Il dialogo tra Ray e Mesdoram
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A chiunque legga questo riassunto, voglio rendere noto che, non essendo la memoria il mio forte, mi sono permesso di fare un riassunto in prima persona, volto non solo a dare più che altro il senso del discorso, ma a rendere i fatti secondo la prospettiva del personaggio di [[Ray Lun|Ray]]. Per ciò, se la trattazione degli argomenti non corrisponderà alla reale successione dei fatti, non me ne vogliate. Comunque, la responsabilità di ciò che è scritto qui, è assolutamente mia. | A chiunque legga questo riassunto, voglio rendere noto che, non essendo la memoria il mio forte, mi sono permesso di fare un riassunto in prima persona, volto non solo a dare più che altro il senso del discorso, ma a rendere i fatti secondo la prospettiva del personaggio di [[Ray Lun|Ray]]. Per ciò, se la trattazione degli argomenti non corrisponderà alla reale successione dei fatti, non me ne vogliate. Comunque, la responsabilità di ciò che è scritto qui, è assolutamente mia. | ||
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“Quando gli altri furono usciti dall’abitazione di Mesdoram (compreso Larhal, che si era intrattenuto col Giudice per parlargli in privato), rimasi, senza farlo notare, ad attendere sull’uscio ed a fissarlo mentre rientrava. Il dialogo che, tutti noi, avevamo avuto in precedenza, sebbene mi avesse illuminato su taluni fatti, non mi aveva compiutamente soddisfatto, anche perché, e ciò è probabilmente dovuto alla mia timidezza, non ero riuscito a domandargli ciò che più mi stava a cuore. Mesdoram, voltatosi, ricambiò immediatamente il mio sguardo. Dopo una manciata di secondi, mi chiese se qualcosa non andava. Li per li, non riuscì a trattenere un non so che di sarcastico, misto ad un che di reverenza. Gli risposi che, in fondo, <<il dado era stato tratto>>, e a noi toccava solo l’ingrato compito di obbedire al destino da qualcuno prefissato. Egli mi rispose che, tuttavia, eravamo liberi di decidere il da farsi. Ma fino a che punto ? In fondo, gli dissi, era a causa di uno di loro che io ero stato costretto a quell’avventura, non di certo per voler mio; cosa può fare, a dunque, un povero figlio di pescatore di fronte a ciò ? La guerra, le gemma arcobaleno, la materia oscura, erano fatti che non mi riguardavano. A me importava, e forse peccai di egoismo, di poter vivere in pace, tranquillamente, come uno della mia gente. Ma invece, era stato proprio un giudice a coinvolgermi. Mesdoram, per tutto il tempo di quello che era diventato quasi un mio sfogo personale (ed infatti, senza che me ne accorgessi, o per lo meno ci dessi molto peso, prima le mani, poi le braccia, ed in fine tutto il corpo, avevano cominciato a tremare, sempre più nervosamente), rimase in silenzio. Quando ebbi finito, mi rispose, e le sue parole mi lasciarono sbalordito. Mi chiamò figlio della luna, mi disse che il mio legame con Larhal, ma del resto con tutto il gruppo, era più profondo ed oscuro di quanto non si capisse. Mi disse che io ero stato vittima probabilmente di quella setta di cui aveva parlato poc’anzi al gruppo, di coloro che usavano la materia oscura. Il peso della verità sembrò schiacciarmi, tanto ché caddi a terra, in ginocchio. Gli chiesi cossero veramente, perché il mio aspetto talvolta cambiava. Egli mi disse che io non ero umano, non del tutto, almeno. Basta, non riuscivo più a trattenermi, il peso era troppo forte. Gli strinsi il braccio, come a cercare una mano d’aiuto, e probabilmente gli feci anche male... Lui, parve capirmi, trattene il braccio saldo, impassibile. Mi guardò, come a scrutare l’anima mia. Devo dire che, dinanzi il suo sguardo, mi sentivo praticamente nudo; egli sapeva tutto. Questo mi diede fiducia, ma forse non capivo, perché rimasi un po’ deluso quando mi disse che avrei dovuto capire da me la strada. Ma, forse, aveva ragione. Se egli mi avesse detto subito tutto, il senso si sarebbe perso, ed, allora??? | “Quando gli altri furono usciti dall’abitazione di Mesdoram (compreso Larhal, che si era intrattenuto col Giudice per parlargli in privato), rimasi, senza farlo notare, ad attendere sull’uscio ed a fissarlo mentre rientrava. Il dialogo che, tutti noi, avevamo avuto in precedenza, sebbene mi avesse illuminato su taluni fatti, non mi aveva compiutamente soddisfatto, anche perché, e ciò è probabilmente dovuto alla mia timidezza, non ero riuscito a domandargli ciò che più mi stava a cuore. Mesdoram, voltatosi, ricambiò immediatamente il mio sguardo. Dopo una manciata di secondi, mi chiese se qualcosa non andava. Li per li, non riuscì a trattenere un non so che di sarcastico, misto ad un che di reverenza. Gli risposi che, in fondo, <<il dado era stato tratto>>, e a noi toccava solo l’ingrato compito di obbedire al destino da qualcuno prefissato. Egli mi rispose che, tuttavia, eravamo liberi di decidere il da farsi. Ma fino a che punto ? In fondo, gli dissi, era a causa di uno di loro che io ero stato costretto a quell’avventura, non di certo per voler mio; cosa può fare, a dunque, un povero figlio di pescatore di fronte a ciò ? La guerra, le gemma arcobaleno, la materia oscura, erano fatti che non mi riguardavano. A me importava, e forse peccai di egoismo, di poter vivere in pace, tranquillamente, come uno della mia gente. Ma invece, era stato proprio un giudice a coinvolgermi. Mesdoram, per tutto il tempo di quello che era diventato quasi un mio sfogo personale (ed infatti, senza che me ne accorgessi, o per lo meno ci dessi molto peso, prima le mani, poi le braccia, ed in fine tutto il corpo, avevano cominciato a tremare, sempre più nervosamente), rimase in silenzio. Quando ebbi finito, mi rispose, e le sue parole mi lasciarono sbalordito. Mi chiamò figlio della luna, mi disse che il mio legame con Larhal, ma del resto con tutto il gruppo, era più profondo ed oscuro di quanto non si capisse. Mi disse che io ero stato vittima probabilmente di quella setta di cui aveva parlato poc’anzi al gruppo, di coloro che usavano la materia oscura. Il peso della verità sembrò schiacciarmi, tanto ché caddi a terra, in ginocchio. Gli chiesi cossero veramente, perché il mio aspetto talvolta cambiava. Egli mi disse che io non ero umano, non del tutto, almeno. Basta, non riuscivo più a trattenermi, il peso era troppo forte. Gli strinsi il braccio, come a cercare una mano d’aiuto, e probabilmente gli feci anche male... Lui, parve capirmi, trattene il braccio saldo, impassibile. Mi guardò, come a scrutare l’anima mia. Devo dire che, dinanzi il suo sguardo, mi sentivo praticamente nudo; egli sapeva tutto. Questo mi diede fiducia, ma forse non capivo, perché rimasi un po’ deluso quando mi disse che avrei dovuto capire da me la strada. Ma, forse, aveva ragione. Se egli mi avesse detto subito tutto, il senso si sarebbe perso, ed, allora??? | ||
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Lasciai la presa del suo braccio, mi inchinai a lui, ormai del tutto calmo, e lo ringraziai di cuore (<<Grazie di tutto, Eccellenza…>>). Dopo di ché, feci per andarmene e, arrivato al cancello, mi voltati per guardarlo un ultima volta. In fondo, pensai, magari era l’ultima volta che vedevo un grand’uomo di tal fatta… Rientrò in casa, come una qualsiasi persona. E’ sorprendente come questi.. Giudici, nonostante il peso di certe situazioni, reggano benissimo. | Lasciai la presa del suo braccio, mi inchinai a lui, ormai del tutto calmo, e lo ringraziai di cuore (<<Grazie di tutto, Eccellenza…>>). Dopo di ché, feci per andarmene e, arrivato al cancello, mi voltati per guardarlo un ultima volta. In fondo, pensai, magari era l’ultima volta che vedevo un grand’uomo di tal fatta… Rientrò in casa, come una qualsiasi persona. E’ sorprendente come questi.. Giudici, nonostante il peso di certe situazioni, reggano benissimo. | ||
Mi voltai, cercando di scorgere il mio gruppo; erano spariti, e non si erano accorti minimamente di me. Come al solito. Basta, mi dissi, c’è un tempo per pensare ed un tempo… per non farlo. Presi un gran respiro e cominciai a correre, con l’aria di chi non ha nulla per la testa, ed in vero, era proprio questo il mio obbiettivo. Correndo, staccai un filo d’erba e me lo misi in bocca, quasi volessi assumere un aria beffarda rispetto a coloro che non usavano altro che il loro cervello. Corsi a perdifiato, ed in breve raggiunsi Larhal. Lo guardai, e mi chiesi quale fosse davvero il mio legame con lui. Ma poi, rimembrando il mio intento, ricominciai a correre, verso gli altri…”. | Mi voltai, cercando di scorgere il mio gruppo; erano spariti, e non si erano accorti minimamente di me. Come al solito. Basta, mi dissi, c’è un tempo per pensare ed un tempo… per non farlo. Presi un gran respiro e cominciai a correre, con l’aria di chi non ha nulla per la testa, ed in vero, era proprio questo il mio obbiettivo. Correndo, staccai un filo d’erba e me lo misi in bocca, quasi volessi assumere un aria beffarda rispetto a coloro che non usavano altro che il loro cervello. Corsi a perdifiato, ed in breve raggiunsi Larhal. Lo guardai, e mi chiesi quale fosse davvero il mio legame con lui. Ma poi, rimembrando il mio intento, ricominciai a correre, verso gli altri…”. | ||
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Revision as of 11:10, 1 September 2006
Premessa
A chiunque legga questo riassunto, voglio rendere noto che, non essendo la memoria il mio forte, mi sono permesso di fare un riassunto in prima persona, volto non solo a dare più che altro il senso del discorso, ma a rendere i fatti secondo la prospettiva del personaggio di Ray. Per ciò, se la trattazione degli argomenti non corrisponderà alla reale successione dei fatti, non me ne vogliate. Comunque, la responsabilità di ciò che è scritto qui, è assolutamente mia. --Lei Magnus 07:07, 1 September 2006 (EDT)
“Quando gli altri furono usciti dall’abitazione di Mesdoram (compreso Larhal, che si era intrattenuto col Giudice per parlargli in privato), rimasi, senza farlo notare, ad attendere sull’uscio ed a fissarlo mentre rientrava. Il dialogo che, tutti noi, avevamo avuto in precedenza, sebbene mi avesse illuminato su taluni fatti, non mi aveva compiutamente soddisfatto, anche perché, e ciò è probabilmente dovuto alla mia timidezza, non ero riuscito a domandargli ciò che più mi stava a cuore. Mesdoram, voltatosi, ricambiò immediatamente il mio sguardo. Dopo una manciata di secondi, mi chiese se qualcosa non andava. Li per li, non riuscì a trattenere un non so che di sarcastico, misto ad un che di reverenza. Gli risposi che, in fondo, <<il dado era stato tratto>>, e a noi toccava solo l’ingrato compito di obbedire al destino da qualcuno prefissato. Egli mi rispose che, tuttavia, eravamo liberi di decidere il da farsi. Ma fino a che punto ? In fondo, gli dissi, era a causa di uno di loro che io ero stato costretto a quell’avventura, non di certo per voler mio; cosa può fare, a dunque, un povero figlio di pescatore di fronte a ciò ? La guerra, le gemma arcobaleno, la materia oscura, erano fatti che non mi riguardavano. A me importava, e forse peccai di egoismo, di poter vivere in pace, tranquillamente, come uno della mia gente. Ma invece, era stato proprio un giudice a coinvolgermi. Mesdoram, per tutto il tempo di quello che era diventato quasi un mio sfogo personale (ed infatti, senza che me ne accorgessi, o per lo meno ci dessi molto peso, prima le mani, poi le braccia, ed in fine tutto il corpo, avevano cominciato a tremare, sempre più nervosamente), rimase in silenzio. Quando ebbi finito, mi rispose, e le sue parole mi lasciarono sbalordito. Mi chiamò figlio della luna, mi disse che il mio legame con Larhal, ma del resto con tutto il gruppo, era più profondo ed oscuro di quanto non si capisse. Mi disse che io ero stato vittima probabilmente di quella setta di cui aveva parlato poc’anzi al gruppo, di coloro che usavano la materia oscura. Il peso della verità sembrò schiacciarmi, tanto ché caddi a terra, in ginocchio. Gli chiesi cossero veramente, perché il mio aspetto talvolta cambiava. Egli mi disse che io non ero umano, non del tutto, almeno. Basta, non riuscivo più a trattenermi, il peso era troppo forte. Gli strinsi il braccio, come a cercare una mano d’aiuto, e probabilmente gli feci anche male... Lui, parve capirmi, trattene il braccio saldo, impassibile. Mi guardò, come a scrutare l’anima mia. Devo dire che, dinanzi il suo sguardo, mi sentivo praticamente nudo; egli sapeva tutto. Questo mi diede fiducia, ma forse non capivo, perché rimasi un po’ deluso quando mi disse che avrei dovuto capire da me la strada. Ma, forse, aveva ragione. Se egli mi avesse detto subito tutto, il senso si sarebbe perso, ed, allora??? Mi disse però che io avrei dovuto cercare un equilibrio, l’equilibrio del mio essere. Sebbene non solo umano ne tutto bestia fossi, non dovevo reprimere una di queste due essenze, come avevano fatto i miei genitori, che volevano di me solo un uomo, o come aveva fatto Rendor, che voleva di me solo la bestia. La chiave era l’equilibrio. Già, l’equilibrio, come un atleta che cammina su di una fune, io dovevo procedere nel mio cammino, senza cadere nel baratro. Capì allora, o così mi parve, tutto il senso delle sue parole. Non importa ciò che si fa, ne il modo: quelli sono accidentali, determinati dal caso, o comunque da qualcuno superiore di noi. Ciò che importa davvero, e che noi, da questi eventi, ne traiamo il buono per andare avanti, cioè, e non vorrei sembrare troppo egoista, l’utile per una vita felice.
Lasciai la presa del suo braccio, mi inchinai a lui, ormai del tutto calmo, e lo ringraziai di cuore (<<Grazie di tutto, Eccellenza…>>). Dopo di ché, feci per andarmene e, arrivato al cancello, mi voltati per guardarlo un ultima volta. In fondo, pensai, magari era l’ultima volta che vedevo un grand’uomo di tal fatta… Rientrò in casa, come una qualsiasi persona. E’ sorprendente come questi.. Giudici, nonostante il peso di certe situazioni, reggano benissimo. Mi voltai, cercando di scorgere il mio gruppo; erano spariti, e non si erano accorti minimamente di me. Come al solito. Basta, mi dissi, c’è un tempo per pensare ed un tempo… per non farlo. Presi un gran respiro e cominciai a correre, con l’aria di chi non ha nulla per la testa, ed in vero, era proprio questo il mio obbiettivo. Correndo, staccai un filo d’erba e me lo misi in bocca, quasi volessi assumere un aria beffarda rispetto a coloro che non usavano altro che il loro cervello. Corsi a perdifiato, ed in breve raggiunsi Larhal. Lo guardai, e mi chiesi quale fosse davvero il mio legame con lui. Ma poi, rimembrando il mio intento, ricominciai a correre, verso gli altri…”.
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