Catgin 7-4

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[edit] La Cena del Signore

La promessa che accompagna il mistero della Cena, dichiara in modo evidente a qual fine esso è stato istituito e a che tende, cioè a confermarci che il corpo del Signore è stato dato una volta in tal modo per noi, che ora è nostro e lo sarà anche in eterno, e che il suo sangue è stato sparso una volta in tal modo per noi, che sarà sempre nostro.

I segni sono il pane e il vino sotto i quali il Signore ci presenta la vera, ma spirituale comunicazione del suo corpo e del suo sangue. Questa comunicazione, contenta del vincolo del suo Spirito, non richiede perciò una presenza della carne racchiusa sotto la specie del pane, o del sangue sotto quella del vino.

Infatti, sebbene Cristo elevato al cielo abbia lasciato la sua dimora sulla terra, ove noi ancora siamo pellegrini, tuttavia nessuna distanza può impedire alla sua potenza di nutrire i suoi di sé.

Di ciò ci dà nella Cena un insegnamento tanto certo e chiaro, che senza dubbio dobbiamo essere sicuri che Cristo con tutte le sue ricchezze è presente per noi non meno che se fosse reso visibile agli occhi nostri e ne fosse toccato dalle nostre mani. Ed egli è presente con una tale potenza ed efficacia che non reca soltanto al nostro spirito una sicura fiducia della vita eterna, ma ci rende anche certi della immortalità della nostra carne. Poiché essa è già vivificata dalla sua carne immortale e partecipa in qualche modo alla sua immortalità.

Pertanto, sotto le specie del pane. Al vino sono raffigurati il corpo e il sangue, affinché impariamo non solo ch’essi sono nostri, ma che sono per noi vita e nutrimento. Così, quando vediamo il pane consacrato come corpo di Cristo, subito dobbiamo intendere questa similitudine, che come il pane nutre, sostiene e conserva la vita del nostro corpo, così il corpo di Cristo è il cibo e la difesa della nostra vita spirituale. Quando il vino ci è presentato come il segno del sangue, dobbiamo pure pensare che quei frutti ch’esso porta al corpo noi li riceviamo spiritualmente dal sangue di Cristo.

Ora siccome questo mistero è un insegnamento della divina liberalità, sì grande verso di noi, ci deve pure ammonire a non essere ingrati verso una benignità tanto generosa, anzi a esaltarla con quelle lodi che si convengono e a celebrarla con rendimento di grazie. Di più ci esorta a stringerei insieme in una unione simile a quella per la quale le membra d’un medesimo corpo sono legate tra loro e congiunte insieme. Infatti, nessuno sprone potrebbe essere più aspro e pungente per muoverci e stimolarci a una reciproca carità, dei fatto che Cristo, donandosi a noi, non c’invita solo col suo esempio a darci e a esporci gli uni per gli altri, ma in quanto si comunica a noi tutti, ci fa tutti uno in se stesso.

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