Manuale/Metodi e tecniche

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[edit] Metodi e tecniche

[edit] I criteri di selezione dei termini internazionali

Per il vocabolario internazionale abbiamo ritenuto i termini correnti comuni alle lingue anglo­romanze. Le lingue da esaminare singolarmente sono: l'italiano, il francese, l'inglese e, considerati un tutto, lo spagnolo/­portoghese. Le due lingue iberiche sono considerate assieme non perché si dubiti della loro impor­tanza individuale, ma perché il loro significato nel gruppo delle lingue roman­ze è simile. L'assenza di una parola dal vocabolario di una delle lingue menzio­nate è spesso una coincidenza che da sola non pare sufficiente a bandirla dal vocabolario internazionale.

Possono essere considerate come lingue supplementari anche al posto di qualsiasi lingua anglo­romanza il tedesco ed il russo. Una formula sintetica preliminare per definire il criterio di internazionalità può essere così enunciata: "si può accettare un termine come internazionale quan­do la sua presenza è attestata ­ in forme e significati corrispondenti­ in almeno tre delle seguenti lingue linguistiche: italiano, spagnolo e/o portoghese, fran­cese e inglese, con tedesco e russo come possibili complementi".

L'applicazione pratica di questa regola comporta un certo numero di problemi.

a) La questione se una parola sia o no presente in una data lingua non è sem­pre chiara e semplice. Per verificare l'esistenza di un dato termine anche oscuro non è nemmeno possibile che ci limitiamo a quanto ci riportano dizionari scel­ti. Bisognerà cercare i termini tecnici nei dizionari tecnici, mentre le espressio­ni comuni dovranno essere cercate nei dizionari del linguaggio corrente. Inol­tre, l'investigazione non dovrà limitarsi sempre e in ogni caso al vocabolario corrente. Per esempio, benché la parola francese tuer (uccidere), non abbia relazione formale con l'italiano uccidere, vi sono tracce in francese, del verbo occire. Anche in spagnolo, la cui usuale parola per 'uccidere' è matar, un vecchio verbo corrispondente all'italiano uccidere e al francese occire è sopravvissuto almeno nella sua forma participiale occiso. In questo caso ­ e in casi simili ­ si può concludere che dietro a tuere a matar, vi sono forme più antiche che corri­spondono all'italiano uccidere, cosicché il requisito d'internazionalità è adem­piuto per quanto riguarda una parola come 'uccidere'; che corrisponde diretta­ mente al latino occidere. Se portiamo alle estreme conseguenze questo procedimento giungiamo a giustificare l'inclusione nel vocabolario internazionale di parole corrispondenti a tutti i termini latini, a condizione che compaiano in un modo o in un altro nelle lingue moderne.

A prima vista una tale interpretazione allargata della regola di internazionalità moderna delle parole può parer ar­bitraria. Se si esamina la cosa più a fondo, però, si resta colpiti dal fatto che le lingue occidentali hanno tutte la tendenza a ricorrere al materiale linguistico classico, prevalentemente latino, quando si tratta di coniare nuove espressioni. Lo notiamo nei casi in cui si etichettano nuove idee, nuovi fatti e nuove cose, e quando abbiamo bisogno di un sinonimo per un termine tradizionalmente di­sponibile.

b) Il principio di corrispondenza formale di parole nelle varie lingue contri­buenti richiede una certa tolleranza. Le parole inglesi automobile e fidelity cor­rispondono del tutto alle francesi automobile e fidelité, alle spagnole automo­vile fidelidad. Il secondo termine è dovunque il discendente diretto del latino fidelitas/fidelitat­ e si presenta sempre come un aggettivo reso sostantivo con l'aggiunta di un suffisso ­it­ in varie forme etimologicamente analoghe. Il pri­mo, invece, è una moderna parola composita, formata da elementi etimologici identici. Succede però che in italiano, per esempio, la parola amaritudine non trovi nello spagnolo e nel francese equivalenti con piena corrispondenza etimo­logica. Il francese amertume e lo spagnolo amargor, così come i sinonimi italia­ni amarore e amarezza, hanno sostituito i suffissi originari latini con suffissi di­ versi. Tali sostituzioni di suffisso, che non derivano da bisogni espressivi, non devono permettere di bandire una parola dal suo status internazionale, perché in essi la differenziazione della forma non implica una differenziazione del si­gnificato. Vi sono numerosi esempi proposti da aggettivi inglesi che spesso dif­feriscono dalle parole corrispondenti in altre lingue per un suffisso senza particolare significato. Il suffisso ­al in fanatical non ha significato alcuno. Esso non fa differire la parola dal suo sinonimo fanatiche non giustifica discriminazione alcuna fra esso ed il francese fanatique, l'italiano fanatico, ecc. Lo stesso vale per l'inglese voracious, il cui suffisso ­ious è particolarmente inglese. La parola corrispondente francese è vorace, quella spagnola voraz, ecc..

c) Vi sono numerose parole che, paradossalmente, non compaiono come tali in una data lingua, ma solo potenzialmente. In inglese, per esempio, il tipo deri­vazionale di versatile/versatility, visible/visibility, ecc. sono così normali che la ricorrenza eccezionale di un isolato proximity senza aggettivo corrispondente colpisce lo studente come se si trattasse di un "incidente" della lingua inglese.

Vi dovrebbe pure essere un aggettivo come proxim, o meglio proximous. La frequenza delle parole ed il netto carattere dell'affisso inglese ­ity permette di asserire che dietro il nome proximity esiste, almeno potenzialmente, un agget­tivo che può accompagnarsi all'italiano prossimo quindi contribuire allo status internazionale dell'aggettivo che sta dietro il derivato. Lo stesso ragionamento non potrebbe applicarsi se non esistesse alcun aggettivo dietro proximity in al­tre lingue. D'altro canto, la regola vale pure in casi in cui la situazione appare rovesciata, ossia, dove la semplice parola è pienamente internazionale, mentre il suo derivato è disponibile solo a livello potenziale. Gli affissi che, quando compaiono in formazioni d'irradiazione limitata, ne facilitano l'assunzione, nel vocabolario internazionale, devono essere frequenti e chiari. Tutti i termini che compaiono in questa categoria sono rappresentati nel corpo di questo diziona­rio, con speciale menzione.

Quello che abbiamo affermato circa i derivati a irradiazione limitata, ma prov­visti d'affissi internazionali si applica pure ai composti. Ad esempio, la parola italiana fiammifero: essa si compone di elementi di carattere internazionale e non ambiguo. La parola come tale, però, ricorre solo in una lingua, ma la pre­senza dei suoi elementi in tutte le lingue contributrici giustifica la tesi che que­sta parola sia potenzialmente internazionale. In un numero considerevole di casi, ove concetti a irradiazione internazionale ricorrono con numerosi termini non collegati fra di loro, si potrà trovare una forma internazionale adeguata nel vocabolario internazionale esaminando come questa si presenta in una sin­gola lingua, e tentando di ricuperare la sua rappresentazione potenziale nelle lingue-­fonti.

[edit] La forma delle parole internazionali

I prototipi discussi finora possono essere definiti come gli antenati culturali comuni documentati o ipotetici più vicini dai quali tutte le varianti contributrici si sono sviluppate secondo le leggi e i motivi operanti nelle varie lingue considerate. Questo implica che, nel caso dei sostantivi e degli aggettivi derivati dal latino, il prototipo non coincide normalmente con il nominativo originale (cioè con la forma che convenzionalmente entra nei dizionari), ma piuttosto con la forma che compare nelle forme tematiche e atematiche (troncate) dei casi obliqui del latino. Questo avviene perché nelle lingue romanze, quando ­ nel corso del loro sviluppo dal latino ­ esse persero il loro sistema di declinazione dei so­stantivi e degli aggettivi, gli aggettivi ed i sostantivi preservarono un caso a discapito di tutti gli altri, derivato dal caso obliquo. Il francese "pied", lo spagno­lo "pie", ecc. non si svilupparono dal latino "pes", ma dal latino "pedem"; così, "pede" può essere considerato una "combinazione" (normalizzazione) di "pe­dem", "pedis" ecc.

Questo prototipo non è altro che la radice tematica dei casi obliqui del latino, che compare ancora nei sostantivi e negli aggettivi derivati. Una parola come "temporal" (in qualunque sua variante) è normalizzata non dal latino "tempus", ma da "temporis, tempore", ecc.

Il prototipo dell'inglese "pontiff", e le varianti romanze corrispondenti che sta­biliscono l'internazionalità della parola, è "pontifice", mentre quello di "pontifi­cale" dei suoi equivalenti romanzi è "pontifical". La continuità di forma della coppia prototipica pontifice­pontifical (in contrasto all'inglese pontiff­pontifi­cal, al tedesco pontifex­pontifikal), è una caratteristica importante del vocabo­lario internazionale. Esso permette l'interpretazione di assumere "pontifical" come forma derivata particolare di "pontifice", proprio come, diciamo, "brotherly" in inglese può essere considerato una forma aggettivale di "brother".

Se questa regola dovesse essere accettata in linea di massima nel vocabolario internazionale, i suoi derivati dovranno sempre avere un'attinenza con il proto­tipo che si trova nel vocabolario. Per esempio: il prototipo dell'italiano "tempo", dello spagnolo "tiempo", del portoghese "tiempo" e del francese "temps" dev'es­sere, proprio, per via dei suoi derivati, "tempore", nonostante il fatto che l'antenato formalmente ed etimologicamente più vicino a queste varianti sia "tem­pus".

L'italiano "cuore", lo spagnolo "corazon", il portoghese "coracao", "cor", il fran­cese "coeur", non avranno il proprio prototipo in "core", che riflette la declina­zione volgare latina "cor, coris" (invece della classica "cor, cordis"), ma saranno standardizzati in "corde", per via del derivato "cordial", una derivazione del la­ tino medioevale con il suffisso ­ial sulla radice "corde".

[edit] Le finali

Come ogni altro elemento formativo, anche i suffissi appaiono in forme proto­tipiche fisse che non variano a casaccio da una parola all'altra. Se pure è un fatto storico che i suffissi nell'inglese agile e in fossil sono identici, e se inoltre, nelle altre lingue contributrici essi sono identici, come in realtà lo sono, allora la differenza inglese fra questo particolare ­ile e questo particolare ­il non dovrà lasciare traccia nelle forme internazionali. La forma comune dalla quale il suffisso rappresentato dall'inglese ­alsi è evoluta nelle varie lingue, è una forma tecnicamente conosciuta come una forma dei casi obliqui latini di ­alis, cioè ­alem. Questo ­alem è il padre di tutte le varianti contributrici, ma la sua piena conformazione è stata mantenuta solo dall'italiano. Tutte le altre lingue di riferimento omettono la ­e finale. Quindi il prototipo che serve come forma inter­nazionale del suffisso lo dovrà omettere. Il suffisso appare così come ­al.

Un poco più complesso è il caso dei suffissi paralleli che sono sorti dal latino ­ilis. Anch'esso compare nell'italiano con la finale ­e in ogni caso, ma l'allinea­mento come l'inglese civile agile, lo spagnolo civil, agil, l'italiano civile e agile, il francese civile agile, porta all'introduzione di due forme prototipiche, la pri­ma, ­il, che porta l'accento ed omette la ­e; l'altra ­ile, fornita della finale ­e che compare dopo una sillaba accentuata.

Questi dati possono essere considerati da un altro punto di vista. Infatti, come regola generale che si applica alle forme presenti in questo dizionario, una ­e finale dopo ­l­ (e allo stesso modo dopo ­n­e ­r­) indica che l'accento tonico deve cadere sulla terz'ultima sillaba, come in agile, al contrario di civil, in auto­mobile, al contrario di infantil, come in ordine, al contrario di asinin, come in arbore, al contrario di professor, ecc.

[edit] Le finali degli infiniti

Il procedimento prototipico delineato sopra implicherebbe infiniti in -­are, -­ere e -­ire. Nel caso di ­-ale di ­-il, è di nuovo solo l'italiano che conserva sistematica­ mente la finale ­-e. Dato però che l'inglese assorbe i verbi romanzi di regola sen­za la terminazione romanza dell'infinito, esso non può assistere le lingue fran­cese ed iberiche per esigere la conservazione dell'­e finale. Se pure quest'astensione dell'inglese non è certo fatta per permettere all'italiano di risolvere la questione in favore del proprio uso peculiare, rimane solo la possibilità di lasciare che le forme prototipiche dell'infinito seguano il modello di casi compa­rabili, come per esempio, quello dei suffissi -­al e -­il. Cosi le forme prototipiche delle terminazioni dell'infinito appariranno come ­-ar, -­er, e ­-ir.

Dato che la suddivisione dei verbi latini in ­-ere in due gruppi con accento ri­spettivamente sulla penultima e sulla terz'ultima sillaba si rintraccia chiara­mente nelle moderne lingue romanze, il prototipo della terminazione dell'infinito dei verbi potrebbe essere diverso per ciascuno di questi due casi. La distin­zione risultante di verbi in -­er con l'accento sull'ultima sillaba e verbi in ­-ere con l'accento sulla terz'ultima sillaba corrisponderebbe ampiamente ai due tipi di verbi in ­-er. I verbi "deboli" in ­-er mostrerebbero derivati in ­- it ­più in ­-ion, -­ive, ­-ura, ecc. mentre i verbi "forti" in ­ere formerebbero derivati aggiungendo -­ion, -­ive, -­ura. In questo dizionario però tale distinzione non si applica.

[edit] Le finali degli aggettivi

Uno speciale problema sorge al riguardo delle classi di aggettivi, che manten­gono, in tutte le lingue romanze, una differenza fra forma maschile e forma femminile. Qui la procedura prototipica si scontra con un punto di grammatica che dovrà ora essere discusso.

Il prototipo del francese/inglese "grande" dell'italiano/spagnolo/portoghese "grande" emerge chiaramente con "grande". Invece nel caso della parola internazionale corrispondente all'inglese "saint", il risultato non è così ben determinato, perché qui il sistema inflessionale latino sopravvive in tutte le lingue romanze non solo con una forma distinta per il plurale, ma anche con forme maschili e femminili distinte. Il prototipo aggettivale dell'inglese/francese "sainte" dello spagnolo/portoghese/italiano "santo", sarebbe "santo", mentre quello dell'inglese "saint", del francese "sainte", e dello spagnolo/portoghese/italiano "santa", sarebbe "santa". Se questa parola venisse usata per rappresentare "santo", o "santa", le forme sancto/sancta sarebbero soddisfacenti, ma le loro funzioni aggettivali sarebbero utilizzabili se la grammatica della lingua internazionale prevedesse una corrispondente distinzione di genere.

È possibile immaginare un vocabolario internazionale che funzioni con un si­stema grammaticale che mantenga una distinzione di genere. Si sono fatti, a questo proposito dei tentativi, che però non si sono rivelati soddisfacenti. La procedura adottata in questo dizionario è quella favorita dalla maggior parte di coloro che usano il vocabolario internazionale.

Tutti gli aggettivi vengono qui trattati come se le lingue romanze conoscessero solo l'unico tipo di aggettivo in cui non vi sia distinzione fra maschile e femmi­nile. Le voci riportate nel vocabolario non mostrano così alcuna differenza per quanto riguarda la differenza tra le vocali finali nei due tipi "grande" e "sancte".

[edit] La forma delle parole internazionali in serie derivative

I prototipi discussi finora possono essere definiti come gli antenati culturali co­muni documentati o ipotetici più vicini dai quali tutte le varianti contributrici si sono sviluppate secondo le leggi e i motivi operanti nelle varie lingue consi­derate. Questo implica che, nel caso dei sostantivi e degli aggettivi derivati dal latino, il prototipo non coincide normalmente con il nominativo originale (cioè con la forma che convenzionalmente entra nei dizionari), ma piuttosto con la forma che compare nelle forme tematiche e atematiche (troncate) dei casi obliqui del latino. Questo avviene perché nelle lingue romanze, quando ­ nel corso del loro sviluppo dal latino ­ esse persero il loro sistema di declinazione dei so­stantivi e degli aggettivi, gli aggettivi ed i sostantivi preservarono un caso a discapito di tutti gli altri, derivato dal caso obliquo. Il francese "pied", lo spagno­lo "pie", ecc. non si svilupparono dal latino "pes", ma dal latino "pedem"; così, "pede" può essere considerato una "combinazione" (normalizzazione) di "pe­dem", "pedis" ecc.

Questo prototipo non è altro che la radice tematica dei casi obliqui del latino, che compare ancora nei sostantivi e negli aggettivi derivati. Una parola come "temporal" (in qualunque sua variante) è normalizzata non dal latino "tempus", ma da "temporis, tempore", ecc.

Il prototipo dell'inglese "pontiff", e le varianti romanze corrispondenti che sta­biliscono l'internazionalità della parola, è "pontifice", mentre quello di "pontifi­cale" dei suoi equivalenti romanzi è "pontifical". La continuità di forma della coppia prototipica pontifice­pontifical (in contrasto all'inglese pontiff­pontifi­cal, al tedesco pontifex­/pontifikal), è una caratteristica importante del vocabolario internazionale. Esso permette l'interpretazione di assumere "pontifical" come forma derivata particolare di "pontifice", proprio come, diciamo, "brotherly" in inglese può essere considerato una forma aggettivale di "brother".

Se questa regola dovesse essere accettata in linea di massima nel vocabolario internazionale, i suoi derivati dovranno sempre avere un'attinenza con il proto­tipo che si trova nel vocabolario. Per esempio: il prototipo dell'italiano "tempo", dello spagnolo "tiempo", del portoghese "tiempo" e del francese "temps" dev'es­sere, proprio, per via dei suoi derivati, "tempore", nonostante il fatto che l'antenato formalmente ed etimologicamente più vicino a queste varianti sia "tem­pus".

L'italiano "cuore", lo spagnolo "corazon", il portoghese "coracao", "cor", il fran­cese "coeur", non avranno il proprio prototipo in "core", che riflette la declina­zione volgare latina "cor, coris" (invece della classica "cor, cordis"), ma saranno standardizzati in "corde", per via del derivato "cordial", una derivazione del la­ tino medioevale con il suffisso ­ial sulla radice "corde".

[edit] Le famiglie di parole

Le regole di normalizzazione del prototipo stabilisce, per quanto riguarda i vo­cabolario internazionale standardizzato, una chiara continuità delle serie deri­vative. Tali serie, spesso consociate in famiglie di parole più o meno estese, esistono in tutte le lingue di riferimento. In molti casi, però, esse sono state oscu­rate da tratti peculiari o "incidenti" storici. E funzione importante della tecnica prototipica di restituirle all'evidenza. Serie oscurate come l'inglese letter - lite­ral, o publish ­-publication emergono nel vocabolario internazionale con un'evidente continuità come littera ­ litteral, publicar ­ publication. Questo è di straordinaria importanza, in una lingua ausiliaria, perché favorisce la forma­zione di derivati autonomi. Il principio che regge la limitazione delle serie derivative (o famiglie di parole) del vocabolario internazionale è quello di un pa­rallelo fra continuità formale e continuità semantica.

Dato che, in inglese, la nozione di "causal" è derivata_da cause, le parole stan­dardizzate corrispondenti appaiono in una serie continua come causa­causal. Dato che, d'altro canto, la nozione di "causal" non è in alcun modo collegata con l'inglese "thing" (sebbene il francese "chose", lo spagnolo "cosa" ecc. siano derivati storicamente dal latino "causa"), la parola stardardizzata internazionale corrispondente a "thing" non compare nella stessa serie, ma emerge come "cosa". I prototipi "cosa" e "causa", nei termini del vocabolario internazionale standardizzato, appartengono a due diverse famiglie, sebbene le forme corri­spondenti, nelle lingue romanze di riferimento, appartengano tutte all'unica fa­miglia etimologica (il latino "causa"). Questi ed altri aspetti della tecnica proto­tipica e dei suoi risultati sono particolarmente importanti nel caso di certi verbi e dei loro derivati. Uno studio più particolareggiato di alcune famiglie di verbi può essere a questo punto utile.

"Tener" è il prototipo dell'italiano "tenere", dello spagnolo "tener", del portoghe­se "ter" e del francese "tenir". L'antenato etimologico latino è "tenere", che è il capostipite di un'ampia famiglia di derivati e di composti. Fra i suoi derivati dal carattere internazionale che compaiono anche in inglese, troviano "tenace" (te­nace), "tenacitate" (tenacia), "tenor" (tenore), ecc. In latino i composti di "tenere" appaiono con un caratteristico cambio di vocale in "abstinere, continere, ecc." (con derivati d'entrambi i tipi: "abstinentia" e "retentio"). Le lingue mo­derne non hanno mantenuto tali mutazioni vocaliche negli infiniti composti. Li hanno invece adattati come semplici verbi, p.es. lo spagnolo "tener ­ abstener", francese "tenir ­ contenir", ecc. Però i derivati internazionali di alcuni di questi composti (abstinente ­ continente ecc.) riconducono al modello latino. Così, nel vocabolario internazionale, compaiono: "abstiner, continer, pertiner", ma "detener, intertener, mantener, obtener, retener, sustener". Nel caso di questa famiglia di verbi, i diversi rami sono consociati da una chiara continuità di si­gnificato. La nozione di 'comprendere in sé' viene conservata dovunque: "conti­ner" ('avere come contenuto' e 'trattenere'); "mantener" ('sostenere'); "detener" ('tenere in custodia'); ecc.

Un caso in cui un ramo di una famiglia etimologica sia venuto a trovarsi com­pletamente staccato dagli altri, sia nella forma che nel significato, sia nelle lin­gue di riferimento, che nel vocabolario internazionale, è quella del latino "pendere", 'sospendere', e 'pesare', col suo derivato "pensum" 'qualcosa di pesato, un peso'. Ne vengono "pensare", 'pesare', e figurativamente 'soppesare, ponderare, considerare' che ha dato origine, nelle lingue romanze, a due distinte serie de­rivate. La parola 'stabilire il peso' è in italiano "pesare", spagnolo/portoghese "pesar", francese "peser", inglese, anche "to poise". Esse sono completamente distinte, sia nella forma che nel significato, dalle parole romanze per 'usare la mente': italiano pensare, spagnolo/portoghese "pensar", francese "penser", la cui forma standardizzata è "pensar", e i cui derivati compaiono come "pensati­ve, pensator" ecc. Nelle lingue moderne nessuna di queste parole si rivela sia formalmente che semanticamente come derivata da 'stabilire il peso'. Di conse­ guenza, la parola internazionale per l'inglese "weight" non è da loro influenza ta, e compare come "pesar", che può essere considerata un derivato di peso (il prototipo dell'italiano / spagnolo / portoghese "peso", del francese "poids", in­ glese "poise", dal già menzionato latino "pensum"). E così che "peso­pesar" co­stituisce una nuova famiglia indipendente da "pensar".

Un caso lievemente differente occorre nella famiglia del latino "prehendere/prendere". Il derivato "prehensio/prensio" compare nelle lingue di riferimento nell'italiano "prensione", spagnolo "prension", portoghese "preensao", francese "prehension", inglese "prehension", che corrispondono ai prototi­pi *prehensione ­ prension". La forma latina contratta "prensio" ha prodotto un'altra serie interamente autonoma. Essa è rappresentata dall'italiano "prigio­ne", dallo spagnolo "prision", dal portoghese "prisao", dal francese/inglese "prison". Foneticamente tutte queste varianti nazionali possiedono in comune la perdita della ­n­ latina prima di ­s­ed in cambiamento della ­e­radicale in ­i­.

Inoltre, sul piano semantico non si osserva in inglese nessuna connessione fra 'prison'e l'atto di prendere. Inoltre i derivati di "prison", cioè "prisoner, to impri­son", e i loro equivalenti romanzi, sono in stretta connessione solo con la loro origine immediata, ma non con la famiglia latina di "prehendere". Così ne risul­ta una famiglia autonoma formata da "prision, prisionero, imprisionar, ecc."

[edit] Alcuni esempi al di fuori della famiglia delle lingue neolatine

La tecnica prototipica fin qui illustrata si occupa solo di parole che derivano dal latino, o che sono costruite su materiale latino. E necessario fare ulteriori esempi a proposito dei seguenti gruppi:

1) parole di origine greca, incluse derivazioni classiche ­ originarie o trasmesse tramite il latino ­, così come 'neologismi' costruiti su materiale linguistico gre­co. 2) Parole di origine germanica penetrate nelle lingue romanze in epoca post­classica che si sono pienamente assimilate. 3) Parole straniere, ricevute in diversi periodi da varie lingue al di fuori di quelle anglo­romanze, assimilate più o meno completamente.

1. Nel caso di parole d'origine greca succede spesso che termini che hanno va­lore semantico di derivati siano formalmente indipendenti da quella che si po­trebbe supporre essere la loro radice. Nel vocabolario standardizzato la radice non esercita nessuna influenza sul derivato. Così la forma internazionale di "te­rapeutico" non ha implicazioni formali dirette con "terapia", sebbene è evidente che una sia l'aggettivo dell'altra. Entrambe derivano dal verbo greco "thera­peuein". "Terapia" compare nel vocabolario internazionale come "therapia", e "terapeutico" come "therapeutic". L'interdipendenza semantica dei due non è reperibile formalmente né nelle lingue di riferimento, né quindi nel vocabola­rio internazionale. Esse compaiono nel dizionario come due voci senza connessione formale alcuna. In altri casi la relazione formale per derivazione che esisteva in greco si è completamente oscurata nelle lingue moderne, le quali trat­tano queste parole esattamente come "therapia­-therapeutic". Quest'oscuramento è spesso dovuto al fatto che i membri di una serie derivativa in greco furono assunti dal latino o dalle lingue moderne come parole individuali, in cui connessione formale con altre parole greche della stessa famiglia non era più evidente. La parola greca "phlegmatikos" era un derivato di "phlegma", con la ra­dice flessiva "phlegmat­"; ciononostante quest'ultima parola non compare nelle lingue moderne, e certamente in nessuno dei membri del gruppo di riferimento anglo­romanzo, in una forma corrispondente all'antica radice derivazionale. Essa è rappresentata dovunque dal nominativo greco­latino e compare nella forma corrispondente nel vocabolario internazionale, ossia come phlegma, senza che questa abbia rapporti formali diretti con l'aggettivo "phlegmatic". Nella maggior parte delle parole d'origine greca, però, la continuità formale delle se­ rie derivative emerge nel vocabolario internazionale altrettanto chiaramente di quanto succeda con le serie di parole d'origine latina.

2. Accanto al greco, i contributori del vocabolario internazionale più importan­ti sono le lingue germaniche. Il loro ruolo nel vocabolario internazionale per­mette due osservazioni specifiche. Vi sono molte parole inglesi d'origine germanica che sono collegate a parole di altre lingue di riferimento tramite una comune parentela indo­europea. Esempi ne siano l'inglese "beech" e lo spagnolo "haya", l'inglese "father" e l'italiano "padre", l'inglese "brother" e il francese "frere", ecc.. In tutti questi casi la forma germanica (quando naturalmente vi è una perfetta corrispondenza formale e semantica) potrà essere considerata una variante contributrice che si aggiunge all'irradiazione internazionale della pa­rola in questione. Come per la tecnica prototipica, le parole di questa categoria possono essere standardizzata esclusivamente a partire dalle loro varianti ro­manze. Qui l'inclusione di una parola affine germanica produrrebbe prototipi su radice indo­europea, troppo limitati per sostenere un vocabolario interna­zionale. Così il francese "frere", l'italiano "fratello" (con un suffisso che può essere scartato) e l'inglese "brother" stabiliscono l'internazionalitàdi una parola che è rappresentata dalla forma standardizzata "fratre", determinata senz'alcun riferimento alla variante germanica. Un problema connesso, e molto più impor­tante, è quello di parole d'origine germanica rappresentate da varianti impre­state alle lingue di riferimento romanze, siano esse appoggiate o no da una for­ma reperibile in inglese. La maggior parte delle parole di questa categoria furo­no assunte dalle lingue romanze durante l'alto medio­evo (VI-­XII secolo) quando la supremazia germanica specialmente nel campo della legge e della guerra, si fece sentire in ogni parte dell'Europa occidentale. Se la forma inglese di tali parole è disponibile (e generalmente lo è), essa allora potràessere considerata una variante di forme romanze, adatta ad aggiungersi all'irradiamento internazionale della parola in questione, ma non adatta ad entrare nella determinazio­ne del suo prototipo. La parola francese "hareng", l'italiano "aringa", lo spagno­lo/portoghese "arenque", sono varianti romanze del germanico occidentale "ha­ring". E quindi identica alle parole germaniche (inglese "herring" e tedesco "Hering"). Il significato della parola non fa sorgere nuovi problemi. Essa ha pieno raggio internazionale attraverso tutte le lingue di riferimento. Per la determi­nazione del suo prototipo l'inclusione delle varianti inglese e tedesca comporterebbe un risultato su radice germanica. L'esclusione dell'inglese e del tedesco produce il prototipo "haringo", che è la forma con la quale questa parola è rappresentata nel vocabolario internazionale standardizzato.

3. Per quanto riguarda la standardizzazione di parole straniere imprestate in data più recente da fonti diverse al di fuori dal gruppo anglo­romanzo, bisogna fare una distinzione fra le parole che sono state pienamente assimilate in tutte le lingue d'adozione e quelle che, avendo conservato la loro forma originale, hanno da sempre mantenuto un carattere di "estraneità". Nella prima categoria vi sono moltissime parole d'origine extra­europea introdotte nelle lingue euro­pee tramite lo spagnolo ed il portoghese. In molti casi le lingue iberiche mostrano una più stretta somiglianza con la struttura formale dell'originale che non le lingue in cui è penetrata di seconda mano. Per esempio, gli equivalenti dell'inglese "carafe" nelle altre lingue di riferimento sono l'italiano "caraffa", il francese "carafe", lo spagnolo/portoghese "garrafa". L'ultimo menzionato, che si avvicina di più all'originale arabo "gharraf", determinerebbe quindi il prototipo di tutte le varianti moderne in "garrafa", se la g­ iniziale fosse un tratto tipi­co anche di un'altra lingua­fonte o di riferimento. Invece la ­g­ è sopraffatta dalla c­ iniziale che si trova in ogni altra lingua. La forma internazionale risul­tante è carrafa. I derivati da prestiti relativamente recenti non sono molto frequenti. Dove compaiono, essi influenzano il prototipo come negli altri casi. Un esempio è la forma internazionale della parola inglese "tea", in italiano té, in francese "the", in spagnolo "te", che corrisponde al nome di questa pianta e del­la sua bevanda nel dialetto amoy della Cina; il portoghese "cha" (nome specifi­co per pianta di tè), riflettono la variante mandarina. La combinazione di questi due rami potrebbe essere alquanto problematica se non fosse per l'esistenza del derivato internazionale theina, che perciò serve per determinare il prototipo della parola­radice in "the". Infine parole straniere introdotte nelle lingue di riferimento in tempi relativamente recenti, che hanno conservato il loro carattere peculiare, lo conservano pure nella forma che compare nel vocabolario in­ternazionale. Esempi sono: dall'italiano: "allegro, aria, imbroglio"; dallo spa­gnolo: "cargo, matador, rancho"; dal francese: "bouquet, bureau, chassis"; dal­l'inglese: "budget, interview, reporter, standard"; dal tedesco: "Hinterland, Kir­schwasser, Landwehr".

In alcuni casi le lingue moderne hanno costruito su questi prestiti dei derivati indipendenti di cui solo le finali devono essere standardizzate. Così avremo "in­terviewar" da "interview", e "standardisar" da "standard". In questo dizionario tali parole "straniere" sono riportate senza segni diacritici, ad eccezione del caso in cui un simile procedimento rendesse impossibile la pronuncia. Così abbiamo il francese defaite, anzichè 'défaite' ma il tedesco ritiene l'umlaut in "kümmel".

Le parole inglesi a volte rivelano dalla loro conformazione se esse devono essere internazionalizzate su base americana o inglese.

[edit] Sommario delle definizioni

Le seguenti formulazioni non intendono essere esaurienti. Esse non sono che il riassunto delle discussioni precedenti al fine di chiarirle e fornire loro un'illu­strazione pertinente.

1. Criterio di scelta. Una parola è adottabile nel vocabolario internazionale al­lorquando essa ricorre ­con significati corrispondenti ed in forme devianti dal­l'origine etimologica in al massimo un affisso non significativo nel vocabolario corrente o storico di almeno tre delle lingue fonti: l'italiano, lo spagnolo­-porto­ghese, il francese, l'inglese, come pure il tedesco e il russo; essa comporterà l'adozione di tutte le parole derivate, differenti da essa sia nella forma che nel si­gnificato per via dell'aggiunta o della. sottrazione di un affisso "significativo", a condizione che tali derivati ricorrano in almeno una delle lingue elencate.

2. Forma. La forma che una parola adottata assume nel vocabolario interna­zionale è quella prototipica, ossia quella corrispondente al più vicino "antena­to" culturale storicamente documentato o teorico, comune a tutte le sue varianti nelle lingue contributrici. Le radici dei loro derivati devieranno da essa solo in concordanza col comportamento caratteristico della lingua che essi rappresentano, a condizione che la forma risultante non sia condizionata da un tratto di una sola lingua contributrice.

[edit] Il significato dei termini internazionali

I criteri che determinano ciò che deve e ciò che non deve comparire nel voca­bolario internazionale standardizzato non si occupano solo delle forme, ma an­che dei significati. Infatti, per far si che una parola possa essere adottata nel vocabolario internazionale, sia la sua forma che il suo significato devono gode­re di un'adeguata diffusione internazionale. Per quanto riguarda la forma, i problemi che sorgono a questo proposito si risolvono adeguatamente con una serie di regole; invece le implicazioni dell'internazionalità dei significati sono spesso delicate.

In senso negativo, se una parola presente in almeno tre lingue di riferimento presenta "forme identiche" ma significati diversi, essa deve essere esclusa dal vocabolario standardizzato. Lo illustreremo con un esempio: la forma standardizzata "planger", che corrisponde all'italiano "piangere", allo spagnolo "planir", al francese "plaindree" (arcaico e dialettale) all'inglese "to plain". La forma ancestrale latina "plangere" significava "battere facendo rumore, battersi il petto per cordoglio, lamentarsi forte". La variante italiana significa "versar lacrime per dolore o per commozione", la forma spagnola significa "lamentarsi, geme­re", il francese significa "compiangere". In inglese essa aveva il significato di "protestare". Le diverse lingue si sono mosse in direzioni diverse per sviluppare il significato delle loro varianti, e questa parola non sarebbe adottabile nel vo­cabolario internazionale, se non fosse per la frase "planger se de" (lamentarsi di), per la quale le varianti romanze forniscono il triplice accordo richiesto. Ora, i vari significati del verbo "planger" nelle lingue etniche potrebbero ancora essere considerati come vagamente correlati. Si potrebbe osservare che le di­screpanza di significati tra l'italiano "piangere" e il francese "plaindre" riguarda solo il grado, così come la discrepanza di significato fra il francese "liberté" e l'inglese "liberty".

Appunto nel caso di libertà/liberty le divergenze riguardano sfumature legate a specifiche associazioni e ad usi tradizionali. D'altro canto, è lo stesso concetto del francese "plaindre", non una serie peculiare di sfumature, che differisce dal­l'italiano piangere. Se si dovesse cercare una comune base concettuale per le due parole, bisognerebbe risalire fino al latino; una nozione comune, infatti, non esiste in nessuna delle varianti moderne. Se in questo senso si definisce un concetto come un nucleo di pensiero cristal­lizzato in una forma verbale, ne consegue che libertà/ liberty rappresentano lo stesso concetto mentre "plaindree / piangere rappresentano due concetti diversi. Le divergenze di connotazione nel primo di questi esempi non influisce sulla sua adozione nel vocabolario internazionale; le differenze concettuali del se­condo li escludono come tali dal vocabolario internazionale. Che vi compaiano come connotazioni del riflessivo "planger se", è una questione diversa. Il significato da adottare per una data parola internazionale è il concetto nucleare che le varianti etniche hanno in comune. Questo non significa che una parola inter­ nazionale non possa essere modulata da sfumature, da connotazioni emotive o altro.

Tutto questo, proprio come nelle lingue nazionali, è una questione di stile. Se, diciamo, la parola internazionale perla è stata stabilita come la parola che de­nota "globuletto di vario colore e di forma genericamente sferica che si forma all'interno di certi molluschi, specialmente nell'ostrica perlifera, considerato prezioso", non c'è ragione per cui non dovrebbe essere usata per "una persona eccellente per qualità e per doti". Così facendo non si abbandona la definizione di base, proprio come non l'abbandona l'uso traslato noto anche in italiano.

Qui la continuità semantica fra il nucleo concettuale e la metafora non risulta spezzata. Se venisse spezzata, il significato di "persona eccellente" sarebbe un secondo concetto rappresentato dalla medesima forma sostantivale. Un'ulteriore illustrazione di parole di questo tipo è la parola inglese "star", che può essere usata non solo per stella (corpo celeste), ma anche per 'attore o attrice di successo'. Quest'ultima denotazione che non pretende avere connessio­ni dirette col corpo celeste. Questo particolare sviluppo, però, non è del tutto internazionale. Le parole tedesche e francesi per 'corpo celeste' possono certo anche essere usate referendosi ad un attore o ad un'attrice di gran fama, ma non senza la connotazione chiaramente metaforica secondo cui la persona in questione può essere considerata come un 'corpo celeste' nel firmamento dell'arte cinematografica. In entrambe le lingue menzionate però i significati se­condari dell'inglese star sono spesso veicolati proprio dalla stessa parola ingle­se star.

Nei casi in cui la frattura semantica fra il nucleo concettuale e la sua estensio­ne metaforica è sufficientemente internazionale, o ricorreva in tempi passati nella lingua da cui proviene la parola, il risultato è che la forma internazionale rappresenta due o più nuclei concettuali. Così, in latino esisteva una perfetta continuità nello sviluppo semantico del verbo intendere: da "estendere verso qualcosa" e "dirigere l'attenzione di qualcuno verso qualcosa", a "intendere, proporsi".Dall'accezione "dirigere l'attenzione verso", il latino medioevale sviluppò un nuovo nucleo concettuale: "comprendere", che sopravvive nelle lingue romanze. Il significato corrente del francese "entendre", "ascoltare" è un'ulteriore sviluppo di "comprendere", e rimane limitato a quella lingua. Nel vocabolario internazionale, "intendere, proporsi" e "comprendere", sebbene sia­ no entrambi eredi del medesimo antenato semantico ("dirigere l'attenzione verso"), compaiono come due nozioni diverse. Esse costituiscono i due nuclei concettuali di radice della parola internazionale intender.

Nozioni come quelle qui descritte non sono però sempre internazionali. Il nu­cleo di pensiero "con le mani sui fianchi", espresso con la parola akimbo, è chiaramente limitato ad una lingua. Altre lingue lo possono circoscrivere con l'aiuto di una perifrasi, ad es. il francese con "les mains sur les hanches". Ma dal punto di vista francese questo non è un concetto, lo è piuttosto: "les mains sur les épaules" (con le mani sulle spalle). L'inglese è particolarmente ricco di termini di questo tipo.

La maggior parte d'essi è rappresentato da parole che appartengono all'area germanica, come bleak, to befriend, brittle, ecc., ma vi sono pure moltissime parole inglesi d'origine romanza che la lingua usa per esprimere concetti peculiarmente inglese come: "casual, eventual, domineer, ecc." Queste ed altre nozioni, che compaiono in una sola lingua, non vengono come tali adottate nel vocabolario internazionale. Esse sono nozioni che si sono cri­stallizzate in forme verbali o nominali presenti solo in una lingua. Le altre lingue le esprimono con varie espressioni non cristallizzate. Così fa il vocabolario internazionale, che deve seguire l'uso internazionale.

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