GEMICS 19 11 2008
From Epcs Roma Tre
Prima parte della lezione dedicata alla lettura degli articoli sui giornali. Virtuale e reale. Il più grande problema della virtualità è che nella virtualità non accade nulla di reale, quindi la scelta è “virtuale” e non da luogo alla responsabilità. Nella guerra in Jugoslavia tra il 1991 e il 1995 i caccia americani sganciavano bombe da 5000 m di altezza schiacciando un bottone su uno schermo, simile ad un comune videogioco e senza una percezione del reale, senza la percezione delle conseguenze, delle persone che si andava uccidendo. Erano responsabili dei fatti, ma non erano consapevoli di ciò che generava la loro azione perché non vi era percezione.
Circuito dell'ipseità
Il primo giro sul circuito dell'ipseità va dall'in sé (ontologico) passando per una scelta per finire nel per sé (gnoseologico), poi torna nell'in sé. Non si tratta di due parti dell'essere ma di due momenti. Inscindibili. Senza il per-sé che lo rende manifesto non c'è in-sé. L'in-sé deve temporalizzarsi, esistere in un tempo e uno spazio determinato.
Nell'in sé è la totalità, vi è l'assoluta positività che è al di là e al di fuori della coscienza he se ne ha; il per sé è la manifestazione spazio/temporale dell'essere in sé.
1 giro: coscienza (di) sé (coscienza preriflessiva) non prevede una distanza tra l'oggetto e l'essere e quì la coscienza è l'oggetto dell'essere;
2 giro: coscienza di sé o (coscienza riflessiva). La coscienza riflessiva prevede lo spazio di riflessione per il ritorno e la conoscenza.
Per quanto riguarda il (di) del primo giro è messo tra parentesi perché in realtà non c'è distanza tra coscienza e sé; La coscienza è la qualità ontologica dell'essere umano. Per Sartre, l'essere umano è sempre cosciente, però il fatto di avere coscienza non implica necessariamente la conoscenza: io posso non conoscere ciò che sono, ma lo sono, o non essere consapevole di me stesso. Per esempio quando parlo, ho cocienza di me, del fatto che esisto, ma non ho consapevolezza del movimeno del mio corpo perchè la mia riflessione è impegnata su ciò che dico. La consapevolezza presuppone la coscienza che riflette su se stessa. L'essere umano per l'esistenzialismo e a differenza della psicoanalisi (Sartre non ammette l'esistenza dell'inconscio freudiano) non perde mai la coscienza è sempre sé e sempre cosciente insieme, per questo è sempre libero nelle scelte perché per l'esistenzialismo l'essere umano compie sempre scelte coscienti perché la coscienza non la perde mai. Conseguenza di ciò è che l'essere umano è sempre responsabile di ciò che fa e di ciò che sceglie di non fare.
Il primo giro nel circuito dell'ipseità c'è sempre (il giro in cui io mi esprimo mi manifesto nel mondo attraverso una scelta cosciente. Dico "sono"). Il secondo giro che è quello della riflessione non sempre avviene. L'importante non è cosa hanno fatto di noi, ma ciò che noi facciamo con quello che hanno fatto di noi. L'esistenzialismo è una filosofia della libertà che non ignora che siamo tutti condizionati, ma sottolinea allo stesso tempo che l'essere umano non può mai essere oggetto perché questo implicherebbe l'assenza di una scelta e per Sartre nella vita umana questo non è possibile. L'essere umano è sempre soggetto e mai oggetto. Anche se vuole la passività non può diventare passivo, la sua sarà "scelta di passività".
Qual'è il ruolo del passato? Il passato ha l'essere dell'essere stato. 1 può essere ignorato; 2 può essere ripreso; 3 non può essere cambiato. Ogni volta che torniamo sul passato non possiamo tornare che dal presente. Da un punto di vista della temporalità che è il presente, il passato comunque non mi determina. Il passato non si può cambiare, ma si può "alterare"; io ogni volta che guardo al passato lo altero, le cose del passato hanno l'essere dell'essere stato, ma possono essere proiettate in maniera diversa.
Il passato non mi assolve, né mi condanna.
L'identità (identico da idem) non esiste, noi non siamo mai identici, nell'esistenzialismo non esistono gli assoluti, ma solo relativi; secondo Paul Ricoeur l'identità della persona non va declinata con l'idem (cose che permangono immutate) ma con l'ipse (l'ipse come termine indica non identico ma "lo stesso"), (circuito dell'ipseità non dell'identità).
Nel circuito dell'ipseità dove si trova l'altro? L'altro si trova nel soggetto, l'essere umano è una dualità che gli consente di riflettere di instaurare un dialogo interiore e quindi l'altro è già dentro di sé. Riconosco l'altro quando riconosco che esisto.