GEMICS 07 12 2009b

From Epcs Roma Tre

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Nel corso della lezione siamo tornati alla domanda che ci siamo posti nelle lezioni precedenti:

Quanto individuale è l'individuo?

Dove finisce l'individuo e inizia la società?

Ciò che esiste è.

Chi è l'altro da me?

L'altro è nel per-sé.

Ogni volta non siamo quella totalità di essereche vorremmo essere.

L'alterità è già presente nell'essere umano, l'alterità rompe l'identità.

La spirale esprime il desiderio di sé, noi siamo una totalità di assoluto.

L'essere umano vive nella continua ricerca di qualcosa; come disse lo stesso Sartre "l'essere umano è una passione inutile".

Dove finisce l'individuo e inizia la società? La società è una costruzione umana.

La scelta che l'essere umano compie è nel mondo, non si può che compiere in esso.

Non può esserci un individuo isolato.

L'essere umano, nel suo essere è ragione di sé; esso è se stesso, e in questa affermazione c'è già riflessa l'alterità.

Ogni volta l'essere umano sceglie chi essere.

La scelta diventa una scelta di sé nel mondo.

Nel testo d'esame si parla di due livelli d'alterità:

1) altro, come altro me stesso (es. foto di quando ero piccolo), "osservatore"

2) Altro, come l'Altro individuo che mi costituisce e costituisco attraverso lo sguardo (colui che non sono io), "osservato".

1=1

1 diverso da 1.

L'Altro è un soggetto che si riconosce come diverso a partire da un riconoscimento di identità.

Il rapporto con l'altro si costruirà con il rapporto che abbiamo con noi stessi.

In Giappone l'Io è percepito in maniera differente, più debolmente, c'è una percezione più collettiva.

Per questo, se una società fallisce, il lavoratore si percepisce un fallito lui stesso.

E' probabile che l'alto tasso di suicidi in Giappone sia dovuto a questa percezione collettiva dell'Io.

Nell'essere umano non esiste una interiorità; non esiste un in-sé interiore.

L'essere umano è ciò che esiste.

Secondo l'esistenzialismo, quando pensiamo ad una persona e la riteniamo buona, dobbiamo capire che non è nell'in-sé che è presente la bontà.

Allo stesso modo, non possiamo dire "io sono il mio passato", in questo modo tenteremmo di nasconderci.

Noi abbiamo a che fare con quello che facciamo ora.

Per quanto riguarda l'Interiorità, noi siamo convinti di possedere una vita interiore, questa è la conseguenza di una filosofia che rifiuta l'apparire.

Affinché esista una vita interiore, deve necessariamente manifestarsi.

Noi possediamo una forma culturale che ci dice di non credere alle apparenze.

Ogni conoscenza deve fare i conti con l'apparire, se questo non mi soddisfa lo potrò sostituire con un apparire differente.

Per quanto concerne la Religione, essa ci dice che l'importante è che ciò che fai, le intenzioni verranno valutate in un secondo momento.

La religione parla di vita interiore.

Ma in quale parte di me è posta? Anche se riuscissimo a dargli un luogo, essa si esprimerebbe attraverso quel medesimo luogo.

Ciò che a noi interessa, è l'essere umano, e i suoi comportamenti.

Proviamo a fare un esempio, per cercare di capire.

Io sono solo nella mia stanza, e in silenzio.

Sto pensando; si potrebbe dire che quella è la mia vita interiore.

In quel momento sto pensando alla libertà, questa riflessione esiste in me in quel dato momento.

C'è quindi la ricerca di una nozione.

Sono anche distratto da altre cose che ci sono all'esterno, suoni, rumori, ecc.

Questa interiorità --> in realtà sono io in quel momento.

Di ciò che non appare possiamo dire tutto o possiamo dire niente.

Io sono consapevole del fatto che da solo non esisto e che tutto ciò che mi circonda ha una grande importanza.

Noi facciamo delle scelte, e queste avranno sempre a che fare con gli altri.

Ma dobbiamo ricordare che le scelte sono sempre concrete, non astratte.

Proviamo a pensare all'orizzonte: è o esiste?

Se noi ci spostiamo, lui si sposta con noi, più cerchiamo di avvicinarci più esso si allontanerà.

L'orizzonte non è, però per noi esiste.

Un individio può avere come orizzonte la propria vita, la propria famiglia.

La mia scelta si produce in un contesto che è limitato da me.

Cosa non è?

Il problema è il limite che io metto, ma il limite è mio.

Sono io a stabilire quale sia il mio mondo.

Tramite una problematica attuale come la conferenza a Copenhagen che si sta svolgendo in questi giorni, riguardo le problematiche ambientali, possiamo comprendere un grande problema: l'uomo ha perso la sua finalità e si lascia governare da un fine economico.

Dire sono riguardo all'essere coincide col dire esisto.

Tutto ciò che non esite, non è?

Ricolleghiamoci all'esempio dell'isola.

L'isola che non è stata ancora scoparta è reale.

Allora possiamo dire che un'isola che non abbiamo ancora scoperto non sia reale?

NO.

Da una parte non possiamo far dipendere il reale dalla realtà.

Nel caso della "non scoperta dell'isola", noi non ne abbiamo conoscenza.

Possiamo solo sostenere che L'isola è dopo che l'ho scoperta.

Ciò che si manifesta, e quando si manifesta, entra a far parte della realtà umana e quindi esiste.

          Appare perchè è  --> esistenza originale
        /
       /
     o
       \
        \
          è perchè appare  --> esistenza derivata


Esempio di Appare perchè è: la casa. E' un rapporto primario

Esempio di è perchè appare: la società. Parte dal per-sé. L'orizzonte. Deriva dalla nostra percezione.

Oppure, la legge: è una costruzione umana, non ha un in-sé, come la società.

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