Frammenti

From Theos Koima

Una fiammella che danza

Un mantello rosso.
Ricordava il colore del sangue.
Vagamente lo sentivo mio, vagamente perso nella memoria; lo indossavo come se mai null'altro avessi vestito nel tempo trascorso. Era caldo, morbido, e nei suoi mille motivi di fiamma il mio sguardo ci si perdeva.
Occhi bianchi e vacui a caccia del ricordo.
Capelli lisci e fluidi a scorrere sulle onde del tempo.
Ed una vestale mi porse il cero.
Aveva il colore della notte e una ruvidezza irritante sotto i polpastrelli.
Anche quello fu un tuffo nella memoria; da quel momento in poi vissi un turbinio di sensazioni: dentro e fuori di me, avanti e indietro nel tempo.
Ciò che vidi in seguito, ciò che vissi poi, aveva la natura del sogno: impalpabile, incostante e incoerente con se stesso; ogni sfaccettatura di quel caleidoscopio di percezioni mi faceva sentire integralmente in lotta.
Un'altra vestale mi porse una sottile foglia incandescente; con l'ausilio di una mano faci ardere lo stoppone che fiero torreggiava sul cero.
La fiammella che nacque da quell'unione prese a danzare leggera e con essa anch'io, mentre un passo dopo l'altro, un respiro che seguiva l'altro più forte e ritmato, una voce unita all'altra nella navata centrale che già si approssimava, mi ritrovai attorniato dai fedeli, muti e immobili in attesa del miracolo.
Ero io a portare il miracolo per loro?!
Ero io ciò che loro tanto trepidanti eppure rigidi come statute aspettavano?!
Ero dunque io, creatura odiata e bistrattata, ad essere per loro qualcosa da rispettare?!
Quella nuova sensazione prese a crescermi dentro mentre il coro saliva, mentre i battiti vitali dei presenti si sovrapponevano al mio, mentre tutto sembrava dipendere solo e unicamente da quella piccola fiammella ballerina.
Un piede dopo l'altro: il centro della sala non era in fondo così lontano!
Alla mia destra panche silenti, alla mia sinistra anche.
Colori opachi fatti di piccoli giochi di luci e ombre.
Poi tutto si sovrappose e leggero sentì bussare alla porta del ricordo ciò che ero stato in passato.
Non gli diedi il permesso di entrare, non ora, non adesso che tutto dipendeva da quell'unica e sola fiammella accesa.
Lo scotto da pagare fu però molto alto: il ricordo pretese quindi il riscatto e con violenza si manifestò nella furia di qualche presente.
Di ricordare non sarei capace, non del passato più lontano, tanto meno di ciò che sentì in quella fastosa chiesa di Alexandria: ma le vibrazioni che percepì in quella muta maratona verso un punto indefinito, quelle sì che le sento ancora sulla mia pelle scura! Qualcuno stava urlando, qualcun altro stava intimando ai presenti uno stato d'allerta, qualcun altro stava perdendo conizione di se stesso per lasciare il posto alla paura.
Tutto ciò insomma, caotico e indefinito nei miei ricordi, lo vidi con il filtro del sogno, con la stessa sensazione che tutti provano al momento del risveglio da un qualsiasi tipo di sogno.
Ma i sogni sono tali perché al mattino ci risvegliamo!
Ed anche io mi risvelgiai, non so spiegare come né perché, ma la fiammella si spense e come un'abbondante secchiata d'acqua gelida su un dormiente, ritornai alla realtà così come la viviamo ogni giorno.
Nessun tessuto mi separava dal mondo attorno, e palese come il sole al mattino e le stelle di Bahamut alla notte, avevo di fronte una donna urlante e impaurita: della fiammella non restava altro che lo stoppone spento!
Il mantello che mi ricopriva, rosso come il sangue che sentivo ribollirmi dentro, diventò velocemente pesante e scomodo, le braccia come macigni le sentivo cadere e la testa...
La testa rimbombava ancora dei canti che mi avevano portato all'estasi e diventava leggera, leggera e vorticante attorno un punto indefinito.
Ancora la chiesa era colorata di nero quando mi sentì cadere e fluire nel pavimento della navata centrale.
Ancora le urla dei presenti, e le imprecazioni e la mia diperazione.
Ancora una volta avevo fallito, ancora una volta avevo deluso qualcuno che da me si aspettava qualcosa che non potevo dargli. Avevo fatto spegnere la fiammella...
E mentre caddi al suolo deboli parole vennero fuori senza il mio volere: "Non di nuovo, non adesso almeno!"
Persi i sensi domandandomi cosa significassero dentro di me quelle parole.

Al risveglio poi, la sorpresa!

Vedi anche: La Cerimonia del 16 Luglio 1992 (dalla Trama)

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