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La perseveranza nella preghiera
Infine dobbiamo osservare che non dobbiamo voler legare Dio a certe circostanze, come anche in questa stessa preghiera ci viene insegnato di non dettargli legge alcuna né d’imporgli nessuna condizione.
Infatti, prima di rivolgergli qualsiasi preghiera per noi, diciamo che la sua volontà sia fatta, e con ciò sottomettiamo la nostra volontà alla sua, affinché sia fermata e trattenuta come da un freno e non presuma il volerselo sottoporre e rendere soggetto.
Se avendo il cuore educato a quest’obbedienza, ci lasciamo governare secondo il beneplacito della divina provvidenza, facilmente impareremo a perseverare nella preghiera e ad attendere con pazienza il Signore, differendo l’adempimento dei nostri desideri all’ora stabilità dalla sua volontà: con la certezza che, sebbene egli non si mostri, pure è sempre presente, e che al tempo opportuno dichiarerà di non aver avuto affatto le orecchie sorde alle nostre preghiere, per quanto agli uomini sembrasse che fossero disprezzate da Lui.
E se alla fine, dopo lunga attesa, la nostra ragione non potrà intendere quale vantaggio avremo avuto dal nostro pregare e non ne vedrà alcun frutto, pur non di meno la nostra fede ci attesterà ciò che la nostra mente non potrà percepire, cioè che avremo ottenuto tutto ciò che ci era utile e così farà che abbiamo abbondanza nella povertà e consolazione nell’afflizione.
Infatti, quand’anche tutte le cose ci vengano meno, pure Dio mai ci lascerà, poiché non è possibile che renda vana l’attesa e la pazienza dei suoi. E Lui solo ci sarà sufficiente per ogni cosa, perché ha in sé tutti i beni, che nel futuro ci rivelerà pienamente