Giustificazione per Sola Grazia - Sermone su Galati 2:15-16

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Giustificazione per Sola Grazia


Sermone su Galati 2:15-16


Giovanni Calvino (1509–1564)



Noi, di nascita Giudei, e non peccatori d'infra i Gentili, sapendo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge, ma per la fede di Gesù Cristo, abbiamo ancora noi creduto in Cristo Gesù, acciocchè fossimo giustificati per la fede di Cristo, e non per le opere della legge; perciocchè niuna carne sarà giustificata per le opere della legge. - (Galati 2:15-16)


Fin qui, abbiamo illustrato perché Paolo, affrontando l’argomento delle cerimonie, dei tipi e delle ombre che erano praticati prima della venuta del Signore Gesù Cristo, raggiunge la conclusione generale che un uomo non può essere giustificato o gradito agli occhi di Dio finché non osserva tutta la legge. Ora, dapprima, potremmo considerare queste cose come due questioni separate; tuttavia, come abbiamo detto, Paolo deve condurci indietro ai principi fondamentali per poter mostrare la follia di credere che possiamo ottenere il favore agli occhi di Dio per mezzo del nostro merito. Ora, abbiamo già discusso la ragione per cui Paolo aggiunge la parola ‘legge’. Perché, per quanto si possa comunemente ritenere che un uomo buono possa guadagnare il favore e il gradimento di Dio, gli uomini sono in serio errore in tale materia. Infatti, qualunque cosa abbiamo potuto fare, non possiamo guadagnare il favore di Dio, perché egli merita il massimo di ciò che è in nostro potere. Non esiste, dunque, nessun merito possibile da parte nostra (se, in realtà, possiamo chiamarlo in quel modo), finché non adempiamo i termini del patto che egli stabilì con noi, quando disse che chiunque osserverà la legge otterrà la vita e la salvezza (Lev. 18:5). Quando Dio pronunciò queste parole, era preparato ad accettare la nostra totale obbedienza come degna di salvezza, ma questo, in realtà, non implica che noi possiamo di conseguenza meritare il favore, perché nessuno di noi ha compiuto il suo dovere (come vedremo in seguito). Quindi, la promessa sarebbe stata disattesa, o almeno priva di effetto in quanto non si sarebbe mai applicata ad alcuno se Dio non avesse inviato il rimedio – vale a dire, se, nonostante la nostra ingiustizia, egli non avesse perdonato i nostri peccati e ci avesse accettati come giusti. Quando Paolo dice che non possiamo essere giustificati dalle opere della legge, egli intende che se sosteniamo di meritare grazia e salvezza perché Dio ha promesso che coloro che osservano la legge saranno considerati come giusti, noi siamo completamente in errore; perché nessuno osserva perfettamente la legge. Dobbiamo comprendere che tutti noi siamo colpevoli innanzi a Dio e abbiamo la sentenza di condanna che pende sulla nostra testa.

Per esprimere più chiaramente questo fatto, Paolo traccia un confronto tra i Giudei e i Gentili. Egli dice che anche se essi erano ‘Giudei per natura e non peccatori dei Gentili’, essi avevano compreso di poter essere graditi a Dio unicamente per fede nel Signore Gesù Cristo. Infatti, sebbene tutti gli uomini siano caduti in Adamo e quindi non abbiano alcun merito individuale, sembrava che i Giudei avessero un privilegio speciale, in quanto Dio li aveva adottati come suoi figli e li aveva chiamati suoi servi. Eppure, qui è dove i Giudei erravano. Perché quando le Scritture parlano della ‘incirconcisione’, si riferiscono alla depravazione che abita in noi da Adamo, e ci pone tutti sotto la condanna dal seno di nostra madre. Ma i Giudei credevano che Dio li avesse liberati da questa maledizione del genere umano e quindi se ne vantavano. Sebbene sia vero che fu loro conferito un grande onore, cosa che avrebbero dovuto apprezzare oltre tutto il bene terreno - perché Dio li aveva scelti per essere il suo popolo e la sua eredità - tuttavia essi avrebbero dovuto umilmente riconoscere di essere intrinsecamente indegni. In realtà, anche noi siamo abituati ad assumere un atteggiamento presuntuoso quando sperimentiamo la grazia di Dio; similmente i Giudei, per la gran parte, credevano erroneamente di essere superiori a chiunque altro. Essi pensavano che Dio avesse trovato in loro qualcosa che lo aveva indotto a preferirli a quelli che erano stati rigettati. Questa arroganza portò con sé una malvagia ingratitudine, perché essi non attribuivano a Dio tutte le buone cose che avevano ricevuto dalla sua mano, ma erano gonfi d’orgoglio, come se Dio li ritenesse migliori o più degni della salvezza eterna dei Gentili.

Per estinguere tutta questa presunzione, Paolo comincia l’argomento così: “noi che siamo Giudei per natura…” Sembra che dica, “Si, è vero che a noi è stata mostrata maggiore grazia che ai Gentili, i quali Dio non accolse nella sua chiesa”. Ma quando parla così, egli non intende, in realtà, dare ai Giudei occasione d’orgoglio; piuttosto, sta esibendo davanti a loro le cose che essi hanno ricevuto gratuitamente da Dio per insegnare loro che non hanno alcun fondamento per vantarsi. Nell’Epistola ai Romani, Paolo fa due affermazioni che a prima vista sembrano contraddittorie, ma che tuttavia sono in perfetta armonia. Da una parte chiede, “Non abbiamo noi più privilegi dei Gentili?”, e risponde, “Si. Perché noi siamo stati scelti per essere il suo popolo; egli ci ha dato la circoncisione come un segno e sigillo che noi siamo suoi figli; egli ha fatto un patto con noi; ha promesso di mandarci il Redentore del mondo. Quindi, se consideriamo le grazie che Dio ha sparso su di noi, siamo stati veramente benedetti e esaltati sopra tutti gli altri popoli.” Qui Paolo magnifica la bontà di Dio verso loro (Rom. 3:1-2). Tuttavia in seguito pone la medesima domanda (Quale vantaggio hanno i Giudei?), ma risponde, “Niente affatto!” (Rom. 3:9-10). “Perché siamo tutti sotto la condanna di Dio. Se i Gentili devono essere condannati, allora noi dobbiamo essere condannati doppiamente, perché essi hanno la scusante dell’ignoranza. Nondimeno, essi non possono sfuggire a Dio, ma periranno malgrado non abbiano mai avuto alcuna istruzione o conoscenza di dottrina. Ne segue, quindi, che noi saremo condannati dalla legge, perché Dio ci ha insegnato e tuttavia non abbiamo smesso di peccare o di trasgredire le sue giuste leggi, tanto che ora siamo sprofondati in una condanna più grande e grave di quella dei Gentili e dei non credenti”, egli dice. Quindi, i Giudei erano distinti dai Gentili – non perché fossero più degni o più giusti, ma semplicemente perché Dio li scelse per la sua libera benevolenza.

Allo stesso modo, i figli nati da credenti non sono migliori dei figli di altri Gentili o anche dei Turchi per quanto riguarda la loro natura. Perché noi siamo tutti parte di una massa corrotta e maledetta che Dio ha condannato, tanto che nessuno di noi può esaltare sé stesso e ritenersi più degno dei suoi amici. Tuttavia, Paolo dichiara che i nostri figli sono santificati, che essi non sono marchiati nella stessa maniera di quelli nati da non credenti o pagani (1 Cor. 7:14). Sembrerebbero esserci alcune contraddizioni qui. Eppure il tutto si tiene insieme molto bene, perché, per quanto riguarda la nostra natura, siamo tutti contaminati e corrotti, con una sola eccezione [Cristo]. Tuttavia vi è una tale cosa come un dono soprannaturale, ovvero, un privilegio che Dio conferisce affinché i figli dei credenti siano dedicati a lui, ed egli li riconosca e li accolga come suoi. Questo è il motivo per cui i figli della chiesa oggi sono considerati come il popolo di Dio e nel numero degli eletti, proprio come sotto la legge i Giudei erano separati dal resto del mondo. Questo spiega perché Paolo dice, “Siano Giudei e non peccatori dei Gentili.” Con “peccatori”, egli intende coloro che continuano nella loro dissoluzione e non sono stati purificati dalla grazia di Dio. Infatti, la circoncisione stessa era un segno e una testimonianza del fatto che Dio aveva accettato la famiglia di Abrahamo e la razza discesa da lui come suo popolo speciale e familiare. Nei tempi antichi, questo è ciò che distingueva i Giudei dai non credenti; perché, sebbene essi fossero di uguale condizione come figli di Adamo, tuttavia Dio scelse alcuni e lasciò gli altri come stranieri alla sua famiglia. Se chiediamo perché questo debba essere così, la risposta può solo essere a motivo della pura grazia di Dio, poiché i Giudei stessi non si distinguevano in alcun modo.

Seguiamo ora l’argomento che Paolo sta qui costruendo. Dice, “Sapendo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge, ma per la fede di Gesù Cristo.” Nel dire questo, Paolo dimostra che qualunque grazia essi abbiano ricevuto da Dio, essi non avevano la libertà di confidare nell’uomo o in loro stessi come se l’avessero meritata da Dio. No, piuttosto, essi dovevano cercare rifugio nella sua libera benignità, riconoscendo che la salvezza è in Gesù Cristo solo, il quale venne per salvare dalla perdizione quanti erano già perduti. Questo è confermato in quell’altro passo, dove dice che egli “venne per annunziare la pace a voi che eravate lontani, e a quelli che eran vicini” (Efe. 2:17). Gesù Cristo è quella pace, perché è per mezzo di lui che Dio può amarci e accoglierci nella misericordia. Questo non è vero solo per quelli che in passato erano lontani come i Gentili, ma anche per i figli di Abrahamo, malgrado la dignità e la nobiltà che essi già possedessero (perché questa non era loro per natura). Paolo dice che i Giudei che erano stati convertiti al Cristianesimo sapevano di non poter essere giustificati per le opere della legge, ma solo per la fede in Gesù Cristo, e fa un confronto tra i due per mostrare che noi non possiamo essere giustificati per grazia se non rinunciamo ad ogni merito personale.

Questo è ben degno della nostra attenzione. Perché infatti, anche i Papisti professano di essere giustificati per fede, ma questa è solo metà della verità ed è il resto del quadro che rovina il tutto. Difatti, essi sono persuasi del fatto che un uomo non può essere considerato giusto innanzi a Dio se Gesù non è il Mediatore e se quella persona non si affida a lui per la salvezza. I Papisti sanno anche troppo bene questo, e tuttavia dicono così spesso, “Noi siamo giustificati per fede ma non per sola fede.” Questo è il punto di cui fanno una questione, e questa è la materia principale in cui noi ci differenziamo. Paolo, tuttavia, mostra la loro follia quando dice, “ma per fede”, perché questa espressione implica che tutto ciò che l’uomo reca a Dio per compiacerlo viene rigettato. La porta è, quindi, ben serrata ad ogni merito, perché Dio dichiara che la sola via per giungere a Dio è mediante la fede. Vedremo a breve più chiaramente perché Paolo traccia un confronto con la legge come se fossero due opposti. La legge presuppone che se noi osserviamo quanto Dio ci richiede, saremo giudicati buoni servi ed egli ci darà la ricompensa che ha promesso; la fede, d’altra parte, presuppone che noi siamo poveri, perduti, anime condannate e che dobbiamo trovare in Gesù Cristo ciò di cui abbiamo così disperatamente bisogno.

Prendete questo come esempio: ci sono due uomini che cercano del cibo e un riparo. Uno ha del denaro e desidera essere trattato secondo i suoi mezzi. Entrambi cercano qualcosa da mangiare, ma il secondo uomo è povero e non ha un centesimo, e quindi chiede l’elemosina. Entrambi hanno qualcosa in comune, perché entrambi cercano del cibo, ma il primo ha denaro con cui ripagare il suo ospite. Così, dopo aver mangiato e bevuto bene ed essere stato cortesemente intrattenuto, il padrone di casa, da parte sua, sarà felice di ricevere il suo pagamento, non ritenendo che il suo ospite sia più indebitato con lui. Perché? Beh, è stato ripagato e ne ha anche guadagnato. Ma la vita dell’uomo povero che chiede l’elemosina dipende da chi può fornirgli del cibo e un riparo, perché non può dargli nulla in cambio. Allo stesso modo, se noi cerchiamo di essere giustificati dalla legge, dobbiamo meritare quella giustificazione; perché allora Dio riceverebbe da noi e noi da lui in maniera reciproca. È possibile una tale cosa? Niente affatto, come osserveremo in maggiore dettaglio in seguito. Dobbiamo, quindi, concludere che non possiamo ottenere la rettitudine per mezzo della legge, e che se crediamo di poter rendere Dio nostro debitore, provocheremo solo la sua ira. L’unica opzione è di venire come poveri mendicanti, affinché possiamo essere giustificati per fede. Non come se la fede fosse una virtù che procede da noi, ma dobbiamo venire umilmente, confessando di non poter ottenere la salvezza se non come un libero dono. Questo, dunque, è il motivo per cui la legge è posta in contrasto con la fede. Paolo ci sta mostrando che tutti coloro che sostengono di essere graditi a Dio per i loro meriti stanno voltando le spalle alla grazia del Signore Gesù Cristo. Di seguito studieremo questo più estesamente.

Qualcuno potrebbe sollevare questa obiezione: la legge fu data da Dio, e quindi non può essere posta in contrasto con la fede, la quale pure procede da Dio. La risposta a questo è semplice. Dio ha fatto sia il giorno che la notte, l’acqua e il fuoco, il freddo e il caldo. Sicuramente, il giorno non è in contrasto con la notte, ma Dio nella sua bontà e sapienza ha ordinato che comparissero in un ordine appropriato; l’uomo ha la luce del sole nella quale compiere il suo lavoro di giorno, e di notte il sole si nasconde così che l’uomo possa prendere il suo riposo. Quindi, sebbene il giorno differisca dalla notte, non vi è disarmonia tra essi. Lo stesso si può dire del fuoco e dell’acqua. Ogni cosa creata ha la sua funzione, e fuoco e acqua si completano a vicenda molto bene; tuttavia, se dovessimo miscelarli, si scontrerebbero davvero! Questo è vero della legge e del vangelo. Coloro che credono che noi siamo giustificati mediante la legge così come mediante il vangelo stanno confondendo tutto; è come se dovessero far scontrare cielo e terra! In breve, sarebbe più facile unire fuoco e acqua che dire questo: che noi possiamo meritare una misura della grazia di Dio e tuttavia avere anche bisogno del Signore Gesù Cristo. Se consideriamo che cos’è la legge e perché fu data, scopriremo che non vi è discrepanza con il vangelo, nè con la fede, ma che esiste una perfetta armonia tra essi. Questa obiezione è quindi risolta. Se noi diciamo che sia la fede che la legge procedono da Dio, siamo nel giusto; ma dobbiamo dedicare qualche studio (come faremo a breve) alla ragione per la quale Dio istituì originariamente entrambe.

Torniamo alle parole di Paolo: egli dice che noi possiamo essere giustificati solo per fede nel Signore Gesù Cristo. Quando parla di giustificazione, egli intende essere giudicati retti innanzi a Dio. È necessario comprendere questa espressione perché riguarda tutta la questione di come siamo salvati. Saremmo creature veramente miserabili se, avendo vissuto una lunga vita in questo mondo, qualcuno ci chiedesse la via per la salvezza e noi non sapessimo cosa rispondere! Molti stolti hanno banchettato con il pane di Dio senza sapere come essere graditi a lui. Questo è il motivo per cui noi dovremmo essere ancora più attenti a ciò che Paolo ci sta dicendo qui. Egli dice che noi siamo giustificati. Come? Siamo già giusti – siamo irreprensibili? Niente affatto, ma Dio ci accetta. La parola “giustificazione” ci indirizza al favore che Dio ci conferisce quando noi diveniamo suoi figli ed egli nostro Padre. Potete chiedere, perché le Scritture usano la parola “giustificare” quando sembra così inappropriata? Potremmo ugualmente dire che Dio ci ama, che egli ha compassione di noi, che desidera essere nostro Padre e Salvatore – perché non usare queste espressioni invece di parlare di giustificazione? Le Scritture non vi fanno riferimento senza un buon motivo.

Se analizziamo la salvezza nel suo significato più fondamentale, diremo che noi siamo salvati per la grazia del nostro Signore Gesù Cristo. Tuttavia, questo non implica la conoscenza della nostra miserabile condizione per natura o del rimedio che dobbiamo applicare. Perché per poter riporre la nostra fiducia nel Signore Gesù Cristo, dobbiamo riconoscere che per il peccato di Adamo, così come per le nostre iniquità, noi siamo completamente perduti. Avremmo già dovuto scoprirlo da soli. Noi non comprenderemo mai che i nostri peccati ci condannano innanzi a Dio, se non sappiamo di dover essere riconciliati con lui. In altre parole, non sapremo nulla della rettitudine di Dio se diciamo semplicemente, “Noi siamo salvati per grazia e per fede.” Infatti Dio non può rinnegare sé stesso neppure una volta, perché incarna la giustizia sovrana; egli è tutto purezza e perfezione e, quindi, detesta ciò che male. Nondimeno noi siamo totalmente corrotti e in noi vi è solo malvagità; ne deriva, dunque, che Dio deve odiarci. Peraltro, se egli ci odia, guai a noi, perché siamo dannati. Questo è il motivo per cui noi abbiamo bisogno di essere giustificati prima di poter essere graditi a Dio. Questo significa che dobbiamo essere mondati dai nostri peccati e trasgressioni; altrimenti, non potremmo mai apprezzare la misericordia di Dio (come ho detto). Se riconosciamo di essere peccatori, comprenderemo che Dio odia il peccato, ma anche se lo odia, nondimeno egli ha provveduto ad un modo per salvarci: perdonando i nostri peccati, e mondandoci e purificandoci da essi per mezzo del sangue del Signore Gesù Cristo, il quale ci dà la purificazione spirituale. Dio ci rende monda affinché possa riceverci, così che condividendo il suo amore, noi possiamo essere rassicurati della nostra salvezza. Questo è il motivo per cui le Scritture usano la parola “giustificazione”.

I Papisti possono contestarne il significato come bestie irragionevoli. “Come!”, dicono, “Giustificati per fede? La fede non rende una persona perfetta – come, dunque, essa può giustificarci?” Essi non comprendono che la giustificazione di cui si parla nelle Scritture si riferisce a Dio che copre i nostri peccati (come ho detto prima) e, in virtù delle sue sofferenze e morte, li cancella mediante il nome del Signore Gesù Cristo. Qualunque cosa gli altri possano dire, è scritto che noi siamo considerati giusti innanzi a Dio quando egli rimette e perdona i nostri peccati. In realtà, Paolo parla di questo nel quarto capitolo ai Romani, dove dice: “Come ancora Davide dice la beatitudine esser dell'uomo, a cui Iddio imputa la giustizia, senza opere, dicendo: Beati coloro, le cui iniquità son rimesse, e i cui peccati son coperti.” (Rom. 4:6-7; Sal. 32:1). Ancora, in un altro passo dice, “Perciocchè egli ha fatto esser peccato per noi colui che non ha conosciuto peccato;” (questo significa che egli ha ricevuto tutta la condanna dovuta a noi per i nostri peccati), “acciocchè noi fossimo fatti giustizia di Dio in lui” (2 Cor. 5:21). Quindi, noi, essendo congiunti e uniti alla sua persona e al suo corpo, siamo ritenuti giusti, perché la sua obbedienza fu così perfetta da essere sufficiente per purificare e rimuovere i nostri peccati. Abbiamo ora trattato il significato del termine “giustificazione”.

Volgendo la nostra attenzione all’espressione “fede”, Paolo afferma qui che essi hanno “creduto” in Gesù Cristo. Se chiedessimo ad uno stolto cosa pensa sia la fede, questi potrebbe ben dire “credenza”, ma egli chiaramente non comprenderebbe il significato di nessuna delle due parole. Siamo appagati di essere ignoranti come quello stolto? Notiamo in primo luogo che il Signore Gesù è l’oggetto tanto della nostra fede quanto del nostro credo. La salvezza è per fede? Si, se crediamo nel Signore Gesù Cristo. Consideriamo per un momento perché il Signore Gesù Cristo ci viene posto innanzi come colui sul quale dobbiamo fondare tutta la nostra fede. È semplicemente perché noi troviamo in lui tutto ciò di cui abbiamo bisogno per la nostra giustificazione. Abbiamo già detto che siamo considerati giusti innanzi a Dio quando egli perdona i nostri peccati e non ci chiama più a renderne conto. E come avviene questo, se non mediante il sangue del Signore Gesù Cristo che fu versato per la nostra purificazione? Con le sue sofferenze e morte, egli ha reso soddisfazione per i nostri peccati e ha placato l’ira di Dio contro noi. Non dobbiamo cercare oltre i mezzi di pagamento, se non il sacrificio compiuto dall’unico Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo. È lui che è chiamato l’amato Figlio di Dio (Mat. 3:17), così che noi possiamo essere amati in lui; egli è chiamato il Santo (Luca 1:35), così che noi possiamo essere santificati in lui. Questo è il motivo per cui la nostra attenzione è attratta dal Signore Gesù Cristo quando consideriamo la “fede”.

Tuttavia, i Papisti si formano le loro opinioni sulla questione, rivelando con le loro affermazioni di non aver mai sperimentato cosa significhi credere. “Come!”, dicono, “è possibile che un uomo sia giustificato per la sola fede, visto che anche i diavoli stessi credono?” Questo è vero, e Giacomo usa questo argomento (Gm. 2:20); nondimeno, anche noi vediamo che egli depreca coloro che vanamente e frivolamente dicono di essere Cristiani e di avere fede, e tuttavia non mostrano alcun frutto. I Papisti hanno deviato anche oltre, perché dicono che fede significa credere in Dio, e che l’oggetto della nostra fede è Dio, quando con “credo” essi intendono la semplice idea che esista da qualche parte un Dio che ha creato il mondo e ora lo controlla. Essi rimangono a questo punto, assopiti nella loro ignoranza, e tuttavia non esitano a chiamare sé stessi buoni Cristiani e buoni Cattolici, come dicono, sebbene siano completamente ignoranti. Quindi, non dovremmo essere sorpresi se, privi di discernimento o intelligenza, essi combattano contro la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura, o quando negano, con incorreggibile ostinazione, che l’uomo sia salvato dalla sola fede. Non sanno neppure cosa sia la fede. Con quanta attenzione, quindi, dobbiamo considerare le parole di Paolo qui che ci dice che se non guardiamo a Gesù Cristo, non possiamo sapere veramente cos’è la fede. Senza di lui, non possiamo conoscere la remissione dei peccati, come accostarci a Dio, come riporre la nostra fiducia in lui, o invocarlo. Nè sapremo cosa sia avere la pace della coscienza, o la speranza della vita eterna. Tutto questo è irraggiungibile per noi se non siamo introdotti a Gesù Cristo e non abbiamo guardato a lui e ci siamo affidati a lui. Questo genere di fede porta la grazia: quando riconosciamo che siamo creature miserabili, e abominevoli agli occhi di Dio, in cerca di un rimedio nel Signore Gesù Cristo. Dobbiamo accettare che si offrì per noi per poterci redimere dalla maledizione nella quale vivevamo, e che egli ci ha purificati nel suo sangue. Con la sua obbedienza, egli ha cancellato tutte le nostre trasgressioni così che possiamo essere rassicurati che Dio ci accoglie e riceve come suoi figli. Questo è il modo in cui possiamo comprendere questi versi.

Avendo affermato che lui e tutti i Giudei che erano stati convertiti al Cristianesimo erano stati salvati per fede nel Signore Gesù Cristo, Paolo aggiunge il seguente: “Perché nessuna carne sarà giustificata per le opere della legge”. Abbiamo già sentito questo applicato a quelli della sua nazione, ma ora qui egli lo proclama in un senso più generale per tutto il mondo. Quando dice “nessuna carne”, egli intende principalmente che non vi è differenza tra i Giudei e i Gentili per quanto riguarda la via della salvezza. Sebbene i Giudei fossero stati circoncisi, scelti come eredità di Dio e da lui santificati, nondimeno, essi non potevano avere alcuna speranza di salvezza eccetto che per la pura grazia di Dio soltanto. Vedete come siano posti sullo stesso piano dei Gentili, nella stessa condizione. Paolo cerca di sopprimere ogni orgoglio che gli uomini possano avere riguardo alle loro virtù. Infatti, molti di noi sanno di essere così depravati da non potersi in alcun modo attribuire alcun onore, come se meritassimo qualcosa dalle mani di Dio. Coloro che sono ubriachi o corrotti o si sono dati ad ogni sorta di male si vergognano troppo per elevarsi o per vantarsi di poter persuadere Dio a salvarli per i loro meriti o buone opere. In realtà, si nascondono anche dalle altre persone perché si vergognano della loro bassezza. Ma i bigotti, che fanno mostra della loro “santità” davanti agli uomini, sono così induriti da ingannare sé stessi pensando di meritare il paradiso – come se Dio fosse indebitato con loro! Questi ipocriti, anche se sono completamente depravati e pieni d’ambizione, avarizia, malvagità e simili cose, a causa di tutte le loro manipolazioni e simulazioni, credono che Dio non veda nulla di sbagliato nelle loro pratiche corrotte e arrivano a persuadersi che egli li accoglierà grazie ai loro meriti! Quelli che partecipano regolarmente alla Messa, correndo dalla birreria alla cappella, acquistando le indulgenze e cose simili, osservando digiuni e giorni festivi – sono gonfi di vano orgoglio e credono che Dio debba loro qualcosa. Dicendo “nessuna carne”, Paolo dichiara che è inutile distinguerci l’uno dall’altro, come se uno fosse giusto e l’altro ingiusto. Dobbiamo tutti umiliarci e giudicarci, sapendo che tutte le nostre virtù non sono che sudici cenci agli occhi di Dio, anche il meglio di cui siamo capaci. Perché, anche se un uomo fosse perfettamente retto secondo la nostra valutazione, perché non ha mai danneggiato nessuno, o perché resiste ad ogni tipo di male o perché è casto e sobrio – in breve, anche se fosse reputato un angelo – tuttavia nel suo intimo non vi sarebbe altro che corruzione. Com’è possibile questo? Beh, non dobbiamo mai giudicare dalle apparenze, perché non tutto ciò che sfavilla (come dice il proverbio) è oro. Noi non possiamo giudicare cosa sia peccato o virtù senza prima guardare nell’intimo. Perché se un uomo non attribuisce a Dio cosa è legittimamente suo, non sta derubando gli uomini del loro onore, ma Dio. Così, per quanto gli uomini possano lodarlo ed encomiarlo, egli è pieno di orgoglio e ambizione, e nulla può umiliarlo tranne che il giungere a conoscere il Signore Gesù Cristo.

Così dunque, anche coloro che fanno bella mostra esteriore di religiosità saranno condannati innanzi a Dio. Per cui, Paolo intende far smettere gli uomini di confidare nei propri meriti. Ma c’è ancora dell’altro. Infatti quando dice, “nessuna carne”, egli non si riferisce soltanto agli uomini che Dio ha abbandonato, che non sono stati rigenerati dal suo Spirito Santo, ma include anche i credenti. Perché sebbene lo Spirito di Dio abiti in noi dopo che ci ha condotto alla conoscenza del vangelo e ci ha innestato nel corpo del Signore Gesù Cristo – sebbene, dico, lo Spirito di Dio abiti in noi, noi tutti siamo inclusi in questa parola “carne” perché è ciò che siamo per natura. Quindi, quando Paolo dichiara qui che “nessuna carne sarà giustificata”, egli intende che i non credenti sono condannati in Adamo e rimangono condannati, e che i credenti, poiché saranno sempre imperfetti e avranno molte macchie e colpe, sono condannati tanto quanto gli altri. In realtà, questa condanna è generale, perché chiunque cerchi di essere giustificato per le opere della legge si troverà sempre colpevole – si, anche la persona più santa che sia mai esistita. Prendiamo Abrahamo come esempio di perfezione, o Davide, nel quale abbondavano tutte le virtù, o Noè, Giobbe, e Daniele, che Ezechiele nomina come tre uomini retti (Eze. 14:14). Essi cadono nella medesima categoria come uomini che hanno potuto essere giustificati agli occhi di Dio unicamente per grazia.

Ora, dunque, chiedo a voi tutti, noi da che parte stiamo? Quelli che dicono che saranno giustificati per i loro meriti, o “opere meritorie” come le chiamano, non sono stati condotti ad eccessivo orgoglio dal diavolo? Perché chi può eguagliare Davide, o Noè, o Abrahamo, p Daniele? Sicuramente, anche coloro che hanno fatto bene alla scuola di Dio, e che sono infiammati di vero zelo nel darsi totalmente a Dio, sono convinti di essere ancora lontani dall’aver raggiunto il livello fissato da Davide, o anche da Noè o Daniele! Sapendo questo, quindi, possiamo vedere che lo Spirito Santo sta qui abbassando quelli che si sono oltremodo esaltati, per convincerci che noi non abbiamo la minima goccia di rettitudine, affinché cerchiamo tutto ciò che riguarda la salvezza nella grazia del Signore Gesù Cristo. Ora comprendiamo cosa implica l’affermazione quando dice che “nessuna carne sarà giustificata”. È come se Paolo stesse dicendo che, per quanto riguarda la nostra natura, noi siamo solo malvagi nell’intimo, nonostante le sembianze esteriori. Possiamo essere grandemente lodati e rispettati dal mondo; possiamo essere circondati da vana adulazione; ma finché Dio non opera in noi per trasformarci, noi siamo pieni di lordura. Veramente, tutte le virtù che gli uomini esaltano non sono che vizi che condurranno gli uomini alla distruzione e li sprofonderanno all’inferno. Perché anche tutti coloro che sono stati rigenerati dalla grazia di Dio, e hanno imparato ad obbedirgli compiendo le cose che Dio ama e ha care, anche loro non possono portare nulla a Dio che possa appianare il loro conto con Dio. Saranno sempre in debito perché tutti i buoni doni che hanno provengono da Dio; inoltre, anche questi uomini sono corrotti per il peccato e la debolezza. Quindi, dobbiamo essere privati di ogni fiducia nella nostra rettitudine. Infatti, dal maggiore al minore di noi, siamo tutti condannati. Se cerchiamo la giustificazione mediante la legge, siamo grandemente ingannati – non la troveremo mai.

Ora possiamo comprendere molto più chiaramente la verità di quanto stavo dicendo riguardo al Signore Gesù Cristo come rifugio per coloro che sono persuasi del proprio bisogno spirituale. Questo significa che la sola vera preparazione per la fede in Gesù Cristo è di essere toccati da un reale, vivido senso e consapevolezza dei nostri peccati. Questo è il motivo per cui Cristo ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, ed io vi darò riposo.... e voi troverete riposo alle anime vostre.” (Mat. 11:28-29). Altrove, la Scrittura dice chiaramente che egli fu mandato “per annunziar le buone novelle a' mansueti.... per bandir libertà a quelli che sono in cattività, ed apertura di carcere a' prigioni” (Isa. 61:1). Quindi, coloro che si compiacciono dei propri peccati non verranno mai al Signore Gesù Cristo. Possono vantarsi dicendo di avere fede, perché molti che mentono a Dio profanano questa parola, santa com’è. Tutti coloro che desiderano essere considerati Cristiani, e non importa quanto siano depravati, diranno di credere quanto chiunque altro. Ma quando un uomo parla in questo modo, è evidente che non hanno una sola goccia di fede. Quando il vero credente dice, “io credo”, lo esprime con molta debolezza, sapendo che se Dio non avesse avuto pietà di lui, anche il poco che aveva gli sarebbe stato tolto. Quelli che si vantano a voce alta di avere una fede completa non sono che cani e porci, che non hanno mai assaporato la vera religione nè il timor di Dio. Il termine “fede” sarà sempre vergognosamente svilito da questi cani, che non fanno altro che prendersi gioco di Dio. Non sanno discernere tra il bene e il male, e sono così stolti da rotolarsi nei loro peccati. Prendete un ubriacone, per esempio, che è senza vergogna; dopo aver bevuto a dismisura, egli desidera rimanere nel suo stato intossicato. Poi ci sono i libertini, gli spergiuri, i bestemmiatori, e simili – tutti loro affermano di avere fede; ma per quanto lo dicano, è certo che non sono pronti ad incontrare il Signore Gesù Cristo. Perché no? Perché non realizzano che possono essere giustificati solo per grazia. Ricordiamo, tuttavia, che per essere completamente persuasi che non possiamo essere giustificati mediante la legge, noi dobbiamo porre Dio innanzi a noi sul suo trono di giudizio e presentarci innanzi a lui ogni mattina e sera, sapendo che dobbiamo rendere conto di tutta la nostra vita. Inoltre, dobbiamo realizzare che saremmo mandati nella fossa centomila volte se Dio non avesse pietà di noi e non ci sollevasse nella sua infinita misericordia. Allora noi sapremo che non possiamo essere giustificati mediante la legge, perché noi siamo tutti sotto la condanna ogni volta che ci confrontiamo con Dio. Dobbiamo avere un tale timore, che non possiamo trovare requie finché il Signore Gesù Cristo non ci ha salvati. Vedete, dunque, quanto bene sia per noi l’essere afflitti, come dire, odiare i nostri peccati ed essere in tale angoscia per essi da sentirci circondati dalle pene della morte, così che cerchiamo Dio affinché egli possa alleviarci del nostro fardello. Dobbiamo, tuttavia, cercarlo sapendo che non possiamo ottenere la salvezza, pienamente o parzialmente, se non ci viene concessa come un dono. Paolo non sta dicendo che possiamo trovare qualcosa di cui siamo sprovvisti in Gesù Cristo, e fornire da soli il resto. Egli dice che noi non possiamo essere dichiarati giusti per mezzo dei nostri propri meriti, o opere, ma solo mediante la fede.

Comprendiamo, dunque, che non vi è alcuna salvezza di sorta al di fuori di Gesù Cristo, perché egli è il principio e la fine della nostra fede, ed egli è tutto in tutti. Continuiamo in umiltà, sapendo che possiamo solo recare condanna su noi stessi; quindi, dobbiamo trovare tutto ciò che riguarda la salvezza nella pura e libera misericordia di Dio. Dobbiamo essere capaci di dire che siamo salvati per mezzo della fede. Dio Padre ha stabilito suo Figlio il Signore Gesù Cristo affinché egli potesse essere l’autore e il compitore della nostra salvezza. Dobbiamo rinnegare noi stessi e darci interamente e completamente a lui, affinché tutta la lode possa appartenergli.

Abbassiamoci ora innanzi alla maestà del nostro grande Dio, riconoscendo i nostri peccati, e chiedendo che egli ci renda sempre maggiormente consapevoli di essi, affinché noi possiamo odiarli sempre di più, e crescere nel ravvedimento (una grazia che dobbiamo esercitare per tutta la nostra vita). Si possa noi imparare a magnificare la sua grazia, come ci è mostrato nel Signore Gesù Cristo, in modo che possiamo esserne completamente partecipi; e si possa noi farlo non solo con le nostre labbra, ma riponendo tutta la nostra fiducia in lui. Si possa noi crescere in quella fiducia finché non saremo radunati nella nostra casa eterna, dove riceveremo la ricompensa della fede. Possa egli concedere questa grazia non solo a noi, ma a tutti i popoli.

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