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Perché non possiamo e non vogliamo relativizzare o prescindere dal Calvinismo?

Introduzione

Perché non possiamo e non vogliamo prescindere dal Calvinismo? Sotto il nome di Calvinismo si intende la particolare lettura ed interpretazione della fede cristiana della scuola di pensiero che prese le mosse, nella nostra era, dal Riformatore Giovanni Calvino (1509-1564) così com'è sintetizzata nelle confessioni di fede delle chiese riformate e presbiteriane. Le sue caratteristiche sono riscontrabili sotto altre forme lungo tutta la storia della Chiesa cristiana.

Questa prospettiva informa la sostanza stessa della fede cristiana che noi professiamo. Siamo persuasi che ciò che viene definito in questa maniera rifletta accuratamente e in modo dimostrabile l'insegnamento del Nuovo Testamento e che quindi non sia altro che l'Evangelo di Gesù Cristo nella sua forma più pura.

La designazione "Calvinismo" data a questa prospettiva teologica non l'abbiamo introdotta noi ma altri che sostengono persuasioni diverse e che spesso l'avversano con forza. Calvino stesso si sarebbe certo opposto con altrettanta forza a vedere assegnato il suo nome a ciò che per lui era l'Evangelo e nient'altro che l'Evangelo. Accettiamo però questa designazione nella misura in cui serva (e questo è purtroppo oggi necessario) per distinguerci da altre prospettive teologiche che con buone e documentate ragioni riteniamo errate.

Sarebbe irrazionale ed illogico, come pure andrebbe contro la nostra coscienza, accettare differenti prospettive teologiche come altrettanto valide, come se il Calvinismo non fosse che "uno dei dialetti di una comune lingua", né consideriamo ciò che afferma come secondario od accessorio rispetto al vangelo che accomunerebbe tutti i cristiani. Non lo possiamo relativizzare perché esso definisce - lo ripetiamo - in modo insindacabile (non lo possiamo sottoporre a trattativa) ciò che crediamo essere l'Evangelo. Difatti, quando gli avversari ci accusano con disdegno di "predicare il Calvinismo e non il vangelo" (come se essi predicassero il "puro vangelo"), pur essendo noi riconoscenti alla scuola di Giovanni Calvino per quanto ha riscoperto e proclamato, questo ci dispiace, perché noi non predichiamo Calvino, ma Gesù Cristo, come Signore e Salvatore, alla gloria di Dio e coerentemente con le Sacre Scritture.

La nostra prospettiva, che potremmo forse meglio chiamare teologia riformata classica, permea tutta la nostra proclamazione e testimonianza, non è un dato accessorio ma comprensivo. Le precise affermazioni che la teologia riformata classica fa al riguardo dell'Evangelo non possiamo considerarle semplicemente "dottrine periferiche" riservate per "coloro che sono più maturi nella fede" oppure "cavilli per teologi" da riservare alla "accademia", ma fondamentali per la retta comprensione dell'Evangelo biblico.

Questo articolo intende così dimostrare che per noi quello che altri additano come "calvinismo" non è altro che l'Evangelo predicato e vissuto nel Nuovo Testamento. Risponderemo alle domande: Per essere salvata, una persona deve credere alle dottrine esposte dal Calvinismo, quelle altrimenti chiamate "dottrine della grazia"? Il "Calvinismo" dovrebbe essere insegnato a chi non è salvato ed ai cristiani che sono chiamati a crescere e maturare nella loro fede? Sì, perché per noi vuol dire discernere che cosa sia l'Evangelo da quelli che consideriamo falsi vangeli che, pur essendo popolari, non riconosciamo come tali.

Nessun malinteso "abbraccio ecumenico" potrà farci desistere dall'esporre la dottrina riformata come la sostanza stessa dell'Evangelo, ciò che crediamo che sia. Accettare questa sorta di "ecumenismo" vorrebbe dire per noi violare la nostra coscienza e contraddire le nostre radicate persuasioni.

Che cosa intendiamo per "Evangelo"?

La parola "evangelo" traduce il termine greco euaggelion, che letteralmente significa "lieta novella" o "messaggio di buone notizie". Quando parliamo di Evangelo, normalmente intendiamo la buona notizia al riguardo della salvezza dal peccato e dalle sue conseguenze. Ci sono almeno due cose diverse che potrebbero essere intese quando ci chiediamo se la prospettiva calvinista spieghi correttamente l'Evangelo.

In primo luogo potremmo significare: "La prospettiva calvinista proclama e spiega accuratamente la buona notizia sulla grazia della salvezza che Dio accorda al Suo popolo? La prospettiva calvinista ci presenta come Dio salvi creature umane peccatrici e perdute? L'Evangelo è semplicemente "contenuto" nella dottrina calvinista, o la prospettiva calvinista, nella sua somma e sostanza, è la descrizione di come Dio salva creature umane?

In secondo luogo potremmo intendere: "Una persona dovrebbe assumere la prospettiva calvinista sulle dottrine della grazia sovrana di Dio per poter essere salvata?". La verità precisata dalla prospettiva calvinista è oggetto essenziale della fede salvifica?

Questi due diversi significati dell'espressione "l'Evangelo", sebbene siano collegati, sono molto diversi. E' del tutto possibile, in linea di principio, che la prospettiva calvinista sia una descrizione completa di come Dio salvi le creature umane, eppure essa contiene di più di ciò che è assolutamente necessario come oggetto di fede? In questo modo, ci potrebbe essere un senso in cui il Calvinismo sia l'Evangelo, e un altro senso in cui non lo è.

Che intendiamo per "Calvinismo"?

La Parola "Calvinismo" viene stata usata in molti modi.

1. Nel senso più ampio, il "Calvinismo" si riferisce a quella concezione che considera Dio come sovrano Reggitore dell'universo: dalle più piccole particelle subatomiche alle più grandi galassie; dal corso degli eventi naturali, come il tempo ed i terremoti, alle stesse azioni e pensieri della creatura umana. Questo include ogni pensiero e ogni azione, dall'utero alla tomba, di ciascuna creatura umana che mai sia vissuta. Questi non solo sono stati previsti o permessi da Dio, ma pure pianificati accuratamente, oggetto dei Suoi specifici propositi. Inoltre, la prospettiva calvinista insegna che Dio, nella Sua Provvidenza, di fatto interviene nella Sua creazione quando e come Egli vuole. A volte, Egli si compiace di permettere a cause secondarie e contingenti di seguire il loro corso. A volte, Egli deliberatamente interviene, talora in modi sottili e non apparenti, e talora in modi visibili e spettacolari. In breve, la prospettiva calvinista dice che Dio è sia l'Architetto che Colui che signoreggia su ogni cosa. Non c'è nulla che possa prendere Dio di sorpresa, o che possa essere inteso come al di fuori della sfera del Suo controllo. Una definizione più vasta del Calvinismo include le dottrine che riguardano la salvezza (la soteriologia), ma include molto altro ancora, ad esempio: ecclesiologia, sacramenti, etica ecc. La prospettiva calvinista, infatti, è un'intera concezione del mondo e della vita, riguarda ogni cosa, è onnicomprensiva.

2. In senso più specifico e ristretto, il Calvinismo si riferisce alla sovranità di Dio nel contesto della salvezza. Per Calvinismo o "prospettiva riformata" quindi si intende la soteriologia calvinista o riformata. Vi sono, per esempio, cristiani che abbracciano la soteriologia calvinista, ma non l'ecclesiologia calvinista o la concezione riformata dei sacramenti (e respingono quindi il battesimo degli infanti). Essi vengono accolti come riformati perché condividono la prospettiva calvinista sulla soteriologia, che sta al cuore dell'Evangelo, e ammettono come le questioni ecclesiologiche e sacramentali siano secondarie.

Gli elementi della soteriologia calvinista

Gli elementi che caratterizzano la soteriologia riformata sono riassunti in quelli che vengono definiti come "I Cinque Punti del Calvinismo" (in inglese con l'acrostico T.U.L.I.P.), ne rappresentano un eloquente sommario.

  • Depravazione totale - le creature umane sono tanto rovinate e corrotte dal peccato che esse non solo non vogliono, ma neppure possono produrre ravvedimento genuino e fede senza l'efficace intervento esterno della potenza rigenerante di Dio. Esse non possono da sé stesse in alcun modo migliorare "decidere" di aver fede in Cristo nei termini descritti dal Nuovo Testamento, migliorare la loro condizione spirituale o prepararsi a ricevere la grazia di Dio.
  • Elezione incondizionata - Prima di creare il mondo, Dio, nella Sua misericordia, liberamente ed incondizionatamente ha scelto certi individui affinché ricevessero la grazia della salvezza. La Sua scelta non è stata basata su alcunché Egli avesse previsto sorgere in loro, come fede, buone opere, ravvedimento, la loro decisione di credere, o la loro disponibilità a cooperare con Lui. Egli ha veduto che essi erano morti nelle loro trasgressioni e peccati, del tutto privi del desiderio di cercarlo. La causa di qualsiasi umana salvezza giace interamente in Dio, e non nell'individuo, nel Suo beneplacito e su motivazioni per noi non conoscibili.
  • Redenzione particolare - Cristo stesso ha pagato pienamente il prezzo della salvezza del peccato di tutti coloro che Dio ha destinato alla salvezza. La sua morte salva efficacemente ed eternamente coloro per i quali è morto. Egli ha "bevuto" fino all'ultima goccia dalla coppa dell'ira di Dio per ciascuno di loro, affinché, nel giorno del giudizio, Dio non avrà più ragione alcuna o base per condannarli. In questo modo, la morte di Cristo è "limitata" solo agli eletti. Cristo è morto per la salvezza dal peccato del Suo popolo. Di fatto, coloro che negano questa dottrina limitano ancor di più il valore della morte di Cristo, negando la capacità della croce di salvare creature umane, facendolo dipendere solo dalla loro "decisione". Se questo fosse il caso, la redenzione per molte creature umane che la respingono sarebbe impotente.
  • Irresistibile grazia - Una persona non rigenerata non desidera e non può venire a Dio perché è asservita al peccato. Un individuo esercita fede genuina e ravvedimento solo allorché egli sia stato rigenerato dallo Spirito Santo. Il nuovo cuore prodotto in lui dallo Spirito Santo è la fonte di ogni vera grazia cristiana, inclusa la fede salvifica e il ravvedimento.
  • Perseveranza dei santi - Coloro che il Padre sceglie, il Figlio redime, e lo Spirito Santo rigenera, sono oggetto dell'amore e della cura eterna di Dio. L'elezione da parte del Padre è eterna ed immutabile. La redenzione operata per loro dal Figlio è onnicomprensiva e completa. L'opera dello Spirito nei loro cuori è efficace e permanente. La Santa Trinità è unanime nella loro risoluzione e sforzi di salvare gli eletti e così non esiste possibilità alcuna che alcuno di loro possa in modo totale ed ultimativo decadere da questa grazia e tornare ad essere perduto.

La prospettiva calvinista esprime la buona notizia su Dio che salva creature umane?

Dovrebbe essere ovvio che il Calvinismo, in questo secondo senso sia del tutto focalizzato sulla questione della salvezza. In un senso molto reale, i Cinque Punti del Calvinismo ("le dottrine della grazia") corrispondono alla sostanza dell'Evangelo della nostra salvezza, perché essi definiscono con precisione il bisogno di grazia di Dio che ha la creatura umana e riassume i grandi atti operati dal Dio Trino per salvare creature umane dai loro peccati. Di fatto, è il "vangelo" di coloro che ricalcano le tesi degli arminiani che ridefinisce le dottrine evangeliche della depravazione, dell'elezione, della rigenerazione e della grazia. Nel sistema arminiano, infatti, la creatura umana non è tanto depravata da non potere credere in Cristo per la sua salvezza. In questo modo il suo bisogno di salvezza viene gravemente compromesso.

Nei sistemi che ricalcano l'arminianesimo (che, di fatto, è sinergismo) Dio scelse certi individui solo nel senso che Egli previde che avrebbero (liberamente) creduto. In questo modo il piano della salvezza viene ne risulta gravemente compromesso. Si tratta senza dubbio di una grande negazione della libertà di Dio di aiutare peccatori bisognosi, perché coloro che maggiormente hanno bisogno del Suo aiuto sono quelli che non avrebbero mai creduto senza l'intervento irresistibile della Grazia di Dio. Nel sistema arminiano, la redenzione non può salvare nessuno fintanto che l'essere umano non vi contribuisce con la propria fede. In questo modo, il prezzo della nostra salvezza, ed il potere del sangue di Cristo di salvare i peccatori, viene grandemente compromesso. Nel sistema arminiano, Dio non può rigenerare una persona fintanto che questa non risponda con fede all'Evangelo (mentre il Calvinismo insegna che la fede è frutto ed evidenza della rigenerazione). In questo modo, il potere di Dio nella nostra salvezza viene grandemente compromesso. Inoltre l'Arminianismo vede la "grazia" semplicemente come un'universale provvigione di salvezza per ogni creatura umana, che può o riceverla o respingerla, a propria scelta. D'altro canto, il concetto calvinista di grazia dice che Dio fa tutto ciò che è necessario per la nostra salvezza: sceglierci (quando noi l'avremmo mai scelto), redimerci (efficacemente, senza alcuna condizione limitante), e rigenerandoci potentemente (dandoci così un nuovo cuore che poi scaturisce in una fede genuina piena di amore), quando ancora noi eravamo morti nei nostri falli e nei nostri peccati.

Supporre che l'Evangelo possa avere un qualche significato in un tale vuoto teologico è semplicemente ridicolo. Il "vangelo" dei sinergisti non è altro che antropocentrismo, una contraffazione dell'Evangelo biblico che dà gloria soltanto alla creatura umana, che della salvezza diventa così arbitro ultimo. Le dottrine rappresentate dal "Cinque Punti del Calvinismo" non sono, quindi, solo una facciata, una "sottigliezza" o una trascurabile questione secondaria. Esse non sono altro che una precisa definizione biblica di ciò del quale consiste la salvezza. Per questo è possibile affermare che i "Cinque Punti" della soteriologia calvinista non siono altro che l'Evangelo puro e semplice.

Assumere la prospettiva calvinista è essenziale per la salvezza?

Non intendiamo qui sostenere che una comprensione perfetta della dinamica della salvezza, così come la prospettiva calvinista la esprime, sia un requisito di base per essere salvati. Quanto, però, di questo è necessario comprendere ed accogliere perché si possa dire che una persona sia davvero salvata?

Inoltre, quando parliamo di certe credenze come necessarie per la salvezza, non intendiamo che una persona consegua la salvezza come risultato o sulla base di credere a certe verità. La salvezza si consegue per sovrano decreto di Dio, l'opera vicaria di Cristo, e la potenza rigeneratrice dello Spirito Santo, e non si basa mai su alcunché l'uomo possa mai fare. Quello che però intendiamo quando parliamo di una dottrina come "necessaria alla salvezza" è questo: quando lo Spirito Santo ci rigenera, Egli ci dà un nuovo cuore e fa scaturire da questo nuovo cuore la fede salvifica necessaria.

In che cosa crede questa fede salvifica? Che cosa costituisce l'oggetto della fede salvifica? Noi affermiamo che la fede salvifica crede in Cristo e nella Sua morte e risurrezione: si affida completamente a Lui e a Lui soltanto. Essa non crede semplicemente nei fatti oggettivi della vita, morte e risurrezione di Cristo, ma pure confida nella Persona, Cristo Gesù, morto e risorto, come proprio Signore e Salvatore. Essa, però, deve credere in certi specifici ed oggettivi fatti al riguardo del Signore Gesù. Essa deve assicurarsi che, oggetto della propria fede, sia davvero l'autentico, storico, eterno, risorto Dio - uomo, Gesù, così come ce lo presenta il Nuovo Testamento, e non una contraffazione ingannevole ed immaginaria. E' così essenziali che la fede salvifica creda nella divinità di Cristo e negli aspetti salvifici e vicari della Sua morte e risurrezione. La fede salvifica crede inevitabilmente pure della veracità della Parola di Dio, la Bibbia.

La fede salvifica, però, crede necessariamente qualcosa che sia "distintamente calvinista?". Propongo alla vostra considerazione i seguenti punti:

La salvezza esige la fede nell'unico e vero Dio

Qual è l'attributo fondamentale di Dio? La Sua santità ed amore sono certamente essenziali e prominenti fra i Suoi splendori. Ciononostante, la definizione stessa di Dio è che Egli sia Signore sovrano dell'universo. I filosofi di questo mondo si accontentano magari di un "Essere supremo", ma la Bibbia dichiara il nostro Dio come il Signore sovrano dell'universo. Che differenza c'è fra "Essere supremo e "supremo Signore"? L'espressione "Essere supremo" significa solo qualcuno che sia più grande di chiunque altro. "Supremo Signore" è Qualcuno che sia in costante controllo di ogni cosa. Fra tutte le creature di Dio, Satana è l'essere supremo, essendo più potente di qualsiasi altra creatura. Egli però non è sovrano, perché non è in grado di controllare ogni cosa.

E' quindi del tutto appropriato accusare ad esempio i Testimoni di Geova e i Mormoni di credere a falsi dei, perché essi negano la piena divinità di Cristo, o affermano che vi siano altri dei oltre al Dio della Bibbia. Se qualcuno mettesse in questione la santità, la fedeltà, la giustizia, la veracità, l'onnipotenza, o l'onniscienza di Dio, non dovremmo forse mettere in questione la sua salvezza? Perché allora non consideriamo la negazione della sovranità di Dio un errore altrettanto grave che potrebbe indicare che chi la nega non abbia mai fatta l'esperienza della grazia di Dio? Noi abbiamo la responsabilità di ammonire chiunque contro queste concezioni seriamente difettose di Dio.

Siamo stati così oggi condizionati dal sinergismo arminiano tanto da non vedere nemmeno più quale seria eresia questa possa essere. Non vogliamo dire che una persona con idee arminiane non sia salvata, così come non presumiamo che ogni calvinista sia salvato. Non dovremmo però trattare alla leggera l'Arminianismo sinergista. E' un grave errore negare la sovranità di Dio. La salvezza implica credere che noi siamo spiritualmente in bancarotta e in disperato bisogno della grazia di Dio.

Molti oggi vengono condotti a credere che Dio darà loro vita eterna in cambio della loro fede in Cristo. La fede in Cristo viene così spesso considerata come un'opera che l'essere umano debba compiere prima di ottenere salvezza. La vera fede in Cristo, però, nasce da un senso di disperazione e di impotenza, e dal riconoscimento che la nostra sola speranza di salvezza sia implorare il perdono di Colui che tanto abbiamo offeso. Una tale fede forse è possibile nel sistema arminiano, più spesso, però, sembra che gli arminiani si vantino di ciò che hanno compiuto, dei loro propri contributi alla salvezza, e diano ben poco credito a Dio. Un vero credente non congratula sé stesso di aver ottenuto la salvezza, ma l'attribuisce solo alla misericordia di Dio nei suoi riguardi. Un vero credente lo si riconosce quando prega. A chi dà gloria per la sua salvezza?

Quando il calvinista dice: "Dio, nella Sua misericordia, ha aperto il mio cuore e mi ha portato a Sé", l'arminiano tipicamente dirà: "Ho visto il bisogno che avevo di un Salvatore, così ho deciso di ravvedermi e di confidare in Cristo". Si tratta forse di "un modo diverso" di dire la stessa cosa, o forse che queste espressioni tradiscono un diverso tipo di fede, una fede che non lo salva perché non è biblica? A chi dà credito l'arminiano per la sua salvezza? Certamente non a Cristo soltanto. Tipico pure è sentire dire "Io mi sono convertito quando...". Magari si sarà convertito ad una chiesa diversa da quella che frequentava prima. Un vero cristiano dirà piuttosto: "Dio mi ha convertito": questa consapevolezza può solo essere il frutto dell'insegnamento della prospettiva calvinista.

Non vogliamo necessariamente dire che chi afferma: "Ho deciso..." non sia salvato, ma non dovremmo almeno considerare come un tale modo di pensare e di parlare sia incoerente con la fede salvifica? E' possibile dare alla gente un falso senso di sicurezza quando diciamo loro che essi possano essere salvati credendo in un "Dio" che non sia il Signore sovrano dell'universo, o in una "salvezza" che sia parte opera dell'uomo e parte opera di Dio? Questo è inaccettabile nemmeno in nome di un tollerante "ecumenismo".

La salvezza esige la fede nella morte vicaria di Cristo

Uno degli elementi più essenziali della fede salvifica è indubbiamente la fiducia nella morte sacrificale di Cristo per peccatori colpevoli. La dottrina della sostituzione (o "espiazione vicaria") sta al cuore stesso dell'Evangelo.

  • 1 Corinzi 15:1-4 – "Ora, fratelli, vi dichiaro l'evangelo che vi ho annunziato, e che voi avete ricevuto e nel quale state saldi, e mediante il quale siete salvati, se ritenete fermamente quella parola che vi ho annunziato, a meno che non abbiate creduto invano. Infatti vi ho prima di tutto trasmesso ciò che ho anch'io ricevuto, e cioè che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, che fu sepolto e risuscitò

a il terzo giorno secondo le Scritture".

  • 2 Corinzi 5:21 – "Poiché egli ha fatto essere peccato per noi colui che non ha conosciuto peccato, affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in lui".

Il sacrificio di Cristo è la fonte stessa, la base della nostra salvezza. Noi veniamo salvati dai nostri peccati perché Egli portò su di Sé la pena che noi meritiamo a causa del nostro peccato. L'ira di Dio rivolta verso di noi è stata "inghiottita" dalla croce di Cristo. Se Cristo è morto per te, allora a Dio non rimane più alcuna ira da riversare su di te. Cristo non ha semplicemente bevuto un sorso dalla coppa dell'ira di Dio - l'ha bevuta tutta, fino all'ultima goccia!

Quando diciamo che Cristo è morto per tutti, di fatto noi rendiamo il Suo sacrificio molto a buon prezzo.... perché la Scrittura dichiara che non tutti saranno salvati. Dire che Cristo morì per tutti, significherebbe che la morte di Cristo, in realtà, era incapace di salvare tutti, perché non tutti di fatto vengono salvati. Il "vangelo" sinergista arminiano aggiunge all'opera di Cristo una condizione, una qualifica. Dice: "Non è abbastanza che Cristo sia morto per te - ora tu devi fare la tua parte credendo in Lui". In questo modo aggiungiamo la fede umana o la decisione di credere, come secondo requisito della salvezza. Tutto questo divide la gloria per la salvezza umana fra Cristo, che è morto per noi, e colui che fornisce la fede (o la creratura, o lo Spirito Santo), minimizzando in questo modo Cristo e la Sua morte sacrificale.

L'oggetto della fede non è più solo la morte di Cristo, ma in parte la morte di Cristo e, in parte, l'atto meritorio della fede stessa. Dobbiamo così sollevare la domanda preoccupante: "Se la tua fede non si poggia completamente ed esclusivamente nel sacrificio di Cristo, si tratta davvero di fede salvifica?". In realtà molti ingannano sé stessi e pensano di credere per la loro salvezza solo nella Croce, quando in realtà la loro teologia tradisce le loro vere convinzioni, la quale insiste che la Croce da sola non possa salvare alcuno se non vi sia, da parte della creatura umana, il suo proprio contributo di fede.

Che possiamo concluderne? Dio è il giudice finale del cuore umano. Egli ha il potere sovrano di suscitare nella gente la risposta alla predicazione di Cristo. Egli è pieno di misericordia, e può indubbiamente suscitare fede genuina persino in risposta ad una presentazione difettosa dell'Evangelo. Dobbiamo però rammentarci che il carattere della fede salvifica è quello di essere umile, amorevole ed ubbidiente verso Dio. Coloro che davvero sono salvati, potranno essere all'inizio anche grandemente confusi riguardo alle dottrine della salvezza, ma Dio, col passare del tempo, li condurrà fedelmente alla Sua verità, quando essi studieranno fedelmente la Sua Parola e verranno istruiti dal Suo Spirito.

I sinergisti che hanno uno spirito umile e ripieno di grazia, non devono certo essere trattati come gli increduli. Dovremmo però rammentarci che uno dei pericoli maggiori che corrono è la falsa sicurezza di salvezza. Dato che la dottrina sinergista ed arminiana nega a Dio la piena gloria che Gli spetta, dovremmo essere maggiormente disposti ad esaminarla criticamente e a farci la domanda dura ed impopolare: "Tutto questo è coerente con la fede salvifica?". Dovremmo pure diligentemente prendere ferma posizione per l'Evangelo della gloriosa grazia sovrana di Dio, insegnandolo fedelmente, affinché i nostri fratelli più deboli possano rendere più sicura la loro vocazione ed elezione (2 Pietro 1:10).

Esiste un modo distintamente e necessariamente calvinista di presentare l'Evangelo?

Esiste un modo distintamente e necessariamente calvinista di presentare l'Evangelo? Oggi è diventato popolare cercare di eliminare dal messaggio dell'Evangelo qualsiasi cosa non sia "essenziale", soprattutto per trovare, così molti sembrano credere, un terreno comune con altri che professano la fede in Cristo, e questo per apparire aperti, amorevoli e tolleranti verso gli altri. Però, dopo che ogni generazione ha ritenuto di dover "strappar via" dall'Evangelo (come gli strati di una cipolla) un ulteriore strato di ciò che non viene più ritenuta "dottrina essenziale", troviamo che il suo messaggio sia diventato indubbiamente molto magro, la "cipolla" è scomparsa!

Invece di chiedersi "Quanto poco bisogna credere per essere salvati?", bisognerebbe chiedersi: "In che modo possiamo predicare l'Evangelo in tutta la sua pienezza e gloria?". Se veramente ci importa la salvezza delle creature umane, dobbiamo accendere il fuoco dell'Evangelo con molta "legna" tanto da ottenere un grande fuoco che possa riscaldare e dare abbondante luce tanto da essere ben visibile da tutti. Una piccola scintilla di vangelo minimalista può certo ancora essere usato dalle mani sovrane di Dio per salvare chiunque Egli ritenga opportuno. Però, Egli potrà essere molto più glorificato in una chiara ed ardita presentazione del Suo Evangelo della grazia sovrana. Dovrebbe preoccuparci non poco che l'Evangelo "minimizzato" sia andato così avanti tanto da prosciugare il cuore stesso dell'Evangelo. Dobbiamo stare molto in guardia contro una semplice ombra di Evangelo che non possieda l'oggetto necessario della fede salvifica.

Un problema forse più comune è che spesso l'Evangelo, per quanto presentato con accuratezza, sia espresso in termini non adeguatamente spiegati all'ascoltatore. Per esempio, si potrebbe annunciare l'Evangelo così: "Cristo è morto per i peccatori tanto che ciascuno che creda in Lui sarà salvato". Questa affermazione è vera, e certamente contiene il pensiero di base dell'Evangelo. Quando però dichiariamo questa verità all'individuo, possiamo essere certi che egli lo comprenda allo stesso modo nostro? Sa forse che cosa significa essere un "peccatore"? Forse che comprende l'affermazione "Cristo è morto per i peccatori?" tanto da intendere che Cristo sia morto come loro Sostituto, portando su di Sé la pena che il loro peccato meriterebbe? Che cosa ne può trarre dall'affermazione: "ciascuno che crede in Lui è salvato"? Forse che considera la sua fede come un'opera che egli deve compiere per meritarsi la salvezza? Capisce poi che cosa si deve intendere con la stessa espressione "essere salvati"? Spogliare l'Evangelo fino all'osso non è saggio. La persona non salvata ha bisogno di molto di più che un'affermazione essenziale. Al contrario, è necessario spiegargli accuratamente la questione. Quando noi spieghiamo l'Evangelo in modo pieno ed accurato, dobbiamo far loro conoscere quanto profonda sia la loro depravazione e dichiarare i grandi atti che ciascun membro della Trinità ha compiuto per salvare i peccatori: sceglierli, redimerli, e rigenerarli. Dobbiamo in pratica esporre loro nulla di meno che le dottrine della grazia, quei famosi "Cinque Punti". Quando spieghiamo loro l'Evangelo in quel modo, possiamo avere la certezza che non equivocheranno l'Evangelo.

E' stato detto giustamente che le dottrine della grazia, la prospettiva calvinista sull'Evangelo, siano come delle sentinelle, che proteggono l'Evangelo della salvezza. Solo il Signore può aprire il cuore delle creature umane affinché esse ricevano l'Evangelo, ma se usiamo la necessaria cura di includere nella nostra predicazione dell'Evangelo le dottrine della grazia, noi eviteremo di dare alla gente la falsa sicurezza che proviene dall'abbracciare un concetto difettoso del messaggio evangelico.

E' sbagliato mettere in rilievo "concetti calvinisti" nella presentazione dell'Evangelo?

Molti ritengono sia sbagliato "predicare il Calvinismo" a coloro che non sono salvati perché suppongono che: 1) il Calvinismo non sia una presentazione dell'Evangelo, e che 2) il Calvinismo potrebbe pregiudicare in loro l'accettazione dell'Evangelo. Un tale modo di pensare, però, tradisce una mancanza di fiducia nella potenza di Dio, e l'idea che l'Evangelo, per poter essere accettato, debba essere "piacevole da ascoltare". Dobbiamo solo considerare l'esempio del Signore per vedere come sia perfettamente appropriato predicare apertamente le dottrine calviniste ai non salvati.

  • Giovanni 6:36-39 – "Ma io ve l'ho detto: voi mi avete visto, ma non credete. Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. È questa la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda niente di tutto quello che egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno".
  • Giovanni 6:43-45 – "Allora Gesù rispose e disse loro: "Non mormorate fra di voi. Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno ammaestrati da Dio". Ogni uomo dunque che ha udito e imparato dal Padre, viene a me".
  • Giovanni 6:64-66 – "Ma vi sono alcuni tra voi che non credono", Gesù infatti sapeva fin dal principio chi erano coloro che non credevano, e chi era colui che lo avrebbe tradito; e diceva: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me se non gli è dato dal Padre mio". Da quel momento molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui".

Gesù insegnava apertamente alle folle che vi erano coloro che il Padre gli aveva dato, e che essi sarebbero stati coloro che sarebbero venuti a Lui per essere salvati. Egli insegnava che nessuno avrebbe potuto venire a Lui fintanto che il Padre non lo avesse attirato (lett. "trascinato"). Egli insegnava che Dio avrebbe insegnato a certuni, e che tutti coloro che avrebbero avuto questo insegnamento, sarebbero venuti a Lui. Qui il Signore chiaramente insegnava le dottrine dell'Elezione sovrana, della Depravazione totale e della Grazia irresistibile ad una folla che conteneva molti non credenti. E' significativo il fatto che quando Egli ripete (al v. 65) che nessuno avrebbe potuto venire a lui se non gli fosse stato concesso dal Padre, molti dei Suoi discepoli "si tirarono indietro e non andavano più con lui". Perché questi abbandonano il Signore? Giovanni qui dice: "Per questo…", cioè per l'affermazione che nessuno può venire a Lui se il Padre non glielo concede!

In altre parole, questa gente abbandona Cristo dopo aver da Lui udito il Suo insegnamento sulla depravazione totale e sulla grazia irresistibile! Supponiamo che un "discepolo" oggi, dopo aver udito queste dottrine si scandalizzi e lasci la chiesa. Forse che era veramente salvato? Che sarebbe successo se avesse vissuto ai giorni di Gesù ed avesse udito Cristo predicare esattamente queste dottrine? Avrebbe lui abbandonato il Signore dopo averle ascoltate dalla Sua stessa bocca? Questo ci fa molto riflettere, non è vero, su coloro che non sembrano tollerare le dottrine della grazia.

Tutto questo è importante, perché ci mostra che noi non dovremmo avere delle riserve e degli scrupoli prima di insegnare "I Cinque Punti", solo perché temiamo che, udendoli, uno si scandalizzi, si arrabbi e se ne vada... La nostra responsabilità è quella di proclamare fedelmente la gloriosa Parola di Dio, e di lasciarne a Lui i risultati. Non c'è ragione di supporre che noi si possa essere esonerati dall'insegnare apertamente le dottrine della grazia, quando il Signore stesso ci ha dato un chiaro modello da seguire in proposito.

  • Giovanni 6 non è l'unico degli esempi possibili.
  • Giovanni 10:11 – "Io sono il buon pastore. Il buon pastore è pronto a dare la vita per le sue pecore" (TILC).
  • Giovanni 10:26 – "Ma voi non credete, perché non appartenete al mio gregge" (TILC).

Notate come qui il Signore insegni chiaramente la redenzione limitata quando dice: "Il buon pastore è pronto a dare la vita per le sue pecore". Notate pure come apertamente Egli dica ai Suoi uditori che essi non fossero delle Sue pecore (e che quindi Egli non dovesse morire per loro!").

Notate infine il rapporto intercorrente fra credere e appartenere al gregge. La ragione essi non credevano era perché non erano delle sue pecore! La dottrina sinergista vorrebbe invece capovolgere questa affermazione. L'affermazione del Signore, però, insegna chiaramente la grazia irresistibile.

Pietro a Pentecoste insegna chiaramente la sovranità di Dio ai non salvati, quando dice:

  • Atti 2:23 – "...egli, dico, secondo il determinato consiglio e prescienza di Dio, vi fu dato nelle mani e voi lo prendeste, e per mani di iniqui lo inchiodaste alla croce e lo uccideste".

Quando Giuda tradisce Cristo, questo avviene "secondo il determinato consiglio e prescienza di Dio".

Pietro dichiara apertamente questa verità ad una moltitudine di persone non salvate il giorno di Pentecoste, e non pare che questo abbia impedito il visibile successo della sua predicazione. Anzi, questo conduce un risveglio in cui 3000 persone sono condotte al Signore.

Più che impedire alla gente di confidare in Cristo, proclamare la gloria sovrana di Dio può essere grandemente usato da Dio per suscitare un grande risveglio. L'Arminianismo dipinge Dio come una divinità debole e frustrata che non riesce a compiere il Suo volere. Egli vorrebbe che tutti gli uomini fossero salvati, ed ha fatto di tutto perché questo potesse avvenire, ma ancora una vasta moltitudine respinge Cristo a loro rovina. Il Calvinismo, d'altro canto, proclama Dio come il Signore sovrano dell'universo, il quale dall'eternità ha stabilito tutto quello che deve avvenire. Dio salverà ciascuno che Egli si sia proposto di salvare, e così esalterà la Sua meravigliosa grazia e misericordia. Dio ha stabilito che il resto continui a seguire i propri impulsi peccaminosi lungo la larga via che conduce alla distruzione, e così esalterà la Sua magnifica santità e giustizia. Quando noi proclamiamo un tale Iddio, aspettiamoci grandi cose!

L'epistola di Paolo ai Romani è stata scritta ad una chiesa che fino ad allora egli non aveva mai visitato. L'epistola si rivolge "a voi tutti che siete in Roma, amati da Dio, chiamati santi" (1:7). Questo significa che l'epistola doveva essere letta a (o da) ogni santo nella chiesa, non importa quanto nuovo alla fede fosse. Romani viene considerata universalmente come il più evangelistico fra i libri della Bibbia. In questa epistola, Paolo proclama molto di quello che normalmente considereremmo materiale evangelistico: il peccato dell'uomo e la sua depravazione, la giustificazione per sola fede, e persino il conflitto spirituale della vita cristiana. Ai capitoli 8,9 e 11, però, egli fa affermazioni molto forti sulla sovranità di Dio nella salvezza…

  • Romani 8:29-33 – "Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figlio affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli. E quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati, quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati. Che diremo dunque circa queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Certamente colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi,come non ci donerà a nche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica".
  • Romani 9:8-23 – "Cioè non i figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come progenie. Questa fu infatti la parola della promessa: "In questo tempo ritornerò e Sara avrà un figlio". E non solo questo, ma anche Rebecca concepì da un solo uomo, Isacco nostro padre. (infatti, quando non erano ancora nati i figli e non avevano fatto bene o male alcuno, affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio secondo l'elezione e non a motivo delle opere, ma per colui che chiama), le fu detto: "Il maggiore servirà al minore", come sta scritto: "Io ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù". Che diremo dunque? C'è ingiustizia presso Dio? Così non sia. Egli dice infatti a Mosè: "Io avrò misericordia di chi avrò misericordia,avrò compassione di chi avrò compassione". Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. Dice infatti la Scrittura al Faraone: "Proprio per questo ti ho suscitato, per mostrare in te la mia potenza e affinché il mio nome sia proclamato in tutta la terra". Così egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Tu mi dirai dunque: "Perché trova ancora egli da ridire? Chi può infatti resistere alla sua volontà?". Piuttosto chi sei tu, o uomo, che disputi con Dio? La cosa formata dirà a colui che la formò: "Perché mi hai fatto così?". Non ha il vasaio autorità sull'argilla, per fare di una stessa pasta un vaso ad onore e un altro a disonore? E che dire se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta pazienza i vasi d'ira preparati per la perdizione? E questo per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso dei vasi di misericordia, che lui ha già preparato per la gloria".

Immaginate l'impatto che tutto questo possa aver fatto sui nuovi convertiti della chiesa di Roma. Paolo, eppure, non ammorbidisce il discorso per non scandalizzarli... Egli non ha timore di predicare la sovranità di Dio perché altrimenti questo potrebbe allontanare qualcuno da Cristo, perché egli aveva piena fiducia che ogni persona davvero eletta avrebbe perseverato mediante la potenza sovrana di Dio. Egli senza dubbio sentiva che se avesse omesso di proclamare la sovranità di Dio, egli avrebbe tradito la fiducia che Dio gli aveva dato. Predicare l'Evangelo correttamente significa dichiarare l'intero consiglio di Dio, sovranità di Dio inclusa. Rammentiamoci le esortazioni di Paolo agli anziani di Efeso: "...poiché io non mi sono tratto indietro dall'annunziarvi tutto il consiglio di Dio"' (Atti 20:27).

Paolo non ha timore di predicare "l'intero consiglio di Dio" anche ai santi di Roma. L'intero ventaglio della dottrina, dalle questioni di base del peccato e della giustificazione, fino alla scelta sovrana che Dio opera di alcuni, e l'indurimento degli altri, è dichiarata arditamente nell'epistola ai Romani. Possa Iddio concedere anche a noi un tale coraggio!

Romani 11:4-10 – "Ma che gli disse la voce divina? "Io mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal". Così dunque, anche nel tempo presente è stato lasciato un residuo secondo l'elezione della grazia. E se è per grazia, non è più per opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia; ma se è per opere, non è più grazia, altrimenti l'opera non sarebbe più opera. Che dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma gli eletti l'hanno ottenuto, e gli altri sono stati induriti, come sta scritto: "Dio ha dato loro uno spirito di stordimento, occhi per non vedere e orecchi per non udire". E Davide dice: "La loro mensa di venti per loro un laccio, una trappola, un intoppo e una retribuzione. Siano oscurati loro occhi da non vedere, e piega loro la schiena del continuo".

La fede della chiesa primitiva

La chiesa primitiva non aveva vergogna delle dottrine della grazia, quelle che noi chiamiamo "calviniste". Non c'è alcuna evidenza che essi intrattenessero quel tipo di insegnamento che poi è andato sotto il nome di Arminianismo. Abbiamo già considerato ad alcuna della loro predicazione ed insegnamento. Dovremmo pure notare come essi pensavano e pregavano.

Considerate, per esempio, la preghiera della Chiesa quando gli apostoli sono per la prima volta arrestati per aver predicato l'Evangelo, e minacciati con il comando: "di non parlare né insegnare affatto nel nome di Gesù" (Atti 4:18):

  • Atti 4:27-30 – "Proprio in questa città, contro il tuo santo servitore Gesù, che tu hai unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme con le nazioni e con tutto il popolo d'Israele, per fare tutte le cose che la tua volontà e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. Adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi annunziare la tua Parola in tutta franchezza, stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù".

Questi primi cristiani erano pienamente convinti che la loro persecuzione fosse stata prestabilita da un Dio sovrano. E' evidente questo dal modo in cui pregavano. Dovremmo pure notare come essi pregassero per ricevere "franchezza" per continuare ad annunciare la Parola di Dio, e che Dio rispose immediatamente a questa loro preghiera in modo potente...

  • Atti 4:31 – "Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con franchezza". Se la Chiesa primitiva era così satura di fiducia nella sovranità e nel volere di Dio, allora noi dovremmo concluderne che essi apertamente e frequentemente predicassero, pregassero, insegnassero, e discutessero della sovranità di Dio.

Un'altra chiara prova che i primi cristiani credessero pienamente nella sovranità di Dio, è fornita da un'affermazione dell'epistola di Paolo alla Chiesa di Filippi..

  • Filippesi 1:29 – "Perché vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in Lui, ma anche di soffrire per lui".

Notate come questo versetto insegni chiaramente la grazia - fede irresistibile in Cristo, come qualcosa che Dio ci concede. Notate pure come Paolo prenda per scontato che già i cristiani di Filippi conoscessero e abbracciassero pienamente questa dottrina, perché Egli sostiene che Dio "non soltanto" ci ha concesso la fede, "ma anche" ci concede il privilegio di soffrire per Cristo. Paolo evidentemente sapeva che i Filippesi si rallegrassero nell'irresistibile grazia di Dio, ma che pure sentissero più difficile da accettare la dottrina della sofferenza per amore di Cristo.

Ancora questo si lega perfettamente con il fatto che Paolo proclamasse arditamente la grazia sovrana di Dio nell'epistola ai Romani. La sovranità di Dio non solo è necessaria, ma pure è essenziale all'efficace devozione, culto, santificazione e servizio dei cristiani, troppo importante perché venga relegata alle scuole di teologia o alle riviste specializzate. Essa è il sangue stesso che scorre nelle vene dell'autentica fede cristiana e dovrebbe essere proclamata gioiosamente come il glorioso Evangelo della stupefacente grazia di Dio.

Osservazioni conclusive

Coloro che considerano la prospettiva calvinista sulla fede cristiana come un'aberrazione dottrinale o come un hobby, senza dubbio diranno che questo articolo rifletta una certa "arroganza dottrinale". Vi sono molti che considerano il Calvinismo come argomento di studio da lasciarsi solo agli studenti di teologia del terzo o del quarto anno, o come un episodio della storia del cristianesimo "ormai superato". Coloro, però, che hanno gustato, attraverso il ristoro dello Spirito Santo, la dolcezza delle dottrine della grazia, non potranno mai guardare con tale sdegno la sovrana misericordia di Dio. Per noi, quello che gli avversari hanno chiamato "Calvinismo", evidentemente per distinguerlo dalla loro versione della fede cristiana, non è altro che l'Evangelo stesso, il quale dichiara i grandi atti per i quali il nostro sovrano Iddio trino sceglie, redime e preserva il Suo benamato popolo.

Il Calvinismo non è semplicemente una strana curiosità intellettuale, ma un modo rivoluzionario di pensare a Dio, nel modo più biblico, devoto e onorevole. Esso proclama un Dio che davvero è glorioso, ed una salvezza che proviene veramente dalla grazia. Esso esalta le sofferenze redentrici di Cristo, riconoscendo che esse sono del tutto efficaci a salvare tutti coloro per cui ciò era stato inteso. Esso distrugge l'orgoglio umano, insistendo che, a parte dalla rigenerazione, le creature umane non sono né disposte né capaci a venire a Dio o a confidare in Cristo. Rallegriamoci, dunque, nel nostro sovrano Iddio, e nella Sua sovrana misericordia verso di noi! Proclamiamo con gioia le Sue glorie ad un mondo perduto - un mondo che ha bisogno di sapere che c'è un Dio in cielo - un Dio che è infinitamente degno di ogni onore, gloria, timore ed amore. Che egli sia lodato per sempre.

Altre voci

  • "… Senza rendercene conto, nell'ultimo passato secolo, abbiamo barattato l'Evangelo con un prodotto sostitutivo che, sebbene sembri simile in punti di dettaglio, è del tutto una cosa diversa. Da qui vengono tutti i problemi: il prodotto sostitutivo non risponde ai fini per cui l'Evangelo autentico nel passato si è provato essere così potente. Il nuovo Evangelo fallisce visibilmente nel produrre profondo rispetto, profondo ravvedimento, profonda umiltà, uno spirito d'adorazione, cura per la chiesa. Perché? Vorremmo suggerire che la ragione di questo giace nel proprio carattere e contenuto. Esso fallisce nel rendere gli uomini teocentrici nel loro pensiero e timorosi di Dio nel loro cuore, perché non è essenzialmente quello che sta cercando di essere. Un modo per rilevare la differenza fra esso ed il vecchio Evangelo è dire che si interessa quasi esclusivamente ad essere "utile" agli uomini - portare pace, conforto, felicità, soddisfazione - e si interessa poco nel glorificare Iddio. Anche l'antico Evangelo era "utile", anzi, lo era di più, ma solo, così per dire, accessoriamente, perché suo primo interesse era dare gloria a Dio. Era sempre ed essenzialmente, proclamazione della sovranità di Dio nella misericordia e nel giudizio, un appello a chinare la testa e ad adorare il Signore onnipotente da cui la creatura umana dipende per ogni bene, sia della natura che della grazia. Il suo punto di riferimento era Dio, senza ambiguità alcuna.- Nel nuovo evangelo, però, il punto di riferimento ultimo è l'uomo. Questo vuol dire che l'antico Evangelo era religioso in un modo che il nuovo non è. Laddove obiettivo ultimo dell'antico Evangelo era insegnare le creature umane a rendere culto a Dio, obiettivo ultimo di quello nuovo sembra limitato a far stare miglio l'umanità. Il soggetto dell'antico Evangelo era Dio e il Suo rapporto con l'umanità; il soggetto del nuovo è l'uomo e l'aiuto che Dio può dargli. C'è un'abissale differenza. testa e ad adorare il Signore onnipotente da cui la creatura umana dipende per ogni bene, sia della natura che della grazia. Il suo punto di riferimento era Dio, senza ambiguità alcuna.- Nel nuovo evangelo, però, il punto di riferimento ultimo è l'uomo. Questo vuol dire che l'antico Evangelo era religioso in un modo che il nuovo non è. Laddove obiettivo ultimo dell'antico Evangelo era insegnare le creature umane a rendere culto a Dio, obiettivo ultimo di quello nuovo sembra limitato a far stare miglio l'umanità. Il soggetto dell'antico Evangelo era Dio e il Suo rapporto con l'umanità; il soggetto del nuovo è l'uomo e l'aiuto che Dio può dargli. C'è un'abissale differenza fra queste due prospettive. La prospettiva e l'accento della predicazione evangelica sono cambiate" (J. I. Packer, Saggio introduttivo a Owen's The Death of Death (London: Banner of Truth, 1983).
  • "Non è una novità, allora, ciò che sto predicando; nessuna nuova dottrina. Io amo predicare queste forti ed antiche dottrine, che portano il nomignolo di Calvinismo, ma che sono certamente e veracemente la verità rivelata da Dio come la troviamo in Gesù Cristo. Con questa verità io faccio un pellegrinaggio nel passato e, mentre io vi cammino, vedo padre dopo padre, martire dopo martire, presentarsimi davanti volendo stringermi la mano. Quand'ero pelagiano, o un credente nel libero arbitrio, avrei potuto camminare per secoli da solo. Qui o là un eretico dal carattere poco onorevole, si potrebbe alzare per chiamarmi fratello. Prendendo queste cose, però, come il modello della mia fede, io vedo la terra degli antichi popolarsi con miei fratelli: ecco una moltitudine che confessa la stessa cosa che confesso io, e riconosco che è questa la religione della propria chiesa di Dio" (C. H. Spurgeon, Election, (pronunciato il 2 settembre 1855 a New Park Street Chapel).
  • "C'è un grande bisogno di ritornare al grande fondamentale della fede. Fintanto che non terminerà quest'era. Fintanto che dureranno le età, deve essere predicato l'evangelo della grazia di Dio. Questo bisogno sorge dallo stato naturale del cuore umano, che è essenzialmente legalista. L'errore fondamentale contro il quale l'Evangelo deve combattere, è la tendenza inveterata umana di confidare in ciò che da soli si costruisce. Il più grande antagonista della verità è l'orgoglio umano. Facendo si che in parte ciascuno faccia la sua parte e sia il suo proprio salvatore. Questo errore è madre prolifica di innumerevoli folle di eresie. E' per questa falsità che il fiume puro della verità di Dio, passando attraverso canali umani, si è contaminata. Ora la grazia di Dio può essere riassunta con Efesini 2:8,9: "Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori". Ogni vera riforma o risveglio della chiesa di Dio deve avere per base una chiara dichiarazione di questa dottrina… Dopo Lutero venneun maestro molto più distinto, Giovanni Calvino. Egli era molto più profondamente istruito nella verità dell'Evangelo, e spinse la sua dottrina centrale alle conclusioni logiche. Come disse Charles Spurgeon: "Lutero ha aperto la diga del fiume della verità". Inoltre, sperando non essere troppo elevato per voi, notate l'altro segno dell'elezione, il che è la fede. "Chiunque crede alla verità di Dio., e crede nel Signore Gesù Cristo, è un eletto. Frequentemente, però, incontro delle povere anime che molto si preoccupano del pensiero: "E se non fossi eletto?". "Caro mio," dicono, "Io so di aver riposto la mia fiducia in Cristo; so di credere nel Suo nome e confido nel Suo sangue, ma se io non fossi eletto?". Povera cara creatura! Non conosci molto l'Evangelo, non è vero? Se lo conoscessi, non parleresti così, perché colui che crede è un eletto!" (A. W. Pink, Gleanings in the Godhead (Chicago: Moody Press, 1975), pp. 124-125).

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