I Figli del Patto

From Diwygiad

I Figli del Patto


del Dott. Thomas Goodwin


Thomas Goodwin (1600 - 1680) fu un teologo e predicatore Inglese Puritano, e guida importante degli Indipendenti religiosi. Servì come cappellano di Oliver Cromwell. Nel 1643 fu scelto come membro dell’Assemblea di Westminster, dove si identificò subito con il partito dei Congregazionalisti.

In questo articolo, Goodwin ci spiega l’aspetto esteriore del patto, che riguarda le famiglie, e in che modo la promessa fatta ad Abrahamo e alla sua famiglia possa giungere a noi Gentili, ponendo l’accento sul fatto che Dio benedice la famiglia e la costituisce nucleo naturale del suo patto di grazia.



Affinché il mio intento sia pienamente compreso, ho condensato tutto il senso e l’argomento in questa sola proposizione, che “I figli di genitori credenti, almeno la loro discendenza prossima e immediata, anche di noi Gentili sotto il vangelo, sono inclusi da Dio nel patto di grazia, esattamente come i figli di Abrahamo e di Davide lo erano nel loro patto.” Sia la dimostrazione sia la spiegazione di questo grande punto seguono insieme.


Comincerò dapprima ad investigare questo punto attraverso quella magna charta, quel grandioso statuto che fu fatto ad Abrahamo, il padre dei credenti, in nome di tutta la sua discendenza; perché quello è considerato dai nostri teologi il primo e fondamentale caposaldo di questo grande privilegio, che noi, essendo ‘la progenie di Abrahamo’ (come in Gal. 3:29) esattamente come i Giudei, ed avendo il medesimo patto, siamo di conseguenza ‘eredi della promessa,’ e quindi di quella promessa che fu fatta ad Abrahamo ed ai Giudei: ‘Io sarò l’Iddio tuo, e della tua progenie dopo te’. Ma contro questo fondamento, affermato in modo così semplice, mi è venuta spesso in mente questa obiezione, che questo fosse un privilegio peculiare di Abrahamo, ed un onore conferito a lui; e similmente doveva essere nominato ‘il padre di tutti i credenti’, che, come sappiamo, non è comunicabile a noi; e che quindi, sebbene noi possiamo individualmente entrare veramente nella sua promessa come sua progenie, e quindi in quella parte della promessa, “Io sarò il Dio della tua progenie’, ed avere la promessa di Dio di essere il nostro Dio, e delle benedizioni per noi attraverso Cristo, essendo la progenie di Abrahamo, tuttavia prendendo l’intera promessa fatta collettivamente a lui e a noi, ‘Io sarò l’Iddio tuo e della tua progenie,’ sembrerebbe essere peculiare a lui solo, come pure lo è l’essere il padre dei credenti, un titolo con il quale noi non siamo in alcun modo chiamati, ma solo i figli di Abrahamo, e la progenie di Abrahamo. Sarebbe stato ben sufficiente che noi entrassimo nella promessa singolarmente, e fossimo ‘gli eredi secondo la promessa’, come la frase in Gal. 3:26, sebbene non siamo anche padri per trasmettere la promessa, come lo era Abrahamo; né sebbene la promessa, presa collettivamente, ci fosse appartenuta, come ad Abrahamo, né che quella parte della promessa, “Io sarò l’Iddio della tua progenie,” fosse stata estesa a noi. E anche se i Giudei, i quali erano la progenie di Abrahamo secondo la carne così come secondo lo Spirito, avevano pure questo privilegio, che Dio nelle loro generazioni promise di essere il loro Dio e della loro progenie; tuttavia anche quello sembra essere un loro proprio privilegio speciale, che noi Gentili non possiamo invocare; perché come in Rom. 3:1, “Quale vantaggio o prerogativa avevano i Giudei’ che questo, Rom. 9:4, che 'a loro appartengono l’adozione, ed il patto, e le promesse,' essendo coloro ‘dei quali sono i padri secondo la carne,’ verso 5, e dunque essi avevano questo privilegio, che il patto era trasmesso attraverso la carne.

Ora, in risposta a queste obiezioni, sebbene debba essere necessariamente sostenuto uno speciale onore trascendente ed un privilegio conferiti ad Abrahamo, ed alla nazione Giudea sua progenie, che noi non abbiamo; tuttavia si deve condurre un’ulteriore ricerca, se ciononostante noi Gentili non abbiamo una qualche spolverata di questo suo e loro privilegio, anche se in misura minore, e per quanto si estenda, a differenza di quello loro, e quali ulteriori giustificazioni vi siano per un tale privilegio per noi Gentili, che dobbiamo avere una carta ed una concessione da esibire che provino che i nostri figli nascono eredi dentro il patto, proprio come i nobili ed i gentiluomini ne hanno una civile per i loro figli; altrimenti sarebbe la più grande presunzione se noi lo reclamassimo, e ce l’aspettassimo dalle mani di Dio.

Prima di tutto, quindi, ad Abrahamo noi attribuiamo questo privilegio trascendente, che egli ebbe il singolare onore di essere il ‘padre di tutti i credenti,’ come Eva ebbe l’onore di essere ‘la madre di tutti i viventi,’ Gen. 3:20, che, detto ad Adamo dopo la promessa fatta alla progenie di lei, v. 15, può essere interpretato nello stesso senso di quello di Abrahamo; ella fu la ‘madre di tutti i viventi,’ ossia, di quelli che vivono spiritualmente e per fede, come Abrahamo fu ‘padre di tutti i credenti,’ nel patto noto dapprima nel nome di lei, e in quello di Abrahamo in seguito; e dunque Adamo, in quelle sue parole ad Eva, pronunciò la sua fede nella promessa fatta a lei e alla sua progenie, e quindi sotto questo aspetto Adamo stesso entrò nel patto di lei.

Secondariamente, fu il privilegio sia di Abrahamo e dei Giudei che essi avessero questa promessa a tutte le generazioni, come in Gen. 17. Per duemila anni il patto sarebbe così appartenuto a loro, e lasciato in eredità a loro, ed anche che ‘secondo la carne il Cristo sarebbe uscito da loro,’ come in Rom. 9:5, e che essi sarebbero stati la radice del nostro patto, e noi solo innestati su di essi come i “rami naturali,” Rom. 11; ed inoltre, che dopo il loro significativo distacco per infedeltà, dopo quasi duemila anni, il loro patto sarebbe stato ricordato, e per via dei loro padri tutta Israele sarebbe stata salvata, come nello stesso capitolo. E il passo che quel capitolo cita da Isaia promette anche che la loro progenie sarebbe stata convertita in un modo efficace dalla loro seconda chiamata fino alla fine del mondo; e forse tutti, o almeno la maggior parte di quella nazione. E davvero mi era sembrata una ragione per cui tutta quella nazione fosse esteriormente santa (come nessuna nazione fu mai) prima dell’epoca di Cristo, che questo potesse essere un tipo profetico che tutti sarebbero stati un giorno interiormente e realmente santi. Quant'è trascendente questo privilegio, dunque, che essi dovessero avere qualcosa promesso loro in modo particolare, che è evidente anche da questo, che Abrahamo e la sua progenie ebbero questa promessa peculiare di Canaan, che noi Gentili non abbiamo.

Ma andiamo ad investigare le testimonianze della Sacra Scrittura, per vedere se in questo loro grandioso statuto, non vi sia un sigillo che accordi un minore, ma simile, privilegio, e questo in virtù di Cristo, che noi abbiamo l’onore concesso alla progenie di Abrahamo altrettanto realmente che loro; e similmente che avere il patto trasmesso ai figli è un privilegio alto e spirituale, poiché avere la nostra progenie dentro il patto, come loro avevano la loro, tenderebbe a confortare infinitamente i genitori pii ora, come allora confortava i loro. Per cui, sebbene questo fosse particolare per Abrahamo e per essi, di aver un lascito per loro ed i loro figli per sempre, tuttavia noi dobbiamo avere i nostri occhi ed orecchie benedetti con le speranze che la nostra progenie futura (di quanto lontano nel tempo non tratterò ora), essendo coinvolta in questo patto, muova una giusta misericordia che la libera grazia di Dio sia concessa anche a noi Gentili. E vedendo che Abrahamo ed essi parteciparono a un tale privilegio, possiamo ben sperare e aspettarci, essendo il peccato corrispondente al loro, che Dio voglia concederlo a noi Gentili, sopra i quali attraverso Cristo è venuta la benedizione di Abrahamo, in conformità alla sua benedizione sopra di lui e i suoi.

E investigando questo, come prima cosa trovo che proprio questo privilegio viene dato ad un Gentile convertito da Gesù stesso, e fondato su questo stesso presupposto, che egli era ‘un figlio d’Abrahamo,’ essendo divenuto un credente. Questo troviamo, in Lu. 19, dichiarato da Cristo a Zaccheo quando fu convertito, che per tutte le circostanze era un Gentile, e così gli antichi lo considerano, perché era un pubblicano; e anche se alcuni, se non pochi Giudei erano tali, a causa dell’odio della loro propria nazione, tuttavia essendo egli un capo dei pubblicani, era certamente un Gentile. Essendo un incarico di fiducia quello d’essere un esattore per gli imperatori, essi si sarebbero ben assicurati di non affidare quell’incarico ad altri che ad un Gentile; e quindi trovo nell’antichità, menzionato da Cipriano ed altri, che quei posti di comando sulle merci non erano assegnati ad altri che ad equites Romani, cavalieri Romani. E mentre alcuni obiettano che se Zaccheo fosse stato un Gentile, i Giudei avrebbero protestato contro Cristo perché si recava da un Gentile, e consapevolmente con quella nozione, proprio perché un Gentile. La risposta non è lontana, perché al verso 7 leggiamo che essi si lamentarono effettivamente con lui, ‘mormoravano, dicendo: Egli è andato ad albergare in casa d'un uomo peccatore,’ vale a dire, di un Gentile; perché i Giudei chiamavano usualmente i Gentili col nome di peccatori, come la frase di Paolo in Gal. 2:15, ‘peccatori fra i Gentili.’ Ma poi, la risposta che Cristo dà al loro mormorare rafforza questo, perché egli dice di lui, ‘perché anche costui è figlio d'Abrahamo,’ v. 9. Il significato di queste parole evidentemente è questo, che chi per nascita non è un figlio di Abrahamo, ma un peccatore, un Gentile, tuttavia ora è reso un figlio di Abrahamo per grazia; e quando Zaccheo fu convertito, Cristo estese il suo patto con Zaccheo anche alla sua famiglia, ‘Oggi la salvezza è venuta in questa casa; poichè anche costui è figlio d'Abrahamo,’ v. 9. Questo fu detto di lui in quanto ora credente in Cristo. Ora se l’intenzione di Cristo nel dare questa risposta fosse stata di mostrare che quello era un Ebreo, e che anche se era un grande peccatore, nondimeno era stato convertito perché era un figlio di Abrahamo (come alcuni lo interpretano), ne avrebbe fatta la ragione solo di questo, che Zaccheo fu salvato personalmente; ma egli ne fa la ragione per cui anche la sua casa doveva essere salvata, e così il patto fu accomunato ugualmente alla sua famiglia, perché lui il padre della famiglia adesso era un credente; mentre se i suoi figli e la sua famiglia fossero stati Giudei per nascita, come lui, allora la salvezza sarebbe venuta su lui e su tutti loro perché loro tutti erano figli di Abrahamo per nascita (se Giudei) come lui. Dunque, com’è evidente, egli era un Gentile per nascita, ora convertito, e quindi chiamato un ‘figlio di Abrahamo’ e con ciò ebbe questo privilegio di Abrahamo, essendone il figlio (che è il punto che sostengo), di ottenere che la sua casa fosse condotta dentro il patto, anche quello di salvezza, in conformità a suo padre Abrahamo, la cui casa quando in principio fu dato quel patto, inclusi i bambini e tutti, furono circoncisi e salvati su quella base, perché infatti Cristo intendeva ora andare a mangiare insieme a lui per convertire anche la sua casa: E lasciatemi aggiungere questo, che come Cristo in precedenza, nella conversione del centurione, la primizia dei Gentili, Mat. 8, dischiuse il tesoro della conversione del Gentile, così in occasione della conversione di quest’uomo successivamente, egli mostra i privilegi dei Gentili, quando sono convertiti, e che il loro patto è lo stesso di quello di Abrahamo a tale riguardo; e così in questo egli ne espose la dottrina, essendo quest’uomo la seconda primizia dei Gentili, mostrando come il loro patto dovvesse essere osservato dalla famiglie, in conformità alla famiglia di Abrahamo in principio.

E, 2, Così in modo analogo, quando gli apostoli vennero a predicare il vangelo ad un capofamiglia, capo o padre di una famiglia, essi ne portarono l’offerta in questi termini, e nella maniera di questo privilegio, come motivo di conversione. Così quando Paolo predicò al carceriere, Atti 16, che gli chiedeva, ’Cosa devo fare per essere salvato?’ v. 30, Paolo risponde, ‘Credi nel Signor Gesù Cristo, e tu sarai salvato;’ e poi aggiunge, ‘tu e la casa tua.’ Come Cristo rese pubblico il patto con queste promesse riferite ad un Gentile già convertito, per confortarlo, così gli apostoli ne promulgano l’offerta ad uno da convertire, ed essendo lui il capo di una famiglia, dichiarano il suo privilegio con questo, che avrebbe dovuto essere un mezzo per trasmetterlo alla sua casa; e di conseguenza avvenne, v. 34, che ‘egli credette in Dio insieme a tutta la sua casa,’ come Zaccheo e la sua casa fecero qui.

E, 3, nel Nuovo Testamento troviamo nell’evento (che ancora risponde alle promesse) che il vangelo si diffondeva attraverso intere famiglie, essendo questo il ruolo del nostro patto. Così viene detto del centurione, un Gentile, Atti 10:2, che egli era ‘un uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua casa;’ così Lidia fu convertita, ‘e tutta la sua casa,’ Atti 16; così in I Cor. 1:16, ‘La casa di Stefana,’ e forse conosciuta, almeno a volte, nella frase usuale, ‘la chiesa nella sua casa.’

Ora, dunque, quando il patto vige in tal modo con i capi delle case per le famiglie stesse, io sostengo da questo che i loro figli devono necessariamente essere inclusi ed intesi in un modo più speciale; perché essi sono rami naturali, e servi, ma innestati, com’era detto dei Giudei e dei Gentili nel caso simile. E ‘il servo non dimora in perpetuo nella casa; il figliuolo vi dimora in perpetuo,’ Gv. 8:35. La casa di Aronne ed i suoi figli sono considerati una cosa sola, Sal. 115:12-15. Con un linguaggio simile, Lea e Rachele, crescendo i loro figli, viene detto che ‘edificarono la casa d’Israele,’ Ruth 4:11; e quindi la parola casa è usata per indicare la discendenza in tutti i linguaggi.

E per confermare ulteriormente questo, ovvero, che questo ruolo del patto dei Gentili in conformità con quello di Abrahamo, debba esprimersi in tal modo nelle famiglie a partire dai loro capi, ciò deve pienamente conformarsi alla promessa originale fatta ad Abrahamo stesso, quando la Scrittura previde, come dice Paolo, che i Gentili sarebbero stati giustificati, e così attraverso Abrahamo trasmise una benedizione ad essi, come sua progenie. La promessa (Gen. 12.3) è in questi termini, ‘In te saranno benedette tutte le famiglie della terra;’ come altrove, in Gen. 18:18 e 22:18, è in questi termini, ‘Tutte le nazioni della terra saranno benedette.’ Entrambe queste espressioni sono utilizzate; l’una per mostrare che la progenie sarebbe stata di tutte le nazioni e popoli, ma anche per mostrare che il patto doveva essere stabilito con le famiglie in quelle nazioni. Quindi il Nuovo Testamento lo cita in entrambi i sensi: Gal. 3:8 dice, tutte le nazioni, o i pagani, perché alcuni di tutte le nazioni saranno convertiti; ma Pietro, quando menziona il patto, Atti 3:25, sebbene principalmente allo scopo di mostrare che i Giudei erano i primi figli del patto, tuttavia rende queste parole dette ad Abrahamo, ‘Nella tua progenie tutte le famiglie della terra saranno benedette,’ in questo modo: ‘Nella tua progenie,’ ovvero Cristo (come lo interpreta al verso 20), ‘tutte le paternità o famiglie della terra saranno benedette.’ La parola nell’originale è, ‘paternità della terra;’ in questo modo egli chiama le famiglie a motivo del patto dei padri attraverso i quali Cristo, la progenie di Abrahamo, trasmette la sua benedizione. E il salmista, nel Salmo 22:27, parlando della chiamata dei Gentili da Cristo, come il frutto della sua morte, quando dice, ‘Tutte le estremità della terra si ricorderanno dell'Eterno e si convertiranno a lui, e tutte le famiglie delle nazioni adoreranno davanti a te.’ La Septuaginta pure lo rende, come Pietro qui, paternità, e perché a volte essa sarà derivata per successione di nascita, come mezzo per trasmettere la benedizione, nel verso 30 successivo, dice, ‘La lor posterità lo servirà’, ovvero, la posterità di quelli pii, i quali (come al verso 31) ‘nasceranno da loro.’

Inoltre, vediamo che nella chiamata dei Giudei a venire, Dio rispetta i loro padri ed il loro patto anche se sotto il vangelo, come in Rom. 11. Gli apostoli citano quel passo del profeta Isaia, 59:20 ‘Il Redentore verrà a Sion.’ Ora, se guardiamo alle parole del profeta che profetizza la loro chiamata, in che modo si realizza la promessa del nuovo patto fatta a loro in quella chiamata? Sopra la loro progenie in modo più infallibile rispetto a quella precedente di Abrahamo. ‘Questo sarà il mio patto che io farò con loro: Il mio Spirito, che è sopra te, e le mie parole che io ho messe nella tua bocca, non si partiranno giammai dalla tua bocca, nè dalla bocca della tua progenie, nè dalla bocca della progenie della tua progenie, da ora fino in eterno.’ Nella nuova Gerusalemme ci sarà una continua successione di santificati, una progenie della progenie per sempre; e non solo di uomini convertiti in età adulta, ma da bambini. Quindi in Deu. 30 (dove Dio dà il patto del vangelo, come appare in Rom. 10, e ciò in contrasto con la legge data in precedenza, e lo esprime profetizzando cosa accadrà dopo la loro dispersione, come nel v. 1) dice, ‘Il Signore Iddio tuo circonciderà il tuo cuore, e il cuore della tua progenie,’ v. 6. Sapete dove conduce la frase ‘circoncidere’, ovvero, al segno e sigillo, che sotto il Nuovo Testamento è il battesimo. Egli circonciderà i cuori dei loro figli, che è il frutto del battesimo, come in Col. 2:12. Ed inoltre, che il nostro patto, come progenie d’Abrahamo, dovesse operare così con noi e le nostre famiglie, corrispondeva a quel primo esempio del patto dato all’epoca ad Abrahamo; perché allora la chiesa era solo in una famiglia, e quindi questo patto ed il sigillo per confermarlo furono stabiliti inizialmente con una famiglia attraverso Abrahamo loro padre. E questa era (come tutti sanno) la forma naturale e primitiva della chiesa, sotto la legge di natura prima di Mosé, alla quale quindi Dio aveva adattato per sempre questo patto familiare, e l’aveva ratificato e santificato fino alla fine del mondo in Abrahamo, perché questi era stato costituito il padre di tutti i credenti, sia Giudei che Gentili; e di conseguenza, egli e la sua famiglia furono resi il prototipo di questo patto, nel quale Dio, benedicendo la famiglia di Abrahamo attraverso di lui, benediceva tutte le famiglie dei credenti, ed i loro padri, proprio come Dio benedisse tutta l’umanità in Adamo ed Eva, Gen. 2, affinché si accrescessero e si moltiplicassero, come radice e rappresentanti.

E la ragione per cui Dio scelse una famiglia per trasmettere il patto, fu che questa società era la sola società naturale rispetto a tutte le altre, e quindi Dio la scelse sempre attraverso tutte le condizioni della chiesa. Così quando la chiesa era nazionale fra i Giudei, a quell’epoca vigeva questa forma: ‘Io e la mia casa serviremo il Signore,’ disse Giosué; così Davide nel Salmo 101. E quando, sotto il Nuovo Testamento, l’istituzione doveva consistere in molti individui riuniti in un luogo per il culto pubblico, rimaneva ancora la chiesa in casa. Dio in questo modo innestava (poiché egli usa fare grazia alla natura, nel nostro spirito, quando ci converte) il suo patto di grazia in questo patto di natura per correre nella sua linea.

E lasciatemi aggiungere quest’ultima osservazione, che nella famiglia di Abrahamo i suoi servi che erano Gentili, se avessero avuto dei figli, quei figli sarebbero stati circoncisi, come garanzia e tipo precursore che sia noi che i nostri figli, che siamo Gentili e stranieri, siamo stati innestati in questo patto; questa cosa manifestava questo nostro privilegio a venire, che in Abrahamo la progenie dei Gentili, esattamente come quella di Abrahamo, sarebbe stata benedetta in lui. .

.

.

.

.

Personal tools