei padri defunti per portare loro il messaggio della redenzione e liberarle dalla prigione in cui erano state rinchiuse (secondo Tommaso d'Aquino), afferma trattarsi del frutto della loro immaginazione sostenuta "tirando per i capelli" testimonianze bibliche. Egli, poi, scrive nell'Istituzione: "Lasciando da parte il Simbolo, cerchiamo una interpretazione più sicura della discesa di Gesù Cristo agli inferi, che la parola di Dio ci presenta come avvenimento buono e santo e pieno di grande consolazione. Nulla sarebbe stato ottenuto se Gesù Cristo avesse sofferto la sola morte corporale. È: stato necessario che portasse nell'anima il rigore della vendetta divina per sopportare la sua collera e soddisfare la sua giusta condanna. Di conseguenza è stato necessario che combattesse contro le forze dell'inferno e lottasse corpo a corpo contro l'orrore della morte eterna" (2:16:10 Vedi qui).

Il Catechismo di Heidelberg afferma: D. 44. Perché si aggiunge “è disceso agli inferi”? R. Perché nei miei momenti di maggior tentazione io sia certo che il mio Signore, attraverso la Sua indicibile angoscia, i dolori ed i terrori che ha patito anche nella Sua anima sulla croce, e già prima, mi ha liberato dalle paure e dalle sofferenze infernali.

Il mortalismo cristiano

Le concezioni tradizionali sulla discesa di Cristo agli inferi presuppongono tutte l'idea dell'immortalità dell'anima o comunque della sua permanenza cosciente separata dal corpo nell'aldilà (comunque lo si definisca e lo si caratterizzi). La concezione "mortalista" offre un'interpretazione alternativa di Atti 2:27 e 2:31, presupponendo che l'uso che il Nuovo Testamento fa del termine Inferno sia equivalente a quello di Ades nella septuaginta e quindi allo Sheol dell'Antico Testamento. William Tyndale e Martin Bucer sostenevano che l'Ades in Atti 2 era semplicemente una metafora della tomba. Christopher Carlisle e Walter Deloenus sostenevano che l'articolo del credo sulla discesa agli inferi dovesse essere fatto cadere. John Milton sosteneva posizioni mortaliste ed evita di trattare questa dottrina. Le interpretazioni mortaliste sulle affermazioni di Atti 2 si trovano pure fra autori anglicani posteriori, come E. W. Bullinger.

Queste concezioni sostengono come non vi fossero alcuni regni dell'oltretomba che Cristo dovesse visitare. La questione se pure Cristo stesso fosse stato pure morto, inconsapevole, porta a risposte differenti. A molti sostenitori protestanti del "sonno dell'anima" come Martin Lutero, Cristo stesso non era nella stessa condizione dei morti e, mentre il suo corpo era nell'Ades, Cristo, in quanto seconda Persona della Trinità, era consapevole in cielo. Per i mortalisti christiani che pure sono anti-trinitari, la massima "i morti non sanno nulla" include pure Cristo durante quei tre giorni. Di quei tre giorni Cristo dice: "Io ero morto" (Apocalisse 1:18).

Valutazione di questa dottrina

L'umiliazione di Cristo consiste nel Suo assumere la condizione umana e nell'opera che Egli ha svolto in quella condizione. Questo include il Suo concepimento, la Sua nascita, il suo crescere e vivere in piena e santa ubbidienza, nelle sofferenze di questa vita, la Sua morte ed il Suo seppellimento. Il Suo corpo fu consegnato alla tomba e la Sua anima umana alla dimora degli spiriti dei morti.

Nel Credo degli Apostoli, si dice che Gesù è "disceso agli inferi". Sono state molte le interpretazioni date a quest'espressione. Non si trova nelle versioni più antiche. La prima apparizione nota di questa espressione è nella versione del 390 AD che aggiunge "descendit in inferna". Alcune antiche traduzioni del termine "inferna" fanno uso del termine greco "hades", mentre altre ancora lo rendono con espressioni corrispondenti a "regioni inferiori". La collocazione di questa frase varia fintanto che viene fissata in versioni latine posteriori che la pongono dopo la menzione del seppellimento di Gesù e prima della Sua risurrezione. Calvino afferma l'ovvio quando nota che tale aggiunta deve essere stata intesa per integrarvi qualche nuova idea che era percepita come mancante nelle versioni precedenti (Istituzione 2:16:8).



The Latin word inferna literally means “lower”. It was used of the grave into which a body was lowered, or the realm of the dead which was considered to be the underworld in Greek and Roman religions.

The Greek word “hades” also has a wide range of meanings. It was originally the proper name of the Greek god of the underworld, the ruler over the realm of the dead. Later it came to be used as a name for the underworld itself. The word was also used as a personification for death itself and was often used as a synonym for Greek word for “death”, thanatos (θανατος).

Both inferna and hades were used to represent the Old Testament Hebrew word sheol (שאול). Its primary meaning is of the realm or dimension of those who are dead. It was often viewed in ancient times as an underworld. In 33 places in the King James Version it is translated as “grave.” The Hebrew term is in some cases used with figurative meanings. Even when speaking of the “grave” it often is not limited to just the physical place itself, but where we go to think of our departed ones whose souls are not there.

Various interpretations of “he descended in to hell”

1. Jesus descended into the fires of hell. Summary: After his death and burial Jesus suffered in the fires of hell to further atone for the sins of his people. This view is not promoted by any Christian group of any historical importance.

Problems: a) On the cross Jesus said “It is finished” (John 19:30) indicating that the work of atonement was completed. There would be no purpose in additional suffering if the mission assigned to him by the Father was already accomplished.

b) On the cross Jesus commended his soul to the Father. There is no reason to believe that his soul went anywhere else upon its separation from his body at death.

c) There is no portion of Scripture that implies his suffering beyond the work of the cross.

2. Jesus preached the gospel to the Old Testament saints. Summary: After his death Jesus entered the realm of departed souls to proclaim his work to the saints who had died before the time of the cross.

The Roman Catholic view is that no one could ever be saved aside from the administration of the Christian sacraments. Therefore the Old Testament believers were kept in an intermediate state called the limbus patrum until Jesus could go to them and deliver them into heaven.

Many dispensationalists similarly believe that no one can be saved unless they actively accept Jesus as their Savior by a knowledgeable act of the will. The Old Testament saints are always kept separate in their standing from the New Testament church in this view. Therefore the souls of departed believers before the cross were kept in an intermediate state called “Abraham’s Bosom”. Jesus preached to them and gave them opportunity to exercise their free choice in accepting his offered salvation. He led into heaven those who trusted in his then completed atonement.

Problems: a) Biblical teaching indicates that there is no second opportunity for salvation after a person dies (Hebrews 9:27). The idea that departed souls lacked salvation and received it after death is contrary to this teaching.

b) As in the previous view the soul of Jesus was commended into the hands of the Father at death. There is no reason to believe that it was then diverted to another mission.

c) No text of Scripture supports this view. There are a few texts which are used improperly by those supporting this position. But an examination of the references cited fall short of building a foundation for this view.

1 Peter 3:18-20 Did Jesus go to preach to departed souls after his death?

For Christ also died for sins once for all, {the} just for {the} unjust, in order that He might bring us to God, having been put to death in the flesh, but made alive in the spirit; in which also He went and made proclamation to the spirits {now} in prison, who once were disobedient, when the patience of God kept waiting in the days of Noah, during the construction of the ark, in which a few, that is, eight persons, were brought safely through {the} water.” Who are the spirits who received this proclamation? According to the context (verse 20) they were those alive in the days of Noah while he made the ark. God was patient with them during that time. The preaching that is said to condemn those souls held in prison occurred during their lives while the ark was being constructed, not after their deaths. They did not respond positively to the message but remained unbelievers.

Who preached to them? We know that Noah was God’s appointed witness. Jesus had come to them in the witness of Noah. Before the time of the incarnation true believers hoped in the promise of a coming deliverance by God which was assured in Eden and prefigured in the sacrifices. Noah represented God’s warning and promise both in his life, in his work of building the ark, and in his words.

This verse can only mean a post-crucifixion ministry of Jesus if we ignore the continuing of the sentence into verse 20.

1 Peter 4:4-6 Did Jesus preach the gospel to the dead after his death?

And in {all} this, they are surprised that you do not run with {them} into the same excess of dissipation, and they malign {you}; but they shall give account to Him who is ready to judge the living and the dead. For the gospel has for this purpose been preached even to those who are dead, that though they are judged in the flesh as men, they may live in the spirit according to {the will of} God. The reference to those who are dead in verse 6 has a stated purpose in the two previous verses; that upon hearing it they may turn from their excess of dissipation and live to the glory of God while still alive. Though they are dead at the time of the writing of this epistle, they were obviously alive when they heard the warnings that they should turn and live godly lives. As in the previous chapter of 1 Peter (see above) the period before the incarnation is in view. The gospel has been preached to those who were in the time of Peter dead. But in their life time they were warned and presented with witness that they ought to honor the God who made them. The goal is that even though they may be judged in the flesh (while alive) as men and by men in civil courts, in eternity they live in the spirit according to the ways of God. Only when verse 6 is separated from its context can it be so poorly misapplied. It should also be noted that Jesus is not mentioned at all here as the one who preached to the people in question.

Ephesians 4:9 Does this verse support Jesus’ descent into hell after death?

(Now this {expression,} “He ascended,” what does it mean except that He also had descended into the lower parts of the earth? The purpose of the Apostle Paul in this verse of Ephesians is to show that if Jesus “ascended” he must first have “descended”. The second reference is defined by the first.

The expression “lower parts of the earth” may have reference to Psalm 139:15 where David makes reference to his conception in his mother’s womb saying, “..When I was made in secret, skillfully wrought in the depths of the earth.” This would mean that the descent of Jesus in Ephesians 4:9 was his incarnation in the womb of Mary.

This idea of the incarnation is supported by the comparison with his ascension. If his ascension ended his humiliation, it implied a beginning to it which was his incarnation into this earthly life. Clearly there is no clear reference here to a special mission to hell after the death of Jesus. That would not correspond with the evidence Paul is citing to make his point.

By this coming to earth Jesus led away as his captives, the whole band of those held captive in sin (see verse 8). This would include primarily those who have oppressed the people of God and were taken away by the Triumphant Conqueror, Jesus Christ, into their deserved judgment. Verse 8 is a direct quote of Psalm 68:18. In Colossians 2:15 Paul more clearly describes this triumph of Jesus having disarmed those oppressive ones.

Psalm 16:10 Did Jesus fulfill this verse by his descent into hell?

For Thou wilt not abandon my soul to Sheol; Neither wilt Thou allow Thy Holy One to undergo decay. Peter in Acts 2:30-32 and Paul in Acts 13:34-35 both interpret this verse for us. They do not see it as descriptive of a mission to living souls in hell, but of the death and burial of Jesus which was overcome by resurrection. The use of “soul” in this verse probably refers not to the immaterial part of the person, which could not decay as implied in this synonymous parallelism, but to the whole person. This is not an uncommon use of the term in Scripture.

3. Jesus displayed his triumph over Satan in hell. Summary: Jesus entered Satan’s domain after his death to triumphantly display his victory over the power of the devil and to plunder his kingdom. This is the primary view of the Lutherans.

Problems: a) It would be strange to place in the Creed to make mention of this display of triumph placing it just prior to the first mentioned indication of victory, the resurrection.

b) There are no texts of Scripture that identify such a personal visit and display of triumph after the death of Christ.

4. Jesus suffered agony on the cross. summary: The expression is only metaphorical to show the extreme agony of Jesus as he humbled himself in Gethsemane and on the cross. This is the view of Calvin and of Ursinus in the Heidelberg Catechism.

Problems: a) Such a metaphorical use of the word “hell” does not seem to be supported by any other use. It is unsafe to presume a figurative use of a term without sound biblical foundation for such a meaning.

b) The word order does not support this view. It is placed in the Creed after the death and burial of Jesus.

5. Jesus descended into the grave. Summary: Since the words for “hell” sometimes mean “grave” this may simply have reference to the placing of Jesus into the tomb. This view is held by Charles Hodge and some other Reformed writers.

Problems: a) Why would such an expression have to be added to the creed if it already mentioned his burial? Such an obscure reference would not be added if a clear statement already existed. It is unlikely that a confusing redundancy would be so universally accepted by the church in such a broadly used and debated creed.

b) the use of the word “descended” is usually an active verb, not a passive one. We would more likely have seen it say “he was placed into hell” if hell meant the grave. Jesus did not descend into the tomb of his own power.

6. Jesus’ soul entered the dimension of the dead. summary: The separation of body and soul in the person of Jesus at his crucifixion is the basic definition of physical death as presented in Scripture. The creed mentions his burial which explains the disposition of his body, then it mentions his descent into “hell”. A reasonable explanation is that this intends to show that his real human soul was truly separated from his body in a real human death. This soul would go to some intermediate state of departed souls prior to the resurrection. The term “hell” in the creed could very well represent that abode. This is the view of A. A. Hodge and this present writer.

Support: a) The terms used for hell in Latin, Greek, and Hebrew have been used in many cases to simply refer to the abode of the departed in a general sense. It is the dimension beyond that of the living which we cannot experience until our souls are separated from our bodies. It is not so much to be thought of as a place, as it is a state or dimension of existence.

b) The righteous are often said to descend into hell at death. Jacob (Genesis 37:35), Hezekiah (Isaiah 38:10), David (Psalm 16:10 in its primary application to himself), Jesus (Acts 2:27, 13:34-35, Psalm 16:10 in its application to the resurrection of Jesus.

The account of the rich man and Lazarus in Luke 16:19-31 supports this view. Both men, the righteous Lazarus and the reprobate rich man, are said to have died and gone to hell (hades). The rich man’s soul was in torment. Lazarus was comforted by Abraham while resting on his bosom.

Conclusion: If we adopt this last interpretation, it fits well with the flow of thought in the creed, it explains why it was added and is consistent with the rest of the Scriptural account. Jesus was not only crucified and rendered dead, not only was his body laid in a tomb, but also his soul went to the normal place of departed human spirits, sheol. This would have been a fitting response to the ongoing debate about the dual natures of Christ and the reality of his human nature which demanded not only a true body but also a true soul that would have been separate in a real human death with the soul continuing in a conscious state. The real humanity of Jesus is preserved by this statement.

Documentazione

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