Salmodia - Testimonianza biblica

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La testimonianza biblica

La precisa ordinanza del canto della Parola di Dio

La tradizione del canto e della musica "da chiesa" è oggi così consolidata e tanto presa per scontata come elemento qualificante del culto cristiano (secondo gli stili più diversi, antichi e moderni) e come valore culturale, che metterne in discussione la legittimità così come viene oggi praticata, può sembrare un'assurda eccentricità. Le esigenze della fedeltà al carattere normativo della Bibbia come espressione della volontà di Dio su ogni aspetto della nostra fede e della nostra condotta, però, devono essere considerate prevalenti su ogni altra considerazione. La chiesa cristiana deve essere sempre disposta a mettersi in discussione confrontandosi costantemente con la propria "carta costituzionale", gli scritti dell'Antico e del Nuovo Testamento, che essa confessa come Parola di Dio e norma della propria identità e vita. Contrariamente a quanto sembra prevalere oggi, non siamo noi a dover criticare la Bibbia, ma è la Bibbia che deve essere istanza critica della nostra fede e della nostra prassi.

Uno degli elementi caratterizzanti della chiesa cristiana è il suo culto, il culto che essa rende a Dio e che per essere quel che il Signore Gesù prescrive, vale a dire un culto "in spirito e verità", deve essere impostato secondo le precise disposizioni di Dio stesso e non come a noi sembra più opportuno o piace. Così come il popolo di Dio sotto l'Antico Testamento aveva ricevuto precise istruzioni a proposito del culto, così pure al popolo di Dio sotto il Nuovo Testamento non è concessa alcuna facoltà di uscire dai confini di quanto gli è stato comandato, è esemplificato o può essere dedotto dall'insegnamento e dalla pratica apostolica.

La proclamazione della Parola scritta di Dio sta al centro del culto cristiano.

  • Essa viene letta e poi spiegata ed applicata attraverso la predicazione,
  • rappresentata attraverso le ordinanze del Battesimo e della Cena del Signore,
  • come pure essa è cantata dalla comunità riunita per il culto.

E' così che il canto è da considerarsi uno degli elementi essenziali del culto cristiano. E' prescritto che il contenuto del canto nell'ambito del culto debba essere esclusivamente la Parola ispirata di Dio, in particolare quella dei 150 Salmi, che il Signore stesso ha posto al centro della Bibbia come l'innario del popolo di Dio di ogni tempo e paese.

Così come la riforma della chiesa deve eliminare dal proprio culto tutto ciò che non si conforma a quanto Dio ha comandato nella Sua Parola a suo riguardo, anche per quanto riguarda il contenuto del canto della chiesa riunita per il culto, essa deve eliminare tutto ciò che non sia il canto della pura Parola di Dio, in particolare che non sia soprattutto il canto dei Salmi biblici, così com'è stato prescritto ed esemplificato dal popolo di Dio nei tempi della Bibbia ed anche dal popolo di Dio fedele al mandato biblico attraverso la sua storia posteriore.

1.Comandato nei Salmi stessi

Il libro stesso dei Salmi contiene diversi comandi di esprimere la lode verso Dio attraverso i Salmi stessi. "Venite, cantiamo con gioia al SIGNORE, acclamiamo alla rocca della nostra salvezza! Presentiamoci a lui con lodi, celebriamolo con salmi!" (Salmo 95:1-2) (n1), Si confronti pure: Salmo 81:2; 98:5; 100:2; 105:2).

2. La terminologia dei Salmi

Che il libro dei Salmi sia espressamente designato da Dio per il canto nell'ambito del culto, è indicato dalla terminologia musicale presente nei titoli dei salmi stessi ed attraverso i Salmi. Vi si menziona infatti il capo dei musici, gli strumenti musicali da usarsi e le melodie prescritte. Si definiscono costantemente i Salmi come "canti, salmi (canti melodiosi) ed inni".

Sebbene sia vero che i Salmi possano essere semplicemente letti, pregati, recitati come una litania e così via, essi erano stati chiaramente intesi affinché il popolo di Dio li cantasse.

3. Esempi biblici del canto dei Salmi

Registrati nella Bibbia vi sono diversi esempi biblici storici di Salmi usati nel culto pubblico (cf. 1 Cronache 16; 2 Cronache 5:13; 20:21; 2 Samuele 1:18; 2 Cronache 5:13; 29:30; Esdra 3:11). Essi non erano solo cantati dal coro di Leviti di fronte al popolo di Dio, ma anche diligentemente insegnati alla "gente comune" (ad es. Esodo 15:1; 2 Samuele 1:18; 2 Cronache 23:13; Salmo 30:4; 137:1 ss.; Matteo 26:30; Giacomo 5:13).

4. I Salmi al centro della Bibbia e della vita cultuale del popolo di Dio

Il fatto che Dio ha posto nel canone delle Scritture ispirate una collezione di 150 canti per il culto, prova di per sé stesso che Dio richiede che questi canti siano usati nel culto pubblico. Il Signore ci ha dato nelle Scritture un intero libro di Salmi ispirati e poi ci ha comandato: "Cantate i salmi".

Persino indipendentemente dalla questione se nel culto sia ammesso il canto di composizioni non ispirate, non è forse il massimo della follia e dell'empietà guardare, per così dire, il Signore in faccia e poi insistere di non avere alcun obbligo di cantarvi i Salmi che Egli ci ha fornito, quelli che Egli, nella Sua grazia, ci ha messo nelle mani? Il fatto stesso che un'ampia collezione di Salmi sia stata posta nel canone delle Scritture, senza alcun limite dimostrabile per il loro utilizzo, costituisce un comando divino di usare quell'intero libro nell'ambito del culto.

Se il Signore ci ha affidato, come ha fatto, il libro dei Salmi e ci comanda di cantare i Salmi, noi non abbiamo alcun diritto, senza ulteriori istruzioni, di escludere certi salmi da quelli che sono resi disponibili alla chiesa. Coloro che sostengono che porre un innario ispirato nel più bel mezzo del Canone non sia un fattore significativo e che non sia una chiara indicazione che Dio intendesse che essi fossero usati nel culto della chiesa, potrebbero altresì sostenere che la composizione del canone non fornisca alcun'indicazione specifica che i 66 libri ivi contenuti debbano essere usati quando la Parola di Dio è letta nel culto della chiesa.

5. Autorizzato solo il canto della Parola ispirata

Un esame attento dei testi biblici che trattano dei canti usati nel culto e come siano stati composti i canti per il culto, rivela che Dio solo autorizza ed accetta per la lode che Gli è rivolta, solo canti ispirati. Se quando la Bibbia parla della fonte dei canti per il culto, essa rappresenta il testo come prodotto sotto ispirazione divina, allora l'ispirazione è pure una norma divina per questa ordinanza.

Nella Bibbia vi sono così tanti esempi che mostrano lo stretto rapporto esistente fra il comporre per la chiesa canti di lode e l'ispirazione profetica, che è sorprendente come questo punto sia stato ignorato da coloro che asseriscono di attenersi al principio regolatore. C'è l'esempio della profetessa Miriam che, per divina ispirazione, compone un canto per celebrare la liberazione di Israele dalla schiavitù d'Egitto. Abbiamo pure il canto ispirato di Debora, la profetessa (Giudici 5). Vi sono i canti ispirati dallo Spirito Santo del profeta Isaia (p. es. 5:1; 26:1ss, ecc.) come pure i canti ispirati di Maria (Luca 1:46 ss). Se 1 Corinzi 14:26 si riferisce a cristiani che componevano canti per il culto pubblico, essi erano prodotti dall'immediata azione dello Spirito Santo.

I credenti dell'Antico Testamento che Dio utilizza per scrivere il Salterio, scrivono per ispirazione dello Spirito Santo. L'ispirazione profetica e la composizione di canti di lode vanno di pari passo. Il re Davide, che la Bibbia chiama un profeta (2 Cronache 29:25-30), scrive i suoi cantici per speciale dono dello Spirito Santo (2 Samuele 23:1,2; Atti 1:16). Il Nuovo Testamento fa ripetutamente riferimento a Davide come ad un profeta quando cita i suoi canti (cfr. Matteo 22:43-44; Marco 12:36; Atti 1:16-17; 2:29-31; 4:24-25). Il culto dei musicisti e dei cantori del tempio è considerato nella Scrittura come profezia (1 Cronache 25:1-7). Questa designazione, quand'è applicata al contenuto dei canti, significa ovviamente che ciò che cantavano era frutto di ispirazione divina. Così, i musicisti ed i cantori del culto nel tempio che erano coinvolti nel comporre canti per il culto, lo facevano per speciale operazione dello Spirito. Eman (nominato da Davide come conduttore del culto nel santuario, era chiamato "veggente del re" (1 Cronache 25:5) nella Scrittura, sinonimo del termine "profeta". Titoli e ruoli profetici sono costantemente attribuiti al capo dei musici del tempio ed ai cantori. Asaf, per esempio. uno dei principali musici di Davide (1 Cronache 6:39; 15:17; 16:5 ss.; 2 Cronache 5:12) da lui nominato al servizio del canto e da Salomone nel culto del tempio, è pure chiamato "veggente" e posto accanto a Davide in quanto autorità musicale nel tempio (2 Cronache 29:30). Non dovremmo neppure trascurare il significato del fatto che alcuni dei Salmi (50, 73-83) sono attribuiti ad Asaf, confermando così il suo ruolo come scrittore di canti ispirati per il culto. Jedutun, un altro dei cantori del tempio, è pure chiamato "veggente" (2 Cronache 35:15; cfr. 25:1, e Salmi 39, 62 e 77 titoli). La composizione di canti per il culto nell'Antico Testamento era così intimamente connessa all'ispirazione profetica che 2 Re 23:2 e 2 Cronache 34:40 usano il termine "Levita" e "profeta" in modo intercambiabile. Il culto di Jahvè è così importante che nulla di meno che testi infallibili ispirati dallo Spirito Santo sono accettabili per la lode nella chiesa.

Vi è chi sostiene che il fatto che tutti i canti nella Bibbia sa usarsi per il culto siano ispirati, non sia rilevante per la chiesa d'oggi. Essi affermano che dato che i canti in questione siano nella Bibbia, divinamente ispirata, ne consegua necessariamente che essi siano ispirati. Anche questo ragionamento non regge per due ragioni. In primo luogo, la Bibbia contiene la registrazione infallibile di molte frasi che come tali non sono ispirate. La Bibbia contiene frasi dette da alcune persone che mentivano, persone che sostenevano una cattiva teologia, anche ciò che Satana dice a Gesù. Nessuno sosterrebbe che le menzogne di Satana riportate nella Bibbia siano ispirate. In secondo luogo, e più importante ancora, è il fatto che lo Spirito Santo mette in rilievo come i canti da usarsi nel culto non provengano da persone che privatamente decidono di scrivere un canto, ma solo da veggenti e profeti. Il solo modo esistente per opporsi all'uso esclusivo di canti divinamente ispirati nella chiesa è quello di abbandonare il principio regolatore del culto, o esplicitamente o implicitamente. Abbandonare le leggi scritturali al riguardo del culto vuol dire rinnegare i principi della Riforma al riguardo del culto e porsi in un campo avverso.

6. I Salmi al centro del culto della chiesa apostolica

La Bibbia insegna che i Salmi erano usati per il culto pubblico e privato nella chiesa apostolica. Il canto di canti divinamente ispirati non solo è un'ordinanza dell'Antico Testamento, ma anche un'ordinanza dell'era neotestamentaria.

Di fatto è Gesù stesso ad usare specificatamente i Salmi per la lode quando Egli introduce l'ordinanza neotestamentaria della Cena del Signore. Sia Matteo che Marco ci dicono che immediatamente dopo l'istituzione della Cena del Signore Gesù e gli apostoli cantano un inno. "Dopo che ebbero cantato l'inno, uscirono per andare al monte degli Ulivi" (Matteo 26:30; cfr. Marco 14:24). Letteralmente dice: "...e dopo aver inneggiato...". La maggioranza dei commentatori crede che il termine "inni" si riferisca al Salmo, o ai salmi detti "Hallel" (Salmi 113-118), pratica tipicamente ebraica in occasione della cena pasquale. E' improbabile che Gesù e gli apostoli si siano in questo caso allontanati dalle usanze del popolo di Dio senza affermarlo esplicitamente. Il fatto che Gesù includa il canto dei Salmi (quelli specifici) dopo l'istituzione della Santa Cena ne sanziona la loro prescrizione. Gesù e gli apostoli abbandonano altre leggi cerimoniali, ma non questa. La salmodia e la Cena del Signore non sono più separabili di quanto lo fossero nell'Antico Testamento il canto del Salmi e la Cena pasquale. Questo mostra chiaramente come i Salmi dell'Antico Testamento abbiano un valore permanente anche nel culto della Chiesa. La vostra chiesa segue l'esempio del Signore Gesù Cristo cantando i Salmi ispirati della Bibbia ogni qual volta condivide il pane ed il vino della Cena del Signore?

E' provvidenziale che quando Gesù entra nel momento cruciale della Sua passione (umiliazione, torture, agonia, abbandono e tenebre del Golgota, Egli avesse sulla bocca le parole degli antichi Salmi. " La pietra che i costruttori avevano disprezzata è divenuta la pietra angolare. Questa è opera del SIGNORE, è cosa meravigliosa agli occhi nostri. Questo è il giorno che il SIGNORE ci ha preparato; festeggiamo e rallegriamoci in esso. O SIGNORE, dacci la salvezza! O SIGNORE, facci prosperare! Benedetto colui che viene nel nome del SIGNORE. Noi vi benediciamo dalla casa del SIGNORE. Il SIGNORE è Dio e risplende su di noi; legate la vittima della solennità e portatela ai corni dell'altare. Tu sei il mio Dio, io ti celebrerò; tu sei il mio Dio, io ti esalterò. Celebrate il SIGNORE, poiché è buono, perché la sua bontà dura in eterno" (Salmo 118:22-29). Se il Capo della Chiesa aveva scelto di cantare i Salmi ispirati da Dio per la lode, il conforto, e l'edificazione, non dovrebbe forse la Sua sposa fare altrettanto? Chi siamo noi per accantonare le ordinanze del Figlio di Dio?

7. Atti 16:25

In Atti 16 Paolo e Sila vengono gettati in prigione (v. 24) dopo che una folla esagitata li denuncia alle autorità di Filippi con l'accusa di "turbare la città". Luca ci dice che "Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano" (v. 25). Il verbo tradotto con "cantavano inni" è lo stesso che viene usato per descrivere il canto dei Salmi in Matteo 26:30 e Marco 14:24. Gli israeliti pii spesso imparavano a memoria i Salmi per uso devozionale e i Salmi contengono espressamente "inni". Non abbiamo evidenza di altre raccolte di inni al tempo degli apostoli. E' verosimile, così, che Paolo e Sila cantassero degli inni contenuti nel libro dei Salmi. I Salmi di Davide sono stati da sempre particolarmente vicini al cuore dei sofferenti e il Signore stesso, morendo in croce, ne usa le espressioni. Attraverso il canto Paolo e Sila non solo edificavano e consolavano sé stessi in quelle circostanze, ma fornivano una testimonianza ed una fonte di incoraggiamento agli stessi altri prigionieri che ascoltano le loro preghiere e canti. Il pregare ed il cantare lodi a Dio non sembrano qui neppure essere due atti distinti (il testo letteralmente dice: "pregando cantavano lodi".

8. Efesini 5:19 e Colossesi 3:16

Questi testi sono importanti perché sono usati come "testi probanti" sia da coloro che sostengono l'esclusività del canto dei Salmi nel culto, sia da coloro che ne ammettono l'uso di composizioni non ispirate. Paolo Scrive: "...parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore" (Efesini 5:19); "La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali" (Colossesi 3:16).

Che cosa intende dire l'Apostolo con "salmi, inni e cantici spirituali"? Si tratta forse di tre diversi tipi di canti, solo il primo dei quali si riferisce ai Salmi ispirati, oppure, come noi sosteniamo e comproviamo, si tratta di espressioni che indicano tre diversi tipi di canti presenti all'interno del Salterio ispirato stesso? Di fatto è vera quest'ultima affermazione. Non dobbiamo presumere che ciò che noi oggi consideriamo un inno, fosse inteso anche al tempo di Paolo come canto composto da poeti e musicisti credenti in forma metrica a strofe separate (raccolto in libri posti sui banchi della chiesa), diverso dalle composizioni che nella Bibbia definiamo come "Salmi", e diverso ancora dai "cantici spirituali" intesi oggi frequentemente come "espressioni spontanee e ripetitive di lode e di adorazione suscitate dall'impulso della propria fede". Questa distinzione è del tutto moderna: bisogna identificare che cosa quest'espressione stesse a significare fra i cristiani di lingua greca del I secolo.

Per comprenderne il significato bisogna considerare diversi fattori: (1) il pensiero religioso e la concezione del mondo degli apostoli era imbevuta dall'Antico Testamento, che Gesù stesso aveva interpretato in continuità organica. Tutto ciò è ben distinto dalle concezioni e cultura religiosa del paganesimo. Quando l'apostolo Paolo, perciò, discute di dottrina e di culto, egli fa uso di termini e di concetti congruenti con la fede israelita nutrita dalle Scritture ebraiche. Benché egli si esprimesse in greco koiné, molte delle espressioni che usa sono trasposizioni letterali di quelle ebraiche. Si tratta di un greco fortemente influenzato dall'ebraismo. (2) Le chiese fondate da Paolo erano costituite da israeliti, proseliti del giudaismo ("timorati di Dio") e da persone d'estrazione pagana. Queste chiese facevano uso della versione greca delle Sacre Scritture ebraiche chiamata Septuaginta. Quando Paolo esprime idee veterotestamentarie ad un pubblico di lingua greca, egli fa uso della terminologia della Septuaginta. Quando così esaminiamo la Septuaginta, troviamo che i termini "salmi" (psalmos), "inni" (hymnos) e "cantici" (odee), essi fanno sempre riferimento al libro veterotestamentario dei Salmi, non a raccolte di canti diversi. "Psalmos" ricorre circa 87 volte nella Septuaginta, di cui 78 sono nei salmi stessi, e 67 volte nei titoli dei salmi. Esso pure forma il titolo della versione greca del salterio. "Hymnos" ricorre 17 volte nella septuaginta, 13 delle quali nei Salmi, sei volte nei titoli. In 2 Samuele, 1 e 2 Cronache e Neemia, vi sono circa 16 esempi in cui i salmi sono chiamati "inni" (hymnoi), o "cantici" (odai) ed il canto di questi è chiamato "inneggiare" (hymneo, hymnodeo, hymnesis). "Odee" ricorre 80 volte nella Septuaginta, 45 volte è nei Salmi, 36 nei titoli dei salmi. In dodici titoli di salmi troviamo sia "salmi" che "cantici", e in due altri troviamo "salmi" ed "inni". Il Salmo 76 è designato "Salmo di Asaf, canto". Alla fine dei primi 72 salmi leggiamo (nella Septuaginta: "ἐξέλιπον οἱ ὕμνοι δαυιδ τοῦ υἱοῦ ιεσσαι", cioè "qui finiscono gli inni di Davide figlio di Isai". In altre parole, non c'è maggior ragione di pensare che l'Apostolo si riferisse ai salmi quando dice "salmi" di quanto non dica riferendosi a "inni" e "cantici", perché tutti e tre sono termini biblici riferentisi ai Salmi del libro dei Salmi stesso. Ignorare il modo in cui l'uditorio originale avesse inteso, così, "salmi, inni e cantici" per importarvi il significato che noi diamo a questi termini, il meno che si possa dire è che è scorretto.

Una delle obiezioni più comuni contro l'idea che in Efesini 5:19 e Colossesi 3:6 l'Apostolo stia parlando del libro dei Salmi è che sarebbe assurdo che egli dicesse "Cantate salmi, salmi e salmi". Questa obiezione, però, non considera il fatto che fra gli antichi ebrei era comune far uso di espressioni letterarie triplici per indicare una certa idea, atto o oggetto. La Bibbia contiene molti esempi di espressioni triadiche. Per esempio, Esodo 34:7 "...perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato", Deuteronomio 5:31 e 6:1 "io ti dirò tutti i comandamenti, tutte le leggi e le prescrizioni che insegnerai loro", Matteo 22:37 "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (cfr. Marco 12:30; Luca 10:27); Atti 2:22 "...uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni", e così pure in Efesini 5:19 e Colossesi 3:6: "salmi, inni e cantici spirituali". La distinzione triadica usata da Paolo sarebbe stata immediatamente comprensibile da un uditorio familiare con il salterio ebraico o la Septuaginta greca, dove appunto quelli che noi chiamiamo semplicemente "Salmi" erano indicati come: "salmi, inni e cantici spirituali". La Scrittura dev'essere l'interprete di sé stessa.

L'interpretazione che dice: "salmi, inni e cantici spirituali" si riferisce al libro ispirato dei Salmi pure riceve sostegno biblico dal contesto immediato e dalla grammatica di questi brani. In Colossesi 3:16 siamo così esortati: "La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente". In questo brano la "Parola di Cristo" è verosimilmente corrispondente a "Parola di Dio". In 1 Pietro 1:11 si afferma che "lo Spirito di Cristo" era nei profeti dell'Antico Testamento, ed attraverso di essi testimoniava delle future sofferenze del Cristo e della gloria che ne avrebbe seguito. Se lo Spirito di Cristo testimoniava di queste cose attraverso gli antichi profeti di Israele, allora Cristo era l'autore ultimo di quelle Scritture. Prominente fra queste profezie messianiche è il libro dei Salmi, e quindi si può dire che Cristo sia l'autore dei Salmi. Dopo che Paolo esorta i Colossesi a che la Parola di Cristo abiti in loro abbondantemente, egli immediatamente indica loro il libro dei Salmi, un libro che comprende in magnifica sintesi tutto l'insegnamento della Bibbia, un libro molto superiore a qualunque altro libro devozionale, che Calvino chiama: "Un'anatomia di tutte le parti dell'anima", "un compendio di tutta la teologia". Forse che lasciamo che le Scritture, la Parola di Cristo, abiti in noi abbondantemente quando, durante il culto, cantiamo composizioni umane che, per quanto riflettano l'insegnamento della Scrittura (cosa che non è sempre garantita), sono molto inferiori alle espressioni della Parola di Dio? No, certo che no. Se dobbiamo meditare e cantare la Parola di Cristo, dobbiamo cantare ciò che Cristo ha scritto attraverso il Suo Spirito nel libro dei Salmi.

Anche la grammatica appoggia il fatto che Paolo qui parli del libro dei Salmi. Nelle nostre versioni italiane della Bibbia, l'aggettivo "spirituale" viene connesso al terzo elemento, "cantici spirituali", come se riguardasse solo quelli. Di fatto, in greco, quell'aggettivo riguarda anche gli altri due termini: salmi spirituali, inni spirituali, e cantici spirituali. Tutt'e tre i termini sono nel dativo femminile e per "spirituale" si intende "ispirato dallo Spirito (Santo)". Questo fa escludere immediatamente che l'aggettivo possa essere attribuito a composizioni umane non incluse nel canone biblico, composizioni che non possono essere equiparate agli scritti biblici come ispirata Parola di Dio. Molte composizioni umane sono di alto livello, compatibili con l'insegnamento biblico, composte da uomini e donne sospinti da autentica fede e dallo Spirito Santo. Queste ultime composizioni, però, non possono essere considerate propriamente "Parola di Dio" e quindi non possono essere considerate nemmeno "spirituali" in quel senso.

I Salmi dell'Antico Testamento, è vero, sono insufficienti per i bisogni della Chiesa in questa dispensazione, ma solo nel senso che essi richiedono di essere letti nell'ottica della rivelazione completata nel canone del Nuovo Testamento. Essi devono essere cantati nello spirito di ciò che si è compiuto nel Nuovo Testamento, nel quadro del suo insegnamento. Prima che fosse chiuso il Canone del Nuovo Testamento i primi cristiani si ritrovavano con un insegnamento necessariamente incompleto. Dio sovviene a questa loro mancanza attraverso i doni carismatici di rivelazione (profezie ed anche canti) che. con la predicazione apostolica, aprono loro il pieno significato dell'Antico Testamento. I doni carismatici speciali, però, cessano con la chiusura del Canone biblico e con la sua diffusione capillare. In presenza dell'insegnamento biblico completo i doni carismatici speciali cessano completamente perché non più necessari, e quindi cessano anche gli autentici "canti spirituali" suscitati dallo Spirito Santo. Allo stesso modo in cui a nessun profeta moderno possono essere attribuite caratteristiche di rivelazione tali da far equiparare le sue parole a quelle della Scrittura, così nessun "canto carismatico" moderno equivale ai "cantici spirituali" che troviamo nella Scrittura, certo anche al di là dei Salmi, ma sempre limitatamente all'ambito delle Sacre Scritture. Questo potrebbe anche autorizzare il cantare altri testi della Bibbia diversi dai Salmi, perché noi li riconosciamo ugualmente Parola di Dio, ma nulla più di quello.

9. Gli inni dell'Apocalisse

Il libro dell'Apocalisse contiene diversi esempi di canti nel contesto del culto (ad es. 4:8, 11; 5:9-13; 7:10-12; 11:17-18; 14:2-3; 15:3-4; 19:1, 2, 5, 8). La domanda che ci si pone di fronte ad essi è se questi canti ci possono insegnare qualcosa su ciò che dobbiamo cantare nel culto pubblico e su come oggi noi lo si debba condurre? La risposta è no.

Si tratta di letteratura apocalittica che non era intesa essere letteralmente guida o modello del culto pubblico. Se lo fosse, saremmo tutti cattolici-romani, perché Apocalisse descrive un "altare" (6:9; 8:3, 5; 9:13; 11:1; 14:18; 16:7), "incenso" (8:4), "trombe" (1:10; 4:1; 8:13; 9:14), "arpe" (5:8; 14:2; 15:2) e persino l'Arca del patto (11:19). Dovremmo pure essere dei mistici, perché nell'Apocalisse non vi sono solo creature umane a rendere culto a Dio, ma anche uccelli, insetti, pesci, vermi ecc. (5:13). La letteratura apocalittica fa uso di linguaggio figurativo e di immagini molto forti per insegnarci lezioni spirituali. In una rappresentazione teatrale non sono importanti le scenografie di per sé stesse, ma il messaggio che vuole comunicare. Il libro dell'Apocalisse è pieno di oscuri rituali, con troni e templi, un'intera serie di atti liturgici che non hanno a che fare con le nostre circostanze cultuali. Il tentativo di importare elementi del culto dalla letteratura apocalittica può solo condurre al caos liturgico. Inoltre, anche se volessimo prendere le scene apocalittiche del culto celeste come modello per la chiesa oggi, ancora esse non autorizzerebbero l'uso di inni non ispirati, perché i canti che vi troviamo sono comunque composizioni ispirate che procedono dal cielo stesso, dal trono e dalla presenza di Dio. Come abbiamo notato, le scene del culto apocalittico con altare, incenso, arpe ed altri cerimoniali, non possono essere applicate alla chiesa del Nuovo Patto senza che le Scritture si contraddicano, e questo è impossibile.

Un "cantico nuovo?. Alcuni fanno appello al "cantico nuovo" menzionato in Apocalisse 14:3 come se fosse l'autorizzazione biblica a comporre oggi nuovi cantici... Se però studiamo come questa frase sia usata nella Scritture, vediamo come l'espressione "cantico nuovo" non ha nulla a che fare con la composizione di canti non ispirati dopo la chiusura del canone. L'espressione "cantico nuovo" nell'Antico Testamento può riferirsi ad un canto il cui contenuto sono nuove misericordie, o nuove meraviglie della potenza divina (ad es. 40:3; 98:1). Si rammenti, però, che questa espressione è usata per descrivere canti scritti sotto divina ispirazione. Questo fatto limita i "nuovi cantici" a quelli ispirati che si trovano nella Bibbia. Dato che l'espressione "cantico nuovo" è usata per descrivere canti scritti da persone dotate di doni profetici e non si applica a qualsiasi israelita, non si può applicarla a compositori dei nostri giorni, per quanto valenti e popolari possano essere. Un altro significato di "cantico nuovo" si riferisce non a canti che celebrano nuovi atti di misericordia, ma al cantare un canto con uno spirito nuovo, diverso, cioè con un cuore riconoscente e gioioso. Il canto può essere di antica composizione, quando però applichiamo il canto ispirato esperienzialmente alla nostra situazione, lo cantiamo in modo diverso da prima, nuovo. Questo è probabilmente il significato di "cantare un canto nuovo" nei Salmi che, specificatamente non menzionano nuove grazie. Per esempio, il Salmo 33:3 dice: "Cantategli un cantico nuovo, sonate bene e con gioia" e poi discute dottrine generali ben note, come creazione, provvidenza, speranza e fiducia in Dio. C'è poi un senso per il quale i canti dell'Antico Testamento diventano "cantici nuovi" per il cristiano, nel senso che cantiamo i Salmi in una prospettiva diversa da quella dei credenti nell'Antico Patto. E' in questo senso che Giovanni può dire che il comandamento dell'amore per il cristiano è "nuovo" pur essendo presente nell'Antico Testamento, perché ora lo vive nella prospettiva e con la forza di Cristo. (cfr. Levitico 19:18 con 1 Giovanni 2:7; 2 Giovanni 5).

10. I presunti frammenti di inni nel Nuovo Testamento

Un metodo comune per respingere il concetto di Salmodia esclusiva è quello di fare appello all'esistenza di frammenti di inni nel Nuovo Testamento stesso. L'esistenza di questi frammenti di inni, ci vien detto, ci insegna che i credenti del Nuovo Testamento di fatto scrivessero nuovi inni da cantare nel culto. Il problema di questa argomentazione è che non si basa su solide evidenze scritturali, ma si tratta di speculazioni ed ipotesi di teologi ed esegeti moderni. Di fatto l'identificazione di tali "inni" è del tutto congetturale, ipotetica. Per lo più quelli che si riconoscono come tali non seguono le regole degli inni metrici del tempo, anzi, sembrano non corrispondere ad alcuna regola riconoscibile. I metodi usati per identificare questi "inni" sono largamente soggettivi. Se fosse fiorita un'innologia cristiana al tempo del Nuovo Testamento, è sorprendente come in esso nessuno di essi sia descritto come tale. Dato che la Scrittura non identifica mai i brani poetici o ritmici come canti o frammenti di canti, e dato che non esiste evidenza alcuna che essi fossero usati nel culto della chiesa apostolica o persino nel II secolo, possiamo ben considerare quest'argomentazione contraria alla salmodia esclusiva come un vero arrampicarsi sugli specchi.

Note

  • (n1) Così pure traduce la Riveduta e la Diodati, ma non la Nuova Diodati ["Veniamo alla sua presenza con lodi, celebriamolo con canti" (v. 2)] e nemmeno la CEI ["Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia" (94:2).
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