Catgin 7-8

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[edit] Il magistrato

li Signore non solo ha attestato che la magistratura aveva la sua approvazione e gli era grata, ma ce l’ha pure grandemente raccomandata, avendo onorato tale dignità con titoli molto onorevoli.

Infatti egli afferma (Proverbi 8:15) che è opera della sua sapienza il fatto che i re regnino, che i consiglieri ordinino cose giuste e che i grandi della terra siano giudici.

E in un altro passo (Salmo 82:6) li chiama dei, perché compiono l’opera sua. Anche in un altro luogo (Deuteronomio 1:17 e 2 Croniche 19:5) è detto che esercitano la giustizia per Dio e non per l’uomo. E San Paolo (Romani 12:8) chiama dono di Dio la presidenza.

Ma (Romani 13:1) ove intraprende una più vasta discussione dell’argomento, insegna molto chiaramente che il loro potere è ordinato da Dio e che sono ministri di Dio, per dar lode a quelli che fanno il bene e per compiere la vendetta dell’ira di Dio sui malvagi.

Perciò i principi e i magistrati devono pensare a chi servono nel loro ufficio, e a non far nulla d’indegno di ministri e luogotenenti di Dio. Ora tutta la loro sollecitudine deve essere di conservare veramente pura la forma pubblica della religione, di guidare la vita dei popolo mediante ottime leggi e di procurare il bene e la tranquillità privata e pubblica dei loro sudditi.

Ma ciò non si può ottenere se non mediante la giustizia e il giudizio, cose particolarmente raccomandate dal profeta (Geremia 22:19). Giustizia significa proteggere gli innocenti, mantenerli, custodirli e liberarli; giudizio in vece significa resistere all’audacia dei malvagi, reprimere la violenza e punire i misfatti.

D’altro lato il dovere reciproco dei sudditi è non solo d’onorare e riverire i loro superiori ma di raccomandare al Signore in preghiera la loro salvezza e prosperità. Essi devono sottomettersi volentieri al loro dominio, ubbidire ai loro editti e alle costituzioni e non devono rifiutare i gravami che vengono loro imposti, siano tasse, pedaggio, tributi e altre contribuzioni, siano uffici e incombenze civili e tutto ciò che è del genere.

Non basta che siamo obbedienti ai superiori, che con buon diritto e secondo il loro dovere usano della loro superiorità di grado, ma bisogna anche sopportare quelli che abusano tirannicamente del loro potere, finché per ordine legittimo non siamo liberati dal loro giogo.

Infatti, come un buon principe è un testimone della benevolenza divina per conservare la salvezza degli uomini, così uno malvagio e perverso è un flagello di Dio per punire i peccati del popolo.

Tuttavia, si tenga questo generalmente per certo che tanto agli uni quanto agli altri la potenza è data da Dio e che non possiamo resistere loro senza resistere all’ordine di Dio.

Ma dall’obbedienza ai superiori bisogna sempre escludere una cosa: che ci distolga dall’obbedienza a Colui, agli editti del quale devono cedere i comandi di tutti i re. Il Signore adunque è il Re dei re, e quando ha aperto la sua bocca sacra, dev’essere ascoltato da tutti e sopra tutti.

Solo di poi siamo soggetti agli uomini, che sono costituiti sopra noi, ma non diversamente che in Lui. Se comandano qualcosa contro a Lui non si deve fare nulla, né tenere conto di tal ordine, ma si dia luogo piuttosto alla sentenza, che è meglio obbedire a Dio che agli uomini (Atti 4:19).

Soli Deo Honor et Gloria

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