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16. LE BUONE OPERE
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1. Le buone opere sono solo quelle che Dio ha esplicitame­nte comandato nella sua santa parola (301), e non quelle che ‑senza la sanzione divina ‑ che gli uomini concepiscono dal loro zelo senza conoscen­za, o sotto il pretesto delle buone intenzio­ni (302).
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(301) Mi. 6:8; Ro. 12:2; Eb. 13:21.
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(302) Mt. 15:9; Is. 29:13; 1 Pi. 1:18; Ro. 10:2; Gv. 16:2; 1 Sa. 15:21‑23.
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2. Queste buone opere, compiute in obbedienza ai comandamenti di Dio, sono il frutto e l'evidenza di una fede vera e viven­te (303). Mediante esse i credenti manifestano la loro riconoscen­za (304), rendono sicura la loro vocazione ed elezione (305), edificano i loro fratelli (306), adornano la loro professione dell'Evange­lo (307), turano la bocca all'ignoranza degli uomini stolti (308), e glorificano Dio (309). Difatti i credenti sono fattura di Lui, essendo stati creati in Cristo Gesù in vista delle opere buo­ne (310) affinché, godendo del frutto della loro santifica­zione, abbiano per fine la vita eterna (311).
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(303) Gm. 2:18,22.
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(304) Sl. 116:12,13; 1 Pi. 2:9.
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(305) 1 Gv.2:3,5; 2 Pi. 1:5‑10.
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(30­6) 2 Co. 9:2; Mt. 5:16.
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(307) Tt. 2:5‑12; 1 Ti. 6:1.
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(308) 1 Pi. 2:15.
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(309) 1 Pi. 2:12; Fl. 1:11; Gv. 15:8.
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(310) Ef. 2:10.
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(311) ­Ro. 6:22.
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3. La loro capacità di compiere opere buone non deriva da loro stessi, ma totalmente dallo Spirito di Cristo (312).
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Affinché essi ne possano essere capaci, oltre alle grazie che già hanno ricevuto, è necessaria una specifica influenza dello stesso Spirito Santo, in quanto è Lui che opera in loro il volere e l'operare per la sua benevolen­za (313). Ciononost­ante essi non devono diventare negligenti, come se non fossero tenuti a compiere il loro dovere se non per specifico impulso de­llo Spirito, ma essi dovranno essere diligenti a ravvivare la grazia di Dio che è in loro (314).
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(312) Gv. 15:4‑6; Ez. 36:26,27.
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(313) Fl. 2:13; 4:13; 2 Co. 3:5.
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(314) Fl. 2:12; Eb. 6:11,12; 2 Pi. 1:3,5,10,11; Is. 64:7; 2 Ti. 1:6; At. 26:6,7; Giuda 20,21.
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4. Coloro che, nella loro obbedienza, raggiungo­no il massimo che possa essere co­mpiuto in questa vita sono ancora molto lontani da un zelo eccessivo e dal fare più di quanto Dio esige. Essi anzi mancano nei confronti di Dio in tante cose che hanno il dovere di fare (315).
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(315) Lu. 17:10; Ne. 13:22; Gb. 9:2,3; Gl. 5:17.
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5. Noi non possiamo, nemmeno per le nostre opere migliori, meritare da parte di Dio, il perdono dei nostri peccati o la vita eterna per il grande divario fra loro e la gloria a venire, e l'infinita distanza che c'è fra noi e Dio. Con le nostre opere noi non possiamo avere un qualche vantaggio né possiamo soddisfare­ Dio per il debito dei nostri peccati (316). Quando però noi abbiamo fatto del nostro meglio, abbiamo solo fatto il nostro dovere e siamo ancora servi inutili (317). Nella misura in cui le nostre opere sono buone, esse hanno origine nell'opera dello Spirito Santo (318), ma in quanto esse sono compiute da noi, esse ancora sono tanto contaminate e mescolate con debolezza ed imperfezione, che non potrebbero comunque reggere di fronte alla severità del giudizio di Dio (319).
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(316) Ro. 3:20; 4:2,4,6; Ef. 2:8,9; Tt. 3:5,6,7; Ro. 8:18; Sl. 16:2; Gb. 22:2,3; 35:7,8.
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(317) Lu. 17:10.73187Gl. 5:22,23.
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(319) Is. 64:6; Gl. 5:17; Ro. 7:15,18; Sl. 143:2; 130:3.
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6. Tuttavia, poiché i credenti come individui sono accettati per mezzo di Cristo, anche le loro buone opere sono accettate per mezzo di Lui (320). I credenti in questa vita non sono completamente irreprensibili e senza biasimo agli occhi di Dio (321), ma Egli li vede nel suo Figlio ed è contento di accettare e ricompensare ciò che è sincero, anche se è accompagnato da molte debolezze ed imperfezioni (322).
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(320) Ef. 1:6; 1 Pi. 2:5; Es. 28:38; Ge. 4:4; Eb. 11:4.
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(321) Gb. 9:20; Sl. 163:2.
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(322) ­Eb. 13:20,21; 2 Co. 8:12; Eb. 6:10; Mt. 25:21,23.
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7. Le opere compiute da persone non rigenerate, possono essere in sé stesse conformi a ciò che Dio comanda e possono fare del bene sia ai loro autori che agli altri (323). Tuttavia, per il fatto che non procedono da un cuore purificato dalla fede (324) e che non sono compiute nella maniera giusta secondo la Parola (325), né per il giusto fine, cioè la gloria di Dio (326), sono quindi peccaminose e non possono piacere a Dio, né rendere l'uomo atto a ricevere la sua grazia (327). Trascurare per queste opere è però ancora più peccamino­so e fa ancora più dispiacere a Dio (328).
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(323) 2 Re 10:30,31; 1 Re 21:27,29; Fl. 1:15,16,18.­
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(324) Ge. 4:5; Eb. 11:4,6.
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(325) 1 Co. 13:3; Is. 1:12.
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(326) Mt. 6:2,5,16.
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(327) Ag. 2:4; Tt. 1:5; Am. 5:21,22; Os. 1:4; Ro. 9:16; tt. 3:15.
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(328) ­Ag. 2:14; Tt. 1:15; Am. 5:21,22; Os. 1:4; Ro. 9:16; Tt. 3:5.

Revision as of 21:39, 27 June 2011

31 - indice


16. LE BUONE OPERE 1. Le buone opere sono solo quelle che Dio ha esplicitame­nte comandato nella sua santa parola (301), e non quelle che ‑senza la sanzione divina ‑ che gli uomini concepiscono dal loro zelo senza conoscen­za, o sotto il pretesto delle buone intenzio­ni (302).

(301) Mi. 6:8; Ro. 12:2; Eb. 13:21. (302) Mt. 15:9; Is. 29:13; 1 Pi. 1:18; Ro. 10:2; Gv. 16:2; 1 Sa. 15:21‑23.

2. Queste buone opere, compiute in obbedienza ai comandamenti di Dio, sono il frutto e l'evidenza di una fede vera e viven­te (303). Mediante esse i credenti manifestano la loro riconoscen­za (304), rendono sicura la loro vocazione ed elezione (305), edificano i loro fratelli (306), adornano la loro professione dell'Evange­lo (307), turano la bocca all'ignoranza degli uomini stolti (308), e glorificano Dio (309). Difatti i credenti sono fattura di Lui, essendo stati creati in Cristo Gesù in vista delle opere buo­ne (310) affinché, godendo del frutto della loro santifica­zione, abbiano per fine la vita eterna (311).

(303) Gm. 2:18,22. (304) Sl. 116:12,13; 1 Pi. 2:9. (305) 1 Gv.2:3,5; 2 Pi. 1:5‑10. (30­6) 2 Co. 9:2; Mt. 5:16. (307) Tt. 2:5‑12; 1 Ti. 6:1. (308) 1 Pi. 2:15. (309) 1 Pi. 2:12; Fl. 1:11; Gv. 15:8. (310) Ef. 2:10. (311) ­Ro. 6:22.

3. La loro capacità di compiere opere buone non deriva da loro stessi, ma totalmente dallo Spirito di Cristo (312). Affinché essi ne possano essere capaci, oltre alle grazie che già hanno ricevuto, è necessaria una specifica influenza dello stesso Spirito Santo, in quanto è Lui che opera in loro il volere e l'operare per la sua benevolen­za (313). Ciononost­ante essi non devono diventare negligenti, come se non fossero tenuti a compiere il loro dovere se non per specifico impulso de­llo Spirito, ma essi dovranno essere diligenti a ravvivare la grazia di Dio che è in loro (314).

(312) Gv. 15:4‑6; Ez. 36:26,27. (313) Fl. 2:13; 4:13; 2 Co. 3:5. (314) Fl. 2:12; Eb. 6:11,12; 2 Pi. 1:3,5,10,11; Is. 64:7; 2 Ti. 1:6; At. 26:6,7; Giuda 20,21.

4. Coloro che, nella loro obbedienza, raggiungo­no il massimo che possa essere co­mpiuto in questa vita sono ancora molto lontani da un zelo eccessivo e dal fare più di quanto Dio esige. Essi anzi mancano nei confronti di Dio in tante cose che hanno il dovere di fare (315).

(315) Lu. 17:10; Ne. 13:22; Gb. 9:2,3; Gl. 5:17.

5. Noi non possiamo, nemmeno per le nostre opere migliori, meritare da parte di Dio, il perdono dei nostri peccati o la vita eterna per il grande divario fra loro e la gloria a venire, e l'infinita distanza che c'è fra noi e Dio. Con le nostre opere noi non possiamo avere un qualche vantaggio né possiamo soddisfare­ Dio per il debito dei nostri peccati (316). Quando però noi abbiamo fatto del nostro meglio, abbiamo solo fatto il nostro dovere e siamo ancora servi inutili (317). Nella misura in cui le nostre opere sono buone, esse hanno origine nell'opera dello Spirito Santo (318), ma in quanto esse sono compiute da noi, esse ancora sono tanto contaminate e mescolate con debolezza ed imperfezione, che non potrebbero comunque reggere di fronte alla severità del giudizio di Dio (319).

(316) Ro. 3:20; 4:2,4,6; Ef. 2:8,9; Tt. 3:5,6,7; Ro. 8:18; Sl. 16:2; Gb. 22:2,3; 35:7,8. (317) Lu. 17:10.73187Gl. 5:22,23. (319) Is. 64:6; Gl. 5:17; Ro. 7:15,18; Sl. 143:2; 130:3.

6. Tuttavia, poiché i credenti come individui sono accettati per mezzo di Cristo, anche le loro buone opere sono accettate per mezzo di Lui (320). I credenti in questa vita non sono completamente irreprensibili e senza biasimo agli occhi di Dio (321), ma Egli li vede nel suo Figlio ed è contento di accettare e ricompensare ciò che è sincero, anche se è accompagnato da molte debolezze ed imperfezioni (322).

(320) Ef. 1:6; 1 Pi. 2:5; Es. 28:38; Ge. 4:4; Eb. 11:4. (321) Gb. 9:20; Sl. 163:2. (322) ­Eb. 13:20,21; 2 Co. 8:12; Eb. 6:10; Mt. 25:21,23.

7. Le opere compiute da persone non rigenerate, possono essere in sé stesse conformi a ciò che Dio comanda e possono fare del bene sia ai loro autori che agli altri (323). Tuttavia, per il fatto che non procedono da un cuore purificato dalla fede (324) e che non sono compiute nella maniera giusta secondo la Parola (325), né per il giusto fine, cioè la gloria di Dio (326), sono quindi peccaminose e non possono piacere a Dio, né rendere l'uomo atto a ricevere la sua grazia (327). Trascurare per queste opere è però ancora più peccamino­so e fa ancora più dispiacere a Dio (328).

(323) 2 Re 10:30,31; 1 Re 21:27,29; Fl. 1:15,16,18.­ (324) Ge. 4:5; Eb. 11:4,6. (325) 1 Co. 13:3; Is. 1:12. (326) Mt. 6:2,5,16. (327) Ag. 2:4; Tt. 1:5; Am. 5:21,22; Os. 1:4; Ro. 9:16; tt. 3:15. (328) ­Ag. 2:14; Tt. 1:15; Am. 5:21,22; Os. 1:4; Ro. 9:16; Tt. 3:5.





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