Uno Studio Esegetico di Giovanni 3:16

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[edit] Uno Studio Esegetico di Giovanni 3:16

Come dovremmo intendere il verso usato più malamente e più maltrattato di tutta la Bibbia?

Dott. C. Matthew McMahon, Ph.D.


Giovanni 3:16 è spesso utilizzato fuori dal contesto dell'insegnamento didattico di Gesù a Nicodemo, ed impiegato come un testo prova dell'amore salvifico di Dio per l'intero mondo.[1] Alcuni Calvinisti credono che Dio non stia qui salvando tutti gli uomini, ma che intenda un generico amore "salvifico" per tutti gli uomini. Alcuni tentano di forzare Giovanni 3:16 dentro un contesto di un "amore generale." Né il contesto, né la grammatica, o l'uso specifico delle parole "tanto" e "ha dato," consentono un amore generico per tutti gli uomini.[2] Come ha affermato Hugh Latimer, "Dio non è solo un Padre privato, ma un Padre comune a tutto il mondo, a tutti i credenti, per quanto siano poveri e miserabili."[3] Come sarà dimostrato, il mondo dei credenti, ed essi soltanto, ha Dio come loro Padre.

Primo, il testo recita, "Perciocchè Iddio ha tanto amato il mondo, ch'egli ha dato il suo unigenito Figliuolo, acciocchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna."[4] L'articolo gar (perché) denota l'informazione precedente nella conversazione che Gesù sta esponendo a Nicodemo. Il contesto immediato è tratto dal passo dell'Antico Testamento sul serpente di bronzo nel deserto per coloro che lo avrebbero guardato.[5] Il contesto più ampio è sulla rigenerazione e sul discorso di Gesù con Nicodemo—su come lo Spirito, il Figlio e il Padre realizzano la redenzione. Quel "perché" (perciocchè nel testo Diodati, N.d.T.) è immediatamente connesso strumentalmente con gli oggetti dell'ultimo verso; tutti coloro che credono non dovranno morire perché Dio ha inviato il suo figlio per coloro che credono. Quel "perché" del verso collega il pensiero nel verso precedente, 3:15, al verso 16. Il "perché" è transitivo. Si deve anche notare che Giovanni 3:16 ricorda la promessa del prologo vista in 1:12-13 e prepara il lettore del Vangelo ad incontrare l'allargato dominio di salvezza di Dio, non solo per i Giudei, ma anche per i Samaritani e i Gentili in Giovanni 4:1-54.[6]

L'autore di questo amore è Dio. La grammatica è letteralmente, "tanto ha amato Dio..."[7] La parola "Outos" è quel "tanto" usato enfaticamente[8] nel verso.[9] Non è un amore generico, ma un amore enfatico[10], di cui non ne esiste uno più alto di questo.[11]. Quel "tanto"[12] sottolinea il tempo aoristo del verbo "hegapesen." "Tanto" funge da avverbio in questo caso, connesso in modo vitale come una particella intensiva precedente al verbo "amare". Come un avverbio, denota il grado d'intensità del verbo che viene espresso. Come viene osservato spesso, la frase nel suo complesso ("Perché Dio ha tanto amato il mondo") è una proposizione connessa ad una preposizione subordinata e consequenziale ("ch'egli ha dato..."). Questo è importante perché consente alla frase di reggersi da sola, eccetto per la connessione tra l'ultimo verso e la parola "perché." Come la maggior parte delle costruzioni nella lingua greca, la frase potrebbe essere letteralmente tagliata e le parole stesse sparse sul pavimento. Ma poiché le terminazioni delle parole sono la chiave nell'aiutarci a comprendere la costruzione, anche se avessimo letteralmente sparpagliato le parole, il significato sarebbe comunque lo stesso. Il significato, quindi, è molto chiaro nel Greco – non solo Dio ha amato il mondo, ma lo ha amato intensamente, cosa che si vede nell'uso dell'avverbio outos così spesso trascurato.

L'uso particolare della parola "hegapesen" (amare), è di amare qualcosa in particolare o di "compiacersi nell'oggetto".[13] L'amore di cui il Salvatore sta qui parlando non può essere un amore inferiore di quello con cui Dio ama i suoi eletti. L'aoristo attivo indicativo di "agapao" è la parola più comune nei Vangeli per la forma più alta d'amore . Viene usata qui com'è usata spesso negli scritti di Giovanni (14:23; 17:23; I Gv. 3:1; 4:10). Viene usata per l'amore di Dio per i suoi eletti (II Ts. 2:16; Ro. 5:8; Ef. 2:4).[14] Se questo amore in Giovanni 3:16 fosse "così" grande da essere indirizzato al mondo intero, questo renderebbe l'amore di Dio per il mondo intero maggiore dell'amore che Egli nutre per i Suoi eletti. Ma il Salvatore afferma, "Niuno ha maggiore amor di questo: di metter la vita sua per i suoi amici." (Gv. 15:13) Se questo è vero, allora l'amore di cui si parla in Giovanni 3:16 è l'amore più grande.[15] Dunque, se questo è vero, e non si può illustrare un amore più grande di questo amore che porta qualcuno a dare la sua vita per i suoi amici, allora il "mondo," necessariamente, è universalmente salvato perché Dio lo "ama così tanto." Questo non è certamente vero. È vero, tuttavia, che l'amore di cui qui si parla è l'amore più grande che Dio abbia mai avuto, ma è per i Suoi eletti.[16]

Turretini giustamente afferma:

L'amore trattato in Giovanni 3:16 quando dice che "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio," non può essere universale verso ogni singolo individuo, ma speciale verso pochi. (1) Esso tratta dell'amore supremo ed immenso di Dio[17] (di cui non è e non può essere concepito uno più grande) per quelli che Egli diede al suo unigenito. Questo è evidente sia dalla particella intensiva (epitatike) houtos (che ha grande peso qui) che dall'oggetto stesso. Perché nessuno può avere un amore più grande di dare la sua vita per i suoi amici (Gv. 15:13), così non si può trovare un amore più grande di quello per il quale Dio (mentre gli uomini erano suoi nemici) ha consegnato il suo proprio Figlio alla morte per essi. E come Abrahamo non poté provare la sua fede in un modo più evidente di offrire suo figlio come sacrificio, così Dio non poté dimostrare il suo amore per gli uomini in modo più nobile che dando suo Figlio ad essi come vittima propiziatoria (hilastiken). (2) L'amore per il quale Dio diede suo Figlio comprende tutte le altre cose necessarie alla salvezza: "Colui certo, che non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo, anzi l'ha dato per tutti noi, come non ci donerebbe egli ancora tutte le cose con lui?" (Ro. 8:32). Ma non ad ogni singolo individuo, ma solo agli eletti, egli conferisce tutte le cose con Cristo. (3) Di conseguenza il fine di quell'amore che Dio intende, è la salvezza di quelli che Egli raggiunge con tale amore; per cui aggiunge, "Poiché Iddio non ha mandato il suo Figliuolo nel mondo, acciocchè condanni il mondo, anzi, acciocchè il mondo sia salvato per mezzo di lui." (Gv. 3:17) Se dunque Dio mandò Cristo con quel fine (che per mezzo di Lui il mondo potesse essere salvato), Egli deve o aver fallito nel suo intento o in effetti il mondo deve essere necessariamente salvato. Tuttavia è cosa certa che non tutto il mondo si salva, ma solo quelli scelti dal mondo sono salvati; quindi a loro si riferisce appropriatamente questo amore. Né si può pensare, se qui si intendesse un amore universale, come un tale amore così grande (che è di gran lunga la causa del sommo e più eccellente bene, ossia la missione di Cristo) possa consistere nell'odio per innumerevoli persone alle quali Egli vuole passare oltre e le quali ordina alla dannazione (alle quali Egli non ha mai rivelato né suo Figlio o ha voluto conferire la fede, senza la quale esso è manifestato invano). Né si può concepire come questo amore di Dio possa essere così grandemente lodato qui quando invece rimane vuoto ed inefficace a causa della mancanza di grazia soggettiva, che Dio ha determinato di negare.[18]

L'oggetto dell'amore è "ton kosmon" (il mondo).[19] John Gill afferma che la versione Persiana traduce la parola "mondo" con "uomini", che in questo caso potrebbe essere adatto ma non necessario.[20] John Flavel giustamente afferma, "Gli oggetti di questo amore, o le persone a cui l'eterno Signore inviò Cristo, e cioè il [Mondo], deve rispettare gli eletti di Dio nel mondo, quanti credono o crederanno, come è espresso esegeticamente nelle parole successive, "Affinché chiunque creda in lui non perisca."[21] Come afferma Owen, Dio per libera grazia ha preparato una via per redimere e salvare i suoi eletti (Gv. 3:16; Is. 53:6).[22] Io credo che sia difficile tradurre il verso in una qualunque altra maniera senza entrare in problemi teologici.[23]

La parola "mondo" non può essere tradotta in modo superficiale come se significasse ogni singolo individuo in ogni epoca, inclusi quelli che si sono già perduti. Nessuno affermerebbe che esso includa tutti gli uomini nell'inferno, o quelli che erano stati precedentemente negli inferi al momento della crocifissione. Ma non affermando questo, l'estensione di quelli che Dio "ama tanto" viene già limitata. Cito estesamente John Owen, "Primo....Ora, noi diciamo che questo amore deve essere tale che non ve ne sia uno maggiore. Secondariamente, con "mondo" noi intendiamo i soli eletti di Dio, anche se non sono considerati in questo passo come tali, ma nella nozione tale che, com'è appropriato per loro, serva per l'ulteriore esaltazione dell'amore di Dio per loro, che è il fine inteso qui; e di questo si tratta, poiché sono creature povere, miserabili e perdute nel mondo, del mondo, disperse fuori in tutti i luoghi del mondo, non legate ai Giudei o ai Greci, ma disperse in ogni nazione, sangue, e lingua sotto il cielo. Terzo, "ina pas o pisteuon", "affinché ogni credente", si riferisce a noi, e dichiara l'intenzione di Dio nell'inviare o dare suo Figlio, che non comprende una distribuzione del mondo amato, ma una direzione verso le persone il cui bene era inteso, essendo quell'amore l'intenzione immutabile del sommo bene. Quarto, "Che non perisca, ma abbia vita eterna," contiene un espressione dello scopo particolare e dell'intenzione di Dio in questa questione; la quale è, la salvezza certa dei credenti da parte di Cristo. E questo, in generale, è l'interpretazione delle parole che condividiamo, che produrrà diversi argomenti, ognuno dei quali sufficiente a rovesciare l'idea di un riscatto generale; che, affinché siano più esaustive, e più chiaramente convincenti, descriveremo e confronteremo le diverse parole ed espressioni di questo passo, della cui interpretazione noi ragioniamo, con la ragione per cui respingiamo un senso e ne accogliamo un altro: La prima differenza nell'interpretazione di questo passo riguarda la causa per cui Cristo viene inviato; qui chiamata amore. La seconda, riguardo all'oggetto di questo amore; qui chiamato il mondo. Terzo, A proposito dell'intenzione di Dio nel mandare suo Figlio, qui detta essere che i credenti possano essere salvati."[24] Come afferma ancora Owen, "È l'amore speciale di Dio per i suoi eletti, come affermiamo, e così, di conseguenza, nessuna delle cose che i nostri avversari suppongono siano qui intese, - vale a dire, una velleità od inclinazione naturale al bene di tutti."[25] Si deve tenere a mente che Owen credeva che Dio conferisca buone cose agli uomini perduti, ma non sostiene una disposizione naturale in Lui a farlo in questo senso salvifico.

Turretini spiega estesamente a cosa si riferisce la parola "mondo". Lo cito brevemente qui, ed estesamente nella nota a pie' di pagina, "È vero che solo gli eletti sono effettivamente riconciliati con Dio e che i loro peccati non saranno loro imputati. Perché quindi non dovrebbe "il mondo" essere inteso universalmente per gli individui, ma indefinitamente per ognuno (Giudei come Gentili, senza distinzione di nazione, lingua e condizione) che si possa dire che egli abbia amato il genere umano tanto quanto non abbia l'intenzione di distruggerlo interamente, ma decretò di salvare certe persone da esso; non solo un popolo come prima, ma da tutti indiscriminatamente anche se gli effetti di quell'amore non si devono estendere ad ogni individuo, ma solo ad alcuni (ossia, quelli scelti fuori dal mondo)! E nulla è più frequente nella conversazione comune di attribuire qualcosa ad una comunità riferendosi ad alcuni individui, non a tutti."[26]

Per trattare onestamente con Giovanni dobbiamo osservare attraverso il suo Vangelo e le lettere l'uso della parola "mondo."[27] 26 volte egli usa la parola per riferirsi alla terra.[28] 3 volte usa la parola per riferirsi specificamente ai Giudei e ai Gentili.[29] 12 volte usa la parola per riferirsi a credenti e non credenti nel mondo, o tutta l'umanità.[30] 3 volte usa la parola per riferirsi al sistema del mondo in particolare[31] 31 volte usa la parola per riferirsi ai malvagi, senza includere i credenti, che è l'uso più comune.[32] E infine, egli usa la parola per il mondo degli eletti.[33] Vedendo il vario uso della parola, il contesto e il pensiero di ogni passo è fondamentale, altrimenti il significato della parola sarebbe assurdo. Per esempio, se dovessimo usare la stessa logica che i Rimostranti o Arminiani[34] usano nel loro uso della parola "mondo" in Giovanni 3:16 come "ognuno in ogni epoca", cosa ci impedisce di usare la stessa parola in I Gv. 5:19 "Noi sappiamo che siam da Dio e che tutto il mondo giace nel maligno." Questo non avrebbe alcun senso. O in Apocalisse 12:9, "E il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato Diavolo e Satana, il qual seduce tutto il mondo, fu gettato in terra; e furono con lui gettati ancora i suoi angeli." È forse questa tutta l'umanità che essi sostengono in Giovanni 3:16? Perché loro la leggono in Giovanni 3:16 senza considerare il contesto di quel "tanto" e del "ha dato", includendo il verso precedente e l'ultimo?

Anche Arthur W. Pink ci aiuta ulteriormente a considerare la parola "mondo" nel suo contesto. "Il contestatore, però, ritorna su Giovanni 3:16 e ci dice: "Mondo significa mondo!". E' vero, ma "mondo" non significa l'intera famiglia umana. Il fatto è che "il mondo" è usato in modo generale. Quando i fratelli di Cristo Gli dicono: "Se tu fai queste cose, manifèstati al mondo" (Gv. 7:4), forse che intendevano: "Mostrati all'intera umanità"? Quando i Farisei dicono: "Vedete che non guadagnate nulla? Ecco, il mondo gli corre dietro!" (Gv. 12:19), forse che intendevano che "l'intera umanità" stesse correndogli dietro? Quando l'apostolo scrive: "…rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo" (Ro. 1:8), forse che intendeva dire che la fede dei santi di Roma era oggetto delle conversazioni di ogni uomo, donna e bambino dell'intero globo? Quando Apocalisse 13:3 ci informa che: "…tutta la terra, meravigliata, andò dietro alla bestia", dovremmo così intendere ogni essere umano del mondo intero senza eccezione? Che dire allora del resto fedele che sarà martirizzato (Ap. 20:4) perché non vuole ad essa sottomettersi? Questi ed altri brani simili potrebbero essere citati, per mostrare che il termine "il mondo" spesso ha una forza relativa più che assoluta."[35] Credo fermamente che la parola sia relativa e dipendente dal contesto. In quasi sua ogni occorrenza nella Bibbia essa è relativa. Ha quasi sempre connotazioni ad un gruppo specifico di persone.

Pink continua dicendo, "Ancora uno. In 2 Corinzi 5:19 leggiamo: "Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo". Ciò che questo versetto intende è chiaramente definito dalle parole che, ad esso, immediatamente seguono, cioè: "…non imputando agli uomini le loro colpe". Anche qui "il mondo" non può significare "il mondo degli empi", perché, di fatto, la Scrittura testimonia che, nel giorno del giudizio, di fronte al Grande Trono bianco, le loro colpe saranno chiaramente loro "imputate". 2 Corinzi 5:19 insegna chiaramente che, però, vi è un mondo che sarà "riconciliato" con Dio e le cui colpe non verranno imputate, messe a carico, essendo state "caricate" sul loro Sostituto. Chi appartiene a questo mondo? Solo una risposta è possibile: il mondo del popolo di Dio! Allo stesso modo, in ultima analisi, in Giovanni 3:16, il "mondo" di cui si parla, deve riferirsi al mondo del popolo di Dio. Dobbiamo dire così perché non esiste alcun'altra soluzione alternativa. Non può significare l'intera razza umana, perché parte di essa era già all'inferno quando Cristo venne sulla terra. Non è onesto verso la Scrittura insistere che esso significhi ogni essere umano ora vivente, perché ogni altro brano del Nuovo Testamento, dove si menziona l'amore di Dio, esso viene limitato al Suo popolo - cercate e vedrete! Gli oggetti dell'amore di Dio in Giovanni 3:16 sono precisamente gli stessi che gli oggetti dell'amore di Dio in Giovanni 13:1 Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine".

L'interpretazione che abbiamo dato di Giovanni 3:16 non è affatto nuova, non ce la siamo inventata noi: essa è quasi uniformemente proposta dai Riformatori, dai Puritani e da molti altri da allora."[36]

Anche l'Assemblea di Westminster ebbe alcune discussioni sull'idea della parola "mondo" a causa delle posizioni teologiche degli Amiraldiani nei loro incontri (come Davenant). Rutheford, Seaman, e Gillespie sostenevano che la parola "mondo" significasse "gli eletti" e presentarono l'idea all'Assemblea e l'Assemblea accettò le loro proposte concernenti Dio che ama il "mondo" come Dio che ama "gli eletti". Questo fu annotato nel dettaglio nelle loro Minute.[37] La posizione condivisa dell'Assemblea fu di abbandonare la nozione Amiraldiana che Dio ami tutti gli uomini in modo generico[38] e proseguirono con il significato di Giovanni 3:16 come particolare per i soli eletti.

Le parole "oste ton uion ton monogeneh edoken" ("Egli ha dato il suo unigenito Figlio") poggiano sull'idea presentata – l'atto di dare da parte del Padre.[39] La parola "edoken" (terza persona aoristo attivo indicativo di didomi, "ha dato") è cruciale per la comprensione dell'intenzione di Dio nel passo in questione. La costruzione Greca sottolinea la realtà del dono: non è "Dio ha amato per dare", ma "Dio ha amato tanto che ha dato." Il suo amore non è un vago moto sentimentale, ma un amore che ha un costo. Dio ha dato ciò che Gli era più caro.[40] Questo è l'amore che viene descritto come "per noi" in Romani 8:31-32, "Che diremo noi adunque a queste cose? Se Iddio è per noi, chi sarà contro a noi? Colui certo, che non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo, anzi l'ha dato per tutti noi, come non ci donerebbe egli ancora tutte le cose con lui?" I Gv. 4:9-10 "In questo si è manifestata la carità di Dio inverso noi: che Iddio ha mandato il suo Unigenito nel mondo, acciocché per lui viviamo." La propiziazione, l'amore di Dio e il Suo dare sono tutti intrinsecamente legati qui insieme e paralleli come in Giovanni 3:16.

Che cosa significa "dare" il Figlio? Non è nulla di meno che l'interezza dell'oblazione di Cristo nella sua incarnazione, opera, morte, resurrezione ed intercessione.[41] Parlando del dare, essa indica il piano e l'intenzione di Dio. Come afferma John Flavel, "Avete sentito del grazioso scopo e piano di Dio, di redimere i poveri peccatori a sè per mezzo di Gesù Cristo, e di come questo piano d'amore sia stato steso e deliberato nel patto di redenzione, di cui abbiamo parlato prima. Ora, secondo i termini di quel patto, ascolterete da questa scrittura di come il piano sia avanzato di un grado verso la realizzazione, quando Dio diede effettivamente o si separò da suo Figlio per noi: "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato," etc. Tutto il contesto precedente è impegnato dalla scoperta della natura e della necessità della rigenerazione, e tale necessità è in questo testo accentuata e dedotta dal rispetto peculiare e sguardo di Dio sopra i credenti, nel dare Cristo per loro; dovendo essi solo mietere tutti i benefici e i vantaggi speciali e salvifici di quel dono: "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque creda in lui non perisca."[42]

Le stesse osservazioni fatte da quanti creano una doppia volontà in Dio in Giovanni 3:16 non possono essere collegate a Giovanni 6:33, anche se essi fossero coerenti nella loro ermeneutica, dovrebbero esserlo. Il passo afferma, "Perciocché il pan di Dio è quel che scende dal cielo, e dà vita al mondo." Se questo è vero, e se dovessimo usare gli stessi strumenti interpretativi che alcuni hanno usato in Giovanni 3:16, allora, come Gesù dà vita al mondo, tutti, per necessità, devono avere la vita e sono vivi. Ma noi sappiamo che "il mondo è già condannato" se continua a non credere. Come potremmo interpretare Gv. 6:33 come "tutti gli uomini in ogni epoca?" Non possiamo, esattamente come non possiamo dire che Egli ha amato "tutti gli uomini in ogni epoca" in Gv. 3:16. Chi sono quelli a cui è data la vita? Sappiamo che non viene data la vita a tutto il mondo, altrimenti sarebbero tutti vivi. Se essi mangiano del pane della vita, hanno la vita. Gesù non sta dicendo che Egli è il pane della vita che ogni uomo con cui ogni uomo in ogni tempo è rigenerato. Egli sta dicendo che tutti gli uomini, Giudei e Gentili, possono mangiare del Suo corpo. Non ogni singolo individuo, ma ogni genere d'uomini, i quali sarebbero stati stranieri ai suoi ascoltatori Giudei. In effetti, in Giovanni 6:41 i Giudei mormoravano ai suoi insegnamenti, dicendo che Gesù non poteva essere "disceso dal cielo" perché era il "figlio di Giuseppe." Ma Gesù poi li rimprovera in 6:43-44 con queste parole, "Gesù rispose, e disse loro: Non mormorate tra voi. Niuno può venire a me, se non che il Padre che mi ha mandato lo tragga; ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno." Questo dimostra l'intenzione di Dio verso i Giudei, e verso il mondo. Egli risuscita solo quelli che il Padre Gli dà. Il Padre, se fosse interessato in modo salvifico a tutti gli uomini, dovrebbe dare a Cristo tutti gli uomini. Ma Dio non è interessato a tutti gli uomini in quella maniera, ma solo in alcuni uomini—quelli che Gesù risusciterà nell'ultimo giorno.

Il "dare" Cristo è di profonda importanza teologica. Anche la costruzione Greca data a queste parole ci mostra l'eccezionalità e l'intento esclamativo dello scrittore. Le parole "Che ha dato" è la normale costruzione classica della grammatica con "hoste" e l'indicativo (primo aoristo attivo) implica un risultato pratico; che Dio fece una cosa tale come dare Suo Figlio, veramente. Il solo altro esempio di questo nel Nuovo Testamento è in Gal. 2:13 dove Paolo è sconcertato che perfino Barnaba fosse stato trascinato dall'ipocrisia dei Giudei, che sembrava impensabile.[43]

Perché Dio realizzò tutto questo "dare"?

John Owen afferma, "L'intera Scrittura assegna costantemente quest'unico fine di quell'effetto della divina benevolenza e saggezza; si, lo afferma come il solo fondamento del Vangelo, Giovanni 3:16."[44] Dio diede a motivo della Sua benevolenza per gli eletti e la Sua benevolenza si vede nel Vangelo stesso, non specificamente per tutti gli uomini in generale. La bontà divina e la saggezza di Dio hanno dato Cristo come un'oblazione per "chiunque crede." Quelli "o pisteuon" (i credenti) prendono parte a ciò che Dio diede nel Suo amore, "il Suo Figlio unigenito." "Credere" è immediatamente collegato all'insegnamento di Gesù nel verso 3, quelli che sono "nati di nuovo" e che "ricevono" le cose del Regno. Quelli che credono sono quelli sovranamente rigenerati dallo Spirito che fa nascere lo spirito. La costruzione in questione qui è una "proposizione finale" in Greco. È impossibile rompere la linea di pensiero di Cristo e attribuire un amore di Dio speciale e finalizzato che dà il Suo Figlio unigenito all'intera umanità senza distinzione, dove Gesù ha, nel verso 3 e successivi, già fatto la distinzione.[45] È vero che Calvinisti Riformati, come Murray e Dabney, non credono che Dio stia "tentando" di salvare il mondo. Tuttavia, la posizione teologica di attribuire al Giovanni 3:16 a tutti gli uomini in generale è contestualmente fuorviante. John Owen giustamente afferma, "Né v'è alcuna menzione di alcun amore speciale o grazia di Dio verso i peccatori, ma rispetto alla soddisfazione di Cristo[46] come mezzo per comunicare tutti i suoi effetti ad essi."[47] John Gerstner afferma, "Giovanni 3:16 dice più chiaramente di forse qualunque altro verso nella Scrittura che la redenzione fu realizzata solo per i credenti. Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il Suo Figlio affinché i credenti abbiano la vita eterna."[48] Anche John Newton deve affermare che Dio in Giovanni 3:16 "ha aperto il Regno di Dio a tutti i credenti."[49] Il Regno di Dio è aperto ad ogni credente, ma c'è un numero limitato – quelli che Dio rigenera e a cui conferisce la fede. È l'intenzione di Dio verso "chiunque crede" che determina il "mondo" del verso, e la direzione della Sua benevolenza e del Suo amore.

L'obiezione è spesso espressa in questo modo, "L'amore di Dio è infinito, e non può essere limitato solo ad alcuni." L'amore salvifico di Dio non è indiscriminato com'è la Sua provvidenza. Samuel Rutheford risponde bene per noi al caso in cui quell'obiezione fosse vera; "Questo dovrebbe farci concludere, che c'è un numero infinito di uomini ed angeli ai quali la salvezza di Dio proposta con sentimento; ma il Suo amore è infinito nel suo atto, non nel suo oggetto; il modo in cui viene portato avanti il Suo amore è infinito."[50] Ma l'idea continua nel concetto che poiché Dio è amore, allora Dio deve, necessariamente secondo la Sua natura, amare. Questo amore quindi include tutta la creazione in una forma o un'altra. Ma questa è una forzatura esegetica. Ci deve essere una distinzione tra l'amore ad infra e ad extra. Entro la natura della Trinità, esiste un amore puro comunicato ad ognuna delle persone della Trinità. Il Padre ama il Figlio e il Figlio ama il Padre e questo amore è comunicato tra loro attraverso l'opera dello Spirito d'amore. Questo amore è l'amore Trinitario interiore che è ad infra, un amore senza restrizioni. Dio, comunicando l'amore in questo modo, mantiene un amore puro e illimitato. Tuttavia, c'è anche un'elargizione del Suo amore in e attraverso Cristo, che è ristretta a quelli eletti in Cristo. Questa elargizione di amore redentivo sulle Sue creature è ad extra, fuori da Se stesso in quelli Amati.[51] Come creature finite ci sarebbe impossibile ricevere l'amore salvifico di Dio in qualunque altra forma tranne che per mezzo della mediazione di Cristo, poiché l'amore che Dio elargisce è infinito. Finitum non capax infinitum[52] è la regola generale che deve essere sempre rispettata nella comprensione della comunicazione degli attributi di Dio al Suo popolo. Non possiamo contenere l'amore che Dio condivide ad infra. Noi otteniamo e godiamo attraverso il dono di Dio ciò che in Cristo è ad extra.

John Owen parla dell'amore di Dio in questa maniera quando afferma, "Egli è amore eternamente e necessariamente in questo amore del Figlio; tutte le altre opere dell'amore non sono altro che atti della Sua volontà, di cui qualcosa è espressa esternamente."[53] Qui Owen afferma che Dio necessariamente ama in Cristo ma che quegli atti d'amore esterni verso gli uomini sono quelli che Lui vuole, che come abbiamo discusso è un "amore della creatura" o "amore degli uomini" ma non salvifico. Dio, quindi, amerà salvificamente gli uomini in saggezza. Egli usa la Sua benignità ed amore saggiamente in specifici atti della Sua volontà sopra la Sua creazione. Owen continua a spiegare che l'amore di Dio è sperimentato da noi nella "persona di Cristo... il primo soggetto destinatario di tutto quell'amore divino che si estende alla chiesa. È tutto, tutto quanto, in primo luogo assicurato a lui, e da e attraverso di lui è comunicato alla chiesa."[54] Dio non usa stoltamente quell'amore salvifico, o in modo irrispettoso per Cristo. Turretini afferma lo stesso pensiero, "Dunque sebbene l'amore è considerato affettivamente e sotto l'aspetto dell'atto interno è uguale in Dio (perché non ammette aumento o diminuzione), tuttavia considerato efficacemente (o sotto l'aspetto che Egli vuole per ognuno) è disuguale perché alcuni effetti dell'amore sono maggiori di altri." Calvino afferma, "Poiché il nostro cuore non può, nella misericordia di Dio, né trarre vantaggio ardentemente della vita o accettarla con la gratitudine che dobbiamo, a meno che la nostra mente non è prima colpita e sopraffatta dal timore dell'ira di Dio e dal terrore della morte eterna, ci viene insegnato dalla Scrittura a percepire che a senza Cristo, Dio, per così dire, ci è ostile, e la sua mano è armata per la nostra distruzione; per abbracciare la sua benevolenza e l'amore paterno in Cristo soltanto."[55] Qui Calvino afferma anche che questo tipo di benevolenza si trova solo in Cristo. Egli dice "finché Cristo non ci soccorre con la sua morte, l'ingiustizia che merita l'indignazione di Dio rimane in noi, ed è maledetta e condannata davanti a Lui."[56] Calvino parla qui un senso composto. Dio ama Se stesso in noi. Dio ama Cristo in noi. Egli non ama l'immagine sfigurata di Sè, o gli intenti e i pensieri malvagi del nostro cuore. Egli ama Cristo, e quando noi siamo in Cristo Egli ci ama ad extra.[57]

È anche importante notare la parola "chiunque" nel Greco. Il testo è spesso tradotto, "che chiunque creda abbia la vita eterna." Si fa appello al "chiunque" e non comunemente al "chiunque crede." Il Vangelo è certamente un Vangelo di "chiunque crede", ma c'è un'osservazione da fare su questa parola che è più importante dell'evidenziare il fatto ovvio che "chiunque" è collegato al "credere." Giovanni 3:16 in Greco è citato riguardo all'idea di "chiunque crede", "Οὕτωϛ γὰρ ἠγάπησεν ὁ θεὸϛ τὸν κόσμον, ὥστε τὸν υἱὸν αὐτοῦ τὸν μονογενῆ ἔδωκεν, ἵνα πᾶϛ ὁ πιστεύων εἰϛ αὐτὸν μὴ ἀπόληται, ἀλλ' ἔχῃ ζωὴν αἰώνιον." (Outws gar hegapesen o Theos ton kosmon, hoste ton uion autou ton monogeneh edwken, ina pas o pisteuwn eis auton me apoletai, all'eche zwen aiwnion). La parola in grassetto è un verbo al participio. È il verbo presente attivo nominativo maschile singolare che determina la nostra traduzione Italiana "chiunque crede". Il problema qui è la parola "chiunque". Non c'è alcuna parola "chiunque" nel testo Greco. Letteralmente la sezione riporta "quelli che credono in Lui." Dio ha tanto amato il mondo che quelli che hanno creduto in Cristo possono non perire ma avere vita eterna. Spesso i sostenitori Pelagiani e Arminiani sottolineano la parola "chiunque" dove invece la parola non esiste neppure. Il Vangelo qui è diretto a quelli che credono, e a nessun altro. Anche se ci prendessimo la libertà di rendere l'Italiano come "chiunque crede", finirebbe comunque per significare la stessa cosa: che quelli che credono - chiunque siano - sono quelli che vengono effettivamente salvati.[58]

In sintesi, Giovanni 3:16 non è indirizzato alla totalità dell'umanità senza eccezioni. I Calvinisti a volte rifiutano questo in favore di un'interpretazione che vede questo come un amore salvifico generico. Tuttavia, quelli che stanno soffrendo all'inferno, o che soffriranno all'inferno, non sono destinatari della croce di Cristo e dei benefici dell'amore redentivo di Dio verso gli eletti, ma sarebbero considerati parte del mondo intero. Se questi Calvinisti stanno semplicemente affermando che Dio rivolge lo sguardo, ora, verso tutte le nazioni invece che solo verso Israele, allora tale interpretazione garantirebbe ancora l'aspetto specifico che sto provando dal testo. L'amore di Dio in Giovanni 3:16 è la forma più alta d'amore, come ci mostra il Greco, e quell'amore non può essere verso il mondo intero indiscriminatamente con un amore inferiore verso gli eletti. Né può questo amore essere sia per il mondo intero che per gli eletti, perché allora ci dovremmo chiedere perché mai non viene salvato il mondo intero. Né il suo contesto, né il suo uso in Greco, ne consentono l'uso per aiutare a propagare un amore generale per tutti gli uomini; questo non è lo scopo di questo passo. Non credo che questo amore debba essere esteso a tutti senza distinzione, ma a tutti i generi (sia Giudei che Gentili) di tutte le epoche con con l'amore distinto e particolare di Dio in Cristo per i Suoi eletti in quelle masse.[59] Così, Gesù sta insegnando a Nicodemo, un capo dei Giudei, che la sua ristretta interpretazione dell'amore di Dio è errata. L'amore salvifico di Dio in Cristo non ricade semplicemente sui Giudei, ma su tutti i tipi d'uomini, inclusi i Gentili. Gesù non sta dicendo che l'amore di Dio è un amore salvifico generale per tutti gli uomini indiscriminatamente, ma che raggiunge tutte le nazioni indiscriminatamente sotto il nuovo patto. Tuttavia, anche se alcuni Calvinisti poggiano su quella interpretazione, devono almeno concordare con me che gli eletti di Cristo sono quelli ai quali questo amore salvifico sarà infine applicato. Questo non distrugge il messaggio di Giovanni 3:16, ma piuttosto lo rafforza.

Altri potrebbero tentare di creare una dualità nella volontà di Dio da questo verso. Dio non solo elegge e riprova, ma ama anche tutti ugualmente in un qualche tipo di maniera salvifica generale. Questo è un lavoro esegetico errato e irresponsabile. La volontà di Dio qui, io credo, è espressa nel senso separato. Gesù ha insegnato a Nicodemo in Giovanni 3:1-10 che lo Spirito di Dio soffia e rigenera chi Egli vuole. Questo è l'eterno decreto di Dio realizzato nelle vite degli uomini. È il senso composto tradotto in un senso separato per noi. Nel verso 16, Egli evidenzia questo senso separato. Dio raggiunge tutto il mondo per raccogliere i Suoi eletti. I Suoi eletti non risiedono più solo nella comunità del patto fisico d'Israele, ma nei più lontani territori del mondo intero.


[edit] Note

  • [1] La parola "mondo", per i proponenti della grazia comune e dell'amore di Dio per tutti gli uomini, deve significare "tutte le persone in ogni tempo". Questo dovrebbe essere. Allora questo includerebbe anche quelli già assegnati all'inferno?
  • [2] Nel suo libro No Place for Sovereignty, R.K. McGregor Wright afferma, "Se viene discusso il verso, il suo significato non è più ovvio, ed è probabilmente tempo di fare i compiti a casa. Come abbiamo scoperto con il ben noto verso Giovanni 3:16, un rapido sguardo al Greco ha immediatamente distrutto l'apparentemente ovvio significato Arminiano." (Inter varsity Press, Downers Grove, IL: 1996. Pag. 167) Spero che questo breve sguardo al verso dimostrera che Wright ha ragione.
  • [3] Latimer’s Sermons, Volume 1 pag. 332; citato in The Works of Augustus Toplady, Sprinkle Publications, Harrisonburg, VA: 1987, pag. 142. Latimer afferma anche che, "Ora significherebbe sia dubitare della saggezza, e offendere la dignità di Cristo, come anche sminuire infinitamente il valore del Suo sacrificio, il supporre che egli abbia potuto versare il suo sangue sulla croce per quelle stesse anime che, in quello stesso momento, stavano soffrendo all'inferno per i propri peccati." Ibid. pag. 142.
  • [4] Outws gar hegapesen o Theos ton kosmon, hoste ton uion autou ton monogeneh edwken, ina pas o pisteuwn eis auton me apoletai, all'eche zwen aiwnion.
  • [5] Numeri 21:8, "E il Signore disse a Mosè: Fatti un serpente ardente, e mettilo sopra un'antenna; e avverrà che chiunque sarà morso, riguardando quello, scamperà."
  • [6] Francis J. Moloney, Sacra Pagina, Liturgical Press, Collegeville, MN: 1946. Pag. 96.
  • [7] Leon Morris, New International Commentary on the New Testament, John, WM. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids, MI: 1989. Pag. 229, Questo è il primo uso di agapaow, usato altre 36 volte nel Vangelo di Giovanni.
  • [8] John Owen, Works, Volume 1, Communion with God, Banner of Truth Trust, Carlisle, PA: 1994. Page 28. John 3:16, “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato," etc. vale a dire, con l'amore di questo intento e compiacimento, la sua volontà determinata a fare il bene. Questo gli è attribuito in modo distintivo, descritto come il motivo per aver mandato suo Figlio. Così in Romani 9:11,12; Efesini 1:4,5; 2 Ts. 2:13,14; I Gv. 4:8,9.
  • [9] Tommaso d'Aquino, Summa Theologia, Master Christian Library, Ages Software, P(1), Q(37), A(1). Pag. 421. Ora, che il Figlio di Dio abbia preso su di Sè la carne dal seno della Vergine, fu dovuto all'amore sproporzionato di Dio: per cui dice (Gv. 3:16): "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unigenito Figlio."
  • [10] Anche l'Arminiano R.C.H. Lenski afferma nel suo commento a Giovanni (Augsburg Publishing House, Minneapolis, MN: 1943. Page 259-260), che Outos denota maniera e grado, evidenziando che la parola "amare" che è nell'aoristo attesta un fatto realizzato. Egli dice a pag. 262, che la costruzione "tanto...che" all'indicativo esprime il risultato effettivamente raggiunto. Non si tratta di qualcosa di ipotetico, ma di reale e vero. Il grado è il più grande amore di Dio, e il risultato è la redenzione di tutti quelli che credono. Anche la parola "ha dato" (pag. 264), è nel tempo aoristo e denota un'azione storica passata del Padre per noi.
  • (11) Francesco Turretini, Institutes of Elenctic Theology, Volume 1, Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1992. Page 242. Turretini afferma che Dio, in Gv. 3:16 sta eleggendo la chiesa. Egli distingue tra l'effetto e la causa dicendo, "l'effetto dell'elezione non può essere chiamato la sua causa," Francis Turretini, Institutes of Elenctic Theology, Volume 1, Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1992. Pag. 352. "L'amore trattato in Gv. 3:16 quando dice che "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo Figlio unigenito," non può essere universale verso ogni singolo individuo, ma speciale verso pochi. 1) Si tratta dell'amore supremo ed intenso di Dio (del quale non è concepibile uno maggiore) verso quelli che egli diede al suo unigenito. Questo è evidente sia dalla particella intensiva (epitakite) outos (che ha un grande peso qui), che dalla cosa stessa. Francis Turretin, Institutes of Elenctic Theology, Volume 1, Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1992. Pag. 405; Turretini era a conoscenza dell'interpretazione di Calvino di questo passo - fa questa nota a Pag. 405 sezione 30.
  • (12) Lorraine Boettner, The Reformed Doctrine of Predestination Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1932. Sezione sui Passi Universalistici, pagg. 293-294. Egli crede che il verso si riferisca a tutti gli uomini di tutti i generi (Giudei e Gentili), "...l'intensità dell'amore di Dio è resa chiara dal piccolo avverbio "tanto". Ma dov'è la spesso vantata prova dell'universalità come individui?" Boettner continua e prova che non è verso il mondo intero, ma verso l'intero mondo eletto."
  • (13) Spiros Zhodiates afferma che la parola "amore" in Greco in queste, e in molte altre occasioni, si riferisce ad un "compiacimento" nell'oggetto dell'amore. Spiros Zhodiates, The Complete Word Study Dictionary, World Bible Publishers, Inc., Iowa Falls, IA: 1992. Pag. 65.
  • (14) Archibald Thomas Robertson, Word Pictures in the New Testament, Volume 5, Baker Book House, Grand Rapids, MI: 1960. Pag. 50.
  • (15) D. A. Carson correttamente segnala che la costruzione Greca dietro a "ha tanto amato cha ha dato il suo Figlio unigenito" (houtos più hoste più l'indicativo invece dell'infinito) enfatizza l'intensità di quell'amore. (The Gospel According to John, Wm B. Erdman’s Publishing Company, Grand Rapids, MI: 1991. Pag. 204.)
  • (16) Alcuni dicono che affermare che l'amore di Dio qui sia verso gli "eletti" rovina la forza della frase. Eppure, sembra che la costruzione in Greco non solo non lo rovini per gli eletti, ma la rafforzi ampiamente. Il Rev. John Howe afferma, "potrebbe l'amore di Dio essere limitato? Io dico, no, non potrebbe." (The Works of Rev. John Howe, Frederick Wesley and A.H. Davis, London England: 1832. Page 94.)
  • (17) Raymond E. Brown afferma, "l'uso classico di questa costruzione ha lo scopo di evidenziare la realtà del risultato." (The Gospel According to John, Doubleday & Co., Garden City, New York: 1966. Page 134.)
  • (18) Francis Turretin, Institutes of Elenctic Theology, Volume 1, Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1992. Pag. 405.
  • (19) Esempi di questo si possono trovare nelle seguenti raccolte: Sermoni Puritani 1659-1689, Richard Owen Roberts Publishers, Wheaton IL: 1981. William Whitaker, Puritan Sermons, Volume 1, Pag. 513; Pag. 213, Volume 5; Thomas Vincent, Puritan Sermons, Volume 2, Pag. 630; Thomas Doolittle, Puritan Sermons, Volume 4, Pag. 8. "Lo Spirito di Dio santifica alcuni ché possano partecipare all'eredità eterna dei santi nella luce."; Samuel Annesley, Puritan Sermons, Volume 5, Pag. 187. Egli colloca Giovanni 3:16 come il patto di grazia fatto con i peccatori"; John Gibbon, Puritan Sermons, Volume 5, Pag. 323. Egli vede Giovanni 3:16 come "Gesù dato ai credenti." Richard Fairclough, Puritan Sermons, Volume 6, Pag. 386. Egli collega Giovanni 3:16 ad Efesini 2:8-10 inseparabilmente insieme come riferiti agli eletti.
  • (20) John Gill, Esposizione dell'Antico e Nuovo Testamento, Volume 7, Baptist Standard Bearer, Paris AR, 1989. Pag. 772-773. "Perché Dio ha tanto amato il mondo…" La versione Persiana riporta "uomini": ma non è inteso ogni uomo nel mondo, o tutti gli individui della natura umana; perché non tutti sono l'oggetto dell'amore speciale di Dio, che è qui inteso, come risulta dagli esempi e dimostraizoni, il dono di suo Figlio: né Cristo è il dono di Dio ad ognuno; perché a chiunque egli dia il Figlio, egli dà liberamente tutte le cose insieme a Lui; che non è il caso di tutti gli uomini. Né è qui intesa la natura umana, in contrapposizione a, e distinta da, la natura angelica; peché anche se Dio ha mostrato un riguardo per gli uomini caduti, e non per gli angeli caduti, e ha fornito un Salvatore per gli uni e non per gli altri; e Cristo ha assunto la natura degli uomini, e non degli angeli; tuttavia non per il bene di tutti gli uomini, ma per la discendenza spirituale di Abrahamo; e, per inciso, non sarà provato facilmente che la natura umana è mai chiamata il mondo: né è qui inteso l'intero corpo degli eletti, composto di Giudei e Gentili, perché anche se questi sono chiamati "il mondo" (Giovanni 6:33, 51) e sono l'oggetto dell'amore speciale di Dio, e ad essi è dato Cristo, e sono portati a credere in lui, e non periranno mai, ma saranno salvati con una salvezza eterna; tuttavia qui sono intesi i Gentili in modo particolare, e gli eletti di Dio tra di loro; i quali sono spesso chiamati "il mondo", e "il mondo intero", e "le nazioni del mondo", distinti dai Giudei; vedete Romani 11:12, 15; I Gv. 2:2; Luca 12:30 confrontato con Matteo 6:32. I Giudei avevano la medesima distinzione che abbiamo ora, la chiesa e il mondo; la prima essi la riferivano a se stessi, e il secondo lo riferivano a tutte le nazioni intorno; dunque incontriamo spesso questa distinzione, Israele, e le nazioni del mondo; su queste parole, 'producano i lor testimoni, e sieno giustificati', Isaia 43:9 (ovvero (F2) i dottori) questi sono Israele; 'ovvero, ascoltino eglino stessi, e dicano: Quest'è la verità', queste sono le nazioni del mondo."
    • E ancora (F2), "il santo e benedetto Dio ha detto ad Israele, quando io giudico Israele, non lo giudico come 'le nazioni del mondo' e così in un gran numero di passi: e dovrebbe essere osservato, che il nostro Signore stava ora discorrendo con un Rabbino Giudeo, e che stava contrastando una loro nozione ben consolidata, che quando il Messia sarebbe venuto, i Gentili non ne avrebbero avuto alcun vantaggio, ma solo gli Israeliti; dovevano esserne così lontani, che secondo la loro interpretazione, i giudizi più spaventosi, le calamità, e le maledizioni, sarebbero caduti su di essi; si, l'inferno e la dannazione eterna.
    • C'è un passo (loro dicono (F4)) il cui nome è "Hadrach", Zaccaria 9:1. Questo è il Re Messia, il quale è (Krw e dx), "duro e tenero"; duro con "le nazioni", e tenero con "Israele."
    • E così del "sole della giustizia", in Malachia 4:2, loro dicono (F5), "in esso c'è guarigione per gli Israeliti: ma le nazioni idolatre ne saranno bruciate." E quel (F6) "c'è misericordia per Israele, ma giudizio per il resto delle nazioni." E su quelle parole in Isaia 21:12, "il mattino viene", e anche la notte, essi osservano(7), "il mattino è per i giusti, e la notte per i malvagi; il mattino è per Israele, e la notte per "le nazioni del mondo." E ancora (8), "nel tempo a venire, (il tempo del Messia), il santo, benedetto Dio porterà "oscurità" sopra "le nazioni", e illuminerà Israele, come è detto in Isaia 60:2" Di nuovo, (F9) "nel tempo a venire, il santo, benedetto Dio porterà le nazioni del mondo, e le getterà nel mezzo dell'inferno sotto gli Israeliti, com'è detto, Isaia 43:3"
    • Al quale potrebbe essere aggiunto quella loro denuncia (F11), "guai alle nazioni del mondo, che periscono, e non sanno di perire: nel tempo in cui il santuario era integro, l'altare fu redento per loro; ma ora chi li redimerà?"
    • Ora, in contrapposizione ad una tale concezione, il nostro Signore si rivolge a questo Giudeo; ed è come se avesse detto, voi rabbini dite che quando verrà il Messia, solo gli Israeliti, i favoriti speciali da Dio, godranno delle benedizioni che ne verranno; e che i Gentili non ne raccoglieranno alcun vantaggio, essendo odiati da Dio, e rigettati da lui: ma io ti dico, Dio ha tanto amato i Gentili, come anche i Giudei, che egli ha dato il suo figlio unigenito; ad essi e per essi, così come per i Giudei; per essere un'alleanza per il popolo, i Gentili, il loro Salvatore, ed un sacrificio per loro; un dono che è una prova sufficiente di questo amore per loro; essendo grande ed esaustivo, irreversibile ed indescrivibile; nessun altro se non il suo proprio Figlio per natura, della stessa essenza, perfezione, e gloria insieme a lui; generato da lui in un modo inconcepibile e inesprimibile dai mortali; e il suo unigenito; l'oggetto del suo amore e gioia, e nel quale egli sempre si compiace; e tuttavia, tale è il suo amore per i Gentili, come per i Giudei, che egli lo ha dato, nella natura umana, nelle mani degli uomini, e per giustizia, alla morte stessa: affinché chiunque creda in lui, sia Giudeo che Gentile."
    • Note di Gill: F2 T. Bab. Avoda Zara, fol. 2. 1. F3 Ib. fol. 4. 1. Vid. T. Bab. Sanhedrin, fol. 91. 2. & Bereshit Rabba, fol. 11. 3. F4 Shirhashirim Rabba, fol. 24. 1. Jarchi & Kimchi in Zech. ix. 1. F5 Zohar in Gen. fol. 112. 2. F6 Zohar in Exod. fol. 15. 1, 2. F7 T. Hieros. Taaniot, fol. 64. 1. F8 Shemot Rabba, sect. 14. fol. 99. 4. F9 Ib sect. 11. fol. 98. 3.

F11 T. Bab. Succa, fol. 55. 2.

  • (21) John Flavel, John Flavel Volume 1, Sermon 4, The Fountain of Life, Banner of Truth, Carlisle, PA, 1968. Pag. 63-64, "Gli oggetti di questo amore, o le persone a cui l'eterno Signore ha consegnato Cristo, e questi è la [Parola.] Questo deve rispettare gli eletti di Dio nel mondo, quelli che credono o che crederanno, come è espresso esegeticamente nelle parole successive, "Che chiunque creda in lui non perisca." Quelli che lui chiama il mondo nell'intendere i credenti in questa espressione; e la parola "Mondo" viene a significare gli eletti, perché essi sono dispersi in ogni luogo, e si trovano fra tutte le classi d'uomini nel mondo; quelli che sono oggetto di questo amore; non sono gli angeli, ma gli uomini, ad essere stati tanto amati; egli è chiamato flangropos, colui che Ama, un Amico degli Uomini, ma mai filangelios, o filoklisos, colui che ama o è amico degli Angeli, o di creature di altre specie.

Inoltre, Flavel afferma a pg. 66 del Volume 1, "L'aver dato Cristo da parte di Dio, implica la sua applicazione di lui, con l'intero pagamento del suo sangue, e l'aver posto tutto sopra di noi, come un'eredità e porzione."

  • (22) John Owen, capitolo 9, Pag. 34, Catechism: Of the incarnation of Christ, Master Christian Library Volume 5, Ages Software.
  • (23) Francesco Turretini, Institutes of Elenctic Theology, Volume 1, Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1992. Pag. 407. “The universal particles which often occur here are not always employed in their whole extent, but sometimes more broadly, sometimes more strictly, according to the subject matter Sometimes they denote the whole of the nations in distinction to the Old Testament economy where salvation was only of the Jews. Thus the passage of Paul must be explained when he says that “God hath concluded them all in unbelief, that he might have mercy upon all” (Rom. 11:32). This ought not to be referred to each and every one, but only to the peo­ples of whom he treats-to teach that the Jews as well as Gentiles were concluded in unbelief that the mercy of God might be exercised towards both distributively, Jews as well as Gentiles. This is evident from the very connection of the words (Rom. 11:30, 31). Thus we understand his words, “Whosoever be­lieveth shall not be ashamed, for there is no difference between the Jew and the Greek; for the same Lord over all, is rich unto all that call upon him” (Rom. 10:11, 12). Here also belongs the passage: “Of a truth I perceive that God is no respecter of persons: but in every nation he that feareth him, is accepted with him” (Acts 10:34, 35). (2) Sometimes the universality of conditions and states is designated in opposition to worldly polities. Thus distinctions are made between slaves and the free, the poor and the rich, men and women, the noble and the ignoble. But in the dispensation of grace, God attends to no such thing, nor accepts the person, but calls to communion with him indiscriminately all of whatever state and condition and sex. Thus we understand the place where “the grace that bringeth salvation” is said to “have appeared to all men” (Tit. 2:11, 12), i.e., to everyone of whatever condition they may be, whether masters or servants. For of these he was speaking in the preceding verse, and after having exhorted masters to treat their servants kindly, he immediately adds “For the grace that bringeth salvation hath appeared to all,” i.e., to them as well as to you. Also “in Christ there is neither circumcision nor uncircumcision, bond nor free, Barbarian nor Scythian; but Christ is all, and in all” (Col. 3:11)-not in each and every individual, but in all indiscriminately of whatever order, sex, nation and condition. (3) Sometimes the whole of believers and the world of the elect (as opposed to the world of the reprobate and unbelievers) is understood. Thus all are said “to live in Christ just as in Adam all die” (1 Cor. 15:22). Not that there is the same latitude of those living as those dying, for many more die in Adam than are saved in Christ. With regard to the whole of believers, as many as perish and die, die in Adam; so as many as are made alive, are made alive in Christ. For these two heads are compared with each other, not as co amplitude of object, but as to analogy of the mode of communication. As Adam communicates sin to all his posterity and death through sin, so Christ bestows righteousness upon all his members and life through righteousness. So Rom. 5:18, 19 is to be explained where a comparison is made between Adam and Christ, not as to extent, but as to similarity of operation. Thus the world is taken for the whole of the elect and believers (2 Cor. 5:19). In this sense, Augustine places two words in the world. “The whole world,” says he, “is the church, and the whole world hates the church: the world therefore hates the world, the enemy the reconciled, the damned the saved” (“Tractate 87” On the Gospel of John [NPNFI, 7:355; PL 35.1853]; cf. also Prosper The Call of the Nations 1.3 [ACW 14:28]).
  • (24) “John Owen, Works, Volume 10, Death of Death in the Death of Christ, Banner of Truth Trust, Carlisle, PA: 1993. Page. 319ff (see whole discourse). Citazione tratta da Pa. 321.
  • (25) Ibid, Pag. 323.
  • (26) Francesco Turretini, Institutes of Elenctic Theology, Volume 1, Presbyterian and Reformed Publishing Company, Phillipsburg, NJ: 1992. Pag. 405-407. “The word “world” does not prove this love to be universal. Although it may be taken in common and indefinitely for the human race (as our Calvin, the Belgic commentators and others interpret it), it does not follow that this love is to be referred to each and every one, but only that a peculiar privilege was bestowed upon the human race with respect to some particular part so that the entire species should not wholly perish. Indeed this is in opposition: (1) to the family of angels to whom, in like sin, he did not grant like grace. Hence he is called indeed philanthropist (philanthropos), but not philangelist (philangelos). If a prince of two rebellious states would utterly destroy the one sparing nobody, but so far spare the other as to rescue some certain ones from the common punishment destined to the others, he would be said co have entirely loved the one above the other although he might not have loved all the members of the latter equally because the good of the part resounds to the whole, and the denomination is made from the better. (2) It is in opposition to the economy of the Old Testament where salvation was given not to the world but to the Jewish nation alone to intimate that it was not sent for the Jews only, but also for the Gentiles indiscriminately. This would beautifully fall in with the design of Christ to take away from Nicodemus the empty boastings in which the Jews were accustomed to indulge (and with which he also undoubtedly was fascinated), as if the Messiah had been promised and sent to his nation alone, and the other nations were either to be brought into subjection to them or to be cut off. In order, therefore, to meet the opinion of that nation (itself implanted and ready now to unfold the mystery of the calling of the Gentiles), he said that God loved the world, not only one nation or people. In this sense, he is called by the Samaritans “the Saviour of the “world” (John 4:42), i.e., not only of the Jews (as under the Old Testament when sal­vation was only of the Jews, as Christ testifies, John 4:22), but also of the Gentiles. Thus the worship of God would no longer be restricted as before to the temple of Jerusalem, but the true worshippers might everywhere worship in Spirit and in truth. Nor otherwise is Christ called by John the Baptist “the lamb of God which taketh away the sin of the world” (John 1:29), and by the evangelist “the propitiation not for our sins only” (i.e., the Jews) “but also for the sins of the whole world” (1 John. 2:2), i.e. of the other nations. Thus he would accomplish a com­mon good to the whole church and designate those who at the same time were about to believe and who were scattered over various regions of the world (as Calvin explains it). Nor is it a new and unusual thing for “the world” to be taken not always in its whole latitude, but to be restricted to some certain ones out of the world: as when it is put for the Gentiles in opposition to the Jews, “if the fall of them be the riches of the world” (Rom. 11:12); for the world of the wicked, of which Christ says, “I pray not for the world” (]n. 17:9) and “the whole world lieth in wickedness” (1 John 5:19); for the world of believers when Christ says, “I will give my flesh for the life of the world” (John 6:51), not indeed of the world of the reprobate (who remain always in death), but of the elect (who are made alive through Christ); and “God was in Christ reconciling the world unto himself, not imputing their trespasses unto them” (2 Cor. 5:19). It is true of the elect alone that they are actually reconciled to God and that their sins will not be imputed unto them. Why then should “the world” not be taken universally for individu­als, but indefinitely for anyone (Jews as well as Gentiles, without distinction of nation, language and condition) that he may be said to have loved the human race inasmuch as he was unwilling to destroy it entirely, but decreed to save some certain person out of it; not only from one people as before, but from all indis­criminately although the effects of that love should not be extended to each individual, but only to some certain ones (viz., those chosen out of the world)I And nothing is more frequent in common conversation than to attribute to a community something with respect to some certain individual, not to all.”


  • (27) Tutte le ricorrenze negli scritti di Giovanni della parola "mondo": Gv. 1:9, 1:10, 1:29, 3:16, 3:17, 3:19, 4:42, 6:14, 6:33, 6:51, 7:4, 7:7, 8:12, 8:23, 8:26, 9:5, 9:32, 9:39, 10:36, 11:9, 11:27, 12:19, 12:25, 12:31, 12:46, 12:47, 13:1, 14:17, 14:19, 14:22, 14:27, 14:30, 14:31, 15:18, 15:19, 16:8, 16:11, 16:20, 16:21, 16:28, 16:33, 17:5, 17:6, 17:9, 17:11, 17:12, 17:13, 17:14, 17:15, 17:16, 17:18, 17:21, 17:23, 17:24, 17:25, 18:20, 18:36, 18:37, 21:25, 1Gv. 2:2, 2:15, 2:16, 2:17, 3:1, 3:13, 4:1, 4:3, 4:4, 4:5, 4:9, 4:14, 4:17, 5:4, 5:5, 5:19, 2Gv. 1:7, Ap. 3:10, 11:15, 12:9, 13:3, 13:8, 16:14, 17:8.
  • (28) La terra: Gv. 13:1; 6:14; 9:5a; 9:32; 9:39; 10:36; 11:27; 16:21; 16:28; 17:5; 17:11a; 17:12; 17:23; 17:24; 18:36; 18:37; 21:25; 1Gv. 4:1; 4:9; 2Gv. 1:7; Ap. 11:15; 13:8; 17:8.
  • (29) Giudei e Gentili: Gv. 4:39; 18:20; Ap. 16:14.
  • (30) Gv. 1:9-10; 3:17; 3:19; 7:4; 8:26; 9:5b; 12:19; 12:25; 14:30; 14:19; 16:11; Ap. 3:10.
  • (31) Gv. 12:31; 1Gv. 5:19; 4:3-4.
  • (32) Gv. 5:24; 7:7; 8:23; 12:31; 13:1; 14:17; 14:22; 14:31; 15:18-19; 16:8; 16:20; 17:6; 17:9; 17:11b; 17:15-16; 17:17; 17:21; 17:23; 17:25; 1Gv. 2:15-17; 3:1; 3:13; 4:5; 4:17; 5:4-5; Ap. 12:9; 13:3.
  • (33) Gv. 1:29; 3:16; 3:17c; 6:33; 12:46-47; 6:51; 8:12; 11:9; 1Gv. 2:2; 4:14.
  • (34) I Cinque Articoli Arminiani della Rimostranza, Articolo 2, "In accordo con ciò, Gesù Cristo, il Salvator del Mondo, morì per tutti gli uomini e per ogni singolo uomo, così che egli ottenne per tutti loro, con la sua morte sulla croce, la redenzione e il perdono dei peccati; tuttavia nessuno gode effettivamente di questo perdono tranne il credente secondo la parola del vangelo di Giovanni 3:16…"
  • (35) Cfr. anche il successivo trattamento di Pink di Giovanni 3:16 nell'Appendice 3, Pag. 253 ne La Sovranità di Dio, Baker Book House, Grand Rapids, MI: 1999.
  • (36) Arthur W. Pink, La Sovranità di Dio, Baker Book House, Grand Rapids, MI: 1999. Page 200-203. Cito Pink estensivamente, “Se ora consideriamo Giovanni 3:16, dovrebbe essere evidente dal brano or ora citato, che questo testo non regge l'accentuazione che di solito vi è posta: "Dio ha tanto amato il mondo". Molti suppongono che questo significhi: "l'intera razza umana". "L'intera razza umana", però, include tutta l'umanità da Adamo fino al termine della storia del mondo: si estende, cioè, sia indietro che avanti nel tempo! Considerate, allora, la storia dell'umanità prima che nascesse Cristo. Milioni di persone sono vissute e sono morte prima che nacque il Salvatore. Esse sono vissute "senza speranza e senza Dio nel mondo", e quindi sono passati ad un'eternità di perdizione. Se Dio li avesse "amati", dov'è la prova che l'abbia fatto? La Scrittura dichiara: "Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la propria via" (At. 14:16). La Scrittura dichiara: "Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente" (Ro. 1:28). Ad Israele Iddio disse: "Voi soli ho conosciuto fra tutte le famiglie della terra" (Am. 3:2). Alla luce di questi brani, chi sarebbe mai così folle da insistere che Dio nel passato abbia amato tutta l'umanità? Lo stesso s'applica, con uguale forza, al futuro. Leggete il libro dell'Apocalisse per intero, notando particolarmente i capitoli da 8 a 19 dove troviamo i giudizi che saranno riversati sulla terra. Leggete dei temibili guai ivi descritti, le spaventose piaghe, tutte le espressioni dell'ira di Dio che saranno riversate sui malvagi. Leggete, infine, il capitolo 20 di Apocalisse, del gran trono bianco del giudizio, e guardate pure se mai trovate la più piccola traccia di amore. Il contestatore, però, ritorna su Giovanni 3:16 e ci dice: "Mondo significa mondo!". E' vero, ma "mondo" non significa l'intera famiglia umana. Il fatto è che "il mondo" è usato in modo generale. Quando i fratelli di Cristo Gli dicono: "Se tu fai queste cose, manifèstati al mondo" (Gv. 7:4), forse che intendevano: "Mostrati all'intera umanità"? Quando i Farisei dicono: "Vedete che non guadagnate nulla? Ecco, il mondo gli corre dietro!" (Gv. 12:19), forse che intendevano che "l'intera umanità" stesse correndogli dietro? Quando l'apostolo scrive: "…rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo" (Ro. 1:8), forse che intendeva dire che la fede dei santi di Roma era oggetto delle conversazioni di ogni uomo, donna e bambino dell'intero globo? Quando Apocalisse 13:3 ci informa che: "…tutta la terra, meravigliata, andò dietro alla bestia", dovremmo così intendere ogni essere umano del mondo intero senza eccezione? Che dire allora del resto fedele che sarà martirizzato (Ap. 20:4) perché non vuole ad essa sottomettersi? Questi ed altri brani simili potrebbero essere citati, per mostrare che il termine "il mondo" spesso ha una forza relativa più che assoluta. Ora, la prima cosa da notare al riguardo di Giovanni 3:16, è che il nostro Signore stava parlando a Nicodemo - un uomo che credeva che la misericordia di Dio fosse confinata alla sua stessa nazione. Cristo, così, gli annuncia che l'amore di Dio nel dare Suo Figlio, aveva un raggio d'interesse maggiore, che esso fluiva ben di là dei confini della Palestina, fino a raggiungere "gli estremi confini del mondo". In altre parole, questo era l'annuncio di Cristo che Dio si propone di concedere grazia non solo agli israeliti, ma anche a pagani. "Dio ha tanto amato il mondo", quindi, significa che l'amore di Dio si estende a tutto il mondo, che ha una caratteristica internazionale. Significa forse che Dio ami ogni singolo individuo che si trovi fra i pagani? Non necessariamente perché, come abbiamo visto, il termine "mondo" è più generale che specifico, relativo più che assoluto. Il termine "mondo" di per se stesso, non è conclusivo. Per stabilire chi siano gli oggetti dell'amore di Dio, dobbiamo consultare altri brani dove esso altresì è menzionato. In 2 Pietro 2:5, leggiamo: "…se non risparmiò il mondo antico ma salvò, con altre sette persone, Noè, predicatore di giustizia, quando mandò il diluvio su un mondo di empi". Qui si parla di "un mondo d'empi": se c'è un mondo d'empi, vi è pure un mondo di giusti. E' di questi ultimi di cui si parla nei brani che considereremo ora brevemente. "Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo" (Gv. 6:33). Fate bene attenzione: Cristo non dice: "offre vita", ma "dà vita". Qual è la differenza fra questi due termini? Questa: una cosa "offerta" può essere rifiutata, ma una cosa "data", implica necessariamente la sua accettazione. Se non è accettata, non è neppure "data", è semplicemente profferta. Ecco dunque un testo biblico che afferma esplicitamente come Cristo dia via (vita spirituale, eterna) "al mondo". Ora, Egli non dà vita eterna al "mondo degli empi", perché essi non vogliono riceverla, non la vogliono. Ecco dunque come noi si sia obbligati a comprendere, in relazione a Giovanni 6:33, che si tratti del "mondo degli eletti”, vale a dire, dello stesso popolo di Dio. Ancora uno. In 2 Corinzi 5:19 leggiamo: "Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo". Ciò che questo versetto intende è chiaramente definito dalle parole che, ad esso, immediatamente seguono, cioè: "…non imputando agli uomini le loro colpe". Anche qui "il mondo" non può significare "il mondo degli empi", perché, di fatto, la Scrittura testimonia che, nel giorno del giudizio, di fronte al Grande Trono bianco, le loro colpe saranno chiaramente loro "imputate". 2 Corinzi 5:19 insegna chiaramente che, però, vi è un mondo che sarà "riconciliato" con Dio e le cui colpe non verranno imputate, messe a carico, essendo state "caricate" sul loro Sostituto. Chi appartiene a questo mondo? Solo una risposta è possibile: il mondo del popolo di Dio! Allo stesso modo, in ultima analisi, in Giovanni 3:16, il "mondo" di cui si parla, deve riferirsi al mondo del popolo di Dio. Dobbiamo dire così perché non esiste alcun'altra soluzione alternativa. Non può significare l'intera razza umana, perché parte di essa era già all'inferno quando Cristo venne sulla terra. Non è onesto verso la Scrittura insistere che esso significhi ogni essere umano ora vivente, perché ogni altro brano del Nuovo Testamento, dove si menziona l'amore di Dio, esso viene limitato al Suo popolo - cercate e vedrete! Gli oggetti dell'amore di Dio in Giovanni 3:16 sono precisamente gli stessi che gli oggetti dell'amore di Dio in Giovanni 13:1 Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine". L'interpretazione che abbiamo dato di Giovanni 3:16 non è affatto nuova, non ce la siamo inventata noi: essa è quasi uniformemente proposta dai Riformatori, dai Puritani e da molti altri da allora.”
  • (37) Gillespie, “In answer to the two arguments, one from the John 3:16. The brother [a Mr. John Goodwin] takes for granted that by the world is meant the whole world. It is a point much controverted. Our divines do deny that the word world must in some places be taken in another sense…For that of philanthropy it makes much against it…I cannot understand how there can be such a universal love of God to mankind as is maintained. Those that will say it must needs deny the absolute repro­bation; then alone to those whom God hath absolutely reprobated both from salvation and the means of salvation…For the next argument from Mark 16…He con­ceives the ground of this universal offer is the institution of Christ in dying…For that of the truth…There is a truth in it: the connection of those two extremes must ever hold true faith and salvation. But what is that to a reprobate ? Here is the mistake. The voluntas decreti and mandati are not distinguished…A man is bound to believe that he ought to believe, and that by faith he shall be saved. It is his duty. The command doth not hold out God's intentions; otherwise God's command to Abraham concerning sacrificing of his son…Said I can­not say so to a devil…True; but reason is, that it is the revealed will of God that devils are absolutely excluded, but not so any man known to me.” Samuel Rutherford stated, “For the two scriptures alleged yesterday desire when I give a reason of the denial of a pro­position…For that of John 3:16, three grounds of an argument taken from this place: 1. From the word loved; a general love to elect and reprobate. 2. From the word world, generally taken, because distributive afterwards. 3. Grounded upon God's intention upon condition of faith…For the first Christ speaks of a particular special love…This all one with those places…This love is parallel, with that expressed in those three places…The love of one giving his life for his friends…the love that moved Him to send His only-begotten Son…If the love in John 3 be the same with those, as in those places is meant the special particular love of God commensurable with election…not one scripture in all the New Testa­ment where it can be expounded for the general…2. The love in the John 3 is restricted to the Church; Eph. 5:25, restricted to a Church…so Gal. 2:20, loved me; the apostle who lives the life of God by faith…Rom. 5:8, the sinners and ungodly are set down to be the justified by faith…Such a love as moved the husband Christ to give His life for His spouse, such as moved…such as God commends, for the highest love is a restricted special love…3. It is an actual saving love, and there­fore not a general love.” The Minutes of the Sessions of the Assembly of Divines, reprinted by SWRB, Edmunton, ND: 19**. Page 155.
  • (38) Il concetto Amiraldiano deriva dall'ordine dei decreti e il modo in cui l'Amiraldiano pensa a come e quando Dio ama gli uomini. Essi credevano che Dio amasse tutti gli uomini prima della caduta e poi in modo particolare [non universale, N.d.T.] dopo la caduta. C'è un grande errore nel fatto che il decreto dell'amore non si compie. Il primo decreto di Dio (che egli amò ogni uomo in modo salvifico) viene frustrato dal Suo secondo decreto come risultato della caduta. Ma anchein questa concezione, l'Amiraldiano è incoerente – infatti perché Giovanni 3:16, considerato rilevante dopo la caduta, dovrebbe parlare dell'amore di Dio per tutti gli uomini prima della caduta? Credo che il concetto Amiraldiano cada da solo.
  • (39) Bunyan evidenzia la ricchezza dell'amore di Dio nel dare per noi il Suo Figlio, John Bunyan, Saved by Grace, Master Christian Library Volume 5, Ages Software. Pag. 23. "La grazia del Padre ordinò, e diede il Figlio per intraprendere per noi, la nostra redenzione. Il Padre inviò il Figlio per essere il Salvatore del mondo: "Nel quale abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati, secondo le ricchezze della sua grazia; cosicchè nelle epoche a venire egli potesse mostrare le incommensurabili ricchezze della sua grazia nella sua benevolenza verso di noi attraverso Gesù Cristo," 1 Gv. 4:14; Ef. 1:7; 2:7; Gv. 3:16, 6:32, 33, 12:47."
  • (40) Leon Morris, New International Commentary on the New Testament, John, WM. B. Eerdman’s Publishing Co., Grand Rapids, MI: 1989. Pagg. 229-230.
  • (41) John Owen, Pag. 43, Catechismo dell'Incarnazione di Cristo, Ages Software, Master Christian Library Volume 5, Dom. 4. Qual'è l'oblazione di Cristo? Risp. L'offerta di se stesso (Isaia 53:10,12; Gv. 3:16) sull'altare della croce, (11:51, 17:19; Ebr. 9:13, 14), un sacrificio propiziatorio santo per i peccati di tutti gli eletti nel mondo; come anche, la presentazione di Ebr. 9:24, se stesso per noi in cielo, asperso con il sangue del patto.”
  • (42) John Flavel, John Flavel Volume 1, Sermon: Opens the Admirable love of God in Giving His Own Son for Us, Banner of Truth, Carlisle, PA: 1968.
  • (43) Archibald Thomas Robertson, Word Pictures in the New Testament, Baker Book House, Grand Rapids, MI: 1960. Pag. 50.
  • (44) John Owen, Christologia, Ages Software, Master Christian Library 5. Pag. 242.
  • (45) La distinzione è già presente nell'idea di "chiunque crede".
  • (46) John Owen, Christologia, Ages Software, Master Christian Library 5, Pag. 242. Dom. 2. Non morì Egli per qualcun altro? Risp. Nessun altro, rispetto ad Atti 20:28; Matteo 20:28, 26:28; l'eterno proposito del Padre, ed Ebrei 9:28; Giovanni 11:51, 52; le sue intenzioni di rimuovere da loro l'ira Isaia 53:12; Giovanni 3:16 e 10:11-13,15; Efesini 5:25; Romani 8:32, 34; Galati 3:13 nel procurare loro grazia e gloria; Giovanni 6:37, 39; Romani 4:25; 2 Corinzi 5:19, 20.
  • (47) John Owen, The Doctrine of Justification, Ages Software, Master Christian Library 5. Page 92. Cfr. Giovanni 3:16; Romani 3:23-25; 8:30-33; 2 Corinzi 5:19-21; Efesini 1:7; etc.
  • (48) John Gerstner, Wrongly Dividing the Word of Truth, 2nd Edition, Soli Deo Gloria, Morgan, PA, 2000. Pagg. 139-140, "Per prima cosa, consideriamo il comune fraintendimento di Giovanni 3:16. Si suppone che insegni che Dio ha tanto amato tutti nel mondo che ha dato il Suo unico Figlio per offrire l'opportunità di essere salvati per fede. Cosa c'è di sbagliato in questa interpretazione? Primo, un tale "amore" da parte di Dio, lungi dall'essere amore, sarebbe la più raffinata crudeltà. Come abbiamo già visto, offrire un dono di vita ad un cadavere spirituale, un brillante tramonto ad un uomo cieco, e un premio ad un invalido senza gambe se solo riesca a venire a prenderlo, sono orribili irrisioni. La ragione per cui i dispensazionalisti non vedono questo è perché, anche se professano di credere nella totale depravazione, essi sono in effetti Arminiani. Secondo, il verso afferma chiaramente a chi fu fatto questo dono d'amore. "Egli diede il Suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in Lui non perisca." Giovanni 2:16 dice più chiaramente forse di ogni altro verso della Scrittura che la redenzione fu fatta per i soli credenti. Dio ha tanto amato il mondo che ha dato Suo figlio affinché i credenti abbiano vita eterna. Terzo, poiché gli Arminiani ammettono che i credenti sono eletti, perfino gli Arminiani dovrebbero vedere che Giovanni 3:16 dice nel più chiaro linguaggio possibile che Dio ha dato il Suo Figlio affinché gli eletti (chiunque crede) "non periscano ma abbiano vita eterna."
  • [49] John Newton, Works of John Newton, Volume 2, Banner of Truth Trust, Carlisle, PA: 1988. Pag. 285-286.
  • [50] Samuel Rutherford, Trial and Triumph of Faith, Pilgrim Book House, London, 1645, reprinted Carmichael, CA: 1991. Pag. 16.
  • [51] Efesini 1:6 parla dell'accoglienza degli eletti "nell'Amato."
  • [52] Il finito non può contenere l'infinito.
  • [53] John Owen, Works, Volume 1, Banner of Truth, Carlisle, PA: 1992. Pag. 144.
  • [54] Ibid, page 146. Cfr. anche Giovanni 3:35; Giovanni 5:20; Matteo 3:17; Matteo 17:5. [[[mcmahon_john316#n55|[55]]] Giovanni Calvino, Institutes of the Christian Religion, Volume 1, Westminster Press, Philadelphia, PA: 1960. Pag. 505. (2.16.3)
  • [56] Ibid, Pag. 506. (2.16.3)
  • [57] Confrontare anche Agostino su questo in Nicene and Post Nicene Fathers Volume 7, Hendrickson Publishers, Peabody, MA: 1995. Pag. 411. Qui Agostino tratta dell'amore di Dio in Cristo e poi in noi nell'esposizione di Giovanni 17. Lo si può trovare nel Trattato 110. Agostino afferma, "Egli non poteva non amari i membri di Suo Figlio visto che amava il Figlio stesso; né esiste alcuna ragione per amare i Suoi membri, se non che Egli ama sè stesso." Agostino mostra come Dio ami il Figlio da tutta l'eternità come Figlio, e poi Cristo come Cristo, e poi noi in Lui come Cristo è in noi. Dio ama in noi ciò che è se stesso.
  • [58] R.K. McGregor Wright afferma, “Il passo afferma che come risultato di questo amore per il mondo, Dio ha dato suo Figlio, che è generalmente inteso come un riferimento all'incarnazione e alla redenzione. Il testo Greco poi dice "affinché ogni credente in lui non muoia." Non c'è alcuna parola "chiunque" nell'originale. Al contrario, lungi dal [sostenere che] Dio abbia dato suo Figlio per fornire una redenzione generalizzata per ogni essere esistente, il verso afferma che Egli diede suo Figlio con l'esplicito fine di salvare un gruppo speciale. Poiché questo gruppo esclude tutti i non credenti ed è meno numeroso di tutti gli esseri umani esistenti, Giovanni 3:16 afferma esplicitamente che il fine di Dio nel mandare suo Figlio a morire era limitato alla redenzione dei soli credenti, affinché essi "non muoiano, ma abbiano vita eterna." Questo è ciò che i Calvinisti chiamano una redenzione limitata, in risposta alla redenzione generale o universale insegnata dai sistemi Arminiani, Cattolici e Luterani. R.K. McGregor Wright No Place for Sovereignty, Inter varsity Press, Downers Grove, IL: 1996. Pag. 159.
  • [59] Questa è una breve lista di autori Calvinisti che credono che Giovanni 3:16 sia indirizzato al mondo eletto: Agostino, Francis Turretini, Martin Bucero, John Flavel, Augustus Toplady, Girolamo Zanchi, Robert Haldane, John Knox, Martin Luterp, Christopher Love, Jonathan Edwards, John Gerstner, John Owen, Lorraine Boettner, John Newton, John Bunyan, William Whittaker, Thomas Doolittle, Samuel Annesley, Thomas Vincent, R.C. Sproul, and R. K. McGregor Wright. I seguenti sono quei Calvinisti che non credono che Giovanni 3:16 intenda un amore speciale per gli eletti: Matthew Henry, Charles Spurgeon, John Murray, Ezekiel Hopkins, J.C. Ryle, R.L. Dabney. (Giovanni Calvino sarà trattato in una sezione successiva a sè per via delle sue controverse concezioni apparentemente sia a favore che contro l'interpretazione di Giovanni 3:16 come gli eletti.)

_ Da A Puritan’s Mind Tradotto dietro consenso dell’autore


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