Giacomo01

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Indice - Seconda parte


La lettera di Giacomo

Contents

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Introduzione

La necessità di verificare noi stessi

L'apostolo Paolo esorta i cristiani a verificare spesso sé stessi, a mettersi alla prova, per vedere se siamo "nella fede", "se Cristo è in noi". Non si tratta soltanto di verificare l'esatta nostra conoscenza del contenuto della nostra fede così come ci è stato trasmesso dalle Scritture e organizzato nelle Confessioni di Fede della chiesa cristiana. E' come quando si dice che bisogna "ripassare" quanto abbiamo imparato per colmare i nostri "vuoti di memoria" e carenze. Si tratta anche e soprattutto di verificare di tanto in tanto se il nostro comportamento quotidiano (pensieri, parole ed azioni) sia conforme alla nostra professione di fede. L'apostolo, infatti, scrive: "Esaminatevi per vedere se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete che Gesù Cristo è in voi? A meno che l'esito della prova sia negativo" (2 Corinzi 3:5). Essere nella fede, o essere in Cristo, infatti, è pure questione pratica. Dobbiamo verificare la nostra coerenza e se l'esito della prova è negativo, correre ai ripari, avvalerci degli strumenti a nostra disposizione per "correggere la rotta". L'apostolo Paolo stesso, in un'altra sua lettera, scrive: "Iannè e Iambrè si opposero a Mosè, così anche costoro si oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta, che non hanno dato buona prova quanto alla fede" (2 Timoteo 3:8). Una "mente corrotta" sicuramente non può che produrre un comportamento corrotto. Dobbiamo verificare noi stessi: "per vedere alla prova se siete ubbidienti in ogni cosa" (2 Corinzi 2:9).

Questa verifica la possiamo fare, naturalmente, quando ci mettiamo a confronto con la Parola di Dio, in particolare con la Legge morale che Dio ha disposto per noi. L'ubbidienza, infatti, è espressione di una fede autentica. Questa è esattamente la funzione della lettera dell'apostolo Giacomo che, nel Nuovo Testamento, mette esattamente in evidenza come una fede autentica sia comprovata da un comportamento corrispondente, riassunto da quanto scrive Giacomo in 2:17: "Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta". Il messaggio di fondo dell'epistola di Giacomo è infatti: quel che noi professiamo di credere deve essere evidente dal modo in cui noi viviamo. Le questioni che Egli solleva, perciò, non sono banali, ma colgono nel segno la nostra vita stessa. Siamo salvati per sola fede, ma la fede che ci salva non viene mai da sola!

Ecco perché ci proponiamo, in questa serie di studi biblici, di esaminare la lettera di Giacomo. Prima di addentrarci, però, nel testo, è necessario fare un'introduzione a questo scritto della Parola di Dio. Lo faremo soffermandoci oggi sul primo versetto soltanto di questa lettera, che contiene l'indirizzo ed i saluti e che dice: "Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono disperse nel mondo: salute".

Questo versetto ci sollecita ad esaminare: (1) chi sia l'autore di questa lettera e le sue qualifiche; (2) quando essa è stata scritta; ; (3) chi ne sono i destinatari originari; (4) Lo stile in cui è stata scritta; (5) La sua canonicità e collocazione nel canone delle Sacre Scritture; (6) L'analisi ed il sommario del suo contenuto; (7) infine, il suo scopo e tema, cosa di cui già ho accennato quando ho introdotto questo studio biblico. 

Faremo tutto questo, naturalmente, in modo necessariamente sintetico. 

L'autore

Secondo quant'era in uso nell'antichità, l'autore della lettera identifica sé stesso sin dall'inizio. In un certo senso, però, l'autore della lettera non specifica abbastanza la sua identità tanto che noi si possa avere la certezza di chi esattamente si trattasse. Presuppone che i suoi lettori originali lo conoscessero bene e quindi egli stesso non ritiene di dover specificare. Stabilire chi sia l'autore è una questione della quale si era molto preoccupata la chiesa antica, perché non solo essa voleva accertarsi dell'autenticità di questo scritto, ma anche della competenza, qualifiche ed autorità dell'autore.

Giacomo 1:1 dice semplicemente: "Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono disperse nel mondo: salute". 

Anche solo una lettura veloce del testo rivela come si trattasse di un uomo fra loro altamente stimato, che occupava una posizione di autorità spirituale riconosciuta. Presupponendo, come noi siamo persuasi di voler fare, vale a dire che l'opinione della critica biblica moderna sia errata (essa insegna, infatti, che Giacomo sia una lettera pseudo-epigrafa, scritta cioè da qualcuno che si fa passare ingannevolmente per Giacomo), dobbiamo prima di tutto vedere chi nel Nuovo Testamento stesso portasse questo nome e se potesse esserne l'autore. Nel Nuovo Testamento sono citate quattro uomini che portano il nome di Giacomo.

Possibili scelte

Giacomo, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni

L’autore può essere il Giacomo più prominente dei vangeli. Egli era uno dei discepoli di Gesù ai quali Egli stesso dà il soprannome: "Boanerges", vale a dire "figlio del tuono" (Marco 3:17). Questo Giacomo era originalmente pescatore con Giovanni (suo fratello) insieme a Pietro e ad Andrea. Diventa discepolo di Gesù e più tardi muore come martire per mano di Erode Agrippa I così com’è riportato da Atti 12:2 (circa nell'anno 44). È molto improbabile che sia questo Giacomo ad aver scritto questa lettera prima di quella data e, in ogni caso non vi sono tradizioni antiche che lo suggeriscano.

= Giacomo, figlio di Alfeo, un altro discepolo

Si sa molto poco di questo Giacomo, fratello di Matteo (Levi). Era un altro discepolo di Gesù, ma ancora, non esistono indicazioni che possa essere stato lui a scrivere questa lettera.

Giacomo, padre del discepolo Giuda (Giuda Taddeo)

Quest’uomo è ancora più oscuro. Non è un candidato verosimile.

Giacomo, fratello di Giuda e fratellastro di Gesù

Sembra essere questo l’autore dell’epistola. Egli non si identifica in questo modo, ma ci viene rivelato molto del suo carattere che corrisponde a quanto sappiamo di lui. Questa scelta è pure in linea con la tradizione, che ci dice come egli sia rimasto a Getusalemme e che Pietro, Giacomo e Giovanni avevano scelto Giacomo  fratello di Gesù come pastore della chiesa di Gerusalemme dopo l’ascensione di Cristo (cfr. Clemente alessandrino). Il fatto che Egli non si identifichi in questo modo (come fratello del Signore) può essere indicazione della sua umiltà, ma anche indicare quanto fosse considerato e la personale autorità che aveva fra i suoi lettori. Era infatti un uomo ben conosciuto ed altamente stimato nella nuova comunitâ cristiana. "Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo" era per loro indicazione pienamente sufficiente della sua identità. È solo per il lettore moderno che la sua brevità costituisce un problema.

Lineamenti biografici

Giacomo è introdotto per la prima volta in Matteo 13:55 cime uno dei fratelli del Signore. Giovanni 7:5 ci racconta il fatto triste che persino sei mesi prima della crocifissione di Gesù (la festa dei tabernacoli), Giacomo non fosse ancora credente. 

1 Corinzi 15:7 ci duce che fra i testimoni della risurrezione di Cristo vi fosse pure Giacomo: "Poi apparve a Giacomo". Poco più tardi si menzionano un certo numero di persone in preghiera con gli apostoli in attesa degli avvenimenti della Pentecoste, fra i quali i fratelli di Gesù: "...tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e con i fratelli di lui" e fra questi presumibilmente Giacomo. In Galati 1:18-19 Paolo descrive gli avvenimenti della sua vita seguenti i suoi tre anni in Arabia dopo la sua conversione. Paolo, così, trascorre due settimane con Pietro a Gerusalemme e pure menziona un altro importante leader della chiesa che indica come Giacomo: "...e non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore". Al tempo di Atti 12:17 Giacomo era evidentemente già fra i responsabili della chiesa di Gerusalemme, perché Pietro, liberato dal carcere, chiede che le notizie siano riferite a Giacomo.

In Atti 15:13 Giacomo è fra coloro che presiedono il Concilio di Gerusalemme, convocati per decidere l’ importante questione del rapporto della fede cristiana con la legge mosaica. In Galati 2:9 Paolo si riferisce a lui come una delle "colonne" della chiesa - uguale a Pietro e a Giovanni.

Indubbiamente, Giacomo aveva fatto molti passi in avanti dalla sua conversione. I riferimenti a Giacomo che restano (Galati 2:12-13 e Atti 21:18-19) rivelano il suo zelo per la legge mosaica. Evidentemente egli era in forte accordo con la decisione del Concilio di Gerusalemme (Atti 15:13-19) ma pure aveva cura a conservare la pace fra i cristiani provenienti dal paganesimo ed i cristiani ebrei, forse tendenti al legalismo. Egli stesso, forse, come Pietro, aveva portato troppo in avanti la questione, senza per questo minimizzare il suo ruolo di apostolo (cfr. Galati 2:11). Egli aveva pure ricevuto il soprannome di "il giusto" a causa della sua riconosciuta pietà e che avesse "le ginocchia come quelle di un cammello" a causa del tempo che passava in preghiera. 

Giuseppe Flavio racconta come Giacomo fosse stato ucciso durante un sollevamento contro i cristiani quando era sommo sacerdote Ananus nel 62 a. C.

La datazione di questa lettera

Gli studiosi liberali assegnano all'epistola di Giacomo una datazione molto tarda (A. D. 85-130), ma le evidenze indicano una datazione molto precedente a quella. Un avvenimento molto importante come la caduta di Gerusalemme (A. D. 70) avrebbe in qualche modo dovuto comparire in un tale scritto ebraico, se già fosse avvenuta, almeno nelle sue conseguenze. Inoltre, se abbiamo ragione ad attribuire questa lettera a Giacomo, fratello del Signore, questo scritto sarebbe stato composto ovviamente prima del 62 A. D., l'anno della sua morte. Inoltre, l'ordinamento ecclesiastico essenziale della chiesa, come riflesso nell'epistola, suggerisce una data piuttosto prossima al tempo di Gesù: non si menzionano, infatti, né vescovi né diaconi, ed il luogo di riunione della chiesa è ancora "la sinagoga" (Giacomo 2:2, "adunanza", in greco synagogé). 

L'opinione della chiesa antica era pure favorevole ad una datazione precoce, perché nella loro collocazione dei libri dell'Antico Testamento, Giacomo è posto prima delle epistole paoline. Oltre a tutto questo, l'ovvio tono giudaico della lettera, il sottile divario che sembra ancora esistere fra Giudaismo e Cristianesimo, l'assenza di una fraseologia cristiana sviluppata, la mancanza di una dottrina cristiana elaborata, la mancanza del conflitto fra ciò che i cristiani ebrei esigevano dai cristiani di origine pagana nel 49 A. D. (come se il cristianesimo portasse ancora "i pannolini", senza ancora la prominenza gentile nella chiesa) tutto punta ad una datazione attorno all'incirca il 46 A. D. 

E' così che questo appare essere il più antico fra tutti gli scritti del Nuovo Testamento, la "Prima lettera ai cristiani".

I destinatari

La lettera è indirizzata: "alle dodici tribù che sono disperse nel mondo" (Giacomo 1:1 b). "Dodici tribù", ovviamente, identifica i lettori come israeliti e "della dispersionwe " (la diaspora), li identifica ulteriormente come quelli fra di loro che vivevano fuori dalla Palestina. Il fatto che la lettera sia stata scritta in greco (piuttosto che in aramaico) sembra ulteriormente specificare quelli che vivevano nell'area occidentale della dispersione (ad esempio, la Siria), che era uno dei primi obiettivi dell'evangelizzazione ristiana (Atti 11:19, Fenicia, Cipro e Antiochia). Giacomo, pèoi, li identifica come "fratelli" nella fede in Gesù Cristo "Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo" (2:1). Sommando tutte le evidenze, abbiamo così come destinatari i primi credenti in Cristo d'origine israelita al di fuori della Palestina. L'influenza di Giacomo, così, appare molto grande. La lettera è scritta da un apostolo in Gerusalemme ai cristiani giudei all'estero.

Lo stile

Questa epistola (lettera) in molti modi è molto diversa dalle altre epistole del Nuovo Testamento. Suona molto più come un sermone predicato e registrato da uno stenografo! Verosimilmente, la lettera doveva essere letta pubblicamente durante gli incontri delle chiese alle quali era inviata. Quel che segue è un breve schizzo delle sue principali caratteristiche.

Tecniche letterarie

Paronomasia

Questa lettera fa spesso uso della tecnica chiamata "paronomasia" (dal greco paronomasía, composto da pará, «vicino», e onomasía, «denominazione»), o parechesi, vale a dire una figura retorica che consiste nell'accostare due o più parole che abbiano suono molto simile (differendo per una o due lettere) e significato diverso. In letteratura può essere usata per rendere perentoria l'associazione tra due concetti, per esaltare la musicalità di un verso o per scopi umoristici (gioco di parole). Questo stile letterario è un metodo sottile ma efficace di sottolineare un punto collegando insieme proposizioni, frasi o idee, ripetendo la parola chiave. In Giacomo 1:3-4 viene messa in rilievo la "costanza": "sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti". I versetti 4-5 mettono in rilievo la maturità al negativo ("mancanza di"). I versetti 5-6 parlano di "chiedere". Vedasi anche la "prova" o "tentazione" (12-14), "concupiscenza" (14-15), "ira" (19-20), ecc. Fare attenzione quando compare questa tecnica può essere spesso un aiuto per l'interpretazione.

Figure retoriche - principalmente metafore o similitudini

Metafore e similitudini sono metodi di confronto per parlare di una cosa nei termini dell'altra. Giacomo prende queste figure da ogni area della vita.

La vita di campagna. Parla della prosperità terrena come un fiore che appassisce (1:10); della lingua come di una sorgente e di un albero (3:11); della giustizia come di un frutto (3:18), della vita come di un vapore (nebbia) che appare per un istante e poi svanisce (4:14), ecc.

La vita dei marinai e l'astronomia. "chi dubita rassomiglia a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là" (4:6). Dio, fonte di ogni bene è immutabile come il sole (1:17), ecc.

La vita di famiglia

Lo sviluppo e risultato del peccato è paragonato al concepimento, parto, crescita e morte (1:15). L'ascoltatore disattento "è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio" non molto bene (1:23). In 4:4 l'infedeltà è paragonata all'adulterio, ecc.

La vita pubblica

La futura beatitudine dei credenti è paragonata alla "corona" che riceve il vincitore (1:12). I piaceri edonistici sono come un esercito ostile accampato nel nostro corpo (4:1), ecc.

Illustrazioni

La maggior parte delle illustrazioni di Giacomo sono prese dalle esperienze normali della vita di ogni giorno. Spesso, per illustrare un punto, egli fa riferimento a vento, fiori, sole, vapore, agricoltura. Vi è più poesia nella breve lettera di Giacomo che in tutte le epistole paoline messe assieme. Forse ha imparato questo da sua madre (vedasi Luca 1).

Domande retoriche

Giacomo fa spesso uso di domande che in sé stesse contengono già la risposta. Poche cose sono maggiormente efficaci in un'argomentazione che costringere qualcuno a rispondere ad una domanda ovvia. Giacomo lo fa ripetutamente (ad esempio 2:4, 5, 6, 7, 14, 16, 20, 21).

Un greco eccellente

Gli studiosi della lingua greca concordano sul fatto che il greco con il quale si esprime Giacomo sia il migliore del Nuovo Testamento, ad eccezione della lettera agli Ebrei. Sembra essere stato un uomo molto istruito.

Semplice e diretto

L'effetto complessivo di tutto questo è uno stile semplice, diretto, vivace come pochi altri. A causa del suo fervore, immaginazione, illustrazioni, domande, ed uso elevato del linguaggio in generale, non c'è modo di equivocare quel che vuol dire. Con Giacomo le questioni non sono mai astratte, ma reali, familiari e molto personali.

Altre caratteristiche

Autorevolezza

Giacomo non esita a dirci quel che dovremmo fare. Non si può nemmeno leggere questa lettera casualmente senza riconoscere come Giacomo ci predichi da una posizione superiore. Egli comanda e rimprovera, e non si scusa mai per questo. Nessun profeta dell'Antico Testamento ha mai parlato con simile autorità. In questa breve lettera di 108 versetti vi sono 54 imperativi (comandi).

Praticità

E' evidente come lo scopo di Giacomo non sia semplicemente di istruirci su ciò che dobbiamo credere, ma su cosa dobbiamo fare a causa di ciò in cui crediamo.

Rilevanza

Le questioni personali trattate da Giacomo sono sempre attuali: non si può dire che vi sia un tempo in cui non sono più rilevanti.

Carattere ebraico

Scritta alle 12 tribù della dispersione, l'intera atmosfera mentale della lettera è ebraica. Quasi ogni argomento di questa lettera è presente nell'Antico Testamento, e quasi non sembra esservi alcun insegnamento distintamente cristiano. Il luogo dell'incontro è la sinagoga (2:1). Abraamo è loro padre (2:21), Dio è chiamato "il Signore degli eserciti" (5:4, l'unica volta nel Nuovo Testamento). Le sue illustrazioni sono spesso tratte dall'Antico Testamento, e l'intero approccio è simile a quello dei profeti dell'Antico Testamento. E' il più ebraico di tutti gli scritti del Nuovo Testamento.

Diversità da Paolo

Si è scritto molto al riguardo delle differenze del pensiero di Giacomo da quello paolino. I due apostoli iniziano le loro lettere con un saluto, ma spesso la loro somiglianza si può dire che finisca lì. E' vero, per molti versi, non solo per quanto riguarda lo stile, ma anche al contenuto. L'opinione che aveva Martin Lutero su questa lettera è ben nota (come la maggior parte delle opinioni di Lutero!). "E' un'epistola di paglia!", diceva lutero, rilevando come Giacomo metta l'accento più sulle opere che sulla fede. Con il tipico stile di Lutero, egli aveva detto: "All'università di Wittemberg noi ci accendiamo il focolare con la lettera di Giacomo!". Si tratta però semplicemente del fatto che, almeno al tempo in cui aveva detto queste cose, Lutero semplicemente non avesse compreso questa lettera, Tant'è vero che lo stesso Lutero modera in seguito questa sua valutazione. Questa incomprensione sorge dal non avere ben compreso che le questioni in gioco, in Giacomo ed in Paolo, sono complementari, perché l'uno e l'altro si stanno combattendo nemici diversi. Paolo attacca l'idea che si possa essere salvati attraverso l'esecuzione di opere e così mette in rilievo la fede. Giacomo attacca l'idea che la fede di una persona possa essere morta (vale a dire "improduttiva") e pur sempre valida, e così Giacomo mette in rilievo le opere. Paolo e Giacomo non sono in contraddizione l'uno con l'altro, ma sono complementari.

Somiglianza con Paolo

Vale la pena di osservare come tutto ciò che dice Giacomo pure si trova negli scritti di Paolo.  Si confronti Romani 2:6-10 & Efesini 2:8-10 a Giacomo 2:1, 5, & 23. Bisogna poi notare come i due apostoli usino spesso la stessa terminologia con significati diversi. Le "opere" che Paolo attacca sono quelle che si presumevano salvare; le "opere" che Giacomo esige sono quelle che dimostrano la salvezza.

Somiglianza con Gesù

E' stato detto che se Giovanni poggiava il suo capo sul petto di Gesù, Giacomo sedeva ai Suoi piedi. Giacomo preserva gli insegnamenti di Gesù più di tutte le altre epistole messe insieme. Egli non cita mai direttamente il suo fratello più vecchio, ma sembra costantemente riferirsi al Suo insegnamento come base del proprio. Vi sono almeno 10 paralleli a quanto Gesù dice nel Sermone sul monte, e quasi tutto ciò che leggiamo in Giacomo può trovare riferimenti che Gesù può avere suggerito. Questo è un fenomeno così pervasivo che persino quando non sai trovano paralleli diretti, molti sono inclini a sospettare che Giacomo ripeta insegnamenti di Gesù non registrati altrove. La cosa è notevole, visto che Giacomo era diventato credente solo dopo la risurrezione di Gesù (Cfr. Matteo 5:48 & Giacomo 1:4, Matteo 7:7 & Giacomo 1:5, Marco 11:23 & Giacomo 1:6, Matteo 7:24-26 & Giacomo 1:22, Matteo. 7:1 & Giacomo 4:11-12, Matteo. 23:12 & Giacomo 4:10, Matteo 7:16 & Giacomo 3:12, ecc.)

La canonicità di questa epistola

Quando la chiesa antica doveva determinare quali scritti fossero ispirati e così inclusi nel Canone delle Sacre Scritture, l'epistola di Giacomo riscontrava di solito dei problemi. Era parte, infatti degli "antilegomena", i "libri disputati" da almeno una parte della chiesa. L'antico storico cristiano Eusebio (265-340) rileva questo per noi, sebbene egli personalmente accettasse Giacomo. Il problema era provocato fondamentalmente da due considerazioni, e più tardi da una terza. Il primo problema era la sua oscurità relativa - la lettera era rimasta sconosciuta a molte chiese locali, specialmente quelle dell'Africa. Questo problema fu risolto considerando come la lettera fosse indirizzata solo ad un popolo specifico in una località specifica. Inoltre diventò finalmente evidente come la lettera fosse più ampiamente conosciuta di quanto un tempo si fosse pensato. Il secondo problema riguardava chi esattamente dovesse esserne l'autore, anche dopo che il libro si era ampiamente diffuso. Si metteva in questione chi ne fosse l'autore e quale autorità egli possedesse (vale a dire la sua apostolicità). Con l'identificazione dell'autore e la sua vasta accoglienza, questi dubbi furono appianati nel IV secolo, ed al terzo concilio di Cartagine (397) questa lettera fu universalmente riconosciuta. Giacomo non soffrì più di alcun problema fino al tempo in cui Martin Lutero la mise in questione sulla base di un supposto suo conflitto con Paolo (vedi più sopra).

La sua posizione nel Canone

Sebbene Giacomo sia stata scritta prima delle lettere di Paolo, è stata posta dopo di esse per diverse ragioni, la migliore delle quali forse per il fatto che Paolo offre una presentazione più completa e sistematica della verità cristiana, e Giacomo così deve ritenersi supplementare a Paolo. E' posto in un gruppo di libri del Nuovo Testamento chiamato "le epistole cattoliche" (o generali), con Ebrei e Giuda. Sono chiamate "generali" perché gli autori e l'uditorio è vario.

Analisi

Giacomo ritiene particolarmente importante esortarci a considerare il modo in cui viviamo. Egli lo fa ammonendoci su vari pericoli che possono attentare alla nostra integrità cristiana (problemi che possono condurci al peccato) ed esortandovi alla pratica delle virtù cristiane più appropriate. Egli tratta di questi problemi uno per uno e al riguardo ci vengono date delle istruzioni. Gli argomenti che Giacomo solleva sono i seguenti:

  • Prove
  • Tentazioni
  • Ipocrisia
  • Parzialità
  • Fede improduttiva
  • L'uso della lingua
  • La sapienza di questo mondo.
  • Il peccato
  • La diffamazione
  • Troppa fiducia in sé stessi
  • Ingiustizia
  • Preghiera
  • Il fratello che sbaglia

Sommario

Sembra spesso impossibile fare uno schema del libro di Giacomo. Scoprire le maggiori suddivisioni di questa lettera è un compito a cui molti hanno rinunciato. In qualsiasi modo si suddivida questo libro, bisogna rammentarsi che lo scopo che si propone Giacomo è semplicemente quello di esortarci in questioni della vita cristiana quotidiana. Il seguente è un umile tentativo di riassumere quell'esortazione.

Il comportamento del cristiano
1. Di fronte alle prove
2. Di fronte alle tentazioni
3. Di fronte all'uso della lingua
4. Di fronte agli altri
La fede cristiana
1. Come la si può dimostrare
2. Come la si può illustrare
La vita cristiana
I suoi pericoli
L'uso della lingiua
Il mondo
La carne
L'ingiustizia
Le virtù
La pazienza
La preghiera

Scopo e tema

Giacomo è interessato a mostrarci il comportamento appropriato che deve tenere un autentico credente. Questa lettera, cioè, consiste di una serie di test a cui deve essere sottoposta la nostra fede. Quel che noi professiamo di credere deve essere evidente dal modo in cui noi viviamo. Le questioni che solleva, perciò, non sono banali, ma colgono nel segno la nostra vita stessa. Siamo salvati per sola fede, ma la fede che ci salva non viene mai da sola!

Versetto chiave

Giacomo 2:17 afferma bene quale sia il tema della letteral—"Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta".

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